Caffè con panna - l'unione del cielo e della terra
Aveva consumato, dopo tanti anni, un caffè con panna.
3 - Franco




La mattina seguente di buon’ora
Gianni accompagnò Andrea al bar, occupando il tavolino preferito da Franco.
La sincronicità sfociata
nell’incubo notturno l’aveva profondamente scosso e qualcosa d’indefinito ancora aleggiava sopra il flusso dei pensieri
contrastanti che si ricorrevano l’un l’altro nella sua mente, a cui cercava di
porre ordine.
Come si dissolve un sogno al
mattino così accadeva a quel qualcosa,
cui fece in tempo a rivolgere l’attenzione e quello a procurargli la sensazione
di trovarsi in uno dei capitoli della narrazione
di cui parlavano la sera prima.
Se lo fossimo davvero – pensò – non
ci sarebbe modo di conoscerlo, come un personaggio di un racconto non può aver
coscienza se non di quanto contempla il suo ruolo. Tuttavia ritenne ci fosse
una possibilità per una tale suggestione: se
leggere il copione quasi allo stesso
tempo degli eventi fosse insito nella narrazione. Perché accada è
necessario uno sfasamento temporale, un piccolo anticipo della lettura sull’evento,
come per i fenomeni di premonizione.
Le ritenne considerazioni
interessanti, da portare avanti in futuro, al presente si ricordò che Andrea
accennò a una persona, eclissatasi dopo la tragedia, con cui Franco si
relazionò diverse volte.
Intanto nel bar i clienti occasionali presero il posto
degli assidui, a badarci bastava il suo assistente e Andrea ne approfittò per si
sedersi al tavolo con Gianni… servendo per entrambi un caffè con panna.
G –
la persona con cui Franco parlava, avevi detto di conoscerla un po', chi
era?
A –
la conoscevo come cliente, un uomo anziano ma ancora in forma… non ci
siamo presentati e ne ignoro il nome, Franco non me ne accennò mai e io per
rispetto non chiesi.
Ciò che posso dirti sono
osservazioni da distante, hai fatto bene a riprendere l’argomento, ultimamente
ci ho riflettuto a lungo e ne ho tratto degli spunti interessanti.
Il primo, come ti dissi, riguarda
la coincidenza tra la tragedia e la fine della sua frequentazione del bar; quella
persona venne qui qualche volta dopo l’arrivo
di Franco per incontrarlo… cercando di non farsi troppo notare.
Ma l’ultima volta non venne o non
fece in tempo… oppure era lui la persona che Franco incontrò uscendo dal bar e
poi rientrandovi.
G – sicuramente avevano degli
interessi comuni per comportarsi così… riandiamo a quel giorno, ti ricordi
l’arrivo di Franco?
A – certo, come tutte le volte
che veniva…
G – e ti pareva come tutte le
volte..?
A – qui mi è difficile
rispondere obbiettivamente, a causa dell’emozione che ha colorato le mie
percezioni… diciamo che quanto ti dirò potrebbe non essere del tutto
attendibile, all’80 %, per dire un numero.
No, diversamente dalle altre, quel
giorno mi ha trasmesso una sensazione d’incertezza e dopo che mi hai detto
dell’intolleranza adesso sono certo che non sia stata una decisione improvvisa
ma premeditata. È arrivato al bar già sapendo che sarebbe stata l’ultima volta…
con un sorriso aveva detto che festeggiava…
quando ci penso rabbrividisco.
Nel suo cinema interno Andrea lo
rivide sorseggiare quella che sapeva esser la sua cicuta… come Socrate accettando
il proprio destino.
Gianni, notando l’emozione di
Andrea, pensò a quanto quella persona, Franco, avesse cambiato l’esistenza di
chi aveva incontrato o di chi ne venne a conoscere la storia, tutte quelle vite
ora apparivano collegate, ognuna portando il proprio contenuto come i capitoli di
un libro che li contiene tutti.
Sino a quel momento Gianni aveva
vissuto delle storie, alcune tremendamente
intense e importanti, ma erano storie personali o al più coinvolgevano gli
affetti vicini. Come capitoli che iniziavano e terminavano, senza pensare che
potessero essere parti di una Storia maggiore, la cui realtà, leggera come una
piuma, si insinuava in quella quotidiana, dove ogni storia sorge, tramonta e si
gira pagina, senza mai scorgere la copertina del libro, così da sentirsi finalmente
appagati per averne fatto parte. Dicendo al bibliotecario che lo andrà a
riporre: mi hai consigliato bene, una
bella storia davvero…
A – … tutto bene?
G – eh..? Sì, stavo seguendo
il filo di alcuni pensieri e mi son distratto, dicevi?
A – quando?
G – come quando? Un attimo fa,
la cicuta…
A – più o meno ricordi
l’argomento… ma ci sono due cose che non tornano, la prima che sono trascorsi dieci
minuti.
G – dieci minuti? Non è
possibile, mica dormivo!
A – infatti non dormivi, a un
certo punto guardando fuori dalla vetrata sei rimasto immobile e con gli occhi aperti, sino a poco
fa che hai ripreso a muover le mani… se non ci credi tocca la tua tazza, io prima
la riscaldo e metto il caffè bollente, aggiungendo la panna solo all’ultimo.
G – è appena tiepida… davvero
sono passati dieci minuti?
A – sì, ma dopo una brutta
notte come quella che hai trascorso non c’è da meravigliarsi di qualche blackout, piuttosto…
G– la seconda cosa..?
A – io non ti ho parlato della
cicuta… ho terminato dicendo che Franco festeggiava
e internamente mi si è formata l’immagine di Franco-Socrate e l’analogia
caffè-cicuta… proprio in quel momento diciamo che ti sei assentato…
G – cioè, io ho visto quello
che stavi immaginando?
A – cosa c’è di tanto strano?
Con le parole e la musica accade spesso, mentre ad esempio i dejà vu riguardano le immagini. Sono
casi rari, considerati di scarso valore, bizzarrie… ma non trovi che lascino un
gusto particolare, indefinibile, quando
accadono?
G – indefinito… era la parola che mi girava in testa quando siamo
arrivati! Andrea, non è che coltivi qualcosa di strano nel tuo orto che è
andato a finire nella cena di ieri? – disse ridendo.
A – dovrei chiederlo ai miei
amici moldavi… se ne occupano loro e non ne conosco ancora le tradizioni –
rispose ridendo a sua volta.
G – mi avevi detto che Franco
quel giorno si mise a scrivere… su un foglio?
A – di questo ne sono sicuro,
un foglio che ha preso dalla borsa, assieme alla penna.
G – la borsa com’era?
A – grigio chiaro, bella e
capiente, anche un pc da 16 pollici ci sarebbe stato comodo ma da come la
manovrava non credo pesasse molto.
G – quando è uscito la prima
volta l’ha portata con sé?
A – sì, al ritorno la teneva con una mano e l’ha appoggiata sulla sedia davanti al bancone, mentre lui è rimasto in piedi a bere il caffè. Finito il caffè la riprese,estrasse una busta e me la dette... non te l'avevo ancora detto…
G – ah… ne riparliamo, quindi uscì con la borsa?
A – sì e una decina di metri
oltre l’insegna del mio bar, svoltato l’angolo cadde, adesso credo che cercò di
evitarmi problemi… l’ambulanza ci ha messo solo pochi minuti ad arrivare. Ho
capito cos’è successo quando delle
persone sono corse dentro il bar a chiedere dell’acqua, avvisando
dell’incidente. Sono state loro a chiamare subito l’ambulanza, quando sono
uscito era appena arrivata e lo stavano trattando, forse ipotizzando un
infarto.
G – la borsa… l’aveva presa qualcuno
del personale medico?
A – per tutto il poco tempo
che è rimasta l’ambulanza non l’ho vista né pensato minimamente di chiedere chi
l’avesse presa. Probabilmente sarà stata consegnata alla segreteria
dell’ospedale e poiché deceduto avranno avvisato i parenti…
G – Franco aveva un cugino, la persona che poi ci ha informati.
Quando Marie gli chiese se gli avessero consegnato qualche effetto personale di
Franco rispose il solo portafoglio con i documenti che teneva nella tasca
interna della giacca. Nient’altro. Della borsa lo so solo adesso da te e se non
è stata consegnata al cugino che andò per le formalità… dev’essere ancora
all’ospedale, per quanto strano potrebbe esserci stata una svista…
A – beh, questa la possiamo
risolvere velocemente, anche da qui poiché conosco alcuni amministrativi là
dentro.
Dopo varie telefonate e attese,
intervallate da sporadiche apparizioni di Andrea dietro il bancone, mentre il suo assistente
dava segni d’impazienza per dover fare tutto da solo con il flusso dei clienti
in aumento, arrivò la risposta definitiva: nessuno prese e consegnò la borsa di
quell’uomo al personale dell’ospedale.
G – quindi c’era qualcuno là
fuori ad attendere Franco che se ne accorse e rientrò al bar per… farla finita.
Qualcuno che gli prese la borsa quando cadde. Se Franco aveva previsto gli
eventi è improbabile che contenesse qualcosa d’importante… poteva averlo già
affidato all’amico che guarda caso
quel giorno non venne.
A - unendo queste informazioni a
quelle che mi hai raccontato degli ultimi tempi di Gerard credo che si possa
delineare un quadro della situazione: darei per assodato che la distruzione a
casa di Gerard sia opera del socio, certo con dei complici vista l’efficacia,
se così si può dire, del suo intervento. Se a distanza di vent’anni la faccenda
è ancora aperta, significa che non ha trovato nell’appartamento quello che
cercava. Gerard si aspettava qualcosa di estremo e deve aver occultato l’oggetto
in un posto sicuro, forse conosciuto da Franco. Dopo il viaggio all’estero
Franco non ebbe tregua e non solo per motivi di salute e intimi si spostò
nell’appartamento del cognato, così da tenere fuori Marie dalla faccenda. La
pressione del socio dev’essere stata asfissiante, attendeva solo il momento
giusto per costringere Franco a consegnargli l’oggetto ma lui l’anticipò decidendo
di sparire… forse portandolo con sé…
G –
in quel periodo Marie era al limite… non avrebbe potuto sopportare altri
eventi devastanti e ti debbo dire che da allora ha dei seri problemi di salute.
Se come dici, Franco si è allontanato in quel modo per salvaguardarla, portandosi
via il “malloppo” e facendo perdere le tracce, ciò ha evitato la possibile
rivalsa su di lei da parte del socio...
A –
e si arriva all’anno scorso. In qualche modo il socio è riuscito a
localizzare Franco qui, in questa cittadina. Forse solo in ultima si è accorto
d’essere stato individuato e probabilmente pedinato. Il socio certamente aveva
un complice altrimenti Franco, abituato a guardarsi le spalle, avrebbe potuto
riconoscerlo. Del perché Franco e l’amico si siano dati appuntamento qui non ne
abbiamo idea, ma assieme lavoravano a un progetto, questa la mia sensazione.
Quando hanno realizzato di essere sotto controllo hanno dovuto pensare a come
mettersi in salvo. Oltretutto non conoscevano il complice…
G – il socio aveva un enorme
vantaggio…
A – che si poteva contrastare
solo... ricordi le parole di Franco “…
è più difficile combattere nell’ombra
perché smorza i confini. Devi perdere qualcosa, diventar cieco, se vuoi avere
una possibilità…”?
G – sì, quelle che ti disse
durante la vostra ultima passeggiata…
A – ha anche detto che non sempre la morte è la cosa peggiore…
G – … pensi che questo fosse
uno dei motivi per cui ha scelto di morire?
A – … forse per dare la
possibilità all’amico di mettersi in salvo… portando con sé l’oggetto…
G – beh, di questo non possiamo essere certi… potrebbero
averlo preso…
A – no, è riuscito a scappare,
sicuro…
G – come puoi dirlo… hai
qualche informazione che mi manca?
A – no, le stesse tue…
G – allora hai più fantasia di
me… spiegami.
A – ieri notte è successo
quel che sappiamo… ti dice niente, solo una fatalità?
G –
credi che sia collegato con Franco?
A –
sei arrivato in questa città, senza viaggiare in incognito, conversi e
in più ti trasferisci dal barista che hanno visto diventare amico di Franco… da
qui al pensare che “l’oggetto” e l’amico siano collegati a noi il passo è
breve.
G –
credi che siamo controllati?
A –
non io, l’ha detto Dimitri, c’è da fidarsi, ha intuito…
G –
accidenti, brutta storia…
A –
davvero, una brutta storia in cerca di una buona soluzione… faremo tutto
il possibile, giusto?
G – d’accordo, cosa consigli di fare?
A – adesso, subito… devi trovare un posto sicuro per
Marie…
G – dici sul serio… che sia in
pericolo?
A – Gianni, attraverso lei siamo
ricattabili…
G – ok, telefono immediatamente…
………...................……
9 - Marie
Gianni disse a Marie delle ipotesi
riguardo la presenza del socio, della sottrazione della borsa e dei movimenti
attorno alla casa dov’era ospitato, sottolineando l’urgenza di un suo veloce
allontanamento. Quasi se lo aspettasse Marie non avanzò dubbi né riserve,
prospettando di recarsi da Anne, la sua più cara amica che da tempo desiderava
rivedere, in Savoia, al confine tra Francia e Italia. Altresì espresse
l’interesse di conoscere Andrea e iniziare quel viaggio nella memoria che aveva prospettato.
Dopo la telefonata, Gianni si prese
un’ora per una passeggiata sul lungomare durante la quale si ritrovò spesso a
osservare le persone che incontrava, figurandosi che tra loro potesse esserci
il socio o i complici che seguivano i suoi spostamenti.
Pensò che se fosse rimasto in
Francia con Marie, senza dare corso al tentativo di saperne qualcosa in più
sulle circostanze della morte di Franco, forse non sarebbe accaduto nulla e non
si sarebbe ritrovato quell’apprensione che ormai si era stabilita nella sua
coscienza. Pur se fu Marie, a distanza di un anno dal sogno-visione a
suggerirgli l’indagine, c’era un motivo più importante che lo spinse ad agire.
Dalla morte del fratello in lei si aggravarono dei disturbi di cui già soffriva
e seppur dissimulasse Gianni ne aveva notato la progressione, allarmandosi
quando in seguito a esami approfonditi fu individuata la causa nel cuore. Il
responso li lasciò interdetti ma ulteriori esami confermarono che l’età
biologica del cuore non corrispondeva a quella anagrafica. Avesse avuto ottant’anni
sarebbe stato accettabile, non poco oltre i quaranta. Quali fossero le cause era
inutile girarci attorno… il cuore di Marie era un motore consumato in un’auto ben
tenuta, dove ogni anno contava per due.
Poiché i problemi fisici si intensificavano
ogniqualvolta entrava nell’appartamento del fratello ne divenne chiaro il
collegamento, chissà a quale livello. Psicosomatico o di altro tipo Gianni dovette
proibirle l’accesso, concedendogli solo un paio di minuti in occasione
dell’anniversario della morte di Gerard, per una commemorazione.
Era alla continua ricerca di qualche
rimedio per la sua amata, da qualunque direzione potesse provenire e avrebbe
dato la vita per aiutarla e proteggerla, come Franco che nel sogno-visione, riferendosi a
loro due disse: lui è il compagno del tuo
cuore ed io l’amico della tua anima.
Perché una persona si ritrova ad
avere due guardiani del genere? Per un solo motivo, perché ha qualcosa di
speciale…
Marie parlò con Gianni attraverso internet
e allo stesso modo chiamò la sua amica Anne in Savoia, dicendole che sarebbe
partita subito per andare a trovarla. Erano ormai tre anni che ne posticipava
la visita ma gli ultimi eventi e l’apprensione di Gianni, che nell’occasione
della telefonata non riuscì a nascondere, la convinsero di non attendere ulteriormente.
Il cuore che reggeva sempre meno
agli sforzi, quello il motivo dei rinvii, mentre il tempo per recuperare le
forze aumentava. Prima o poi, nonostante le sue accortezze, Gianni si sarebbe reso
conto che le condizioni reali non erano quelle recitate e Marie non avrebbe potuto opporsi al completo naufragio
della sua salute, che le avrebbe tolto la preziosa indipendenza rimastale.
Anne aveva una decina d’anni meno dell’amica e la frequentava ancora prima del suo matrimonio con Franco, sapeva come stavano le cose e non poteva credere alle sue orecchie.
L’iniziale
felicità – era la sua sola amica e viceversa – fu presto sostituita dal timore
che Marie avesse deciso prima di non
poterlo più fare e propose d’essere lei a farle visita, ben sapendo che avrebbe
comportato un’altrettanta se non maggiore
difficoltà.
Anne parlava perfettamente
l’italiano, appreso dalla madre e l’usava indifferentemente assieme al francese
nel rivolgersi a suo figlio Jean, un bimbo di sei anni affetto da una forma
autistica, forse collegata o derivata da un difetto genetico, che ne precludeva
gli spostamenti, costringendolo a vivere in un ambiente protetto ed evitare i
contatti con l’esterno. Così dopo il parto Anne non si mosse più dalla sua
villetta, vicina a una clinica specializzata. Il compagno d’indole viaggiatrice
non riuscendo a sopportare la clausura riprese la vita di un tempo, trovando un’altra
persona ad accompagnarlo. L’adeguato sostegno economico fu il massimo che riuscì
a fare per quella che fu la sua famiglia e Jean, da che ebbe coscienza, non
vide mai il padre.
Marie si commosse della
disponibilità dell’amica, l’avrebbe fatto davvero, affidando per la prima volta Jean ai genitori, per un paio di giorni. A causa dell’impatto emotivo
di una seppure temporanea separazione sul bambino, Marie avrebbe potuto accettarlo
solo per un ultimo saluto, ma
fortunatamente poteva ancora disporre della propria vita e dopo tanto tempo si
sentì stranamente sollevata. Ci voleva proprio, pensò, e nel preparare il
minimo bagaglio - aveva la stessa taglia di Anne e come in passato avrebbe
usufruito del suo guardaroba - realizzò che erano ormai due anni che anch’essa non
lasciava casa, dall’ultimo viaggio in Italia con Gianni quando vendette il suo
appartamento ormai inutilizzato.
Stava per chiamare un taxi quando ricordò
che di lì a un mese cadeva l’anniversario della morte di Gerard… l’unica
occasione nella quale riapriva l’appartamento per il tempo di una breve commemorazione.
A questo punto poteva succedere di
tutto… decise di anticipare, fece la combinazione per escludere l’allarme e con
un po' di apprensione aprì la porta blindata. Esitò prima di entrare, era sola,
se le fosse accaduto qualcosa poteva compromettere tutto e c’erano troppe
persone coinvolte. Così il semplice saluto accompagnato dal ricordo più bello
del fratello, quando con Franco fecero l’unico viaggio alla mostra d’antiquariato,
lo fece lì, sull’uscio in penombra.
Ma questa volta accadde che
l’immagine che aveva ben imparato a rievocare si stagliò nella sua mente con
una tale definizione che, sbalordita, riaprì gli occhi ritrovandosela ancora
davanti… e scorse in quella qualcosa che fino a quel momento non aveva mai
notato: la camicia un po' aperta di Gerard lasciava intravedere qualcosa che
portava al collo, un semplice spago cui era attaccato un oggetto lungo e stretto. Incredula, le venne istintivamente d’allungare una mano verso l’immagine ormai in dissolvimento, sfiorandone
con un dito gli evanescenti confini.
Avvertì una leggerissima scossa
d’energia che si irradiò in tutto il suo corpo, un pizzicore gentile che si
concluse sul suo petto, permettendole di trarre un respiro ampio e profondo,
come quelli d’un tempo. Sentì di poter entrare e velocemente, senza sceglierlo,
prese un libricino dal ripiano dove avevano riposti i pochi, forse a causa delle dimensioni, sopravissuti allo scempio.
Uscendo, con gli occhi umidi disse tra sé: … sei sempre con me, Gerard, grazie.
Fatto sta che fuori da lì si sentì
meglio, con il cuore che le risparmiò l’usuale sensazione d’incertezza sulla
capacità e forza del battito successivo. Non dubitò che quanto stava accadendo
seguisse la direzione rivelatale da Franco verso la fine del sogno-visione:
… attendi un anno per cercarmi… quando mi avrai trovato le cose
accadranno da sole… riprenderai a vivere e vedrai grandi cose, abbi fiducia
Queste parole non le aveva riferite
a Gianni per non alimentare aspettative che poi… ma al termine di quell’anno
stimolò nel compagno il desiderio d’indagare. Quel giorno c’era una bella luce
nel volto di Marie ed egli avrebbe fatto qualunque cosa per conservarla.
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10 - La fuga
Molto prima dell’alba del giorno
seguente i due amici si ritrovarono in cucina per un caffè e Gianni, nel
riportare all’amico il contenuto della telefonata a Marie, riferì
dell’interesse manifestato a proposito del “viaggio” propostole da Andrea. Come
se avesse pronunciato la parola magica
A - devo assolutamente andare…
G – beh, è ancora troppo presto per
il bar… comunque se me lo permetti ti accompagno…
A – non si tratta di aprire il bar…
e non puoi accompagnarmi, potrebbe essere pericoloso ma soprattutto non
riusciresti a starmi dietro. Ho pochissimo tempo… scrivi qui l’indirizzo, il
numero di telefono di Marie e informala della mia visita…
G - … ma davvero vuoi andare da
Marie, in Savoia?
A – sì, devo riuscire ad
allontanarmi da qui senza che mi vedano… sono certo che ci controllano anche di
notte e tra poco, men che meno domani, non avrò più alcuna possibilità di
fregarli… (mentre parlava riponeva nello zainetto qualche effetto personale, i
documenti, un vecchio telefono che non usava da anni e il foglietto col
recapito di Marie). Fra un’ora uscirà Ludmila, è sempre la prima… aspetta
che entri dai cani così che non ti veda nessuno… dille di andare col suo
furgone ai vecchi lavatoi, sarò lì ad aspettarla. Devo correre, solo chi vive
qui conosce il sentiero sulla collina, ci vogliono due ore ma devo farcela in
un’ora e mezza… nello scrittoio in camera mia c’è la busta che mi dette Franco,
aprila e… ciao!
Andrea salutò velocemente Gianni
che ancora non aveva realizzato del tutto la situazione, necessitava di tempi
lunghi per farlo… tempi da bibliotecario, mentre quelli di Andrea erano tempi
d’azione. Lo vide scomparire nel buio fitto e tra il rattristato e lo
sconcertato risalì le scale per tornare in camera; con il pensiero di trovarsi
ancora in un sogno e che a breve si sarebbe svegliato incespicò sui vecchi
gradini in legno massiccio… aveva ragione, sarebbe stato un peso.
Andrea faticò a ritrovare il
sentiero ormai incolto e abbandonato, erano anni che non praticava regolarmente
l’esercizio fisico e quell’ora e mezzo si riferiva ad allora. Così che quando
Ludmila lo vide sbucare dalla boscaglia, dieci minuti oltre il previsto, prese
uno spavento tanto era sudato, graffiato e spossato. Ma ancora le forze gli
permisero di salire a bordo e sollecitare la partenza immediata, dicendole solo dove andare. Si accasciò sul
sedile per riprendersi e Ludmila non fece alcuna domanda… recuperando con la
sua guida sicura e veloce il ritardo, alla fine addirittura anticipando di quei
dieci minuti l’arrivo, un’ora dopo.
A – grazie di non avermi chiesto
niente… e di guidare meglio di me, sei un fenomeno! A tuo marito Dimitri digli
che mi hai aiutato… non dire niente a nessun altro, mi raccomando…
L –
non c’è di ringraziare, tu hai problemi e noi aiutiamo, tu fatto tante
volte per noi… dici guido bene?
A – certo, lo ricorderò quando ho
bisogno! Sono arrivato, ferma qui… ciao e grazie ancora.
L – ciao e… auguri per problemi!
Andrea con un treno arrivò a Genova, ritirò l’auto noleggiata
e si fermò a pranzo in un centro commerciale dove acquistò dei capi di
vestiario. Poi si mise in contatto con Marie, da poco arrivata a casa di Anne.
A – sono Andrea…
M - Gianni mi ha chiesto di darti del tu… ma l’avrei fatto
comunque, come stai?
A – bene, grazie… beh, senza neppure conoscerci ho preso
questa decisione e…
M – non occorrono spiegazioni, mi rendo perfettamente conto della
gravità della situazione… ti sono grata per l’aiuto che spero di ricambiare. A
che ora pensi di poter arrivare?
A – (convenevoli
essenziali – pensò - e subito sul punto) – verso le 19, il tempo di
prendere una stanza d’albergo e…
M - … la casa di Anne, la mia amica, ha una incantevole
dependance nel giardino… e lei cucina benissimo, ha già preparato le pietanze
per la cena, per festeggiarmi dopo anni che non ci siamo potute incontrare.
L’ho informata dell’ospitalità che hai offerto a Gianni e ci terrebbe tanto ad
avere per ospite un suo amico. Potresti farlo tu il caffè… lei e suo figlio
sono ghiotti di panna e ne ha una introvabile, da un amico allevatore che la
gliela riserva apposta… ci sarai, vero?
A - … non ho l’abito da sera…
M - … noi si mangia in pigiama e pantofole, ce n’è una
collezione, qui…
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11 - Amici
moldavi
Alle cinque del mattino, come anticipato da Andrea, Ludmila
entrò per governare i cani che l’accolsero festosi. Gianni la raggiunse dalla
porta interna, le disse dell’incarico e lei senza porre questioni terminò velocemente
quanto stava facendo. Dopo una decina di minuti il furgone uscì dalla rimessa ed
egli si recò nella stanza dell’amico.
Gianni estrasse il foglio dalla busta, su una faccia c’era un
disegno e sull’altra uno scritto.
Guardò per primo il disegno, data la semplicità certamente
eseguito da un bambino, di un uccello colorato in giallo che volava sopra una
casa, con le ali dispiegate.
Tuttavia un particolare attirava l’attenzione, quasi fosse il
punto di fuga di una prospettiva ignota: il capo dell’uccellino, di lato,
mostrava un solo occhio chiuso, con un forte – troppo forte – segno scuro per
marcare le ciglia serrate.
Le parole possono spiegare in molti modi un’immagine… ma non
ci penetrano, rimangono alla superficie perché non conoscono l’animo di quell’immagine, che
all’osservatore si mostra ma non si rivela.
Svelare è togliere
il velo… e la palpebra dell’uccellino – o dell’uomo - è metafora perfetta d’ogni velo.
Sorpreso dalla circostanza/coincidenza dell’arrivo del
canarino giallo a casa di Andrea, girò il foglio, dove la scrittura frettolosa
del breve messaggio trasmetteva un senso d’incertezza.
“Caro
amico, sono profondamente afflitto poiché credo che avrai serie difficoltà a
causa mia… diverse volte sono stato tentato di andarmene per non tradire la tua
fiducia, rinunciando allo scopo della mia vita. Ma non ho potuto farlo perché
in quello scopo ci sono persone che le hanno dato un senso e tu, l’ultima, sei
la più importante... se lo scopo sarà
raggiunto anche tu avrai una ricompensa che inonderà di senso la tua vita.
Vorrei, ma non posso dire di più. Il
tuo amico Franco.”
Cosa significava
quel messaggio – si chiese Gianni – che pareva anticipare gli eventi futuri, dalla sua morte fino ai critici problemi
attuali? E lo scopo, quale che fosse, non aveva intanto accumunato più persone,
quasi fossero legate da un destino condiviso? Alla fine la ricompensa che pareva
riguardare tutti, per Gianni poteva essere una sola… la salute di Marie, quello
il suo solo scopo, nulla gli
importava di più.
Ancora non riusciva ad allinearsi al ritmo degli eventi e la
decisione improvvisa, l’azione istintiva di Andrea lo aveva disorientato, non
aveva mai conosciuto nessuno che agisse in tal modo, senza nessun pensiero tra
il dire e il fare, senza dubbi di star facendo la cosa migliore. Il destino, il
braccio armato del tempo, ci mette costantemente alla prova e non di rado il
peso diviene insopportabile… eppure Franco, adesso Andrea e anche Marie l’hanno
guardato negli occhi accettando che plasmasse le loro vite. Come si ripromise
di fare a sua volta, commosso e grato di condividerlo con loro.
In sincronia col termine dei suoi pensieri partì l’allarme
armonioso della sveglia. Erano ormai le sei e venti, giusto l’ora quando Andrea
prendeva l’auto e si recava al bar, cosa che non avrebbe fatto quel giorno e
chissà quanti altri ancora… sicuramente avrebbe incaricato il suo aiutante –
che apriva l’esercizio - di chiamare un sostituto o trovare qualche altra
soluzione.
A Gianni non restava che attendere gli sviluppi della
situazione… che dopo un paio d’ore non mancarono di presentarsi, annunciate dal
ritorno del furgone che a velocità eccessiva, superata la recinzione rientrò
nella rimessa. Da lì in avanti i movimenti nella proprietà non seguirono il
consueto svolgimento, gli giungevano le voci di più persone che discutevano,
qualcuna con toni decisamente preoccupati. Osservando l’esterno dalla finestra
senza esser visto, dopo un po' notò che, quali che fossero i motivi
l’agitazione diminuiva, concludendosi con la partenza di un’auto e del furgone.
Mentre si chiedeva chi fosse partito e chi rimasto suonarono il campanello…
G – sì, arrivo subito… ah, buongiorno Ludmila e… Dimitri,
entrate prego.
D – buongiorno Gianni… Ludmila ha detto di questa mattina e
ti dice cosa successo…
L – sì, sono andata a lavatoi, non c’era macchine dietro.
Dopo dieci minuti è arrivato Andrea e ho portato alla stazione di treni, no
quella vicina, più lontana un’ora di strada. Ho lasciato lui e tornata indietro
per altra strada, come chiesto signor Andrea. Quando ho ripreso nostra strada
principale… sicura che auto nera aspettava e ha seguito me. Poi venuta vicino e
sono impaurita, due uomini dentro macchina potente. Ancora poco chilometri e
strada sale, se sorpassa mi blocca… ho aspettato ultimo incrocio e di colpo
girato, cambiato strada e scappata. Io conosco strade piccole, di terra… ho
corso forte e non mi ha preso… quando arrivata qui ho visto macchina nera
dietro che arriva ma poi andata via…
Se aveva ancora dubbi sulla gravità della faccenda, la
stretta allo stomaco nell’ascoltare il resoconto di Ludmila glieli tolse del
tutto, potendo quasi percepire la paura che la donna provò e l’adrenalina che
l’aveva salvata.
D – dico io adesso. Qui c’è mia famiglia io Natasha tre
bambini, Matej più grande 11 anni. C’è mio fratello vecchio, Veaceslav con moglie
Liliana e due ragazzi 8 e 13 anni. Anche Ludmila, sorella di Liliana e
Alexandru che diventa marito. Adesso c’è pericolo, sicuro che persone, non so
quante, vogliono fare qualcosa qui… io dico a te perché Andrea ha problemi e
non c’è… tu puoi decidere?
In quel momento Gianni non poteva permettersi iI consueto
tempo da bibliotecario poiché Dimitri si attendeva una risposta immediata, un
si o un no per decidere cosa fare per la sicurezza dei familiari, collegata a
quella di Gianni. Stranamente aveva la mente lucida e nonostante le emozioni –
o forse a causa di quelle – i pensieri e le incertezze che lo contraddistinguevano
e allungavano talora a dismisura il tempo necessario a prendere una decisione
erano sparite, un evento raro.
In quello stato (di grazia) pronunciò un sì, abbastanza deciso si direbbe, considerata la pacca sulle spalle
di Dimitri che lo fece traballare. Cosa implicasse quel sì diversamente dal
solito non lo preoccupava…
D – bene! Avevo detto a Ludmila che amico del boss decide,
lei non credeva! Qui rimasti solo noi tre, otto partiti con macchine e furgone…
c’è due uomini e Alexandru ha uno dei fucili, l’altro resta qui e io so usare
bene… tre uomini sono pochi, serve due sempre qui e altri tre che vanno con
donne e ragazzi quando guidano fuori. Adesso Ludmila telefona a Maxim e Nicola
cugini di Alexandru e dice di venire stare qui per un po'… d’accordo?
G – sì… (leggermente più incerto, ma tant’è… ormai era in
ballo), gli do la mia camera, io mi sistemo in salotto.
D – oh… grazie! - a
Ludmila non pareva vero che Gianni, uomo riservato e un po' timido tirasse fuori
quel carattere e disponibilità! - Tutto va posto allora… basta sorprese,
siamo preparati! Quando tornerà boss?
G - … deve incontrare delle persone importanti, penso qualche
giorno.
In realtà non ne aveva la più pallida idea… gli avvenimenti
si succedevano troppo in fretta per la sua capacità di elaborarli e prevederne
di futuri. Le misteriose persone che li controllavano avevano capito subito che
Andrea, non recandosi al bar, era riuscito a eluderli e non fosse stata per
l’abilità di Ludmila chissà sino a che punto sarebbero arrivati...
Si mise nei panni dei moldavi che si ritrovarono nel mezzo di
una questione che non li riguardava – un oggetto conteso – costringendoli a lottare (quale altra parola?) per la sicurezza delle loro donne e bambini…
Andrea avrebbe raggiunto Marie e questo lo confortava
parecchio, ma dopo?
……………………………………………………
Alle 19.30 Gianni – con
grande sollievo - seppe dell’arrivo di Andrea e delle discrete
condizioni di Marie, la cosa più importante. Quindi riferì all’amico gli eventi
accaduti…
G- … ho dovuto decidere, non c’era tempo, Maxim e Nicola sono
già nella camera e devo dire che tutta questa gente, contrariamente alla mia
indole, stavolta non mi disturba affatto… dimmi sinceramente se sei d’accordo
con quello che ho fatto.
A – in tutto, salvo una cosa…
G – (accidenti, pensò
Gianni… cosa ho sbagliato?) … sarebbe?
A – non andrai in salotto, non lo permetto a un mio ospite…
sistemati nella mia camera, la mia casa è la tua casa, su questo non discuto!
G – meno male, grazie, speriamo per poco…
A – per poco o per sempre… alla fine tutti lasceremo la
nostra stanza…
G – un buon momento per la filosofia, eh…
A – l’ho imparata in fretta… dal vivo e senza lezioni! Adesso
devo proprio andare… a scegliere le pantofole…
G – le pantofole?
A – già, qui si usa così… si cena in pigiama (quello ce l’ho!)
e pantofole… l’ha detto Marie!
G – Bucura-te de masa ta! – (divertito dal sens of humor della compagna e contento di sapere che
Andrea era loro ospite).
A - … che è?
G – buon appetito, in moldavo-rumeno… un po' di reciprocità linguistica, non credi?
A – direi proprio di si, io non l’avevo ancora pensato, bravo…
Dopo la necessaria conversazione con l’amico che data
l’importanza avvenne subito dopo l’arrivo di Andrea, nello studio e in presenza
di Marie a cui l’agire deciso e veloce di Andrea ricordavano quello di Franco,
realmente si misero in pantofole (la pulizia della casa era importante per
Jean). Tuttavia, considerati i vestiti appena acquistasti da Andrea si derogò
sul pigiama.
Altrettanto realmente, la cena preparata da Anne era degna
d’un ristorante a più stelle… e ancor di più quanto a qualità degli ingredienti.
Marie e Anne si commossero profondamente al rincontrarsi dopo
tutto quel tempo, rimanendo a lungo abbracciate, l’ultima fugace visita
risaliva a quando Jean aveva tre anni.
Gli ospiti erano rari a casa di Anne, ciò nonostante il bimbo
non si interessò a Marie (che ne fu po' delusa) e preferì starsene per suo
conto. In vista della cena Anne informò gli ospiti che Jean (rimasto sempre
nella sua stanza) nell’alimentarsi era un po' casual … quando/quanto/come/dove capitava. Disse di non
preoccuparsi del bambino, tuttavia pregandoli di non badarci se presentandosi avesse
preso qualcosa da qualche piatto, a caso… ovvio che sì, nessun problema per
Marie e Andrea.
Tutto andò per il meglio, ognuno riuscì a metter da parte i
propri problemi, dedicandosi a una conversazione leggera tra una portata e
l’altra.
Andrea – Anne, da addetto ai lavori sinceramente affermo che
hai un gran talento gastronomico… tutto era equilibrato, sale e spezie dosate
alla perfezione, gli abbinamenti del tutto azzeccati come la presentazione su
questa tavola addobbata con rose bianche intrecciate a rametti d’edera…
chapeau!
Marie – … condivido pienamente!
Andrea – notando il
leggero imbarazzo di Anne per i complimenti, si prese la scena, dopo aver avuto
conferma che la panna introvabile c’era davvero, Marie non mentiva mai!
Tocca a me dire qualcosa… venendo qui ho acquistato
dell’ottimo caffè, una miscela speciale per prepararne l’estratto adatto a sostenere il cielo – la panna - come un acrobata
il suo partner. Entrambi hanno il loro stile e talento, ma insieme… proprio
nella superficie che li separa e dove l’uno compenetra parzialmente l’altro si
realizza il fine alchemico della trasmutazione in oro… sbirciò il suo pubblico per capire se procedere o concludere. Ma Marie
e Anne, del tutto sorprese, pendevano dalle sue labbra per il finale della
storiella. Egli, alzandosi in piedi e ponendo il tovagliolo sul braccio
sinistro piegato ad angolo …
Bene, vedo che interessa… sull’aroma e gusto del caffè, come
prepararlo e servirlo sono state dette e continueranno a dirsi milioni
d’opinioni, invece pochissime riguardano la panna, come cenerentola una
servetta sfruttata, buona per tutto a cui far fare mille lavori… sinché anche
per lei arriva il momento giusto e…
con la coda
dell’occhio – abilità del barista – aveva notato aprirsi la porta (della
camera) che annunciava un nuovo avventore, Jean, il quale raggiunto il tavolo
andò a sedersi sulla sedia lasciata libera da Andrea, guardandolo come si
guarda il mago delle favole.
Con grande
difficoltà, grazie all’aiuto di Marie che la distrasse quel tanto… Anne riuscì
a trattenere la commozione, perché non era mai accaduto un fatto del genere, addirittura
un movimento spontaneo del bambino verso un estraneo! Andrea, incrociando lo sguardo di
Marie ne comprese l’inespressa richiesta: “ti prego per Anne… continua”. Annuì,
impegnandosi per tirarla più a lungo possibile…
… e ha l’occasione di andare a una bella festa… come questa,
con la mamma e gli amici e tanti fiori,
tante buone cose da mangiare. Ma questa volta la panna non accetterà di venire nascosta
dentro i cibi, per donare loro la sua morbidezza sposando gli altri
ingredienti… questa volta la panna vuole essere vista perché… ci sarà un
principe alla festa, un principe che sta cercando la compagna da sposare. Dopo
avere incontrato molte pretendenti è parecchio scoraggiato, teme che non
riuscirà a coronare il suo sogno della coppia perfetta. Spesso ci arrivava
vicino ma poi mancava sempre qualcosa, per fortuna un giorno trovò un vero
amico che lo aiutò, assistendolo durante… il ballo. Posso dirvi cosa successe
o… magari ripetere quel ballo fantastico, qui, sopra questo tavolo, in mezzo
alle rose… che dici, Jean, ti piacerebbe rivederlo?
mai il
bimbo rispose a qualsiasi domanda e ora Andrea, magicamente, ne aveva catturato
l’interesse. Anne e Marie trattennero il respiro, incredule di fronte al
miracolo. C’era Qualcosa che stava agendo attraverso Andrea, Marie poteva
sentirne la forza, come l’aveva sentita durante la commemorazione del fratello,
affine ma non la stessa. Adesso le loro quattro individualità come attori
durante la recita, pur nella loro continuità venivano governate
dall’individualità maggiore della narrazione in atto. Consapevoli o no, tutti
loro stavano leggendo il copione e recitando la loro parte… e Jean nella sua
doveva dire…
Jean - … sì, voglio vederlo.
Andrea – très bien, alors! Porteremo qui sul tavolo… da
ballo, tutto quello che serve per fare incontrare la bianca Panna al caffè, il Principe
Nero… Anne (che non riusciva più a
contenere le lacrime), puoi andare a scaldare
dell’acqua in una pentola e metterci dentro cinque tazze, devono essere belle calde,
attenta a non scottarti. Marie, sgombra il tavolo da ballo lasciando solo le
splendide rose con l’umile edera. Io preparo il caffè e tu, Jean, se vuoi darci
una mano…
Jean annuisce
col capo… volutamente Andrea aveva fatto allontanare la mamma perché non avrebbe
retto anche l’emozione del coinvolgimento fisico del bimbo, anch’esso mai
successo.
… hai il compito di far arrivare sul tavolo da ballo la
carrozza (il carrello portavivande con la
panna che Marie prenderà dal frigo, assieme a una terrina di vetro e la frusta
d’acciaio, fredde anch’esse).
Merci beaucoup…. si comincia! Vado a preparare il Principe
Nero e… Anne (nel frattempo ritornata e
sbalordita da quanto stava accadendo), dai il via all’orchestra: Tchaikovsky
- Waltz of the Flowers… ce l’abbiamo,
vero?
Anne – (costretta
a riprendere il controllo di sé) … il valzer dei fiori..? si… si, l’orchestra ha tutte le musiche! Eccola…
Gentili lettori, siete tutti invitati…
provate a
mettere la musica e continuate a leggere.
Andrea – … zum pa pa zum pa pa zum… solfeggia ritornando al
tavolo dove depone ossequioso la caraffa termica piena di caffè bollente… alza
le braccia e si profonde in un inchino a Jean che aiutato da Marie arriva sospingendo il carrello… pardon, la
carrozza…
Ben arrivata bianca Panna! Très bien… qui sul tavolo da ballo
mettiamo il grande divano (la terrina di
vetro) dove la faremo accomodare prima di trasformarla, con la bacchetta
magica (la frusta d’acciaio) in… una
nuvola!
Attendez-moi solo un momento…. per controllare che la mamma abbia
ben riscaldato le tazze per tutti gli invitati… (una scusa per informarsi se Jean poteva assaggiare almeno un
cucchiaino di caffè… altroché, gli piaceva sin troppo e bisognava limitarlo!)
…pa papapa
pa pa pa papapa pa pa… versa la panna nella terrina, alza la frusta,
la fa roteare nell’aria e con un altro inchino la immerge nel liquido…
Adesso con questa bacchetta magica prendo l’aria per vestire
bianca Panna che diventerà leggera come una nuvola… Jean, voici la
trasformation!
In un paio
di minuti d’arte consumata montò la panna, teatralmente chiese al Principe Nero
il permesso di versarlo nelle tazze ancora ben calde, regolò lo zucchero
secondo i gusti e con le sac à poche adagiò a spirale soffici nuvole di panna sopra il Principe che le accolse, poi servì
con garbo le tazze alle signore.
Prese la
tazza per Jean e la coprì capovolgendovi
quella rimasta vuota. Quindi le fece combaciare entrambe alla
perfezione, con una presa sicura le sollevò dal tavolo da ballo e le roteò delicatamente
tre volte esclamando:
Il Principe sta ballando
con bianca Panna!
poi
inaspettatamente con un movimento rapidissimo le capovolse sottosopra… senza
far fuoriuscire una goccia di caffè!
Tolse la
tazza superiore e apparve una montagnetta striata di un color bruno, sovrastata
da un leggerissimo velo di vapore…
Dopo avere ballato il cielo e la terra si sono uniti! Assaggia,
Jean…
(il bimbo
riempie il cucchiaino portandoselo alla bocca).
Que dites vous… li facciamo sposare?
Jean – C’est très bon… si, li sposiamo…
Andrea – la la la lala
la la lalà!
Applausi… (dal cuore di Anne e Marie)
……………………………………………………..
13 – Coincidenze
Il vento
diminuì d’intensità, si fermò del tutto e cominciarono a cadere i primi fiocchi
di neve, piccoli e secchi a causa della bassa temperatura; pensò che era tempo
di ritornare per non affaticare troppo il cuore e raffreddandosi sprecare energie
preziose.
Era sola,
stava passeggiando su un sentiero di montagna, tra alte conifere e spazi aperti
e in quel momento vide l’uomo appoggiato alla staccionata che delimitava una
porzione del bosco. Sembrava assorto e forse non l’aveva ancora vista, si girò
per tornare sui suoi passi quando udì chiamare il suo nome…
M – (avvicinandosi
un po' per vederlo meglio)… non mi sembra di conoscerla…
Uomo – ci conoscevamo
tempo fa… ho il compito di condurla dalla “signora”.
M – non so
chi sia questa “signora” e non mi interessa… devo rincasare in fretta (adesso
nevicava forte e riprese a soffiare un vento gelido).
Uomo - … se
torna indietro… troverà i suoi giorni finiti…
M – intende
dire che morirò?
Uomo – si,
le rimane poco tempo… non deve sprecarlo.
M – se il
mio destino è segnato… perché consumare quello che mi resta per andare da una
sconosciuta… con uno sconosciuto? Almeno a casa potrò salutare i miei cari.
Uomo – per
chi va dalla “signora” il tempo si ferma…
M – cioè
non lo consumo?
Uomo –
giusto, non perde nulla. Ma c’è un altro motivo, quello che è appena successo.
M – cos’è
successo, mi ha chiamata e fatto la proposta…
Uomo – ne è
sicura? Io non ho “chiamato”.
M – beh, ero
già girata… chi altri?
Uomo - … il
vento, l’amico della “signora”.
M – ma che
dice, il vento non chiama!
Uomo – non
“chiama”… è sicura anche di questo?
M –
(nevicava talmente che si faticava a vederci) sono sicura dei fatti, quelli non
mentono!
Uomo –
giusto, i fatti non mentono… dove si trova?
M – sono
qui… e me ne torno indietro, se permette…
Uomo – oh,
io conto poco… provi a dirlo al vento…
M – ma
insomma! Basta…
- solo in quel momento realizzò la situazione,
si trovava in montagna… ma non ricordava quando e né come ci era giunta,
neppure sapeva dove voleva tornare… come non bastasse quell’uomo la inquietava
e la nevicata era talmente fitta… come un foglio bianco davanti agli occhi… ma
soprattutto desiderava sottrarsi al vento gelido… dev’esserci un motivo, un
modo… una soluzione.
Capì di
trovarsi in un sogno e come era riuscita altre volte a sfuggire da analoghe
circostanze oniriche, rivolgendo l’attenzione sui particolari, cercò un
appiglio visivo… l’unico alla portata era il volto dell’uomo, si concentrò per
metterlo a fuoco e…
M -
…Gerard!! Ma sei tu?
G – si,
sono io… se hai deciso di tornare indietro non mi resta che salutarti…
M – Gerard,
stiamo ancora assieme.
G – lo
siamo stati per un po', adesso devo andare.
M – e il
compito, che dirai alla “signora”?
G - che
portarti da lei era il suo compito, il mio è di volerti bene comunque.
M – … mi accompagneresti sino a destinazione?
G – … anche
a braccetto, come facevamo da bambini, ti va?
Così
dicendo si presero sottobraccio e si inoltrarono nel sentiero. Il vento si
chetò nuovamente, smise di nevicare, le nuvole si squarciarono e il sole le
inondò il viso… non aveva mai provato una tale felicità …
Marie si svegliò così, la mattina seguente… col sole caldo e
luminoso sul volto ma soprattutto col vivido ricordo del sogno e la sensazione
di piena felicità che ancora la permeava. Dalla morte dell’amato gemello altre
volte le capitò di sognarlo, erano sogni cupi, intrisi del dolore
dell’abbandono… ma questo la confortò tanto che non avrebbe temuto neppure di
morire, potendosi affidare a quel sentimento.
Che pensare… la sera prima il miracolo compiuto da Andrea o
attraverso di lui, col bimbo che esce dal suo mondo per incontrarlo e giocarci
assieme.
Anne le disse di non aver mai provato una gioia simile dalla
nascita di Jean. Neppure credeva che potessero esistere persone con la
sensibilità di Andrea e ringraziò la vita per il dono di quel tempo felice.
Avendo chiesto ad Andrea di fare colazione assieme quella
mattina, Marie si recò in cucina per allestire un vassoio (le bevande le
avrebbero preparate nella cucina della dependance)… trovandovi due torte appena
sfornate da Anne, con un biglietto: votre
petit-déjeuner s'il vous plaît.
Ne tagliò due doppie porzioni da ciascuna e si avviò a
incontrare… il destino, tanto era certa non fosse dovuto al caso quanto
accadeva, bensì a una volontà… magari la stessa che le permetteva quel po'
d’energia in più, quei respiri meno affannosi del solito… forse quella
“signora” c’era davvero, seppure in una differente realtà.
Andrea pensò che anche sulla dependance Maria non mentì… era davvero incantevole. Pavimenti e
soffitti travati in legno chiaro, tende veneziane a piccole alette verde embrun come gli infissi e le porte, muri
bianchi alla calce con bella scelta di piccoli dipinti e mensole con altri
oggetti collezionati. Una piccola cucina attrezzata di tutto punto con sedute
anch’esse in legno; due grandi divani affacciati, tanti cuscini colorati e solamente in un angolo un tavolo basso con
l’immancabile elettronica. Al piano superiore un bagno con la doccia in pietra,
una camera doppia e una singola dove Andrea decise di sistemarsi, soprattutto
perché dava sul lago.
M - … permesso?
A – buongiorno Marie, ti stavo aspettando… fammene indovinare
almeno una… direi frutti di bosco e l’altra…
M – crema di ricotta al limone con pinoli, una specialità di
Anne, rielaborazione della pastiera napoletana, queste due fette come vedi sono
più grandi... hai dormito bene, qui?
A – un posto davvero bello, tranquillo e delizioso, non ne ricordo
uno che possa reggere il confronto, Anne ha un grande senso dell’armonia.
M – sono contenta dell’apprezzamento e riferirò… Anne mi ha
pregato di ringraziarti per quello che hai fatto…
A - … quando c’è armonia è più facile combinare qualcosa di
buono.
M – non era solo qualcosa…
era vivo ed era per tutti…
A - … sì, concordo. Non ho idea di come abbia potuto farlo,
ti giuro che come voi ne sono rimasto sorpreso, è venuto, come un vento che spalanca la finestra…
la sola
parola, vento, riportò alla mente di Marie l’intero ricordo del suo sogno che
si sovrapponeva alla realtà, assieme alle sensazioni, a quel caldo senso di
conforto quando col fratello si presero a braccetto… Andrea si accorse della breve
assenza di Marie, rammentando quella di Gianni che nell’occasione percepì la
cicuta che lui stava visualizzando..
M - … scusami, mi è ritornato in mente il sogno di stamattina…
A - … c’era il vento..?
M - … sì! Come lo sai?
A – dopo aver pronunciato la parola vento ti sei assentata…
non hai sentito che ti ho chiesto se andava tutto bene?
M – davvero? No, non l’ho sentito… quanto mi sono assentata?
A – abbastanza da avere il tempo di prenderti dalle mani la
nostra colazione e metterla al sicuro sul tavolo…
M – non me ne sono resa conto… del rischio per la colazione (un po' di humor…). Comunque ti devo
dire che altre volte… mi sono accadute cose strane…
A – Gianni mi raccontò della tua visione di Franco il giorno della sua morte. Anche Gianni, in mia
presenza, si assentò… quasi dieci
minuti.
M – me l’aveva riferito… vuoi che ti racconti il mio sogno?
A – sono qui per questo - sogni
a colazione - si possono fare le due cose insieme?
M – Certamente! Scusami tanto…
Marie oltre
al sogno gli raccontò di quanto le accadde durante la commemorazione del
fratello… era solo ieri!
A – prima Franco e adesso Gerard …
M – Franco nella visione mi disse: … attendi un anno per cercarmi… quando mi
avrai trovato le cose accadranno da sole… riprenderai a vivere e vedrai grandi
cose, abbi fiducia. Non l’ho detto a Gianni per non creare aspettative che
poi… sai, il mio cuore non va bene. Dopo quell’anno di attesa davvero stanno
accadendo grandi cose a tutti… che mi dici di Gianni?
A – (cercando di dissimulare il dispiacere per la salute di Marie) - eh,
si è ritrovato in una situazione imprevista… non avrei immaginato potesse tirar
fuori un tale carattere… ci ho parlato qualche ora fa, i cani hanno abbaiato a
lungo stanotte… gli uomini si davano il cambio per controllare l’esterno… il
tuo cuore può sopportare queste notizie?
M - come sopporta la gioia… quello
che viene e quello che se ne va.
A – giusto, ma tu sei stata
invitata e dovrai andare da quella “signora”, chi potrebbe essere?
M – non ne ho idea, forse lo saprò
in un futuro sogno…
A – Gerard la conosce…
M – si, nel sogno…
A – magari la conosceva anche in
vita, fruga nei tuoi ricordi…
M – non ne ho al riguardo, Gerard
era molto riservato e non amava parlare delle “sue cose”, come diceva per
sottrarsi alle domande. Volevo stare con lui il più possibile ma…
A – capisco, i problemi di salute e
gli interessi insoliti lo hanno
rinchiuso in casa, il suo rifugio.
M – esattamente, è stato un
miracolo, quell’unica volta, portarlo alla mostra d’antiquariato.
A – quindi quella “signora” l’ha
conosciuta a casa.
M – non ricordo frequentazioni e
neppure visite occasionali, Gerard a suo modo era un eremita.
A - non l’ha necessariamente conosciuta
di persona, forse attraverso qualcun altro…
M – non c’era nessun altro, solo la
mia famiglia.
A – appunto, la tua famiglia…
M – mio padre morì che avevo appena
21 anni e a 27 mori mia madre, in un incidente. Tre anni dopo Gerard, a soli
trent’anni e a quel modo… pensò che questo era troppo per il suo cuore
malandato… ma Andrea, seguendo un’intuizione, le disse:
A - … non temere, se il tempo si è
fermato per chi va dalla “signora”, non ti accadrà niente di male durante il
“viaggio” nella memoria, procediamo?
M – lo spero… della mia famiglia
sono rimasta solo io… non ho figli, né nipoti...
A – hai Jean…
M – è il figlio della mia amica,
non siamo imparentati.
A – si, lo so. Ma Jean è più di un
figlio, molto di più…
M – cosa vuoi dire?
A – Anne mi ha detto che ieri,
quando sei arrivata, Jean non ti ha neppure salutato. Lei ha visto il tuo
dispiacere, ma il bimbo è fatto così… era assorto, stava colorando un disegno…
M – mi rammarico di non aver
dissimulato a sufficienza con Anne…
A - … poi ieri sera, prima di venire
qui in paradiso (la dependance), mentre
tu aiutavi Anne a riordinare, passando davanti alla sua camera Jean mi ha fatto
un cenno e sono entrato…
M - eh, un pochino d’invidia la
provo…
A – la proverei anch’io, è umano…
dicevo che sono entrato e lui, dal letto a due metri di distanza mi ha indicato
col dito il suo enorme tavolo da lavoro. Di migliaia di oggetti di ogni forma e
tipo non ce n’era uno fuori posto, direi un ordine implacabile. Anzi, uno c’era… solo momentaneamente, un
foglio con un disegno colorato, quello che stava facendo quando sei arrivata.
Mi ha detto “prendilo” (da un’occhiata a Marie prima di proseguire)
M – e..?
A - “dallo a Marie”. Eccolo qui, tieni…
M – (anche questo era decisamente troppo… dovette cedere alla commozione,
una calda, soffice commozione…)
grazie, non ho parole…
A – Jean ne aveva altre tre da
dirmi… “prendilo, dallo a Marie… per la
signora”
M - … dimmi che non è vero!
A – anch’io, come te, non so
mentire.
Marie osserva il disegno sul foglio… un uccello giallo con le ali aperte,
in volo sopra due case… per occhio un sole splendente come quello che mi ha
svegliato stamani, pensò…
M – Che bell’uccello giallo, con
l’occhio di sole!
A – bello davvero, giallo come un
canarino… Gianni ti ha parlato del mio?
M – si, gli è piaciuto tanto…
A – il canarino o il disegno?
M – il canarino che è arrivato da
te… e la grande voliera che hai in progetto. Quale disegno?
Andrea racconta le circostanze della busta avuta da Franco e di averla
lasciata a Gianni, prima della fuga. Le riportò le parole dello scritto e nel
descrivere l’uccello giallo ne disegnò sulla salvietta l’occhio chiuso.
M - … incredibili coincidenze!
A – dici bene… ricordo un aforisma
al riguardo:
La coincidenza è la fine del tempo
e non pensavo si potesse interpretare letteralmente, ma per chi va dalla “signora”…
M – il tempo si ferma…
detto questo, internamente sentì qualcosa
di “diverso”, pensando in prima battuta a un problema fisico cuore-cervello (escludendolo
poiché non ne riscontrava i sintomi) e quindi a una reazione forse dovuta
all’accavallarsi di troppi eventi, informazioni e sensazioni… qualcosa di
paragonabile all’overdose pittorica accadutale al Louvre. Quale fosse il motivo
era opportuna una pausa e probabilmente Andrea pensò la stessa cosa… poiché
entrambi si alzarono.
M – quando mi sarò riposata ti chiamo, va bene?
A – direi di prenderci un po’ di quella fine del tempo e
continuare domani… siamo entrambi ospiti e dobbiamo ricambiare, eh…
M – verissimo, allora ci si vede a pranzo?
A - … la cuoca che dice?
M – la cuoca che dice? La cuoca è felice!
…………………………………………………………………………….
14 – Anne
Andrea, sprofondato sul comodo divano rivolto all’ampia
vetrata aperta sulla verandina, pensò al paradiso, che tale gli pareva il luogo
e il momento. Paradiso… c’è una parola più appagante?
Quelli delle religioni, abitati dalle gerarchie celesti e
dalle anime degne, erano troppo lontani per la sua indole pratica, concreta… si
figurò il big bang, la nascita dell’universo. Ovvio che la Risposta, ammesso
fosse corretta l’ipotesi, risiedeva nella natura
di quel punto che innescò il divenire. Ma si poteva definire natura qualcosa prima della creazione
stessa? Ci si può perdere in innumerevoli congetture filosofiche ma
l’esperienza del tempo - passato/presente/futuro
- accomuna l’umanità.
L’implacabile scorrere del tempo potrebbe davvero arrestarsi
a causa di una vulnerabilità o un’evenienza che lo modifichi?
“ La
coincidenza è la fine del tempo” e quelle avvenute annichilivano le
interpretazioni statistiche… ma prima che la sua mente si mettesse nuovamente
in azione scese una foschia a smorzare la luce e man mano rendere indistinti i
contorni del paesaggio e dei suoi oggetti, al pari dei suoi pensieri… c’è un
tempo per agire e uno per riposare.
La mattina seguente Andrea incontrò Anne che come lui stava
uscendo.
Andrea – buongiorno… d’accordo che sono tuo ospite ma dopo
due cene, due colazioni e un pranzo dammi modo di rendermi utile…
Anne – ciao, Marie mi ha sollecitato a uscire… Jean in camera
sistema le sue cose (lo fa ogni giorno) e lei legge nel soggiorno.
Andrea – bene, vedrai che quei due si piaceranno sempre di
più! Se non sono indiscreto, vai in centro?
Anne – non lo sei, ne approfitto per fare spese e… la panna!
Se proprio vuoi renderti utile, guidare non mi entusiasma…
Andrea – se non facevo il barista avrei fatto l’autista!
Anne – salendo
nell’auto di Andrea – penso che tu potresti fare qualsiasi cosa…
Andrea – una no… quasi mi vergogno a dirtela, volare, non
l’ho mai fatto e non lo farò, l’aria non è il mio elemento.
Anne – davvero? Marie mi ha detto dei canarini.
Andrea – oh, il volo degli uccelli lo adoro talmente che… mi
basta e avanza!
Fu
piacevole per entrambi trascorrere qualche ora a fare spese e infine rifornirsi
di panna e formaggi introvabili. Ormai sulla via del ritorno, in auto, ci fu
ancora il tempo per una breve discussione.
Andrea – vorrei stampare una foto che mi ha mandato Gianni.
Anne – posso farla anche a casa… è il disegno del canarino di
Franco?
Andrea – ah, sei informata… fino a che punto?
Anne – solo fin qui, il resto dipende da te, se mi dai
fiducia.
Andrea – Marie non ti ha messo al corrente dei… nostri
problemi?
Anne – so che sono seri… altrimenti la mia amica non sarebbe
qui. Non mi pareva il caso di farle domande, senonché stamattina poco prima di uscire
mi ha detto di chiedere a te per ogni cosa… ha completa fiducia in te.
Andrea – farò del mio
meglio per meritare la sua e la tua… questa è la situazione: un anno dopo la
morte di Franco incontrai Gianni che cercava informazioni e da quel momento
delle persone… ci stanno tenendo d’occhio convinte che noi abbiamo un oggetto
di Franco, probabilmente datogli da Gerard,
a cui stanno dando la caccia da vent’anni. Non l’abbiamo e neppure
sappiamo cosa sia, parrebbe di piccole dimensioni, in quanto nell’appartamento
di Gerard hanno letteralmente sventrato tutti i libri e gli oggetti che
potevano contenerlo.
Dopo averla
informata sugli ultimi avvenimenti si domandava se fosse opportuno che lui e
Marie si trasferissero altrove. Come se gli avesse letto il pensiero…
Anne - Jean ha detto di stare con noi…
Andrea – (sorpreso) beh,
mi fa piacere come penso anche a Marie… ma, sinceramente, se ci trovassero qui?
Anne - qualcuno ci
avviserebbe per tempo…
Andrea – … se non ci riuscisse?
Anne – almeno qui c’è questa possibilità…
Andrea – potreste venire coinvolti, non sembra la cosa più
saggia, per te e Jean.
Anne – due giorni fa è accaduto… quello che sappiamo. Il mio
bambino, grazie a voi, pare stia uscendo da un guscio… a suo modo è estremamente
presente, a un livello diverso dal nostro. Avevo persino smesso di sperarlo… adesso
devo assecondarlo o non potrei perdonarmelo, mi comprendi?
Andrea – sì, meglio un rischio che un errore…
Anne – proprio così e poi… Marie, sai davvero come sta?
Andrea – so del cuore…
Anne – stavo per diventare medico, ho interrotto gli studi
quando è nato Jean. Non credevo che avrei più rivisto qui Marie… e non lo
credeva neppure lei sino al giorno della partenza. Fortuna o un altro miracolo
le sue condizioni sono migliorate ma il motore è sempre quello, non sappiamo
quanti chilometri potrà ancora fare, senza sforzarlo…
Dietro le tende della finestra del soggiorno, Marie li osservò arrivare, scendere dall’auto e prendere le provviste, contenta della confidenza che mostravano. La distanza, quando cede, diviene presenza.
...............................................
15 – Voi
siete con me
Gianni – Dimitri dice
che le auto sono due e forse quattro persone. La mattina lui, Veaceslav e Alexandru accompagnano i tre ragazzi più
grandi a scuola poi vanno al cantiere edile dove lavorano assieme. Io, Maxim,
Nicola, Liliana, Ludmila e i due bambini piccoli rimaniamo qui.
Il tuo assistente al bar ha trovato un apprendista in gamba e
non ci sono grossi problemi… a parte il tuo caffè con panna, rimpianto dagli
affezionati clienti a cui è stato detto di pazientare.
Oggi è il quarto giorno dalla tua fuga, sembra diminuita la sorveglianza della casa ma, purtroppo,
aumentata quella sul tuo bar, tuttavia non credo possano aspettarsi che tu
ritorni proprio lì. Il tuo assistente ha notato movimenti all’esterno… specie
quando sono arrivati due fornitori. Dimitri ha detto che sei assicurato, spero
sia vero…
Andrea – sì, lo sono. Come ti dicevo abbiamo deciso, sollecitati
da Anne, di rimanere qui. Marie ti ha messo al corrente delle strane cose che accadono,
una ragione di più, oltre alla sua salute, per attenderne gli sviluppi. Ho
stampato la foto del disegno di Franco e ti ho mandato quello di Jean… che mi
dici?
Gianni – che sono sbalordito, che altro… a parte l’ennesima
coincidenza, intanto direi che i due disegni rappresentano lo stesso uccello, giusto?
A – credo di sì, in quello di Franco l’occhio è chiuso mentre
è aperto e luminoso nel disegno di Jean…
G – già… una sorta di risveglio.
Nel primo l’uccello – il canarino – vola
sopra una casa, invece Jean lo raffigura spostarsi da una casa verso un’altra…
magari la tua, visto che un canarino c’è arrivato…
A – come ne è arrivato uno… lasciamo lì la cosa, non è tempo.
G – sì certo… mi
stanno chiamando, a dopo.
(Marie
entra nella dependance e Andrea le riassume il colloquio con Gianni).
M – beh, visto che oggi è la giornata del canarino ti
racconto anche la mia, successa stamattina. Avevo riposto il disegno di Jean
all’interno del libretto trovato a casa di mio fratello. L’ho aperto per prenderlo
e portarlo qui e - scusa l’emozione -
nel toglierlo ho visto uno schizzo a matita nella pagina dov’era collocato. Il
ritratto di una signora, guarda… (viene
fatta una foto da mandare a Gianni).
A - la signora, quella del sogno… capelli,
lineamenti, abbigliamento… non sembra sia occidentale, forse euroasiatica. Ti
sei ricordata chi fosse?
M – questa persona non l’ho mai vista… ma mi è tornata in
mente una favola che raccontava mia madre a me e Gerard da
piccoli… riguardava una maga che ci aiutò a venire in questo mondo, aprendo per
noi il cancello dell’esistenza (la porte
de l'existence). Mi piaceva ascoltarla, parlava di paesi distanti e mondi
sconosciuti, animali, piante... e magie, naturalmente. Un giorno sentii mio
padre – Patrick – dire a mia madre di smettere di raccontarla perché Gerard sperava
in una magia che potesse guarirlo…
A – la signora
ritratta potrebbe essere lei, frutto di fantasia oppure conosciuta… che
facevano i tuoi?
M – mio padre era impiegato in banca sino alla morte del nonno
che gli lasciò, unico figlio, un buon patrimonio così che con l’esperienza
maturata lo investi finanziariamente e non ebbe più necessità di lavorare. Aveva
cinquant’anni e proprio allora conobbe mia madre (Claude di 36 anni) con la quale girò il mondo.
Poiché non venivano figli, per dieci anni continuarono a
viaggiare, fino a quando incredibilmente,
a 45 anni rimase incinta. Mia madre non si mosse più dalla nostra casa per
dedicarsi ai figli, soprattutto a Gerard che ebbe problemi sin dalla nascita.
Mio padre invece continuò ad alternare lunghi viaggi e brevi soste a casa, non
il massimo per dei figli in crescita. Per ricambiare
la sua mancanza di interesse per la famiglia, a mia volta non gli chiesi mai
più nulla sui suoi viaggi, irritandomi nel vedere invece mio fratello
attenderlo per ascoltarne i resoconti. Pur volendo un gran bene a mio fratello,
non accettai che per interposta persona mi
aggiornasse sulla vita del nomade (il
soprannome che diedi a mio padre).
Col senno di poi… rimpiango di non aver ammorbidito la mia
posizione e quando mio padre smise di
viaggiare, stabilendosi definitivamente a casa, ormai il danno – e la distanza
– erano incolmabili.
A – capisco… tornando al disegno, chi l’ha fatto?
M – credo mia madre che amava disegnare, anche se lo stile è
un po' diverso.
A – è plausibile che l’abbia incontrata in uno dei loro
viaggi. Gerard certamente conosceva la storia del disegno, custodendo il
libretto. A proposito, posso dargli un’occhiata? (Marie dopo avergli mostrato il ritratto e scattato la foto lo stava
tenendo chiuso tra le mani, un inconscio atteggiamento protettivo. Andrea
poteva quasi percepire il filo del ricordo emergere da quelle pagine alla
ricerca dell’altro, quello appartenente a Marie, da lei reciso e ora richiamato
in vita dai meandri delle memorie negate. Non fu Marie a trovare il libro ma
viceversa…)
M – sì, tieni…
A – (con delicatezza lo
prese, lesse il titolo e lo sfogliò, senza soffermarsi, quel tanto che gli permise di scorgere delle brevi
note a matita … preziose memorie, ponti tra il passato e il presente). Direi
che ti sei ricordata della signora… però senza il disegno di Jean non
sarebbe accaduto. Il bambino sta interagendo con le nostre vite, con i nostri
destini, sei d’accordo?
M – sì, anch’io pensavo se non fosse stato meglio
allontanarci da qui visto quello che succede… quando sei uscito con Anne stavo
leggendo in soggiorno e poco prima che tornaste Jean mi è venuto vicino, senza
guardarmi direttamente ha mosso una mano dicendo: voi siete con me. Poteva dire
state, ho pensato che c’è differenza tra la parola siete e state…
A – quando Anne mi ha detto “qualcuno ci avviserebbe per tempo…” ho pensato che si riferisse a
persone che controllano il territorio, poliziotti… stranamente non mi è venuto
di chiederle chi fosse.
M – … stranamente quel “siete
con me” ha dissolto la mia preoccupazione…
A – già, questo indica che quanto sta accadendo è collegato,
un unico disegno…
M – come i due disegni dei canarini… rappresentano un unico
soggetto.
A – i bimbi, e Jean è parecchio speciale in questo, sono più nel cielo che in terra… dove colgono
cose al di là del tempo.
……………………………………………………………….
16 – Come
le rive di un lago
Marie, dopo la discussione mattutina con Andrea, passeggiò un
po' nel giardino, contenta di non provare l’usuale senso d’oppressione in tutte
le attività che richiedessero anche solo un minimo sforzo. Impegnò la mente a
sottrarsi a ogni congettura al riguardo, rigettando l’aspettativa sulla durata
di quello che per altri è il normale stato del corpo in equilibrio, ponendo
tutta l’attenzione sulla percezione dei sensi. Gli odori dell’ambiente umido
del lago, i richiami degli uccelli e soprattutto la luce solare che
intensificandosi faceva risplendere le gocce di rugiada come piccole, perfette
gemme, una magia che faceva apparire tutto nuovo, al prezzo di dimenticare se
stessi e i propri problemi.
Al punto di provare la sensazione di non essere davvero lì, che tutto fosse un sogno da cui si sarebbe
svegliata, aprendo i “veri” occhi sulla “vera” realtà.
Si sedette sulla comoda panca di legno rivolta al lago - sotto
la pergola chiusa da tre lati per fermare il vento - dove lo sguardo poteva
spaziare in lontananza. Pensò che la realtà, come le rive di un lago, fosse su
quella opposta alla sua, tanto vicina quanto irraggiungibile senza disporre di
un’imbarcazione. Certo, ci sono quelli che fidandosi delle proprie forze
attraversano lo specchio d’acqua a nuoto. Molti rinunciano, altri periscono e
per quelli che riescono c’è la fatica del ritorno, nel caso volessero o
potessero.
Ma, come per tutte le decisioni umane, non si tenta l’impresa
così, d’improvviso… deve accadere “qualcosa che chiama o comanda” a cui
rispondere, ammesso vi sia il libero
arbitrio di deciderlo.
In quello stato di rilassamento percepì qualcosa di diverso,
come se la nota di fondo che caratterizza ogni persona nel suo caso si fosse
alzata di tono, quasi una sorta d’adrenalina fosse entrata in circolo per preparare
il corpo a qualche evenienza pericolosa.
Davvero una strana condizione, la mente quasi sospesa e il
fisico allertato di suo conto, in attesa… d’incontrare la signora che l’attendeva, forse all’origine di quella sorta di
timore corporeo.
Il disegno di Jean, come il biglietto del cinema, era stato
“consegnato”, la maschera aveva aperto le porte dall’altra parte dell’esistenza
e ormai non aveva più dubbi che l’avrebbe incontrata in quella differente
realtà, nell’opposta riva a cui il sonno conduce. Intuiva che “quello” era il
punto di svolta che inconsciamente aspettava e che poi tutto sarebbe cambiato...
“vedrai grandi cose, abbi fiducia”,
le disse Franco.
Prese dalla borsa di tessuto il libretto di Gerard e lo aprì sull’ultima
pagina dove c’era il disegno della signora… adesso poteva lasciarsi andare,
piangere tutte le lacrime che si portava dentro, lasciare scorrere i ricordi
come un fiume uscito dagli argini. Suo padre, sua madre e poi Gerard, Franco… e
però Gianni, Anne, Jean e Andrea, quell’uomo arrivato dal nulla, la colla che altruisticamente
stava rimettendo insieme i pezzi delle loro fragili vite.
Anche Marie aveva scorto le note scritte sulle pagine e, come
chi conservi il cibo senza abusarne, se ne cibava poco alla volta. Presagiva che
l’appuntamento con la signora era
vicino.
……………………………………………………………….
17- Ultima
cena
Il primo pomeriggio del giorno dopo, il quinto dall’arrivo,
Andrea e Marie si diedero appuntamento sulla veranda di fronte al lago, un
luogo particolarmente congeniale alla donna.
La temperatura e la calma di vento permettevano un
abbigliamento leggero: Marie una tunica di cotone non smaccatamente colorata e
cardigan in tono; Andrea completo di lino tinta indaco naturale (isatis tinctoria) e camicia.
Entrambi vivevano un tempo d’attesa, di non essere più
ostaggio dei malfattori l’uno e dell’incontro con la signora l’altra. Come una
corrente profonda l’inquietudine si muoveva nel loro intimo, confliggendo con
l’apparente tranquillità esibita.
Marie – nelle 65 pagine del libretto, ci sono tre annotazioni
prima dell’unico disegno (della signora) sull’ultima. Vuoi sentirle?
Andrea – sì, grazie.
M – la prima:
settembre
’97 - Gerard se l’è tolto e peggiora a vista d’occhio ma Marie migliora,
riuscirà a sposarsi.
In quel tempo la mia salute subì un tracollo, tanto che
pensai di rinunciare a sposare Franco. Come riporta la nota il mio
miglioramento purtroppo coincise con l’aggravamento di mio fratello.
A – Gerard aveva qualche ausilio medico che si è levato?
M – no, che io sappia. La seconda nota:
ottobre ’97
- Paul ha saputo che la signora è morta, mi ha promesso che sarebbe tornato a
cercare il secondo, la nostra sola speranza.
Paul era il “socio” di Gerard che gli ha procurato negli anni
la gran parte della sua collezione. Ti anticipo, non ho idea di chi o che cosa
sia il secondo.
A - … è un “secondo” molto importante, associato a una
speranza che forse riguarda la salute. Dunque questo Paul conosceva la signora…
tu lo conoscevi?
M – mio fratello era la discrezione in persona, non ha mai chiesto
il mio aiuto, purtroppo anche dopo la morte di mio padre Patrick nell’87, ho
mantenuto la distanza dai loro interessi. Ho visto Paul qualche volta e sempre
da lontano, quando andava da mio fratello (i nostri appartamenti sono indipendenti),
non ci ho mai parlato e non saprei riconoscerlo. Qualche pagina prima del
disegno della signora c’è l’ultima nota:
marzo ‘98 - Franco ha dato la collezione a Paul.
Domani faremo la spedizione, speriamo vada tutto bene.
A - … non hai commenti?
M – è andato tutto male, mia madre ha perso la vita
nell’incidente del 23 marzo ’93. Guidava l’auto che ribaltandosi si è
incendiata… ma lei era stata sbalzata fuori prima. Lo shock fu immenso… io, Gerard
e Franco ne fummo sconvolti… in pochi mesi passai dai fiori da sposa a quelli
da morto.
A – una tragedia dietro l’altra… in poche parole, com’era tua
mamma?
M – ne basta una sola: squisita… un animo artistico, che
guardava sempre al bicchiere mezzo pieno. Cantava davvero bene, non alla Edith
Piaf, piuttosto Trenèt. Quando intonava la
mer chiudevo gli occhi e mi lasciavo trasportare, dimenticandomi di me…
a Marie
sfugge il libretto dalle mani e dalla camicia non del tutto abbottonata di Andrea,
chinatosi a raccoglierlo, sporse un
piccolo ciondolo di legno, tenuto da un semplice cordino. Al vederlo Marie si
ricordò quello di Gerard, durante la commemorazione.
M – porti un
ciondolo?
A – sì, e riguarda Franco… ho atteso a dirlo (anche a Gianni)
perché la consideravo una questione personale… come per le note di tua madre.
Nella busta datami da Franco c’era il foglio scritto/disegnato e un altro foglio
ripiegato che conteneva questo piccolo ciondolo, dove aveva scritto:
Il ciondolo
è un oggetto protettivo, ti raccomando di tenerlo sempre con te perché ha un
valore – non venale – inestimabile e non può essere sostituito in alcun modo.
Non esibirlo, non parlarne.
M – (un brivido
percorse Marie… la stessa sensazione, amplificata cento volte, che si prova
avvicinando la tessera di un complicato puzzle a un’altra, perfettamente
combaciante).
… ecco cosa si tolse Gerard, un ciondolo!
A – lo portava anche lui, come il mio?
M – Non era come il tuo, me ne sono ricordata quando andai
nel suo appartamento per commemorarlo…
… questa volta accadde che l’immagine che aveva
ben imparato a rievocare si stagliò nella sua mente con una tale definizione
che, sbalordita, riaprì gli occhi ritrovandosela ancora davanti… e scorse in
quella qualcosa che fino a quel momento non aveva mai notato: la camicia un po'
aperta di Gerard lasciava intravedere qualcosa che portava al collo, un
semplice spago che reggeva un oggetto lungo e stretto.
A – adesso l’annotazione rende il senso! Anch’esso un oggetto
“protettivo”, perché toglierlo?
M – Gerard l’ha tolto ma io non l’ho avuto e sono migliorata
ugualmente…
A – la protezione (venuta a mancare dalla sua parte) si è
“diffusa” tra te e lui, non abbastanza per le serie condizioni di Gerard che
per mantenerle stabili abbisognava dell’intera dose e viceversa per te. Ti
torna?
M – sì… un gesto intenzionale, quindi.
A – penso che Claude e Gerard conoscessero assai bene il potere di quell’oggetto. Il “secondo”,
forse uno simile, l’aveva la signora che
non l’avrebbe certamente dato al primo che passa, se era, come pare,
altrettanto importante di quello di Gerard.
Per cosa si spera se non per la
salute?
M – i due oggetti avrebbero aiutato sia me che Gerard?
A – beninteso, le mie sono solo congetture… non ho esperienza
se non da alcune letture di tali oggetti di potere, seguo un mio filo logico…
un po' metafisico. Secondo cui è plausibile che la “collezione” citata fosse
proprio di quel tipo di oggetti.
M – … se questa nota è l’ultimo scritto di mia madre, cercare
di spedire la collezione è stato fatale.
A – speriamo vada tutto
bene… nell’incidente di Claude - senza descriverlo - furono coinvolte altre
auto?
M – no, ma ricordo che Franco era convinto fosse stato
innescato da un delinquente… pensi a una premeditazione?
A - penso a Ludmila, che mi ha aiutato a scappare e del
rischio che ha corso…
M – Andrea, il tuo ciondolo è come la stele di Rosetta (ndr – la lapide che ha permesso di
decifrare i geroglifici), adesso sappiamo che cercavano e cercano tuttora
quello di Gerard, a cui il trauma della morte di nostra madre fece peggiorare
ancora di più la sua salute. Sapevo che soffriva molto ma rispettavo la sua
scelta di non farsi mettere le mani
addosso, come diceva, rifiutando eventuali visite e trattamenti. I suoi
ultimi mesi di vita furono un calvario, non solo per la salute; Franco lo
imputava al socio che era cambiato, diventando addirittura un pericolo, tanto
che alla fine lo dovette affrontare e metterlo alla porta. Anche Franco purtroppo
cambiò… aveva sempre i nervi a fior di pelle e verso la fine (di Gerard) lo
vedevo addirittura impaurito…
A – Gianni me l’ha raccontato, comunque il Franco che ho
conosciuto io era gentile, tranquillo, ironico e per nulla impaurito, neppure
di fronte alla morte.
M – mi fa immensamente piacere saperlo. È quasi il tramonto e
Anne come al solito vorrà stupirci a cena… visto che siamo diventati amici,
curiosità di donna… ti piace Anne?
A - (sorridendo)…
visto che mi sai leggere, perché lo
chiedi?
M - … perché l’ho chiesto anche a lei di te…
A – e non mi diresti cos’ha risposto?
M – (ricambiando il
sorriso) - che gli piace qualcosa in particolare di te…
A – (tono scherzoso) – beh,
non ha che l’imbarazzo della scelta!
M – (sullo stesso tono
di lui) – beh, ha risposto come fai il caffè!
A – (tono
confidenziale) – senza la sua panna introvabile
non verrebbe così buono…
M – (ridendo) - già,
come disse Jean… li sposiamo!
……………………………………………………………………
18 – Brutte e belle sorprese
La mattina dopo, domenica, Marie sentendosi debole rimase
nella sua stanza; Anne riferì d’averla trovata molto stanca ma cuore, pressione
e saturazione erano normali.
Anne - le ho prescritto un giorno di riposo… da amica, non da
medico mancato…
Andrea – quanto ti mancava alla laurea?
Anne – un paio d’esami… con la tesi già pronta…
Andrea – accidenti! Bastava poco…
Anne – già… volendo
si poteva cambiare, prima di perdere il treno.
Andrea – mi hanno raccontato il motivo della rottura…
sinceramente mi pare debole.
Anne – hai ragione… quello vero non l’ho mai detto a nessuno,
neppure a Marie. Per come ti stai comportando con mio figlio potrei dirlo solo
a te.
Andrea – se Jean è speciale
deve esserlo anche la mamma… ti ascolto, se vuoi un aiuto a scaricare il
bagaglio dal treno.
Anne – grazie… quando
il mio compagno si rese conto del deficit di Jean – se è un deficit, cosa di
cui ho sempre dubitato – non riuscì ad
accettarlo. In mia presenza teneva un comportamento “normale” col figlio… però,
da mamma, un giorno mi accorsi che quello di Jean, al di là dei limiti della
sua condizione, era cambiato nei confronti del padre. In poche parole era come
se avesse chiuso la porta… a un estraneo. Mi chiedevo se non stessi
enfatizzando troppo e temendo di urtarne la suscettibilità aspettai prima di
parlarne al mio compagno. Un pomeriggio ritornata in anticipo dall’università con
buone notizie – pensavo ancora di terminarla – entrai in casa silenziosamente,
per fare una sorpresa… e sentii il mio compagno parlare a Jean con una voce
cattiva, dandogli del deficiente… la sorpresa l’ho avuta io, sono uscita e
ritornata all’ora prevista e da quel momento non ho più lasciato Jean da solo
con lui.
Andrea – un brutto, pesante bagaglio, Anne… dev’essere stata
davvero dura.
Anne – nel bene il male e nel male il bene… la sorpresa ci ha salvato la vita, a me e
Jean.
Man mano
passarono ad argomenti più leggeri, ritrovando il semplice gusto di condividere
il proprio pensiero già provato durante l’uscita per le spese. Sembra facile,
ma occorre che allo stesso tempo vi sia chi parli e chi ascolti – chi parli
senza secondi fini e chi ascolti senza pregiudizi… il mondo sarebbe diverso se
accadesse davvero.
Andrea - visto che ormai ci conosciamo un po'… per caso Marie
ti ha chiesto se… c’è qualcosa di me che ti piace?
Anne – oh, sì… parlavamo della cucina, non ho avuto dubbi nel
dirle che come prepari tu il caffè non lo fa nessuno! Te l’ha riferito?
Andrea – (pensò che neppure
questa volta Maria aveva mentito…) sì, per un barista è il massimo dei
complimenti, eh…
Anne - … però mi piacciono anche altre cose di te…
Andrea – ah… per esempio?
Anne – beh, come ti vesti e i colori degli indumenti… come ti
muovi, l’attenzione che hai e… di me?
Andrea – la passione per la panna… una pericolosa passione
direbbe il medico, no?
Anne – basta non eccedere… qualcos’altro?
Andrea – beh, come ti vesti
e i colori…
Anne – pare che abbiamo gusti simili, no?
Andrea – già, e quindi, per pranzo…
in quel
momento Jean uscì dalla camera di Marie, senza che né Anne e Andrea si fossero
accorti di quando vi entrò… li raggiunse in soggiorno e guardando dalla vetrata
disse:
J – andiamo in città.
Anne – (sbigottita) – Jean,
non ci siamo mai andati, potrebbe essere rischioso…
Andrea – (intervenendo)
– ma noi staremo bene attenti!
J – io voglio la pizza.
Andrea – (guardando
Anne che s’era ammutolita dalla sorpresa… una bella sorpresa, questa… mai
accaduto qualcosa del genere!) – stavamo proprio pensando cosa mangiare… la mamma ci porterà in una pizzeria, con
questa bella giornata possiamo pranzare all’aperto, davanti al lago… Anne, la
conosci una pizzeria che faccia al caso nostro?
Anne – (con gli occhi lucidi,
mentre la sua memoria gli fornì un’immagine lontana, creata dalla fantasia di
una novella mamma) – sì, la conosco, con
tanti fiori, come il walzer…
Dopo aver provato la felicità, si può descriverla? Che parole
potrebbe usare uno scrittore per rendere quella luminosità, quel respiro… quella sensazione che
ogni cosa sia perfetta e almeno uno degli scopi dell’esistenza raggiunto?
Intanto che questo
scrittore ci pensa, voi… fate altrettanto.
..................................
19 - Fine dell’incubo
Appena ritornati a casa arrivò un messaggio di Gianni: chiama, è urgente.
Andrea ringraziò che non fosse arrivato prima, permettendo a
tutti loro di assaporare la cosa più difficile da assaporare… la normalità. Un
bimbo non può comprendere cosa sia la normalità, perché sono infinite, ognuna
dipendente da infinite combinazioni di circostanze, persone, luoghi…
sensazioni, emozioni.
Ma per una coscienza in grado di discriminare la normalità è
la situazione più… normale, meno complicata… semplice come una famigliola che
si ritrova a mangiare una pizza e poco importa se sia una vera famiglia, o il
destino l’abbia assemblata per l’occasione, per far provare a quei due adulti
che cielo e terra, a volte, sono più vicini di quel che si crede.
Gianni - è successo di tutto ma, la cosa più importante,
nessuna ingiuria alle persone né danni alle cose.
Oggi (domenica) i moldavi non lavoravano e sono rimasti a
casa, salvo Maxim e Nicola che sono
andati col furgone a fare spese e sulla via del ritorno sono andati al tuo bar,
per un caffè. Proprio in quell’occasione al tuo assistente, Michele, è venuta la malaugurata idea di dar loro un
pacchetto arrivato due giorni prima, indirizzato espressamente a te. Maxim e
Nicola non potevano immaginare che uno dei clienti seduti ai tavolini faceva
parte della banda ed era lì per controllare. Quando i moldavi sono usciti – ha
riferito Michele – quello è uscito a sua volta, ha fatto un cenno col braccio
ed è subito arrivata un’auto nera dov’è salito.
Hanno certamente seguito il furgone mantenendosi a debita
distanza, infatti non se ne sono accorti. Giunti a pochi chilometri da casa
un’altra auto (di grossa cilindrata, con la vernice metallizzata) uscendo in
velocità da una stradina laterale, gli si mette davanti rallentando
progressivamente e alle loro spalle sbuca quella nera.
Maxim stava quasi per rischiare qualche manovra ma per
fortuna Nicola capì immediatamente che non avevano alcuna possibilità con
quelle persone - dei professionisti – e intervenne staccando le chiavi dal
cruscotto (spegnendo il motore) e intimando a Maxim di tenere come lui le mani
ben in vista…
Dall’auto davanti scese velocemente un passeggero con un’arma
in mano, dall’auto alle spalle arrivò un’altra persona che tenendo una mano in
tasca con l’altra aprì la portiera, scorse il pacco e fece cenno a Nicola di
porgerlo, assieme alle chiavi del furgone.
In meno di due minuti finirono il lavoro…
A – meno male che c’era Nicola… con Dimitri finiva male…
G – già, l’ho pensato anch’io… sono passate un paio d’ore e
ti puoi immaginare come sono gli animi qui… del pacco, che mi dici?
A – che spero sia finito un incubo… tra un po' parto per
essere lì domattina… il tempo di salutare…
G - Marie mi ha detto che stavi bene… con loro. Mi dispiace,
ma qui aspettano il boss…
A – Marie dice sempre la verità… di’ a Dimitri che sto
arrivando.
………..
Solo al termine di una vacanza
ci si rende conto che la realtà usuale era stata progressivamente sostituita dalla nuova e, soprattutto
quando è andata bene, determinato un diverso flusso temporale dove le eccezioni diventano parte della nuova normalità. Questo uno dei motivi della
difficoltà del rientro, quasi si
dovessero dismettere i nuovi e più confortevoli abiti per riprendere i vecchi…
il più delle volte non altrettanto comodi.
Seduto in quello che era diventato il suo posto preferito, sulla
destra del divano che dava sul giardino, Andrea si prese un po' di tempo per inserire
(mentalmente) le tessere (del puzzle) degli ultimi avvenimenti nel quadro che
si andava formando, passando in rassegna gli innumerevoli episodi successi in
meno di una settimana e il proprio coinvolgimento emotivo associato a gran
parte di essi.
Era quasi del tutto sicuro che i delinquenti, ottenuto quel
che cercavano (se quel pacco lo conteneva, altrimenti…) fossero andati via,
così che non ravvisò rischi nel tornare direttamente a casa, dove avrebbe
discusso con Gianni l’intera storia.
Ci sarebbe stato tempo, dopo, per ipotesi e congetture…
mentre ne restava poco per accomiatarsi dalle persone e da quel posto che gli
erano entrati nel cuore. Doversene distaccare – come da una vacanza – gli
procurò un senso di vuoto come non provava da anni. Mentre sistemava le sue
poche cose suonarono alla porta…
Andrea – ah… Anne, stavo proprio per venire da voi…
Anne – lo so… Gianni ha parlato con Marie e lei con me. La
cosa più importante è che sia finito, il resto viene dopo…
Andrea - … anche il resto, per me, è diventato importante.
Anne – vedi, oltre ai gusti simili abbiamo un modo simile di
affrontare gli argomenti, per sottintesi.
Forse anche a te in passato è accaduto qualcosa… che ha cambiato le tue
prospettive?
Andrea – hai colto nel segno… i miei sogni d’un tempo si sono
infranti sugli scogli della realtà - in poche parole, è arrivato un altro a
prendersi la mia principessa - non avevo ancora finito di sistemare il castello
(il casale) e non riuscivo più a sopportare il vuoto… stavo per mollare tutto e
andarmene.
Anne - … e invece?
Andrea – invece è arrivato Dimitri a bere un caffè nel mio
bar… si vedeva che aveva problemi, gli ho detto che glielo offrivo e che venisse
pure quando voleva, sempre gratis…
Dimitri – grazie,
tu molto gentile…. Io lavoro ma soldi non basta per venire mia famiglia, moglie
Natasha e Matej, tre anni. Deciso che
domani chiudo lavoro e torno Moldavia. Questo è ultimo caffè… porto in cuore,
ciao.
Gli ho proposto di venire da me, avevo un casale enorme e
poteva sistemarne una parte per la sua famiglia. Non puoi immaginare lo sguardo
di Dimitri…
Anne – oh sì, lo immagino… come quello di Jean quando hai
iniziato il ballo del caffè! Sei un gran brava persona, Andrea…
Andrea – va là… solo fortuna, ogni tanto sono al posto giusto
nel momento giusto… ha dato più lui una mano a me che viceversa.
Anne – anch’io ho una proposta, vuoi sentirla?
Andrea – accidenti, pure io ne avrei una… sentiamo la tua,
spero non sia troppo complicata...
Anne – molto semplice, considera la mia casa come tua. E tu?
Andrea – il castello è
enorme, al tempo pensavo di farci un agriturismo e ho ancora il progetto
esecutivo per altri tre piccoli appartamenti, magari ci dai un’occhiata e
suggerisci come ne vorresti uno…
Anne – (ridendo) ma
come, io ti do l’intera casa e tu solo un appartamento?
Andrea – beh, per iniziare… ok, la mia casa è la tua casa, va
bene così?
Anne – così accetto… totale reciprocità, se deve continuare niente
vie di mezzo tra noi.
Andrea – non è che stiamo correndo troppo… dopo solo una
settimana ci impegniamo a tal punto?
Anne – hai ragione, ci sono tanti aspetti che non abbiamo
ancora considerato…
Andrea – quali?
Anne – quanti anni sono che non abbracci… qualcuna?
Andrea – intuito femminile, eh… da quella volta, dieci anni
fa.
Anne – io da sette… però ho Jean, sono più fortunata, mi sa
che tocca a me, dai, avvicinati…
……………………………………………
20 –
Ritorno
Dopo l’esperienza di un affettuoso abbraccio con Anne,
avendolo trovato estremamente confortante, Andrea nell’accomiatarsi ripropose
quel gesto con Marie.
Se dall’esterno apparve
come doveva essere, internamente mancò quel senso di conforto tipico di tale saluto. Per quanto arrugginito
Andrea colse una dissonanza, qualcosa
di indefinibile, restandone sorpreso e un po' turbato ma, poiché era la prima
volta anche tra loro, si disse che come non tutte le ciambelle riescono col
buco, ci sono corpi fisici non sufficientemente compatibili… forse per una questione di misure, angoli e
impostazioni. Se era così niente di strano, tanto più che la controparte mentale corrispondeva alla perfezione a
quella conosciuta.
Intanto Jean uscì dalla sua stanza per venire a salutarlo e
quella che adesso sembrava la normalità qualche giorno prima non era neppure
l’eccezione, proprio non esisteva.
Andrea – ciao Jean, sono contento di averti conosciuto, purtroppo
devo tornare al lavoro…
Jean – c’è la pizza da te?
Andrea – perbacco, certo che c’è… un giorno verrai, eh…
Jean – sì, e facciamo il ballo?
Andrea – sicuro! Sai,
ci sono tante persone dove abito… rifaremo il ballo per tutti!
Jean – ci sono anche i canarini gialli?
Andrea – Picchio, mon
canari, t'attend e staremo ancora insieme.
Jean – noi siamo
insieme, ciao – disse, dando la mano ad
Andrea.
L’attuale normalità di
Jean andava oltre le capacità di Anne di assorbirla emotivamente, così dopo il
commiato, anche per scambiarsi le ultime impressioni privatamente, accompagnò
Andrea all’auto e nel farlo lo prese sottobraccio… Jean forse sorrise e Marie
riprovò la sensazione dell’analogo gesto con Gerard, nel bosco del sogno… o di
una diversa realtà.
Anne - non pare anche a te che Marie sia… un po' diversa?
Andrea – te ne sei accorta?
Anne – tu l’hai abbracciata, cosa hai sentito?
Andrea - te lo spiego con esempio: intreccia le dita delle
mani tra loro. Io metto il pollice destro sopra il sinistro… non mi viene mai
da fare il contrario, tu?
Anne – uguale…
Andrea – adesso inverti, il sinistro sopra il destro… la
senti la spigolosità delle dita, come
se non fossero più al loro giusto posto?
Anne – sì, buon esempio… il corpo di Marie, c’è qualcosa di diverso, non riguarda la salute, non
so spiegarlo…
Andrea – sono d’accordo… sai cosa penso, vero?
Anne – … la signora?
Andrea – infatti… e Jean.
Anne – Jean?
Andrea – Jean in qualche modo è in contatto con la signora, altrimenti non si spiegherebbe il
disegno dell’uccello giallo. Marie disse che era come il biglietto per entrare
al cinema…
Anne – e quindi… aspetta, ti riferisci a stamattina, vero?
Andrea – sì… Jean è sbucato dalla camera di Marie come dal
nulla, io non l’avevo visto entrare.
Anne – neanch’io, strano perché lo osservo continuamente…
l’unico momento “cieco” è quando sono venuta ad aprirti e dopo abbiamo parlato
per più di un’ora.
Andrea – non è andato da Marie per salutarla ma per stare con lei da solo, senza di noi.
Anne – per quale motivo?
Andrea – forse stava per accadere qualcosa a Marie… qualcosa
che noi avremmo potuto sbagliare a interpretare… per esempio un fatto fisico
con delle reazioni incontrollabili…
Anne – mi sarei preoccupata tantissimo, conoscendo la sua
salute.
Andrea – appunto, avresti potuto interpretarlo nel modo che
conosci, medico… interferendo – pur con tutta la buona volontà - con un processo in atto… mi capisci?
Anne – ma che tipo di processo
intendi?
Andrea – non lo so, ma a Marie stanno accadendo cose che… non
conosciamo, per dire, i santi volavano…
Anne – stai dicendo che Jean la sta proteggendo, quindi la pizza…
Andrea – esatto, uno dei motivi è stato per sgomberare il
campo dalle interferenze, da noi… credo che Jean agisca senza pensarci,
istintivamente.
Anne – se è così e ormai non ne dubito, si spiega anche la
richiesta che Marie mi ha fatto, dopo aver parlato con Gianni e saputo del tuo
ritorno… di trasferirsi nella dependance… adesso tutto torna.
Andrea – Anne, hai un compito difficile, Marie è così fragile…
il consiglio è di guardare cosa fa Jean… dice che noi siamo con lui ma non possiamo davvero capirlo… però pare che istintivamente conosca i nostri limiti.
Adesso devo andare.
Anne – mi raccomando, guida con prudenza, in questa borsa frigo c’è la panna introvabile, per fare
il caffè a Gianni, Dimitri e tutte le persone che ti sono vicine, salutale da parte mia… spero di vederti presto.
Andrea – grazie di tutto Anne, sono arrivato da solo e
riparto in compagnia, la vita toglie e la
vita dà…
Anne – (sorridendo) -
pensiero filosofico?
Andrea – no, economico:
partita doppia, entrate e uscite.
…………………………
21 – Di
nuovo a casa
Il calendario, con la sua suddivisione in giorni, settimane e
mesi, oggettivamente impone la legge del
divenire, simbolicamente scandita dall’orologio. Ma la percezione del trascorrere del tempo è soggettiva e diversi fattori
possono modificarla: nel caso di Andrea le situazioni e interazioni con le tre
persone incontrate.
Alla guida dell’auto noleggiata, come in un cinema, rivide il
cortometraggio di quei sei giorni della sua vita, nitido e dettagliato grazie
alla buona memoria.
Pensò che i cattivi ricordi allungano il viaggio nella
direzione del tempo mentre quelli buoni accorciano quella dello spazio… non
sentendosi in obbligo (verso la parte logico-deduttiva di sé) di sviluppare e
spiegare l’aforisma prodotto. La
cui validità poggiava sulla propria percezione: settecento chilometri di strada
condensati in pochi passaggi chiave e in quanto all’allungamento dovuto a quelli cattivi… beh, non c’era stato
affatto poiché il cortometraggio (convenientemente montato) li collocò nel backstage, per una futura visione.
Come era partito col buio così Andrea fece ritorno, nel cuore
della notte (le due); facendo il minimo rumore possibile si sistemò sul comodo
divano del soggiorno, dove prima di sprofondare in un sonno profondo ritornò
col pensiero a dieci anni prima, quando la sua (ex) principessa decise di cambiare
castello ed egli evitò la loro camera, poi usata per gli ospiti.
Adesso la ruota del tempo riproponeva, invertita, una
situazione che aveva qualche analogia con la precedente ma con una prospettiva
ben diversa, di fiduciosa attesa nell’evolversi degli eventi.
Alle cinque del mattino si svegliò di botto, tanto che pensò
di non essersi neppure addormentato, solo assopito quel tanto da perdere
coscienza. Tuttavia si sentiva perfettamente
riposato, con una indefinibile sensazione proveniente dai meandri
dell’inconscio, dove forse aveva visionato il backstage che allungò le
tre ore di riposo. Neanche il tempo di pensare a un corposo caffè per iniziare
l’impegnativa giornata che già la memoria (olfattiva) gliene riproponeva
l’aroma… solo che non era la memoria l’artefice, ma Gianni che nel lato cucina
stava trasferendo quello appena uscito dalla caffettiera in due capienti tazze…
Gianni – sono contento di rivederti… il caffè è pronto.
Andrea – anch’io e grazie per il caffè, dev’essere stato il
profumo a svegliarmi. Avrò una giornata
impegnativa… dopo la vacanza.
G – conta su di me... a proposito, hai parlato due volte nel
sonno.
A – ma tu eri sveglio?
G – avevo riposato a lungo nel pomeriggio perché ci tenevo a
prepararti il caffè, ringraziandoti per l’aiuto dato a Marie.
A – ci si aiuta uno con l’altro… sei stato davvero in gamba a
tenere il timone, è proprio vero che le circostanze rivelano il carattere. Che
ho detto stanotte?
G – la prima volta, un’ora dopo che hai spento la luce, ho
afferrato le parole - “noi siamo insieme”.
La seconda - “lo scopo, posso farcela, Franco”. Rammenti
qualcosa?
A – purtroppo nulla… noi
siamo insieme sono le parole di Jean e dello scopo ha scritto Franco nel messaggio.
G – l’ho portato per rileggerlo assieme:
“Caro
amico, sono profondamente afflitto poiché credo che avrai serie difficoltà a
causa mia… diverse volte sono stato tentato di andarmene per non tradire la tua
fiducia, rinunciando allo scopo della mia vita. Ma non ho potuto farlo perché
in quello scopo ci sono persone che le hanno dato un senso e tu, l’ultima, sei
la più importante... se lo scopo sarà
raggiunto anche tu avrai una ricompensa che inonderà di senso la tua vita.
Vorrei, ma non posso dire di più. Il
tuo amico Franco.”
Sulle difficoltà non sbagliava. Adesso la prima questione, la
più importante è: i delinquenti hanno ottenuto quello che cercavano?
Altrimenti…
A – ne sono sicuro, altrimenti non se ne sarebbero andati.
G – lo credo (e spero) anch’io. La seconda questione riguarda
chi ha mandato il pacco… ho verificato, non è arrivato tramite posta o da
qualche altro spedizioniere… nessun mittente, solo il tuo nome e indirizzo, è
stato portato a mano da qualcuno, sfuggendo ai delinquenti che controllavano le
consegne. Se al tuo assistente non fosse venuto in mente di darlo a Maxim…
A - … sarebbe stato peggio, non potevamo reggere ancora.
G – hai ragione, ben tredici persone in ostaggio…
A – tu il quattordicesimo e da un’altra parte io, Marie, Anne
e Jean. Adesso posso dirlo, solo a te… quando sono andato con Anne per le spese
e la panna mi è parso che un’auto ci seguisse. Con quanto accadde a Ludmila
basta poco per allertarmi, speravo in
una suggestione ma al ritorno ho visto nuovamente l’auto stare debitamente a
distanza nonostante la strada libera. Per quello parlai ad Anne
dell’opportunità di trasferirci e se non mi avesse riportato l’incoraggiamento di Jean…. anche per me
è stata dura tenere il timone.
G – sono costernato di averti cacciato in questo guaio…
A – sono i guai che ci vengono a cercare, forse per metterci
alla prova... credo che controllassero la casa di Marie e forse conoscevano le
sue condizioni di salute, per cui è stato bene che si sia allontanata, non
l’avevano previsto al pari della mia fuga. Ieri, andando in pizzeria, ho
prestato la massima attenzione… tutto tranquillo, come lo era Jean… credo
proprio che sia finita.
G – solo Franco avrebbe potuto mandarti il pacchetto… deve
aver incaricato qualcuno per farlo dopo un anno dalla morte. Marie mi ha detto
del ciondolo di Gerard, c’era quello nel pacco, un amuleto?
A – sei sorpreso, come lo sono stato anch’io… per un semplice
ciondolo una banda di delinquenti ha tenuto in ostaggio diciotto persone e non
avrebbe esitato a ricorrere alla forza per impadronirsene. Il valore non è
nell’oggetto ma in quello che permette a chi lo detiene… pare che abbia
influito positivamente sulla salute di Gerard e Marie (prima che accadesse
qualcosa), c’è qualcosa di più importante?
G – no, non c’è… dimmelo sinceramente, come sta Marie?
A – dopo il discreto miglioramento che le ha permesso il
viaggio, ha ripreso a passeggiare e stare all’aperto. Come sai ieri mattina era
debole ma Anne, da medico, dice che i parametri sono nella norma,
compatibilmente con le condizioni del suo cuore. Quando l’ho salutata nel
pomeriggio si era ripresa, ma…
G – ma?
A – la signora…
G – quella che ha sognato…
A – sì, quella del sogno… per lei Jean ha disegnato l’uccello
giallo con l’occhio di sole e… mi hai chiesto di essere sincero, credi che il
miglioramento della salute di Marie sia avvenuto per caso, proprio in
coincidenza col mio arrivo? Anne dubitava persino di poter rivedere la sua
amica e invece…
G – pensi sia successo qualcosa di… ultraterreno?
A – quando dormiamo si apre la porta di un altro mondo di cui
non conosciamo le regole. Sovente la memoria conserva il ricordo dei nostri
viaggi ma almeno in alcuni l’interazione è così reale da farci dubitare quale
sia la vera realtà. A Marie è accaduto quando ha incontrato Franco e qualche
giorno fa con la signora, è evidente che
la tua compagna, la mia amica… ha qualcosa di speciale, come Jean del resto.
G – ma c’è un motivo per tutto questo?
A – l’ha scritto Franco, non dimenticarlo…
G – lo scopo…
A – hai tutte le informazioni e molti avvenimenti li hai
vissuti di persona… man mano collega i punti, in questo momento cosa ottieni?
G - … un disegno?
A – esatto, quello fatto da Jean. A Marie sta succedendo quello che la signora vuole che succeda… la sta preparando per l’incontro (gli riferì l’ultimo colloquio con Anne) e in un modo che non possiamo comprendere Jean la sta proteggendo.
Se non l’accettiamo non c’è
nessun disegno, solo punti scollegati nello spazio e nel tempo… è lo scopo che via via unisce i punti, noi
possiamo solo osservare il risultato e credere di fare la mossa successiva, ma
qualunque sia noi vivremo il copione senza
– in questa realtà – poterlo leggere prima.
G – qualcuno può farlo?
A – credo che la signora, quand’era in vita, potesse…
G – e Jean?
A – Jean è un dono, per Anne e per tutti noi…
G – Anne l’ho incontrata un paio di volte ma il bambino non
l’ho ancora conosciuto, mi farebbe davvero piacere…
A – eh, magari un giorno li portiamo qui, ho dei progetti al
riguardo… accidenti, la sveglia non ha suonato…
G – boss, sono io la tua sveglia e sono già pronto! Che
facciamo?
A – (dandogli un
buffetto sulla spalla) temi che me la svigni di nuovo, eh… allora tu prendi
la mia auto e mi segui, riconsegno quella noleggiata e poi andiamo al bar.
G – i tuoi clienti vorranno fare il bis, lascia un po' di
panna per stasera… l’ho promesso ai moldavi che quando tornavi avremmo offerto
il caffè… la cena la preparano loro, non ti dispiace, vero?
A – figurati, Anne mi ha dato un bricco di panna introvabile proprio pensando ad una cosa
del genere, eh, l’intuito femminile!
G – Marie dice che c’è del tenero tra voi, sono proprio
contento!
A - Marie non mente mai…
………………………………………………….
22 –
Progetti (1)
Uscendo
incontrarono Ludmila
Andrea – ho saputo quello che ti è successo, mi dispiace ma non
potevo immaginarlo.
Ludmila – niente successo,
io correvo più forte. Felice che sei tornato!
A – grazie, anch’io sono contento di rivederti, Gianni mi ha
detto che stasera festeggiamo! Ci sarete tutti?
L – sì, tutti vogliono
salutare e stringere mano, anche bambini… Dimitri ancora arrabbiato con Nicola,
tu puoi dire che fatto bene a spegnere motore, eh?
A – non preoccuparti, stasera a cena sistemo tutto! Gianni,
come si dice buon appetito?
G - Bucura-te de masa ta (buon
appetito)… suntem impreuna cu prietenii nostri!
L – (sorpresa) - inveti
limba noastra… tu impari lingua nostra, băiat bun! (bravo).
G – Mulțumesc… (grazie)
A – allora a stasera… bună! (ciao)
L - Bună ziua! (ciao a
voi)
G – bună, Ludmila.
Ludmila
sorridendo si allontana.
G – băiat bun (bravo) Andrea, una parola l’avevi
imparata!
A – tu ben di più… non posso competere con un bibliotecario.
Dopo buon appetito che hai detto?
G - suntem impreuna – noi
siamo insieme, cu prietenii nostri -
ai nostri amici…
A – riesci sempre a sorprendermi!
Riconsegnando l’auto Andrea domandò quanto fosse richiesto
quel modello e, interloquendo con la segretaria (un barista dev’essere un chiacchierone) seppe che il giorno stesso della consegna
un’altra persona le fece quasi le stesse domande. Dopo poche ore avevano già
individuato l’auto; una volta di più Gianni si stupì dell’efficienza di quei
delinquenti, dei professionisti.
Arrivati al bar, Andrea si rese conto di quanto la settimana
di assenza avesse modificato la sua percezione delle cose e in ultima della
vita stessa. Gli pareva di essere ritornato nella classe (di scuola) dove aveva
concluso l’anno scolastico, dopo la breve vacanza, tuttavia sufficiente a creare
uno stacco, una frattura che separò le due sponde della sua esistenza: prima della fuga e dopo.
Nella sponda del prima c’erano
le memorie di tutti gli avvenimenti, pensieri,
sensazioni, emozioni e sentimenti. Ognuna era come una casa, una
costruzione più o meno grande collocata in un punto di una strada e così via le
altre. Aveva percorso quelle strade innumerevoli volte e conosceva la maggior
parte degli edifici, taluni sin nei minimi particolari. Ma solo adesso, dalla
sponda del dopo, si rese conto di
poter vedere tutte quelle costruzioni – quei punti – unite da tenui linee
luminose. Prima conosceva gli edifici
della città, adesso la vedeva… le
linee che collegavano i punti (gli edifici) ne avevano rivelato la forma e molte
(di quelle linee) erano aperte, il
capo libero proteso verso direzioni sconosciute.
Nella sua mente si formò il pensiero che vedere la propria città è partecipare allo scopo… poi sarà lo scopo che farà incontrare altre
persone (Gianni, Marie, Anne, Jean,
Dimitri…) che già vedono o vedranno la loro città, e una volta insieme (… noi siamo insieme) non guarderanno
agli edifici ma alle tenui linee luminose che collegano ogni cosa… una differente realtà coesistente a quella
ordinaria.
Andrea – (sorridendo
scherzoso) allora, Michele (l’assistente del bar), come stanno
andando le cose… abbiamo ancora clienti o li avete fatti scappare tutti?
Michele – (sorridendo a sua volta) … spiritoso, quelli vecchi
(clienti) ci sono ancora perché li hai viziati e i nuovi- sì ne abbiamo di
nuovi, eh – perché mi sono permesso (con Pino, l’aiutante temporaneo) di ampliare la ristorazione e già non
riusciamo a soddisfarli tutti… che te ne pare?
Andrea, da
persona pratica quale era, colse al volo la nuova prospettiva e Gianni una
volta di più rimarrà allibito dalla velocità d’azione dell’amico.
A – bravi ragazzi… allora facciamo sul serio, il locale
adiacente è libero… ci starebbero più di dieci tavoli, per i permessi e gli
arredi non ci sono problemi, l’importante è cominciare, d’accordo?
Pino – (che aveva
rizzato le orecchie) … potrei restare anch’io?
A – se a Michele va bene (Michele
mostra il pollice – ok) fai parte del team.
Però…
M – però..?
A – però per assumervi stabilmente, coprire le spese e
naturalmente non andare in perdita… dobbiamo proporre anche un attraente servizio
serale, per il quale non potete contare su di me… comincio a invecchiare e vado
a letto con le galline. Se dopo l’avvio funziona, in più dovrete arrangiarvi quando
frequentemente dovrò assentarmi, patti chiari… ok?
M – chiarissimi… in
due non possiamo farcela, però già un paio di ditte hanno chiesto per la
consegna in sede, se avessimo un’altra persona che ci aiuti qui e si occupi del
trasporto…
A – ce l’abbiamo, di assoluta fiducia!
M – accidenti, allora dobbiamo proprio accettare (Pino sprizzava felicità), non te ne
pentirai. Ci sono grandi potenzialità - il locale a fianco ha anche un
giardinetto sul retro…
A – oh, una cosa alla volta… bravi ragazzi, vero Gianni?
G – sicuro, i migliori che potevi trovare… e l’altra persona (era certo che pensasse a Ludmila) è
perfetta per il ruolo!
A – benissimo, tutto a posto! Vado subito a prendere
informazioni.
M - magari non proprio subito, i tuoi viziati clienti stanno
attendendo il famoso caffè con panna, non puoi deluderli, eh…
A – no davvero… L’oiseau
jaune non delude nessuno!
G & M & P - … che è?
A – (sorridendo) il
mio canarino e il nuovo nome del bar…
……………………….
23 –
Progetti (2)
Andrea, dopo avere avuto conferma della disponibilità del
locale adiacente, contattò il suo commercialista e il geometra affinché
procedessero speditamente col progetto.
Gianni – vorrei partecipare e sono certo che Marie
approverebbe, all’ampliamento dell’attività
mettendoci un po' di denaro. Non come prestito da dover rendere ma come
donazione di un supporter del
progetto che coinvolge tutti noi.
Andrea – che dire, non
me l’aspettavo e ti ringrazio… più perché credi nel progetto che per il denaro,
al momento non ne ho bisogno…
G – non dovranno mai esserci momenti di difficoltà riguardo questo progetto, istituiremo
un’associazione dotata di un fondo - da cui attingerà per ogni evenienza – che
si ricaricherà automaticamente garantendo sempre la cifra iniziale.
A – eh..? Ma a che scopo prendersi un tale impegno?
G - … stamattina mi hai detto di non dimenticarmi dello scopo di cui parlava Franco… e dopo
questa settimana forzatamente in compagnia degli amici moldavi mi sono reso
conto che forzatamente è stata, per
me, una benedizione… mi mancava il contatto con le persone semplici… solo Maxim
e Nicola potevano apprezzare la mia semplice cucina… pasta aglio, olio e
peperoncino o al pomodoro… mi capisci?
A - … solo Anne e Jean potevano aprire una porta che tenevo
chiusa… certo che ti capisco, vada per l’associazione... mi sa che quando Anne lo
saprà vorrà partecipare!
Al ritorno
a casa nel pomeriggio, Andrea accennò
all’amico il progetto di ristrutturazione del casale e dei tre piccoli
appartamenti (uno dei quali per lui e Marie) senza addentrarsi troppo nei
dettagli, avendo notato il suo interesse… si preparò per la cena con gli amici
moldavi e aggiornò Anne riguardo il bar – senza dirle del nuovo nome – e lei,
come aveva immaginato, chiese di far parte dell’associazione prospettata da
Gianni.
Andrea
recuperò le vecchie planimetrie del casale che sistemò sul grande tavolo e
chiese a Gianni di far venire tutti i moldavi, una mezz’ora per parlare di cose
pratiche prima della cena.
G – anche i bambini?
A – i bambini… ce la faresti a intrattenerli intanto che io
spiego le novità?
G – quattro ragazzini e un bimbo, affidati a un pigro
bibliotecario in pensione… qualche idea?
A – qualcosa di pratico...
G – ah, ci sono… mi dai carta bianca, posso girare per il
casale?
A – come no, vai e fai quello che ti pare, mi basta mezz’ora!
G – bueno, ti
prendo in parola, eh…
Quando
arrivarono i moldavi Andrea, intuendo che alcuni di loro erano preoccupati,
prese subito la parola…
Andrea - Bună ziua! (ciao a voi)… so dire solo questo grazie a Gianni (che rimase al pianoterra con i ragazzi). Accomodatevi: alla mia destra Dimitri e Natasha, a sinistra Nicola e Maxim; di fronte Veaceslav, Ludmila, Liliana e Alexandru.
Intanto,
la prima cosa: buone notizie! (...
respiri di sollievo).
La seconda: senza Dimitri voi non sareste qui e nemmeno io…
lo rispetto e so che posso sempre contare su di lui. Ma se non ci fosse stato
Nicola sul furgone a togliere le chiavi… quelli erano armati e poteva succedere
una tragedia, per noi e i ragazzi… quindi grazie Dimitri, grazie Nicola e
grazie a tutti per l’aiuto che ci avete dato.
Si alzò in
piedi e porse la mano destra a Dimitri e l’altra a Nicola, guardandoli come
farebbe un padre, nonostante non ne avesse l’età. I due capirono e si strinsero
la mano… Ludmila e Liliana piansero. Nicola e Maxim erano loro cugini. Andrea
continuò…
Dopo quello che è accaduto ho deciso di cambiare un po' di
cose, qui e altrove. Dieci
anni fa, con la mia compagna di allora, stavo per ristrutturare questo casale e
adibirlo ad agriturismo… ma lei preferì un altro progetto, senza di me. Avevo
pensato di vendere tutto e andarmene quando incontrai Dimitri che finalmente
poté riunire la sua famiglia e in seguito far venire quella del fratello
Veaceslav.
Alexandru e Ludmila sono ospiti, qui non c’è abbastanza
spazio e solo due bagni per tredici persone… per tre coppie (e cinque figli) servono
due appartamenti grandi e un
appartamento piccolo per gli ospiti…
Del mio laboratorio (la vecchia stalla) di oltre duecento
metri quadrati me ne basta un terzo, nei due terzi più gli spazi dove siete
adesso… realizziamo due grandi appartamenti con stanze per tutti e due bagni
ciascuno.
Del fienile esterno ho già il progetto approvato per tre
appartamentini… due servono a me e uno è per Ludmila e Alexandru, non più
ospiti ma residenti…
Mentre illustrava
la futura destinazione degli spazi, indicandoli nelle planimetrie, gli uomini –
tutti lavoravano nell’edilizia – capita
la complessità del progetto e l’impegno richiesto, si guardarono tra loro,
attoniti… contrariamente alle donne che superato lo stupore iniziarono a
figurarsi come sarebbe cambiata la loro vita e quella dei ragazzi potendo
disporre di tali spazi e comodità. Ludmila era la più emozionata, la generosa ospitalità dei parenti e la
tolleranza di Andrea non potevano che essere temporanei e già da un po' lei e
Alexandru stavano cercando una sistemazione. Poter usufruire di un appartamento avrebbe
risolto la maggior parte dei loro problemi senza doversi allontanare dai parenti.
… bene, questo è il progetto, le spese per le pratiche
edilizie e tutti i materiali sono a mio carico ma dovreste fare voi la maggior
parte dei lavori, poi ci accorderemo sui tempi necessari. Naturalmente
troveremo la forma appropriata che vi dia la garanzia di una residenza stabile
e duratura. Che dite?
La mezz’ora
era passata e Gianni, ritornato con la sua “classe”, fece in tempo ad ascoltare quest’ultima parte
del discorso e prendere la parola…
Gianni - Sunt de acord! (io
sono d’accordo!) . Uno degli appartamentini sarebbe per me e la mia compagna
Marie. Adesso, per farla breve che i ragazzi hanno fame, alzi la mano chi è
d’accordo… ah, unanimità, uno per
tutti, tutti per uno!
Andrea – andate pure per la cena, vi raggiungo subito…
Ludmila, aspetta un momento, devo chiederti una cosa…
L – io non so come ringraziare… perché tu fa tutto questo?
A – a te posso spiegarlo, dove sono stato ho incontrato Anne
e suo figlio Jean di sei anni… mi capisci, vero?
L – sì, Gianni dice che fai famiglia.
A – Gianni è un simpatico chiacchierone, non sa tenere i
segreti. Quando sono entrato nella grande stanza di Jean ho visto centinaia di
oggetti, tutti bene in ordine su scaffalature e tavoli… e mi è venuto in mente
il figlio di Dimitri, Matej, quando il mese scorso mi ha aiutato a mettere al
sicuro il canarino (Picchio) dalle
grinfie dei gatti. Avevo pensato di fargli un regalo e aspettavo di avere
l’idea giusta. Tu sai cosa piace a Matej?
L – sì… lui piace giochi con TV ma di più piace fuori, alberi,
piante e camminare…
A – già, quando i bambini sono piccoli puoi metterli dove
vuoi ma quando crescono, come le piante, hanno bisogno del proprio spazio.
Matej ha undici anni ed è qui da otto, l’ho visto crescere… dove dorme la
notte?
L – stanza di mamma c’è anche due bambini, stanza piccola
data a me e Alexandru… Matej apre letto di cucina…
A – questo (una stanza
tutta per lui) è il regalo di cui ha bisogno, lui e tutti voi avete bisogno
di spazio e io ce l’ho… dovevo capirlo prima.
Ludmila trattenne
a stento la commozione ma ancor prima di parlare…
A - Adesso una cosa che ti riguarda… ho un altro progetto che
riguarda il mio bar. Voglio ingrandirlo e assumere i due assistenti, ci sarà molto
da lavorare anche lì…
L – io posso aiutare, fare tante cose, ho tanto tempo, tu
chiedi tutto quello che serve…
A – abbiamo bisogno di un’altra persona che lavori nel bar e
che si occupi delle consegne di cibi alle ditte. Io, Gianni, la sua compagna e
Anne costituiremo un’associazione e lavorerai per quella, assunta regolarmente…
Dalla
sorpresa quasi le si bloccò il respiro, l’impiego stabile le avrebbe risolto il
problema maggiore, il permesso di soggiorno. Non riuscì più a trattenere le
lacrime e istintivamente abbracciò Andrea… avendo 23 anni poteva essere sua
figlia.
La Mămăliga viene
servita generalmente con la panna acida e il Brânză,
un formaggio tipico, molto saporito, che viene sbriciolato. Per gustarla al
meglio si intinge un po’ della polenta moldava nella panna acida e poi nel
formaggio.
La Plăcintă è una sfoglia
di pasta sottilissima farcita con formaggio, cipolle, patate, cavolo, ma anche ciliegie e mele. Dolce
o salata che sia, la Plăcintă è un capolavoro di creatività di
chi la prepara… e se si tratta di donne moldave sarà indimenticabile.
La storia di
questo piatto è davvero molto antica e sembra essere greca.
L’etimologia del nome, però, sembra risalire al periodo della dominazione
dell’Impero Romano su queste terre. Il nome romano di questa specie di
torta era Placenta (o Libum) ed era la tipica focaccia che
consumava l’esercito romano. Con l’avanzata sul resto dei Balcani, questa
preparazione si diffuse un po’ ovunque e la Plăcintă ricorda il burek della cucina
balcanica.
Le Sarmale,
piccoli involtini di foglie di vite ripieni di riso e carne
vengono fatti cucinare all’interno di contenitori di terracotta smaltati nel
forno.
La Babă neagră,
torta al cacao è uno dei dolci tipici moldavi delle campagne al nord
del Paese. Per prepararla servono farina, uova, cacao, zucchero e kefir (latte
fermentato). Una volta pronta la Babă neagră avrà un aspetto poroso e
morbido, una consistenza perfetta per intingerla nella crema alla vaniglia servita
insieme alla torta.
https://viaggichemangi.com/europa/moldavia/piatti-tipici-moldavi/
Pur avendo
degli ottimi vini i moldavi accettarono il prosecco portato da Gianni (che non
voleva presentarsi a mani vuote).
Per il caffè… rimando alla descrizione di quello fatto a casa di Anne con una piccola aggiunta… essendo ormai di dominio pubblico l’inizio della relazione di Andrea e Anne, Ludmila volle che un caffè, dedicato a lei, Jean e Marie, fosse lasciato sul tavolo. Alla fine della cena l’avrebbe offerto a una immaginetta cui era devota.
Il valore non è nella forma ma nell’intenzione.
………………………………………………
24 – Matej
Gianni – giornatona
ieri, eh..?
Andrea – accidenti, mi hai svegliato tu anche questa volta!
G – (sornione) te
l’ho detto, sono la tua sveglia… ma non prenderci l’abitudine, costo caro…
A – (sorridendo) costi
caro, che vuoi dire?
G - gli appartamenti… io ho venduto il mio perché inutilizzato e
disporne di uno qui, in questo bel posto vicino al mare (sperando Marie possa riprendere a viaggiare) ci farebbe davvero
piacere…
A – (riproponendo il
fare sornione dell’amico) non perché
ci sono io e la tribù moldava, eh…
G – (sorridendo) … ci farebbe davvero piacere, per rivedere gli
amici moldavi e verificare i miei progressi linguistici, non sia mai che mi
superi anche in quello… in quanto a te, come detto ho un costo e i veri amici
dividono tutto, fifty-fifty.
Il bel progetto del bar, far lavorare i ragazzi e Ludmila… la
generosità che hai dimostrato offrendo la tua casa, insomma, fammi partecipare,
i moldavi sono diventati miei amici…
A – avevo notato il tuo interesse ieri, quando ti ho
accennato agli appartamenti ma penso che hai, avete già fatto molto con
l’associazione… i soldi non crescono nell’orto.
G – ti racconto un episodio, una coppia di amici, pensionati
prima di me, possedevano tre case ed ebbero un’eredità da aggiungere ai
cospicui risparmi… in più erano frugali e senza vizi. Alla domanda sulla
consistenza del loro patrimonio (per curiosità, mica per farmi gli affari loro)
non risposero e mi ci volle un po' per capire che non volevano rispondere, probabilmente considerandola
un’informazione sensibile, da tenere riservata.
Per me e Marie basta la mia pensione, in più lei è proprietaria della
sua casa, riscuote a vita gli interessi degli oculati investimenti del padre e
abbiamo oltre quattro milioni di euro di risparmi… che aumentano di mese in
mese. I soldi non crescono nell’orto ma sui soldi stessi… tu quanto hai?
A – perbacco… ho quello che mi basta per i progetti, a
centomila ci arrivo, magari aggiungo un mutuo…
G – l’avevo immaginato… pur con tutta la buona volontà dei
moldavi non basterebbero, prosciugheresti i risparmi e dovendo anche rimborsare
il mutuo non potresti neppure cambiare la tua vecchia auto (il motore fuma azzurro, ti sta lasciando), non è che puoi sempre
noleggiarla per andare in Savoia, eh…
A – su questo hai ragione… ma conto sui guadagni del bar…
G – lo sai bene, all’inizio sono solo spese, forse tra un
anno… perché rischiare?
A – vuoi proprio saperlo?
G – certo, per capire come comportarmi con te, il mio miglior
amico…
A – per Anne… sento di doverle rendere conto non della mia
vita passata ma delle scelte dopo averla conosciuta… quando Ludmila mi ha detto
che Matej tutte le notti prepara il letto in cucina mi sono sentito un verme,
ho visto crescere quel ragazzino come si vede un film, senza interessarmene
davvero… ho duecento metri quadrati usati solo per riporre quintali di scartoffie
e oggetti, neppure valessero qualcosa…
G – sai, ho parlato con Anne giorni fa… mi ha detto che non
ha mai conosciuto una brava persona come te, se posso dirlo… è davvero
innamorata, non di quello che hai ma di ciò che sei… vedi, per gli stessi tuoi
motivi sento di dover partecipare a tutti i progetti che ti verranno in mente,
quale che sia il prezzo… per Marie. Ovvio che il denaro è un mezzo e non un
fine, come l’hai appena dimostrato a me anch’io devo farlo con te… la reciprocità ha la sua logica.
A – e sarei io quello della filosofia… cosa suggerisci?
G – ci ho pensato giusto stanotte, la soluzione è presto
detta, dare il giusto valore alle cose… un
vero amico vale almeno il venti percento di quello che ho. Con quella cifra
facciamo l’associazione, arrediamo bene il bar e ristrutturiamo qui… ponendoci
l’obiettivo di finire i lavori in tre-quattro mesi. Dovrebbe bastare metà della
cifra, il resto messo in deposito fruttifero a basso rischio, a garanzia
dell’associazione. Con una parte dei tuoi risparmi ti prendi una buona auto per viaggiare e sei a
posto… l’associazione pagherà gli stipendi a tutti e poi mica scompaio, ti darò
una mano per occupare il tempo…
A – chi trova un amico
trova… il venti percento del suo tesoro! Mica male, non avrei mai creduto
di valere così tanto! Un giorno troverò un modo per reciprocare… ah, cosa ti sei inventato ieri per intrattenere la tua
“classe” di bambini moldavi?
G – evidentemente non sei passato dal laboratorio… ho
lasciato che i ragazzini aprissero un bel po' di scatoloni, oddio, con un’altra
mezzora li aprivano tutti… avevi detto carta bianca…
A – e carta bianca doveva essere… così ci portiamo avanti con
il trasloco.
Suona la
sveglia, sono le sei.
Anche
quella fu una “giornatona” con impegni e appuntamenti a ripetizione. Le due
volte che ritornò a casa per documenti e altre questioni pratiche, si sentì in
imbarazzo nell’incontrare i moldavi, sia gli adulti che i bambini… mancava poco
che, devoti com’erano, al vederlo si facessero il segno della croce… così
delegò Gianni (almeno per un po') per tutte le questioni da discutere con loro.
Il metodico amico bibliotecario pare non aspettasse altro che organizzare
movimenti, misure, liste di materiali, scalette dei lavori e così via,
riempiendo man mano di appunti un’agenda di grande formato che si era
anticipatamente procurato…
Per
rilassarsi un po' Andrea si dedicò ai canarini… promettendosi di iniziare
quanto prima la costruzione della voliera, per allontanarli dal cantiere che in
breve tempo sarebbe diventato il casale. Aveva giusto terminato quando arrivò
Ludmila e, dieci metri indietro, Matej,
in attesa.
A – ciao Ludmila, adesso non parliamo dei progetti…
L – no, no… capisco tu proprio stanco. Perdona ma Matej insiste
vuole dire qualcosa a te, ho detto aspetta che chiedo…
A – Matej può venire da me quando vuole, portalo qui.
Ludmila
esegue e li lascia soli.
A – ciao, è tanto che non parliamo noi due…
Matej – si, boss… da quando è arrivato Picchio (il ragazzino frequentando la scuola ha
appreso la grammatica).
A – sei stato proprio bravo, siamo riusciti a prenderlo prima
dei gatti che lo avrebbero ucciso. Volevi dirmi qualcosa?
M – Ludmila mi ha spiegato cosa farai qui, che eri triste per
me che dormo in cucina ma io sono contento di aiutare mia zia, lei è felice di
stare con noi…
A – anch’io sono felice di stare con voi e mi dispiace di non
averti dedicato un po' del mio tempo, magari andando a fare una passeggiata nel
bosco… ci sei mai stato nel bosco?
M – io lo conosco bene il bosco… ti prego non dirlo a mio
papà Dimitri, lui non vuole che mi allontani.
A – beh, i cinghiali sono pericolosi… ma quanto bene lo conosci il bosco?
M – tutto, da qui sino ai lavatoi…
A – sei andato da solo fino ai lavatoi! C’è un sentiero ma ormai
è diventato una giungla, l’ho fatto una settimana fa e mi sono completamente
graffiato. Qui nessuno conosce il sentiero, ne sono sicuro… chi te l’ha
insegnato?
M – Ludmila vuole che tutti ti rispettino, dobbiamo dirti
ogni cosa che succede, rispondere a quello che domandi e dire la verità… ma
avevo paura che tu dicessi a Dimitri che vado nel bosco…
A – sei andato più di una volta… non è possibile senza che nessuno
te l’abbia insegnato, non puoi dirmelo?
M – sì, adesso posso dirlo, Ludmila ha pregato per me… me
l’ha insegnato Picchio…
A - il nostro canarino? E quando?
M – quando anche tu l’hai visto era qui da una settimana,
stava proprio dove comincia il bosco e l’ho visto, l’ho raggiunto e seguito…
A – accidenti Matej, potevi perderti, farti male…
M – la prima volta è volato poco avanti… io penso che voleva vedere
se lo seguivo… poi è scomparso tra le foglie e sono tornato indietro.
A – e dopo?
M – il giorno dopo era ancora allo stesso posto… questa volta
ha volato di più, sino all’inizio del sentiero che hai detto, dove c’è la
pietra bianca con il numero. Di nuovo è scomparso. Il terzo giorno ancora ma
arrivati alla pietra è andato in giù, ha volato tantissimo ma avevo lasciato
dei segni (rami spezzati) per tornare.
A – come fai a essere sicuro che non hai fatto il vecchio
sentiero?
M – Ludmila mi detto che quando è venuta a prenderti erano
passate due ore ed eri tutto graffiato. Per il
sentiero che mi ha insegnato Picchio ci vuole tre ore, camminando
veloci. Io sono sicuro che non è il tuo sentiero perché non ci sono spine.
A – tre ore! Altrettante per tornare… e Picchio ha volato
tutto quel tempo…
M – per cinque giorni mi ha accompagnato sempre più avanti, il
sesto è rimasto all’inizio del bosco e sono andato da solo, avevo imparato ed
ero felice come non sono mai stato… al ritorno ha volato sino da te e poi… si è
fatto prendere, poteva volare via.
A – era senza forze quando l’abbiamo trovato.
M – le aveva consumate tutte per insegnarmi il sentiero, se
non imparavo sono sicuro che moriva, per quello l’ho fatto…
A – Matej, ti credo e hai fatto bene ma non diremo niente a
nessuno, è un nostro segreto, ok?
M – grazie boss… anche per la stanza, sono contento!
A – anch’io sono contento, ogni tanto dobbiamo passeggiare
assieme noi due, che ne dici?
M – quando vuoi ti porto nel sentiero di Picchio… non ci sono
spine.
A – sono proprio curioso… davvero hai raggiunto i lavatoi?
M – sicuro! Picchio ha volato fino alla vasca, a casa ho
fatto anche un disegno, vuoi vederlo?
A – sì… portalo domani e chiedi alla mamma (erano cominciate le vacanze) di darti
il permesso per stare con me tutto il giorno... domattina prendiamo anche i
cani, facciamo il sentiero che hai scoperto e mangiamo ai lavatoi, porto io
panini e bevande, ok?
M – (gli occhi gonfi
dalla sorpresa) nessuno cammina con me, non interessa… dici sul serio, un
giorno intero, non devi lavorare?
A – dico sul serio, la nostra amicizia è la cosa più
importante… avviso Ludmila di andare al bar al mio posto, così comincia a
prendere confidenza.
Si avvicinò
al ragazzino e lo abbracciò, aveva imparato come farlo, col cuore.
…………………………………………………….
25 – Reciprocità
Andrea – (cena con
l’amico) non ci credi, vero?
Gianni – ne sono accadute di tutti i colori, ma questa… un
canarino che insegna un sentiero al ragazzo, sinceramente è troppo… si tratta
di una fantasia di Matej (che sta sempre da solo), una sua interpretazione che
casualmente ha avuto successo.
A – Matej è un ragazzo sincero, sono certo che non mente sul
canarino. Se ha detto sei giorni sono sei giorni, durante i quali volava dentro
il bosco, poi, come dici tu potrebbe aver fantasticato e interpretato… domani
ne saprò un po’ di più.
G – ho parlato con Marie, dice che si trova bene nella dependance
e riposa quasi tutto il giorno… non se la sente di conversare, neppure con Anne
perché le porta via energie, invece non ha problemi con Jean che va da lei e
rimane ore per suo conto, senza parlare. Sembrava stesse recuperando…
A – ha sicuramente recuperato un po’ di salute, anche il
cuore va meglio e passeggiava all’aperto sino al giorno prima della mia
partenza. Sai come la pensiamo io e Anne,
che quello che sta passando abbia un’origine… non fisica. Tra le cose accadute quelle che la riguardano sono
le più sconcertanti e le conosci tutte… i disegni, il comportamento di Jean e
soprattutto la signora che potresti
interpretare come un contenuto che
risiede nel suo inconscio, attivato dalle circostanze e sostenuto da coincidenze
sincroniche, per dirla alla Jung. Il
perché stia passando questa fase di
ritiro dal mondo ancora non possiamo saperlo ma credo che sia appunto una
fase e non possiamo che avere fiducia - in quello che vuoi ma assolutamente
senza interferire - Marie è più fragile di un bicchiere di cristallo. Anne discretamente la sorveglia e l’assiste
insieme a Jean che lo fa in un modo che non possiamo comprendere.
G – quando hanno rubato il pacchetto ho pensato che fosse
tutto finito e già mi stavo preparando, al tuo ritorno, a raggiungere Marie…
non sono passate nemmeno due settimane e mi pare un anno. È la prima volta che
stiamo lontani tutto questo tempo… perdonami il momento di debolezza.
A – non c’è niente da perdonare, è umano… le circostanze che
ci separano dai nostri cari sono le prove più dure da superare, ti capisco
benissimo.
G – grazie… passiamo oltre. Visto che domani vai in gita e fatalità arriva
l’architetto – poiché me ne intendo di ristrutturazioni – potrei interessarmene
io?
A – di cosa non ti intendi..? Ieri mi hai detto del motore
della mia auto e per scrupolo sono passato dal meccanico… avevi ragione, dice
che costerebbe un botto sistemarlo e poi ci sarebbero sospensioni, frizione,
freni… addirittura il serbatoio del gasolio arrugginito, senza parlare della
carrozzeria… meno male che proprio ieri un
amico mi ha valutato e assegnato il venti percento del suo patrimonio,
salvandomi da una futura bancarotta… certo che puoi interessartene, mi
solleveresti da un impegno enorme… però non completa carta bianca, seguire il
progetto, eh…
G - … almeno qualche piccola modifica?
A – accidenti, ma non dormi mai… ti sei già studiato il
progetto?
G – se sono impegnato non penso…
A – buona cosa, a me succede il contrario, più mi impegno e
più penso… meno male che domani stacco tutto il giorno! Gianni… fai tutte le
modifiche che vuoi, ho completa fiducia in te.
G – reciprocità… Marie ce l’ha in te. A proposito di impegni,
hai detto a Ludmila di sostituirti al bar, domani.
A – sì, così comincia a prendere confidenza… come mai è
venuta a dirtelo?
G – hai presente quelle persone che si credevano ormai estinte…
che quando gli dai un incarico si studiano prima cosa e come farlo, prendono
informazioni e approfondiscono tutti gli aspetti?
A – quelli come te, intendi?
G – già… pensavo di essere l’ultimo della specie, prima che
venisse Ludmila a chiedermi gentilmente se
avevo dieci minuti di tempo. Voleva informazioni sul bar, sulle persone che
lavorano… come dire se non si sa fare qualcosa, se ci sono parole da non usare,
come vestirsi… e per finire come imparare bene l’italiano. Le ho proposto uno
scambio, lei l’italiano e io il moldavo.
A – siete troppo bravi voi due!
……………………………………………………………….
26 – Il vecchio lavatoio
I setter inglesi intuirono subito che le intenzioni di Andrea riguardavano anche loro e presero a girargli attorno in un carosello abbaiando festosi.
Se
l’eccitazione raggiunse il culmine al vedere il loro padrone impugnare il bastone
da passeggio, non c’è aggettivo oltre quel culmine quando arrivò anche Matej
che spesso se ne prendeva cura, facendoli giocare e correre.
Matej – ieri avevo detto a Natasha (la mamma) che portavi tu
i panini e le bevande ma lei ha voluto preparare la Plăcintă con la marmellata
di ciliegie, perché la sera della cena ha visto che ti piaceva… così
abbiamo anche il dolce, va bene?
Andrea – ottimo, faremo un bel picnic oggi… guarda i cani come
sono contenti! L’hai portato il disegno?
M – sicuro! Vuoi vederlo?
A – non ora, pensavo di guardarlo con calma quando
raggiungeremo i lavatoi, direi che possiamo partire, da che parte?
M – là in fondo, dopo la grande quercia.
Arrivati alla quercia Matej si inoltrò senza indugio in una direzione del tutto nuova per Andrea che si rese conto di non poter competere con le gambe lunghe, magre e forti del ragazzo e ne moderò l’andatura fermandosi a intervalli per scattare delle foto.
Una prima cosa era certa, sapeva perfettamente dove procedere.
In mezzora raggiunsero, per un’altra via, la pietra bianca (il cippo di confine) senza aver trovato i rovi (spine) presenti sin dall’inizio nel vecchio sentiero.
Già quel primo step dissolse gli ultimi dubbi di Andrea che propose una sosta e assaggiò la prima, squisita Plăcintă, imitato da Matej. Anche i cani, acquattati ai loro piedi, ebbero una manciata di cibo secco e una ciotola d’acqua.
Il sole del mattino stava prendendo forza e la sua luce, intercettata dalle fronde degli alberi, giocava con le macchie blu-nere del manto dei setter.
Tutto
era perfetto… stand by me… https://youtu.be/Us-TVg40ExM
Quando cadrà la notte
e la terra sarà buia
e l'unica luce che vedremo sarà la luna
no, non avrò paura
oh, non avrò paura
finché tu sarai con me, sarai con me
Quindi cara, cara
stai con me, oh stai con me…
Se il cielo sopra di noi
dovesse crollare e cadere
e le montagne dovessero sbriciolarsi nel mare
non piangerò, non piangerò
no, non verserò una lacrima
finché tu sarai con me, stai con me
Quindi cara, cara
stai con me…
Conclusa la
sosta per Andrea iniziò l’ignoto… poco oltre il cippo il ragazzo scartò sulla
sinistra, proseguendo in una discesa senza riferimenti. In corrispondenza di
cambi di direzione Matej indicò i segni che aveva lasciato, rami spezzati annodati
a vitalbe (piante simili a liane) pendenti. Sovente
i cani li precedevano come conoscessero la direzione o percepissero chissà
quale improbabile traccia odorosa.
Vi fu una
seconda sosta, più lunga della prima, per raccogliere le energie per affrontare
la parte più impegnativa, la lunga salita di un costone abbastanza impervio.
Pensò con dispiacere a Gianni, purtroppo non sarebbe mai stato in grado di
percorrere insieme a loro quel misterioso sentiero (per quello man mano lo
fotografava).
I due camminatori,
completamente assorbiti dal viaggio, in quell’ultimo tratto non scambiarono neppure
una parola e anche i cani rispettarono l’incredibile silenzio che li avvolgeva.
Infine Andrea individuò l’arrivo del vecchio sentiero, dove si stavano
dirigendo.
Tutto era
magico… Puff The Magic Dragon… https://youtu.be/z15pxWUXvLY
Puff, il drago magico
viveva vicino al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
Little Jackie Paper
amava quel mascalzone Puff
e gli portava fili, ceralacca
e altre cose fantasiose
Oh, Puff, il drago magico
viveva in riva al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
E insieme viaggiavano
su una barca con le vele spiegate
e Jackie stava di vedetta appollaiato
sulla gigantesca coda di Puff
Nobili, re e principi
si inchinavano ogni volta che arrivavano
le navi pirata abbassavano le loro bandiere
quando Puff urlava il suo nome
Oh, Puff, il drago magico
viveva in riva al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
Un drago vive per sempre
ma non i ragazzini…
Ali dipinte e anelli di giganti
fanno posto ad altri giocattoli
Una notte grigia accadde
Jackie Paper non arrivò più
e Puff, quel potente drago
cessò il suo impavido ruggito
La sua testa era piegata dal dolore
scaglie verdi cadevano come pioggia
Puff non andava più a giocare
lungo il viale dei ciliegi
Senza il suo amico di sempre
Puff non poteva essere coraggioso
così Puff, quel potente drago
ritornò tristemente nella sua caverna
Oh, Puff, il drago magico
viveva in riva al mare
e si divertiva nella nebbia autunnale
in una terra chiamata Honah Lee
”) è un remix di
Finalmente raggiunsero i lavatoi dove i setter si rinfrescarono mentre loro, appoggiandosi con le schiene ai bordi, stesero la tovaglietta dove disposero il sostanzioso buffet, e, qualche metro più il là, quello (più semplice e senza tovaglietta…) per i due cani.
Andrea preferì l’acqua della fonte e Matej, incoraggiato, accompagnò il pranzo con le due lattine della famosa bevanda.
Al termine, il ragazzo consegnò il disegno all’amico che attese ancora un po’ prima diguardarlo… stava seguendo uno dei pochi pensieri che era riuscito a farsi strada in quel giorno di vacanza dalla vita quotidiana.
Il
pensiero riguardava la natura che li aveva accolti emanando la sua silenziosa
ma penetrante essenza… davanti a lui c’era uno spiazzo ricoperto da
innumerevoli piante diverse, alcune fiorite e altre in procinto di farlo, dove
non era intervenuta la mano dell’uomo a imporre il suo ordine, scegliendo quali
privilegiare e quali togliere dalla competizione… davvero competizione? –
continuò il pensiero – che mutò in un’immagine… quella di tutte le radici delle
piante, intrecciate tra loro e in simbiosi con miliardi di microrganismi diversi,
a costituire una sotterranea rete della vita dove ogni cosa aveva il suo posto,
dove…
Tutto è lo
scopo, lo scopo è tutto… tutto l’universo obbedisce all’amore… https://youtu.be/Q0pH-AEtdgw
Rara la vita in due fatta di lievi gesti,
e affetti di giornata consistenti o no,
bisogna muoversi come ospiti pieni di premure
con delicata attenzione per non disturbare
Ed è in certi sguardi che si vede l'infinito
Stridono le auto come bisonti infuriati,
le strade sono praterie
accanto a grattacieli assolati,
come possiamo tenere nascosta la nostra intesa
Ed è in certi sguardi che s'intravede l'infinito
Tutto l'universo obbedisce all'amore,
come puoi tenere nascosto un amore.
ed è così che ci trattiene nelle sue catene,
tutto l'universo obbedisce all'amore
Come possiamo tenere nascosta la nostra intesa
Ed è in certi sguardi che si nasconde l'infinito
Tutto l'universo obbedisce all'amore
come puoi tenere nascosto un amore,
ed è così che ci trattiene nelle sue catene,
tutto l'universo obbedisce all'amore
(obbedisce all'amore)
Come un
sipario si chiuse la visione e Andrea si dedicò al disegno…
A – chi ti ha aiutato, Ludmila?
M – nessuno mi ha aiutato, mi piace disegnare con la matita!
A – (non poteva credere
che a undici anni un ragazzino avesse una tale padronanza tecnica)… hai
altri disegni a casa?
M – sì, tanti… tutti a matita!
A – immagino che li hai fatti vedere ai tuoi, li hai portati
anche a scuola?
M – boss… io non voglio che mi vedano disegnare e li tengo
nascosti. Solo Ludmila sa che disegno ma non li ho mai mostrati neppure a lei.
A – perché a me lo hai mostrato?
M – … perché tu sei l’unico che ha camminato con me… siamo
amici?
A – (le parole del
ragazzo lo attraversarono come una lama, togliendo il superfluo
dall’essenziale)… per sempre Matej, te lo prometto!
M – questo è il più bel disegno che ho fatto. Sai, quando eri
via sognai che l’avrei regalato a un amico…
………………………………………………………………
27 – All’amore
Gianni – (dopo aver
ascoltato il resoconto della giornata, visionato le foto del sentiero
invisibile e soprattutto guardato il disegno di Matej, dovette ricredersi…)
faccio ammenda dei miei dubbi e accetto la storia del canarino, altrimenti
dovrei rifiutarmi di credere che Matej sia l’autore del disegno… ti vedo
proprio rilassato, certo che camminare per otto ore dev’essere stato molto faticoso.
Andrea – sì, comunque sempre meglio delle due ore della prima volta, per il sentiero inselvatichito e col cuore in gola.
Matej è uno stambecco, potrebbe farcela in
meno di sei, andata e ritorno, ma il rilassamento è anche dovuto a qualcos’altro…
sei stato bambino anche tu o (ridendo) sei
venuto al mondo già “cotto”?
G – … mi sono ritrovato adulto a lavorare in una biblioteca.
A causa del conflitto con mio padre credo di aver rimosso tutto, adolescenza e
infanzia compresa, quando ho capito che - panta
rei - era troppo tardi, come per
Marie e suo padre. Ascolterei volentieri qualcosa di te…
A – io nemmeno li ho conosciuti i miei genitori biologici…
orfano e adottato a sei anni. Una coppia senza figli un po' avanti d’età mi ha
portato in questo paradiso dove mi sono trovato subito a mio agio. I
grandi spazi del casale e l’ambiente esterno sollecitarono a tal punto la mia
immaginazione che… lei si serviva di
me e non viceversa.
G – non credo ci sia differenza, è una relazione biunivoca, quando si instaura i feedback forniscono
l’energia che la fa continuare.
A – … una relazione tra due soggetti?
G – beh, no… tra un soggetto e una sua abilità, come per gli
artisti, man mano acquisiscono padronanza (per esempio di una tecnica) e non ci
devono più pensare.
A – appunto, così l’abilità (alimentata dai feedback) lascia
la scena.
G – quando hai imparato una lingua non serve più ricordare
regole e grammatica, diventa automatico comprenderla e parlarla.
A – d’accordo, quando hai imparato
come metterti in ascolto non devi
far altro che… ascoltare, no?
G – direi di sì.
A – ma, come hai detto, essendo una relazione biunivoca con
una propria abilità, non si può che ascoltare se stessi, giusto?
G – il soggetto e la propria abilità non sono separati.
A – vero… nel caso di un artista, per esempio Mozart, che fin
dalla più tenera età aveva innatamente
tale abilità, quando si metteva in ascolto
(attraverso o per mezzo della propria abilità)… chi ascoltava, se stesso?
G - contenuti inconsci…
A – ah… di chi?
G – propri o collettivi.
A – ok, adesso visto
che è biunivoca, facciamo l’inverso… un “contenuto inconscio” richiede di essere ascoltato, stimolando
in qualche modo il soggetto ad apprendere la tecnica o sviluppare l’abilità,
che permetta la comunicazione. La domanda finale è la stessa, chi ascolta?
G – … il soggetto
ascolta.
A – e chi parla?
G – sempre il soggetto…
A – solipsismo?
G – Berkeley nega
che la realtà esterna abbia un’esistenza indipendente dal soggetto
(conoscente).
A – … all’opposto l’oggettivismo
ammette una realtà (materiale o ideale) alla quale il soggetto è subordinato.
G – una classica dicotomia
(divergenza)… e quindi?
A – quindi si rimane all’ascolto…
senza intervenire sul risultato (quale che sia) concettualizzandolo e
trasferendolo in categorie rigide e, come abbiamo visto, contrapposte.
G – facile a dirsi, è immediato…
A – per i bambini non è difficile…
G – … se non cambiate e
non diventate come i bambini non entrerete nel regno dei cieli.
A – sì, quel passo (ndr
- Matteo 18:1-4) si riferisce a bambini piccoli, fino a quando (cinque-sei
anni) si radica il senso dell’io che
non verrà più scalzato.
G – non abbiamo speranze…
A – l’io non potrà
chiudere tutte le porte…
G – ah… intendi l’arte, vero?
A – infatti si dice spirito
artistico, no?
G - e qui ritorniamo a Matej, dico bene?
A – dici bene, l’ispirazione
lo ha scelto… non solo quando disegna, per qualche motivo alcune porte del
ragazzo sono ancora aperte…
G – per l’arte convengo… quali altre porte?
A – adesso posso spiegarti quello che tu hai interpretato come il mio rilassamento. Anzitutto camminare con Matej non è come farlo con altri… quando te la senti potresti chiedergli di accompagnarti sino al cippo di confine, noi ci siamo arrivati in mezzora, non è impegnativo e non ci sono spine.
Là
abbiamo fatto la prima sosta e… hai mai provato la sensazione, nel ritornare in
un posto che ti piace (magari dove hai fatto una bella vacanza), di non essere
mai andato via di lì, di sentirti a tuo agio come al ritrovare un amico e,
soprattutto, che quella realtà
risuona come un’eco lontana dentro di te?
G – sì, diverse volte.
A – allora puoi immaginare come mi sentissi durante la prima
sosta…
Andrea propose una sosta e assaggiò la prima, squisita Plăcintă, imitato da Matej. Anche i cani, acquattati ai loro piedi, ebbero una manciata di cibo secco e una ciotola d’acqua. Il sole del mattino stava prendendo forza e la sua luce, intercettata dalle fronde degli alberi, giocava con le macchie blu-nere del manto dei setter.
Tutto
era perfetto…
G - stand by me, la
canzone e il film…
A – proprio così. Quando riprendemmo il cammino man mano che
seguivo Matej qualcosa dentro di me cambiava… si dissolveva e sentivo di essere tornato indietro nel
tempo, quando ero un ragazzino che seguiva il suo istruttore, l’immaginazione, che lo guidava
nell’esplorazione del mondo. Che era lo stesso ma, visto da una diversa
prospettiva… acquisì il potere di interagire
con me, con l’osservatore.
… vi fu una
seconda sosta, più lunga della prima, per raccogliere le energie per affrontare
la parte più impegnativa, la lunga salita di un costone abbastanza impervio. I
due camminatori, completamente assorbiti dal viaggio, in quell’ultimo tratto
non scambiarono neppure una parola e anche i cani rispettarono l’incredibile
silenzio che li avvolgeva. Tutto era
magico…
G – c’è una
canzone, Puff The Magic Dragon, parla
di un bambino che crescendo abbandona il mondo dell’immaginazione. Tu hai
potuto ritornarci…
A – sì, per un bel po' di tempo. Arrivati al vecchio lavatoio
mangiammo come mangiano i bambini… la differenza? Come se fosse l’ultimo cibo al
mondo… e al termine un pensiero s’illuminò nel mio cinema interiore…
… il
pensiero riguardava la natura che li aveva accolti emanando la sua silenziosa
ma penetrante essenza… davanti a lui c’era uno spiazzo ricoperto da
innumerevoli piante diverse, alcune fiorite e altre in procinto di farlo, dove
non era intervenuta la mano dell’uomo a imporre il suo ordine, scegliendo quali
privilegiare e quali togliere dalla competizione… davvero competizione? –
continuò il pensiero – che mutò in un’immagine… quella di tutte le radici delle
piante, intrecciate tra loro e in simbiosi con miliardi di microrganismi diversi,
a costituire una sotterranea rete della vita dove ogni cosa aveva il suo posto,
dove…
Tutto è lo
scopo, lo scopo è tutto.
G - … ti sono venute in mente le parole di Franco! Lo scopo di cui parla collega tutto…
A – auguriamoci sia così… e la canzone?
G – beh, non può che essere di Battiato, tutto l’universo obbedisce…
A - … all’amore.
……………………………………………………..
28 – Onde
A sua volta Gianni fece il resoconto della giornata all’amico
che una volta di più si stupì delle sue capacità, come ebbe modo di accorgersi
anche l’architetto, venuto a discutere il progetto.
Forte della delega Gianni impose metodo, condizioni e tempi
lasciando sbigottito il professionista col quale, dopo aver verificato le
tempistiche dell’ufficio tecnico (un mese per presentare il progetto e ottenere
le autorizzazioni) si accordò affinché l’esecuzione dei lavori fosse affidata a
una ditta (proposta dall’architetto) che garantisse un tempo di esecuzione di
tre mesi, lasciando ai moldavi il solo compito di agevolare la logistica
(esentandoli dal dover ulteriormente faticare dopo il proprio lavoro).
Per la durata della ristrutturazione si sarebbero affittate
tre case su ruote (due grandi e una piccola) dove alloggiare i moldavi.
Gianni diede qualche giorno (voleva essere pronto nel caso potesse raggiungere Marie) all’architetto
per sbrigare tutte le questioni e staccò l’assegno col primo acconto sul suo
onorario… che magicamente ne fugò gli ultimi dubbi e fece mutare
l’atteggiamento da un conosco il mio
mestiere a un amichevole tutto si può
risolvere…
A mezzogiorno aveva terminato, prese l’auto e andò al bar per
provare la cucina di Michele e vedere come se la cavava Ludmila, stavolta
rimanendo lui sorpreso…
Michele – (indicando
Ludmila) dobbiamo assolutamente
tenerla qui… sta dando una mano e gli sono bastati due servizi per imparare… i
clienti sono affascinati dal suo sorriso (ah,
è impegnata…) e se sa almeno un po’ guidare potremmo già assicurare le
consegne… che dice il boss?
Gianni – (ridendo) il boss è furbo, ha trovato chi far lavorare
al posto suo, non può che essere contento. Bisogna accelerare anche qui i
lavori e sollecitare il commercialista per farvi mettere tutti in regola … in
quanto al guidare scommetto che Ludmila col furgone ci farebbe mangiare la
polvere a noi in auto… a proposito, che si mangia qui oggi?
Pino – c’è molto da scegliere… e magari tra un po’
presentiamo anche qualcosa di moldavo…
G – perbacco, non perde un colpo la ragazza!
Soddisfatto
del pranzo si commosse un po’ dall’ennesimo ringraziamento di Ludmila che fu
contenta di servirlo, e dell’atteggiamento riguardoso dei ragazzi che ormai lo
consideravano il vice-boss… mentre salutava la squadra Pino disse…
Pino – ho sentito che Andrea deve cambiare l’auto… se
interessa mio zio svende la sua, una Audi di qualche mese con pochissimi
chilometri, praticamente nuova, perché si trasferisce negli Stati Uniti… un prezzo
dovuto all’urgenza, un affarone incredibile, unico!
G – … quale modello e che importo? (Pino fornisce le informazioni). Telefonagli subito e opziona
l’auto, ci penso io a convincere Andrea!
Andrea – (al termine
del resoconto, sorridendo) devi proprio avermi combinato qualcosa di grosso
per trattarmi così…
G – (perplesso) ma…
cosa avrei fatto?
A - … in questa vita solo cose buone nei miei riguardi,
intendevo in un’altra… non si scappa alla legge del karma. Dimmi un po’, a cosa
si deve questo tuo corso accelerato in bontà, capisco l’affetto per i moldavi
ma anche l’auto! (che secondo gli accordi va sul mio conto)
G – l’auto è stata un’occasione irripetibile da cogliere al
volo… rivendendola guadagneresti un bel po’!
A – non ci penso proprio… mi serve davvero! Quindi..?
G – a cosa si deve… sopra una tavola da surf devi attendere
l’onda e se arriva quella grossa e alta di strada ne fai parecchia… nella mia
vita diverse volte mi sono messo in gioco (salire
sulla tavola – affrontare le sfide) ma che vuoi, per prudenza, paura o
altro attendevo le piccole onde per
muovermi… mi capisci?
A – certo, bella metafora… poi ti sei ritrovato qui, in
questo oceano…
G – dove le onde sono belle alte… ho provato e a volte ho
avuto paura di non farcela, qui si muore (rinuncia)
o si vola!
A – sei volato ben alto, amico mio…
G – anche tu, Andrea…
A – Marie, Anne, Jean… Matej, Ludmila, tutti i moldavi.
G – Michele e Pino… ognuno ha le sue onde.
A – e tutte le onde vengono dal mare…
G – … dove alla fine ritorneremo tutti.
A – sicuramente, ma lo
scopo fa la differenza, quando raggiunto conclude, altrimenti persiste.
G – cos’è per te lo
scopo?
A – quello che sta accadendo, attraverso di noi… fermiamoci
qui, va bene?
G – ok, boss…
…………………………………………………………….
29 – Non resta
che attendere
Nei giorni successivi i due amici furono completamente
impegnati: ampliamento del bar, contratti di lavoro, architetto, geometra, commercialista,
progetto ristrutturazione, auto… e l’appuntamento dal notaio per definire
l’Associazione. Per fortuna Ludmila fece fronte alle ennesime assenze del boss
dal lavoro, in pochi giorni era diventata indispensabile.
Se tutti quegli impegni aiutavano Gianni a sopportare la
mancanza di Marie, per Andrea, specie dopo aver preso possesso della nuova, comoda
e potente auto… si rivelarono ben più sostanziosi di quanto immaginasse. Pur
essendo uomo d’azione (come disse
Gianni), non lo era sempre e già
provava nostalgia della gita con Matej al vecchio lavatoio e soprattutto l’altra,
dall’allevatore in Savoia (panna & formaggi) con Anne. Spesso riandava con
la memoria al tempo trascorso con lei -
sarebbe bastato mettere in moto e guidare sino a lì (tra l’altro era un
percorso piacevole) - e invece, come Gianni, doveva attendere l’onda giusta per
poterlo fare. Pur relativamente vicino e
facilmente raggiungibile, non era solo questione di spazio ma di tempo - c’è un tempo per ogni cosa - non aveva
mai pensato al tempo come un’onda…
… per fortuna di Andrea e Anne con un diverso tipo di onde si annullano distanze e tempi…
Anne – sono davvero impressionata da quanto tu e Gianni state
facendo, in una sola settimana! Neanche il
tempo di ascoltare una cosa e subito un’altra, ancora più grande e
impegnativa. Mi dispiace di non poterle condividere, un po’ invidio il rapporto
che avete con i moldavi, mi sarebbe piaciuta una grande famiglia, ma sono
contenta di sapervi così… bravi. A proposito di bravura, ho dato a Jean la
stampa del (la foto del) disegno di Matej che mi avevi mandato… vuoi sapere cosa
mi ha detto?
Andrea – sono tutt’orecchi!
Anne
– non ti servono, non mi ha detto proprio niente ma dopo soli cinque minuti me l’ha
ridato, accennando con la mano il gesto di rimandartelo nuovamente. Te lo sto
inviando adesso.
Andrea – (visiona la
foto) … ha colorato di giallo il canarino! Lo farò vedere a Matej,
spiegandogli che Jean colora… il mondo. Spero non ci rimanga male, lui usa solo
la matita.
Anne – stai tranquillo, non è l’originale… invece può darsi
che gli faccia piacere aver stimolato un bambino, mi saprai dire. Comunque Matej
ha un talento incredibile, andrebbe avviato verso un percorso artistico, magari
puoi pensarci…
Andrea – va bene, ci penserò.
Anne – non domani, adesso.
Andrea – è così urgente?
Anne – non per me, per Jean… ci ha messo solo cinque minuti a
rispondere al disegno.
Andrea - non avevo colto il fatto del breve tempo impiegato, ma come si lega col percorso artistico?
Anne – non lo so proprio, questo devi scoprirlo tu, a me è
arrivata quest’onda (intuizione) e te
l’ho trasmessa.
Andrea – ok, ricevuto… domattina coinvolgo Gianni, un compito
in più o lo uccide o lo fa volare! (e
trova la soluzione)
Anne – addirittura!
Andrea – l’ha detto lui, meglio che voli, eh…. Cambiando argomento, proprio stamattina dal geometra ho incontrato Marco, il proprietario di una delle poche case vicine al lavatoio.
Lo conosce bene il vecchio sentiero e in passato qualche volta ci siamo incrociati.
Ho sondato, senza rivelargli nulla del sentiero misterioso, se ci fosse qualche altro percorso più o meno agibile, poiché era diventato impraticabile a causa dei rovi. Magari - ha risposto – purtroppo l’unico è questo, un sentiero storico che dovrebbe essere ripristinato e mantenuto pulito, questi sono ancora luoghi incontaminati, perfetti per il turismo ecologico che la gente cerca… un paio di settimane fa due escursionisti (così hanno detto, certo non in quel momento, essendo abbigliati civilmente) mi hanno fatto la stessa domanda a cui ho risposto allo stesso modo. Potremmo fare una richiesta al comune… che dice?
Per ripagarlo dell’informazione mi sono
reso disponibile a firmarla.
Anne – dopo aver trovato dove hai noleggiato l’auto hanno anche
scoperto come sei riuscito a sfuggirgli!
Andrea – avevano scoperto ben di più… (racconta l’episodio dell’auto che li aveva seguiti durante la loro
uscita per far spese) e sapevano che avrei ricevuto il pacchetto che ci
hanno sottratto… direi che va bene così, era il prezzo per la libertà.
Anne – sei sicuro che sia tutto finito?
Andrea – perché no?
Anne – mi limito a rilevare un’incongruenza… Franco ha scritto…
se lo scopo sarà raggiunto anche tu avrai una ricompensa che inonderà di senso la tua vita. Vorrei, ma non posso dire di più.
Trovi logico che lo scopo si riduca nell’accettazione del furto, a quel modo..?
Andrea – però la ricompensa… l’ho già avuta.
Anne – anch’io e Jean. Marie?
Andrea – non saprei dirlo… forse è in arrivo, se come annunciato dal sogno prima o poi incontrerà la signora.
Anne – noi supponiamo che quanto le sta accadendo sia una
sorta di preparazione all’incontro,
che forse produrrebbe un positivo riaggancio
col suo passato… tutto ruota attorno a lei.
Andrea – hai ragione, non resta che attendere… adesso come
sta?
Anne – solo Jean lo sa… da due giorni dorme da lei, me l’ha
richiesto e come mi hai consigliato ho preso atto, senza interferire. Quando la
vado a trovare mi ringrazia per la comprensione, mia, di Jean, di Gianni, tua…
negli occhi le leggo le ultime parole di Franco “Vorrei, ma non posso dire di più”. Devo
andare… sei contento dell’auto nuova?
Andrea – del tutto soddisfatto e non vedo l’ora… Pino è
arrivato al momento giusto...
Anne – praticamente a portarti l’auto...
Andrea - ... no, a prenderla, la mia vecchia... ne aveva
bisogno e l’ho regalata, naturalmente San
Gianni (il nostro Gianni) si è interessato e la sta facendo riparare a
modo... dicendo che un regalo non dev’essere una spesa...
.........................
29b – Non resta
che attendere
Come promesso, Andrea riassunse a Gianni la conversazione con
Anne e gli chiese di pensare una soluzione per Matej.
G – beh, è in vacanza dopo il primo anno e dovrà concludere
il secondo ciclo di studio (scuole medie). Potremmo cercare un Maestro
d’arte... però non sarebbe una soluzione immediata
e, in ogni caso, dovrebbe interessare il ragazzo più che noi...
A – allora la vedo dura, (scherzando)
Matej è abitato da uno spirito della
natura che non credo sarebbe contento di traslocare per lasciare il posto
al tuo Maestro... era una battuta, perché
ti fa tanto ridere?
G – perché sono certo che, almeno inconsciamente, tu la sai
la soluzione!
A – (ridendo a sua
volta) dottor Jung... a quello conscio non so niente, mi illumini
sull’altro livello... di che soluzione parla?
G – ok, torniamo seri... hai detto che lo spirito della natura non sarebbe contento di traslocare, giusto?
A – giusto caro
Watson... perdonami ma oggi proprio non mi riesce...
G – me ne sono accorto, buon segno, metti di buonumore anche
me... comunque, se non si può far traslocare lo spirito dal ragazzo... li
traslochiamo entrambi, no?
A – ah, beh... ovvio... e dove (di grazia) lo/li mandiamo,
d’estate con le scuole chiuse e il cantiere che incombe?
G – (sornione) ...
già, servirebbe un posto, almeno una stanza... tranquilla. Ti dice niente?
A - ... accidenti, San
Gianni ha colpito ancora.... come
ho fatto a non pensarci!
G – per lasciarmi fare il mio miracolo quotidiano, no? Hai
una stanzina adibita a ripostiglio con la finestra e risistemata sarebbe
sufficiente per un ragazzino...
A - ... la sgombriamo, mettiamo un letto a castello con sotto
un tavolo e...
G – me lo lasci fare a me, vero... per ricambiare?
A – ma... non è il caso che ti stanchi, su e giù dalle scale
con i mobili...
G – mica lo faccio io, dirigo...
A – dirigi? Chi?
G – Pino, che cerca un modo per ringraziarmi del meccanico –
a proposito, hanno fatto un bel lavoro, sostituito il motore con uno di
recupero con pochi chilometri, freni e tutto il resto, serbatoio compreso e,
naturalmente... una rinfrescata alla carrozzeria... pare nuova...
A – Gianni, mi inchino... sei troppo bravo.
G – non esagerare... faccio preparare la stanza per domani
sera, poi tocca a te, chiami qui Matej e intanto io informerò Dimitri e tutti gli
altri... tra qualche settimana l’impresa
inizia ad allestire il cantiere e arriveranno le case su ruote...
A – (sorpreso)... perché
hai aspettato a dirlo?
G – ... perché domani mi consegnano un prosecco introvabile... preso apposta per festeggiare!
......................................
30 – L’uccello giallo
Si ritrovò in quella selva verde, la neve compatta rendeva agevole camminare. Era quasi sera, gli ultimi bagliori del tramonto non sarebbero durati a lungo e gradualmente gli occhi si adattavano allo smorzarsi della luce.
Camminò finché riuscì a vedere il sentiero sino a raggiungere
una radura, stranamente senza neve. Non c’era la luna e neppure il chiarore
delle stelle, tanto valeva chiudere gli occhi e procedere… fermamente
determinata a non tornare indietro.
Sentì un
tocco delicato e un braccio s’intrecciò al suo destro. Entrambi non fermarono
il passo.
Gerard –
sei arrivata presto…
Marie – sei
arrivato tardi…
G – è un
mondo al contrario, dove i morti sono vivi…
M – e i
vivi..?
G – i vivi, se non sono chiamati, non possono
varcare “il cancello dell’esistenza”, come raccontava la favola di nostra
madre.
M – Gerard,
avrei tante domande da farti…
G – solo chi ti ha “chiamata” risponderà con
parole “vere”…
M – tu non
diresti il vero?
G – se rispondessi con quello che vorresti
sentire?
M – … c’è
più di una verità?
G – ci sono
differenti livelli di verità.
M – e dove
sta il falso?
G – al
primo livello, quello di contraddizione…
M – e
l’ultimo livello?
G – riporta
al primo… con la differenza che lo sai. Quasi ci siamo.
M – dove?
Non scorgo niente…
G – …
dietro di te…
M – dietro,
da dove siamo venuti?
G – … ci
troviamo nella radura, non c’è la luna né il chiarore delle stelle, hai chiuso
gli occhi e sentito il mio braccio…
M – non può
essere lo stesso posto, abbiamo camminato a lungo!
G – abbiamo
“camminato” in alto…
M – non mi
raccapezzo… però hai detto che quasi ci siamo!
G – anche questa
differente realtà va conosciuta. Sì, ci siamo adesso, ma non ti sei ancora
voltata…
Marie si gira e vede una piccola costruzione con delle ramaglie
per tetto, dalla porta aperta e dalla finestra proviene una luce arancione.
M – … i
quattro abeti, come nel disegno di Jean! E l’altra casa dov’è?
G –
dall’altra parte del cancello…
M – ... l’uccello giallo?
G – è dentro la casa, la luce proviene da lui.
M – la signora è anch’essa nella casa?
G – questa
è la parte più difficile, la signora è l’uccello giallo…
M – posso
accettarlo, non è difficile…
G – … la
signora, noi, questa realtà… siamo l’uccello giallo…
M – … hai ragione, è difficile.
G –
l’esistenza è il volo dell’uccello giallo… di qua e di là dal cancello. Jean
l’ha raffigurato, per chi può vederlo, com’è in questa realtà. Nel disegno di Franco come lo vedi nella tua
quotidiana.
M – dunque
c’è un unico uccello?
G – come
c’è un'unica esistenza… meglio, un’esistenza senza confini, a parte il
cancello.
M – ma
perché c’è il cancello?
G – non
sono in grado di “risponderti”, sarebbero solo parole… sei pronta?
M – a
parole direi di sì…
G – ti
ricordi come finiva la nostra favola?
M – … con i
due fratelli che si ritrovano!
Dolcemente Gerard sfilando il braccio le accarezza la spalla
e Marie si ritrova davanti alla porta della casetta.
………
Signora - s'il te plaît, Marie, entre...
Sorpresa dal sentirsi rivolgere la parola in francese, Marie si affacciò all’uscio attendendosi di vedere un uccello giallo e luminoso, augurandosi non fosse troppo più grande di un canarino.
Ma rimase nuovamente sorpresa: la signora in persona, tale quale il disegno, sedeva su una bassa seggiola impagliata.
Sopra
un ripiano una grande candela colorata diffondeva una luce arancione. Indossava
un vestito composto di parti rosse, verdi, blu, nero, celeste, bianco e teneva
in mano una piccola radio!
M – bonsoir madame...
S - écoute, ta chanson...
La mer
Au ciel d'été confond
Ses blancs moutons
Avec les anges si purs
La mer
Bergère d'azur
Infinie
M – grazie, è proprio la mia canzone preferita… non mi sarei
mai aspettata di sentirla qui, da una radiolina.
S – prego. Non è una vera radiolina, bensì una scatoletta di cartone
disegnata.
Marie
affina lo sguardo e annuisce
M – allora la musica da dove viene?
S – da te, dai tuoi ricordi… qui ritornano in vita, come ha
detto tuo fratello è un mondo al contrario.
M – Gerard ha anche detto che qui dentro c’era l’uccello
giallo.
S – lui mi ricorda
in questa forma… tu ricordi il disegno che mi raffigura e così mi vedi.
Cos’altro ricordi di me?
M – niente, non ti avevo mai visto prima.
S – visto no, ascoltato… nella favola.
M – la raccontava mia madre a me e mio fratello.
S – ho conosciuto vostra madre, prima che vi concepisse. La
“favola”, con altre parole, viene da me. Capisci cosa significa?
M - … hai conosciuto mia madre Claude! So che aveva viaggiato
con mio padre per dieci anni e che rimase incinta a tarda età, inspiegabilmente
secondo i dottori. Quando gliela hai raccontata?
S – quando l’ho conosciuta, prima del concepimento, era la
persona che aspettavo. Ma non hai risposto, ritorna alla favola.
M – parlava di una maga che ci apriva il cancello… ma è
successo davvero?!
S – siamo ciò che ricordiamo… qui puoi farlo, sei ancora in
tempo.
M – Gerard ha detto che per chi va dalla signora il tempo si
ferma… è vero?
S – sì, ma chi viene da me quando lo chiamo… non rimane
quello che è.
Io sono il mio scopo, la sola cosa che ricordo. Chi sta
con me diventa il mio scopo, questo intendeva Gerard.
Lui, io, te, questa realtà… c’è solo l’uccello giallo e facciamo tutti parte del suo scopo… ricordarlo è il penultimo livello della verità. L’ultimo è adempiere lo scopo secondo le possibilità.
Il ricordo dello scopo cancella l’individuo e
ne trasforma il corpo fisico.
M - … dopo Gerard, incontrerò mia madre e mio padre?
S – sono entrambi nello scopo dell’uccello giallo. Incontrerai
loro e chiunque, nel bene e nel male, vi faccia parte. Sei pronta?
M – sì.
S – ne ero certa. Chiudi gli occhi, riaprili e guardami.
Così fece.
Al riaprirli un enorme uccello giallo radiante un’intensa luce arancione la
fissava col suo occhio di sole. Ricordò di essere sempre stata con lui.
……………………...........................…
31 – Scelto
dal fulmine.
Andrea si svegliò nel cuore della notte (le tre) in preda a
una forte agitazione che lo costrinse ad alzarsi con l’intenzione di prepararsi
una camomilla...
A – Gianni, che ci fai in cucina a quest’ora?
G – ... il mio incubo ricorrente, non ho urlato, vero?
A – mi dispiace... no, non ho sentito nulla, ti va di
raccontare?
G – ... stavo correndo
a più non posso, incespicando sui rami caduti e spesso sprofondando sino a
mezza gamba nelle innumerevoli pozze d’acqua che non potevo evitare a causa
della scarsa visibilità, per non rallentare cambiando direzione. Col cuore in
gola continuavo a gridare: “… non sono
la preda, non sono la preda… vi sbagliate!”
Ma da questo punto continuò in un modo completamente diverso,
una voce disse...
“No, non
sei tu la preda, calmati e andrà tutto bene, mi aspetta, devo andare...”
“Ti faranno
del male...”
“Nel bene
il male, nel male il bene... bisogna accettarlo” – disse Marie.
Tu piuttosto, qualche problema?
A – niente di preoccupante, non riuscivo a dormire.. forse la
pressione un po' alta, mi preparo una camomilla.
G – pensi che stia succedendo qualcosa a Marie?
A – onestamente, sì... siamo entrambi “sintonizzati “ su di
lei, domattina sentiamo Anne.
G – speriamo bene... per passare il tempo ho ricercato in
internet informazioni sul libro di Gerard, dove sono le note e il disegno. Il
libro si può trovare nel sito di una università romana (encomiabilmente)
specializzata nell’archiviazione di vecchi testi. Quello di Gerard non è
l’intero libro, bensì solo le 65 pagine su 300 del primo argomento:
Domani stampo il libro intero e se trovo un po' di tempo gli do un’occhiata.
L'altro giorno mi
avevi suggerito di fare una passeggiata con Matej... l’ho fatta questo pomeriggio, non ci siamo
visti altrimenti te l’avrei detto.
A – ah... com’è andata?
G – Matej era seduto sulla panca davanti alla gabbia dei
canarini. L’ho salutato e chiesto se potevo sedermi.
Matej – sì, ti lascio il posto...
G – volevo chiederti... (intanto
si siede accanto).
M – ti serve qualcosa?
G – sì, sto cercando... un pezzo di legno per fare un
listello e decorarlo... un regalo naturale
per Marie, la mia compagna.
M – che bella idea! Ci sono un sacco di legni bellissimi
negli scatoloni...
G – davvero belli, di tutti i tipi... ma voglio un legno naturale, di questo posto e farlo da me...
purtroppo con le mani so solo scrivere.
M – nel bosco ci sono diversi tipi di alberi, potrebbe
bastare un grosso ramo?
G – certo, un ramo grosso magari con una forma un po'
strana... o dei colori particolari, qualcosa di raro da trovare.
M – io so dove c’è qualcosa di speciale... potrei portarti se
vuoi.
G – se non è troppo difficile o distante... al massimo una
mezzora.
M – è facile, in mezzora si arriva. Dentro il bosco, poco
prima del sentiero... ci sei mai andato al sentiero?
G –pensavo di andarci col
boss ma adesso abbiamo troppe cose da fare, non so se avrò tempo prima di
ripartire...
M – andrai via, Gianni?
G – sì, non so ancora quando, aspetto che la mia compagna...
guarisca.
M – beh, sono contento che andrai da lei... tutti siamo
felici per quello che stai facendo, Ludmila dice che sei un santo...
G – (ah, ecco da dove
viene il “San Gianni” di Andrea!) Ludmila è una brava ragazza, se fosse mia
figlia sarei orgoglioso... e tu che dici?
M – che mi piacerebbe aiutarti per il legno... posso insegnarti
a fare un disegno, con un chiodo rovente...
G – perbacco, te ne intendi... allora si va, fai strada che
ti seguo.
Il bambino lo
precedette, regolando alla perfezione la sua andatura su quella dell’uomo. Strano
come ci riuscisse senza mai voltarsi, tanto che Gianni provò a rallentare e
accelerare... come se un filo li unisse, i cinque passi che li distanziavano
rimanevano sempre invariati. Pur non avendo esperienza con i ragazzini gli parve anomalo
il modo di procedere di Matej e decise di non interferire chiamandolo o per
qualche altro motivo.
Gianni camminava come
si sentiva di farlo e dopo una ventina di minuti entrarono nel bosco... la luce
solare filtrata dalle chiome degli alberi, mosse da un vento leggero, dava vita
a effimere chiazze luminose che si rincorrevano dovunque, sugli alberi, sulle
piccole piante del sottobosco e su Matej.
Il pensiero delle innumerevoli
volte che osservò tali giochi di luce passò... e non ne venne un altro a
rimpiazzarlo... per un breve tempo rimase solo quel gioco e i passi del suo
corpo, che non abbisognava di alcun
comando.
Poi, come svegliandosi
da un sogno, vide davanti a se Matej, seduto su una pietra, che lo osservava
silenzioso.
Ritornò il pensiero a cercare di razionalizzare l’esperienza e condurla al conosciuto, ma le parole di Matej ne distrussero la possibilità...
M - siamo arrivati, Gianni... Ludmila ha ragione,
tu sei un santo...
G – ma che dici... perché?
M – dopo che siamo entrati nel bosco tu... sei andato avanti, da solo. Stavo per chiamarti ma... ho sentito che eri sicuro di dove andare e io ho seguito te. Hai fatto una strada diversa di quella che avrei fatto io, solo un poco più lunga ma più bella.
Questo è il posto e hai
trovato l’albero, da solo... ci sei appoggiato... solo i santi possono fare
queste cose.
G – (cercando
di sviare il discorso sull’eccezionalità del fatto) è un caso... cos’ha quest’albero,
non mi sembra diverso dagli altri...
M – è stato scelto... per te.
G – (assecondandolo) scelto da chi?
M – dal fulmine... guarda, quel grosso ramo appena
sopra la tua testa, vedi il segno?
Una bruciatura
profonda, lunga una ventina di centimetri, aveva inciso in profondità il ramo
compromettendone il sistema linfatico e facendolo seccare... un evento recente,
poiché la maggior parte del fogliame era ancora attaccato. Provò a inserire un
dito nella fessura, per capire quanta forza sarebbe stata necessaria per
scalzarlo, ma il ramo cedette da se,
cadendo a terra... al momento giusto bastò il peso di una piuma (il dito).
M – aspettava di farsi prendere da te...
Gianni - come Andrea
in precedenza - a sua volta provò la sensazione che tutto fosse “magico”,
soggetto a un potere naturale che abitava quei luoghi.
Matej spezzò facilmente la parte finale del ramo appoggiandoci il piede e riducendone la lunghezza a una cinquantina di centimetri.
Lo porse al compagno del “viaggio magico” e Gianni capì di dover considerare molto seriamente quanto accadeva.
“Adesso solo tu puoi toccarlo” - disse Matej
- non era solo una passeggiata, un adulto che asseconda il gioco di un
ragazzino, c’era un disegno... uno scopo.
A – il ramo... posso vederlo?
G – guarda le mie mani... per uno scribacchino che s’improvvisa falegname queste sono le conseguenze: tagli, sbucciature e vesciche a volontà.
(mostrando la foto) - dal ramo ho tratto un listello di circa tre per venti centimetri e meno di uno di spessore, dove ho inciso col chiodo rovente lo schizzo di un canarino.
Matej mi ha assistito per tutte le tre ore
impiegate senza mai toccarlo... secondo lui andava fatto subito o... lo spirito
se ne andava, ha detto proprio così.
Al termine ho messo tutti i trucioli in una scatola
assieme al listello, Matej l’ha presa e portata a Ludmila per una benedizione - come ha fatto con il
caffè, la sera della cena – poi domani me lo rende... che ne dici del mio gioco
“l’apprendista
falegname”?
A – una sola parola, sono commosso... tutta la mia collezione di legni non vale il tuo listello, sai bene che non è stato un gioco ma un rito sacro, un evento più unico che raro.
Sono certo che Marie l’apprezzerà
moltissimo come ha apprezzato il ciondolo che mi ha lasciato Franco, adesso
sento che posso fartelo vedere, ringraziandoti per non avermelo chiesto quando
te ne avevo parlato, non avrei potuto... (mostra
il ciondolo)
G – tranquillo, l’avevo capito. Bell’oggetto, sembra una farfalla stilizzata, hai idea da dove provenga?
A – purtroppo
nessuna... le farfalle sono considerate le anime dei defunti, in qualche modo
Franco è qui con noi.
..................
La mattina arrivò la
telefonata di Anne ad avvisare della crisi notturna di Marie.
Jean dormiva da lei
e uscì di notte per avvisare la madre.
Vederselo ai piedi
del letto fu uno shock a cui reagì prontamente, gli disse di rimanere in casa e
corse dall’amica, che trovò seduta sul letto, scossa da forti brividi.
Le chiese se aveva
dolore (no, non è il cuore...) e
verificò i parametri, trovandoli regolari, neppure un accenno di febbre.
Le mise un plaid sulle
spalle e l’aiutò a bere una bevanda
calda. Marie le disse...
M – nel bene il male e nel male il bene...
A – (ricordando d’aver detto le stesse parole ad
Andrea quando gli raccontò del suo ex
marito) – stai male perché... hai incontrato la signora?
M – ... la signora è un aspetto dello scopo, l’Altro... non è il bene... è stato terribile.
Il mio corpo soffre perché sta
cambiando, per contrastarlo... ma sono troppo debole.
A – come posso
aiutarti?
M – nessuno di questo mondo può aiutarmi...
A – almeno ti stiamo
vicino, Gianni...
M – va bene, avvisalo ma lasciami ancora un paio di giorni da sola... digli che è stata una crisi passeggera, dopo gli spiegherò l’accaduto... e molto altro.
Grazie di tutto, Anne.
..................................................
32 – Le circostanze
della vita.
Andrea si stupì della
tranquillità con cui Gianni apprese la notizia della crisi di Marie, sapendo
bene che, pur dissimulata in una frase di rito, doveva essere stata
alquanto seria. Quasi non pareva la
stessa persona di qualche giorno prima, apprensivo e preoccupato per la
compagna, forse a causa dell’imminente
ricongiungimento – atteso da più di tre
settimane – che ne controbilanciava l’impatto.
Gianni – due giorni
sono sufficienti per quello che mi manca da fare.
Andrea – per
qualsiasi cosa...
G – ... una ci
sarebbe, potresti andare al mio posto con Ludmila a prendere i mobili per la
stanzetta (a lei l’ho già detto) già pronti nel centro commerciale. Poi nel
pomeriggio viene Pino...
A – chiamo Ludmila e
partiamo, Michele può farcela da solo al bar per un paio d’ore, così avviso
Pino di venire qui subito, ai tuoi
ordini... per sgomberarla e pulirla.
G – il boss è
tornato... super efficiente!
A – il vice-boss non
è da meno... siamo una bella coppia, eh?
G – ... come due piselli in un baccello...
A – eh..?
G – sei troppo
giovane... https://youtu.be/inlsGJYdiSs
Le circostanze della
vita – pensò Andrea mentre attendeva Ludmila – tempo fa mi chiedevo se sarebbe
stata capace di accudire i cani... oggi vedo che qualunque cosa faccia la fa
bene: guidare, lavorare al bar, aiutare in tutto... infonde sicurezza.
Ludmila – buongiorno
signore boss, ecco pronto il furgone,
posso andare.
Andrea – (beh, il corso interlingue col bibliotecario
era appena iniziato: o signore o boss. Si avviano.). Ciao, scusa del
cambiamento di programma ma Gianni ha appena saputo che partirà tra due giorni
e ha bisogno di un po' di tempo.
L – non è problema, io
già sapevo.
A – sapevi cosa?
L – che Gianni porta
a sua donna il legno dello spirito.
A – ma quando te
l’ha detto?
L – Matej ha detto, presto San Gianni porta legno per aiuto.
A – Gianni mi ha
raccontato del legno... non fino a questo punto. Mi puoi spiegare cosa significa?
L – Gianni ha chiesto
di trovare legno speciale, Matej ha
capito che spirito può aiutare sua donna. Adesso spirito è a casa (dimora nel listello di legno) io
chiesto benedizione, andato tutto bene, anche San Gianni ha capito.
A – (quindi era preparato alla notizia e la
tranquillità derivava dal sapere di avere con sé qualcosa “non di questo mondo”
che potrebbe aiutare Marie...). Grazie Ludmila... ma tu, come fai a sapere queste cose dello spirito?
L – mia nonna di
mamma ha spiegato, lei detto che sarà importante, tutti deve aiutare, è scopo di nostra vita.
al
sentire la parola “scopo”...
“Nella mente di Andrea si formò il pensiero che vedere la propria
città è partecipare allo scopo… poi sarà lo scopo che farà incontrare altre
persone (Gianni, Marie, Anne, Jean,
Dimitri…) che già vedono o vedranno la loro città, e una volta insieme (… noi
siamo insieme) non guarderanno agli edifici ma alle tenui linee luminose che
collegano ogni cosa… una differente realtà coesistente a quella ordinaria.” (Cap.22 - ndr)
A
– cosa faceva tua nonna?
L
– nonna aiutava con spiriti, solo io sapevo. Ha detto che devo trovare mia guida.
A
– ti ha detto dov’è la tua guida?
L
– sì, prima di morire. Ha detto dove c’è nipote Matej, per questo sono partita.
A
– Matej è la tua guida?
L
– no, anche lui aspetta.
A
– quando arriverà?
L
– non so, forse è spirito... ma tutti riconoscono quando arriva.
Pino, un ragazzone
forte e in salute, arrivò in men che non si dica e si mise subito al lavoro. Al
ritorno di Andrea e Ludmila la stanza era già pronta per accogliere il mobilio,
un componibile attrezzato con tavolo, piccolo armadio, cassettiera e letto a
castello. Pino finì il lavoro prima di mezzogiorno, contento di avere un po' ricambiato
il dono dell’auto e la riparazione.
Alle sette del pomeriggio
Ludmila e Matej consegnarono la scatola col listello a Gianni che la ripose nella
valigia.
Ludmila – vedrai che
aiuta, benedizione andata bene!
Gianni – come lo sai?
L – fuori dove c’è
alberi in nostro giardino ho fatto piccolo posto, con immagine di preghiera e di
mia nonna. Ha dato segno che spirito aiuta.
G – che segno ha
dato?
L – non dicevo se
non chiedi... davanti scatola tanti animali piccoli fermi, dici tu Matej...
Matej - ... millepiedi, scarafaggi, scorpioni e
altri, tutti insetti di terra venuti a dare il loro potere allo spirito del
fulmine rimasto nel legno. Quando ho preso la scatola sono fuggiti.
G – il potere degli
insetti aiuterà lo spirito?
M – gli insetti
conoscono le strade della terra, lo portano dove c’è il problema.
G – una domanda,
perché abbiamo messo il listello assieme ai suoi trucioli?
M – i trucioli sono
il vestito che nasconde lo spirito.
Solo al momento giusto (quando lo darà a
Marie) si apre, altrimenti il
problema lo sente...
G – ho capito...
grazie infinite, amici miei!
L – Tu fai tante
cose per noi, siamo contenti di aiutare San Gianni!
Alle 20.30 del
pomeriggio del 30 giugno 2019, il sole stava per calare dietro agli alberi del
bosco in anticipo rispetto alle 21.05 in pianura o al mare.
Matej arrivò puntuale
e Andrea lo portò nella stanzetta per guardare assieme, dalla finestra rivolta
al tramonto, l’immersione dell’astro nel
bosco.
Di uno splendido
tramonto verrebbe da dire “guardalo bene, potrebbe essere l’ultimo”... se non
che ogni cosa è sempre l’ultima.
Andrea – io non ho
conosciuto i miei genitori, fino a sei anni sono stato in un istituto per
orfani... sai quale era la cosa che mi dispiaceva di più?
Matej – ... che non
veniva nessuno a trovarti?
A – meglio così,
altrimenti al termine della visita ci sarei rimasto male.
Già a quell’età desideravo
essere libero, purtroppo in un istituto non lo sei mai... non avevo neanche un
posto tutto mio, dove gli altri non potessero mettere le mani, questo sì che mi
faceva soffrire.
Poi i miei genitori
adottivi mi hanno portato qui... finalmente avevo tutto lo spazio che volevo,
fare qualsiasi cosa... tutti i giorni giocavo per ore qui fuori, come te.
Tra qualche mese vivrete
in una casa più grande e avrai la tua camera, ma adesso voglio fare per te
quello che i miei genitori adottivi hanno fatto per me.
(mostra un anello
con due chiavi) – Una è della porta d’ingresso al pianterreno e
l’altra di questa stanzetta, il tuo
studio... solo tu potrai aprirlo e fare quello che vuoi, dormirci e quant’altro
senza dovere mai chiedere il permesso.
M – ma venendo qui
disturberei...
A – chi disturberesti?
Quando sei a casa disturbi?
M – questa è casa
tua!
A – sì, ma è grande,
non mi serve tutto questo spazio e avrò altri due appartamenti (uno per San Gianni). A te invece serve un posto
per metterci i tuoi disegni e non doverli nascondere, qui saranno al sicuro.
M – perché vuoi fare
una cosa così grande?
A – dopodomani San
Gianni parte... sai, da quando sei arrivato, otto anni fa, vivevo da solo qui, non
mi piace più stare solo. In Francia ho conosciuto Anne (e suo figlio), beh
ormai lo sapete... pensa che dopo una sola settimana mi ha detto che la sua casa
è la mia casa, davvero eh, non a parole!
M – deve volerti
proprio bene! E tu hai accettato?
A – sì, ho ricambiato
con la mia... forse un giorno la conoscerai.
M – sarebbe bello!
A – anche per me. Suo
figlio Jean, ha cambiato qualcosa sulla stampa del tuo disegno del lavatoio e
ha detto di dartelo, è in questa cartellina, lo guardi dopo per conto tuo.
Adesso devo andare, pensa a come sistemare le tue cose qui, ai tuoi ci penso io
(gli lascia le chiavi).
M – (incredulo ) – io cosa posso fare per
ricambiare?
A – un modo c’è,
Ludmila adesso ha tanti impegni, potrei affidare a te i canarini e i cani, te
la sentiresti?
M – ma sicuro boss,
io mi diverto con gli animali!
A – eh, dovrebbero
essere così gli impegni, un divertimento...
.......................
33 – Nostalgia.
Alle sette di sera, Gianni
fu accolto dai moldavi come si accoglie il prete per la benedizione, con
rispetto e... sì, un sentimento quasi di devozione. Per le persone semplici come
loro parlano i fatti: quanto stavano
facendo i due amici lo consideravano, appunto, un dono del cielo.
Natasha, la mamma di
Matej, si accorse che da qualche giorno il figlio – così solitario – prestava più
attenzione ai suoi fratelli minori e ai cugini... quasi, improvvisamente, si fosse “accorto” di loro, così come Andrea
si era “accorto” di lui.
Non lo avrebbe mai
detto ad Andrea quanto Matej stravedeva per lui, arrivando a coniare il
soprannome “boss” e usarlo così spesso in casa da farlo accettare a tutti.
Quando lo aiutò a salvare il canarino dai gatti e Andrea gli fece i complimenti
per l’abilità dimostrata, Matej felice corse a dirlo alla mamma.
Il ringraziamento
del boss equivaleva a una medaglia, d’oro.
Ludmila, pregandola
di mantenere il segreto e di accettarlo quale altro “dono del cielo”, disse a
Natasha della stanzetta... tutto cominciò, come disse, con l’arrivo di “San Gianni” che, fatto
accomodare, cominciò a parlare...
Gianni – cari amici,
come sapete dopodomani parto e la commozione la lasciamo per quel giorno.
Ludmila mi chiama San Gianni, ma sono solo un tipo
pratico, mi piace progettare, calcolare e organizzare.
Dopo essermi trovato
bene come non mi era mai accaduto, ho sentito di condividere la mia vita con
voi e quello che faccio mi rende felice, un sentimento che non sazia.
Adesso parliamo di
cose pratiche, quelle che preferisco... intervenire sulla struttura esistente e
costruire i nuovi appartamenti richiederà tantissimo lavoro... anche se voi
siete del mestiere dovreste impegnarvi tutti i giorni, alla sera, dopo avere
già fatto il vostro lavoro.
Servirebbe troppo
tempo, senza contare i disagi di sistemazioni provvisorie, dovendo intervenire
sugli spazi dove vivete voi e Andrea, così ho deciso di fare eseguire la
ristrutturazione del casale a una ditta che arriverà tra un paio di settimane
per allestire il cantiere.
Non la faccio lunga, abbiamo costituito un’associazione e stiamo valutando come farci rientrare anche questa proprietà, coloro che vi risiedono e lavorano (al momento Ludmila).
È abbastanza
complicato ma come dicono anche notaio e
commercialista... tutto si può risolvere.
Il risultato è che
non dovrete fare altro che agevolare il lavoro della ditta e il modo migliore
è... lo dico in un altro modo altrimenti vi allarmate: a fine mese arrivano due
grandi case su ruote (due stanze da letto) e una casa piccola (una stanza da
letto) completamente attrezzate, dove vi sposterete per i tre mesi della durata
dei lavori.
(Dimitri chiede di
parlare) – San Gianni, sono spese enormi...
G – è vero, però
spese dell’associazione...
D – ma i soldi
dell’associazione... chi li mette?
G – li metto io, Marie, Andrea e Anne... abbiamo deciso che è lo scopo per questo posto, per tutti, noi e voi. In quanto Associazione godremo di importanti sgravi fiscali e riteniamo anche di sovvenzioni quando avvieremo alcuni progetti che ho in mente.
Stiamo già
registrando Andrea, Michele, Pino e Ludmila quali dipendenti dell’associazione
e ho già parlato con Nicola e Maxim che facevano i boscaioli in Moldavia. A breve lo faranno anche qui...
l’Associazione è in procinto di acquistare l’intera collina qui dietro, dove
c’è il bosco e uno dei progetti sarà di ripristinare il sentiero storico,
garantirne la cura e l’accessibilità regolata... ma ne parleremo a tempo debito,
altre domande?
Immaginate una nave,
magari quelle di un tempo, una caravella a vela... con l’equipaggio e diversi
viaggiatori imbarcati. Ognuno ha il suo compito che deve conoscere ed eseguire
bene, in sincronia con quello degli altri, ma il comandante deve conoscerli
tutti (i ruoli) per intervenire dove necessario.
C’è sempre una prima
volta, un primo viaggio... il primo volo dell’Associazione “L’oiseau jeaune”...
ecco, i moldavi ascoltando San Gianni si sentivano come l’equipaggio di quella
caravella... senza rendersene conto si erano trovati “imbarcati” per un viaggio
verso i territori (ancora e sempre) inesplorati dei rapporti umani.
L’associazione, la casa, il lavoro erano il mezzo... ma il fine, meraviglia,
era già presente!
Lo scrittore
potrebbe allungare codesto capitolo, descrivendo lo stato psicologico di...
... qui c’è mia famiglia io, Natasha tre bambini(7 e 4 anni), Matej più grande 11 anni. C’è mio fratello vecchio, Veaceslav con moglie Liliana e due ragazzi 8 e 13 anni. Ludmila, sorella di Liliana e Alexandru che diventa marito e anche Maxim e Nicola, cugini di sorelle.
nel tentativo di
dare corpo a una sensazione sfuggente che a volte frequenta la mente umana - la
nostalgia - perché tutti nasciamo con quel viaggio racchiuso nel cuore, alla
ricerca del comandante cui affidare la nostra vita.
Che poi si arrivi da
qualche parte non è dato saperlo in anticipo, come non sapete la conclusione di
questo romanzo... ma ci arriverete, un capitolo dopo l’altro, un caffè con
panna a ogni capitolo... (l’unione del cielo e della terra - la mente dello
scrittore e la vostra, se davvero sono due...)
............................................
34
– L’ultimo ingrediente
Il giorno dopo, alle
4 del mattino...
Andrea - ... lo
sentivo che ti trovavo in cucina, (sorridendo)
mi stavo abituando ai tuoi orari... domani parti e mi toccherà contare le
pecore, anziché ingannare il tempo con le nostre chiacchierate.
Gianni – e se ti
imbatti in una pecora nera, la sommi o la metti da parte?
A – ecco cosa mi
mancherà di te, l’apparente banalità pronta a trasformarsi
nell’imponderabile...
G – e di te la prontezza
a raccogliere le sfide.
Ieri è stata una
bella serata con i moldavi e confesso d’aver bevuto un bicchiere più del lecito,
per compensare l’abbondante cena... ma ti ho lasciato un po' di bottiglie del
mio prosecco introvabile, per
eventuali festeggiamenti.
(fa il riassunto di
quanto ha spiegato agli amici) – allora, ti piace il
nome dell’associazione? (L’oiseau jeaune)
A – certo che mi
piace, l’avevo pensato per primo, eh... piace a tutti ma forse non del tutto a
Ludmila a causa di un ricordo, però mi ha assicurato che è stato solo un
momento ed è passato. Tornando a te, mi spieghi come riesci in così poco tempo
a elaborare e avviare tutti questi progetti?
G – è semplice, come per Pino, dirigo... per esempio, alzo il telefono, contatto un’agenzia e in un’ora ho saputo della possibilità d’acquisto della collina qui dietro, col bosco e sentiero... altre telefonate e incarico il geometra per le trattative e lo studio del notaio per tutte le possibili agevolazioni connesse all’imprenditoria associativa.
Un’ulteriore telefonata con Marco (ha la casa
vicino al lavatoio) che ti propose la petizione... anche lui è pensionato e non
gli manca il tempo per frequentare gli uffici comunali e regionali dove,
fatalità, ci lavorava...
A – tutto questo avrà
un bel costo...
G – e cosa non lo
ha? Però, considera come stanno incastrandosi le tessere del puzzle...
l’ampliamento del bar per la ristorazione che permette l’assunzione di te,
Michele, Pino e Ludmila... a carico dell’associazione che avrà sede qui, nella
tua casa... l’acquisto della collina a
tutela del paesaggio e del bosco... e così via. Se le tessere non facessero parte di questo puzzle ci sarebbero degli
intoppi, alcune andrebbero tolte... e invece...
A – invece...
ascolta questa mia riflessione:
Arrivati al bar, Andrea si rese conto di quanto la settimana di assenza avesse modificato la sua percezione delle cose e in ultima della vita stessa.
Gli pareva di
essere ritornato nella classe (di scuola) dove aveva concluso l’anno
scolastico, dopo la breve vacanza, tuttavia sufficiente a creare uno stacco,
una frattura che separò le due sponde della sua esistenza: prima della fuga e
dopo.
Nella sponda del prima c’erano le memorie di tutti gli avvenimenti, pensieri, sensazioni, emozioni e sentimenti. Ognuna era come una casa, una costruzione più o meno grande collocata in un punto di una strada e così via le altre.
Aveva percorso quelle strade innumerevoli volte e conosceva la maggior parte degli edifici, taluni sin nei minimi particolari.
Ma
solo adesso, dalla sponda del dopo, si rese conto di poter vedere tutte quelle
costruzioni – quei punti – unite da tenui linee luminose. Prima conosceva gli
edifici della città, adesso la vedeva… le linee che collegavano i punti (gli
edifici) ne avevano rivelato la forma e molte (di quelle linee) erano aperte,
il capo libero proteso verso direzioni sconosciute.
Nella sua
mente si formò il pensiero che vedere la propria città è partecipare allo
scopo… poi sarà lo scopo che farà incontrare altre persone (Gianni, Marie, Anne, Jean, Dimitri…) che già
vedono o vedranno la loro città, e una volta insieme (… noi siamo insieme) non
guarderanno agli edifici ma alle tenui linee luminose che collegano ogni cosa…
una differente realtà coesistente a quella ordinaria. (cap. 21-ndr).
G – chapeau, non si potrebbe dire meglio! È stato così anche per me, pur in modo diverso sono stato costretto a fuggire dalla mia realtà per riuscire ad affrontare la nuova, assieme agli amici moldavi.
Direi che si
cominciano a delineare i contorni della nostra città...
A – e se fosse tutta un’illusione, un caso?
G – beh, se funziona...
dov’è il problema?
A – magari un giorno... arriva la pecora nera.
G – sì, e ci ha dimostrato che non è un’illusione... quella
era pure armata ma, fortunatamente, siamo riusciti a tenerla da parte...
A – la metafora pare che regga... come potremmo intendere il sommarla ?
G – non sarebbe un compito per noi...
A – e per chi, allora?
G – Ludmila ha accennato a una guida... però è prematuro
parlarne (Ludmila – non
so, forse è spirito... ma tutti riconoscono quando arriva - ndr).
A
– tornando alle cose pratiche... l’associazione può permettersi anche Maxim e
Nicola, i boscaioli, indispensabili
per la manutenzione del bosco?
G – un bravo gestore (come sei) compilando la partita doppia (economia) si accorge subito che al momento stiamo frequentando solo quella delle uscite... ma come dicevo agli amici moldavi ci sono molte agevolazioni e progetti comunitari europei e Marco, il tuo amico del lavatoio mi ha promesso di interessarsi della questione; quando lo vedrai ricordati di dargli un paio di bottiglie.
Siamo appena all’inizio e strada facendo troveremo dei modi per rendere economicamente sostenibile l’ingaggio di Nicola e Maxim... verso i quali (non potevo dimenticarlo) siamo noi a essere in debito per avere affrontato (al posto nostro) chi sappiamo.
(suona la sveglia - le sei) - Come passa
veloce il tempo quando sei impegnato; è il mio ultimo giorno e devo terminare i
compiti in agenda, (ridendo) tu non
hai mai niente da fare?
A – come no, ti preparo subito il cocktail!
G - eh?
A – solo un barman provetto può miscelare assieme felicità e tristezza (i sentimenti che
provi) e ottenere...
G – ottenere che?
A – la bellezza della
vita, comunque vada...
G – (sorridendo) – chi
sarebbe il barman?
A – tu ci metti gli ingredienti, io il mixer e le mani... ed ecco,
proveniente dall’inconoscibile barman,
il risultato: buon ultimo giorno, amico
mio, con tutto il cuore...
G – (commosso) - aggiungi
anche una lacrima agli ingredienti...
..................................................
35 – Partenza
Gianni aveva l’abitudine di scriversi gli impegni su un’agenda e la pagina di quell’ultimo giorno ne contemplava diversi e impegnativi.
Man mano che li
portava a termine tracciava una riga sullo scritto, con ciò riprovando – con
soddisfazione - la sensazione di non
aver sprecato il proprio tempo. Al
contrario Andrea (anch’egli alle prese con numerose incombenze, oltre al
lavoro) si affidava alla sua buona memoria;
i loro sentieri nella giungla delle incombenze si incrociarono per delle
firme su dei documenti e per un veloce pranzo all’Oiseau jaune, che già aveva
preso possesso del locale adiacente in via di ristrutturazione da parte degli
amici moldavi (non ci fu modo di dissuaderli).
Si
ritrovarono a casa e per cena San Gianni stava proponendo la sua specialità -
una semplice pasta al pomodoro e basilico – quando bussarono alla porta della
cucina...
Andrea – Matej, che sorpresa!
Matej – (con un enorme vassoio
in mano) – Natasha ha preparato la Plăcintă
alle ciliegie (del nostro albero) per voi, Marie, Anne e Jean.
Gianni – che fortuna, mancava proprio il dolce! Stasera cucino
io... pasta al pomodoro - rossa come le ciliegie – ti va di cenare con noi?
M – non vorrei disturbare...
A – gli amici non
disturbano mai, vado ad avvisare Natasha e la ringrazio (esce).
G – abbiamo un po' di tempo per noi... posso chiederti cosa
ci fate con i materiali che avete scaricato nel pomeriggio?
M – lo hai detto al boss..?
G – no, prima volevo saperlo io...
M – meno male... è per fargli una sorpresa!
G – è difficile sorprenderlo, pensa che non si è meravigliato
neppure quando gli ho detto che compravamo l’intera collina... di che si
tratta?
M – domenica, quando il boss va al lavoro, tutti noi costruiamo
la voliera per gli uccelli... molto più grande e bella di quella che
desiderava, quando torna di sera la trova già fatta!
G – perbacco, un’idea fantastica! Mi piacerebbe
contribuire...
M – San Gianni, è il nostro regalo...
G – hai ragione... mi raccomando di fare delle belle fotografie!
Intanto Andrea
bussò alla porta e Natasha lo pregò di entrare .
Andrea – (si siede al
tavolo a fianco degli altri due figli della donna: Stefan di sette anni che
intrattiene il fratellino Adrian di quattro) - solo cinque minuti, per
ringraziarti della Plăcintă e dirti
che San Gianni sarebbe contento di
avere Matej a cena nel suo ultimo giorno...
Natasha – è mio piacere fare dolce per tutti, Matej è felice stare
con voi. La stanza...
A – (la interrompe) – le
stanze sono fatte per essere usate e Matej è un bravo ragazzo, meritava più
attenzione da parte mia...
e mentre pronuncia queste parole si accorge che i due bambini avevano fermato il loro gioco e lo guardavano... come lo guardò Jean la prima volta. Stefan capì che il fratello maggiore (Matej) aveva avuto accesso al piano superiore del Castello mentre il piccolo Adrian percepì l’importanza dei due adulti sempre più presenti nella loro famiglia.Quella stessa mattina Gianni disse all’amico di apprezzarne “la prontezza a raccogliere le sfide” e, come gli accadde con Jean, sull’onda di una sensazione che prese forma dentro di sé, continuò...
... magari possiamo fare una sorpresa a Matej, (rivolgendosi ai bambini) la mangiate la pasta? (stupiti per l’attenzione fanno cenno di sì).
Bene, allora chiediamo alla mamma se
vi lascia venire al ristorante di San Gianni: un tavolo per tre fratelli e due
amici!
Natasha
quasi svenne... ma riuscì a dare il permesso e vederli uscire eccitati e felici
per mano ad Andrea... tutto
l’universo obbedisce...
A voi, gentili lettori, immaginare Andrea salire le scale e Gianni
e Matej accorgersi di quel vociare... da un’altra parte, Natasha raccontare
l’accaduto dapprima agli increduli Dimitri e Alexandru, quindi a Veaceslav,
Liliana e i loro due figli, Sofia di otto anni e David di tredici. (Ludmila doveva
ancora rientrare).
Terminata la
cena - che vide gli adulti ritornare bambini e i bambini... restar tali, con Matej che ne sorvegliava gli eccessi e li
costringeva a ripetere in italiano quanto dicevano – all’aprire la porta Andrea
trovò Ludmila ad aspettarli (chissà da quanto). Dopo i commossi saluti a San
Gianni (non l’avrebbe rivisto al mattino) e quelli più formali ad Andrea, diede
una borsa a Matej e prese in consegna i bambini... sapeva che il ragazzo
rimaneva nella sua stanzetta.
Gianni per
la prima volta riuscì a dormire come un ghiro. Andrea conversò a lungo con Anne e, a notte inoltrata, si accorse della
sottile lama di luce che usciva dal fondo della porta di Matej... contento andò
a dormire e solo la sveglia delle sei la vinse sul sonno.
Dopo una
decina di minuti i due amici si ritrovarono in cucina per l’ultima colazione,
entrambi volutamente intenzionati a non lasciar spazio alla commozione per,
quello che si dice, un saluto composto e dignitoso, tra adulti.
Gianni – Marie mi aveva fatto conoscere una sua amica e la
figlia di quattro anni che ho intrattenuto per un po', per dar tempo alle donne
di chiacchierare.
Andrea – (ironico) non
mi dire... le hai fatto disfare un magazzino o l’armadio della camera..?
Gianni – sarebbe stata una buona idea... invece, confidando
nella mia inesistente “tenuta atletica” ho erroneamente pensato che qualche
giretto di “giostra” (tenerla per le
manine e farla girare in tondo) sarebbe stato sufficiente per distrarla e
passare poi a qualcosa d’altro...
A – invece ti sei accorto che per i bambini... non è mai
abbastanza, giusto?
G – bravo... beh, ho tenuto duro, anche aumentando l’ampiezza
delle rotazioni, per spaventarla un pochino, invece... ci ha preso ancora più gusto, poi gli “urletti” della bimba
hanno (per fortuna) richiamato l’attenzione delle donne che vedendomi prossimo
al collasso l’hanno distratta, salvandomi...
A – (ancora ironico) però, che storia... un gran insegnamento!
G – (ironico a sua
volta) come hai fatto a capirlo?
A – capire... cosa?
G – ah, pensavo che l’avevi capito, l’insegnamento... manca
ancora un pezzetto alla storia, vuoi sentirlo?
A – (ridendo) infatti,
mi pareva...
G – il pezzetto mancante è nell’”urletto”, la bimba sul Giannottovolante esclamava
ripetutamente: che vita ragazzi, che vita
ragazzi!!
A - bello... e quindi?
G – e quindi, nel salutarti, dopo che sono successe tutte
queste cose in così poco tempo... beh, dico la stessa cosa, ho trovato l’amico
che ho sempre desiderato, l’unico che mi ha fatto davvero salire sulla giostra
per giocare con me... (si commuove).
A – (commuovendosi a sua
volta) mannaggia... mi immaginavo lo scrittore intento a scriver questo
pezzo... un saluto composto e dignitoso,
tra adulti... e tu vai a rovinare tutto il bel quadretto!
G – forse lo scrittore aveva quell’intenzione, ma...
A - ... ma?
G – se (come tutti) siamo i personaggi di un divino Romanziere...
deve pur darci qualcosa in cambio, visto che ci tocca accettare tutto quello
che gli viene in mente, no?
A – ah... che ci avrebbe dato, in cambio?
G – un piccolissimo attimo del suo eterno tempo...
A – ?
G – per ascoltarci...
A – adesso ci sono... se ci ascolta, esistiamo...
G – sì, per inserirci nella sua narrazione ha dovuto mettere
in noi una infinitesima parte di sé...
A – e magari gli è garbato il finale di due adulti commossi
più che composti...
È permesso?
– domanda Matej
Andrea – Bună, Matej. Sono contento che sei qui... abbiamo il
tempo per fare colazione insieme a Gianni prima che parta e io vada al lavoro,
ok?
Matej – volentieri... anch’io sono contento, nella stanzetta
si sta benissimo, grazie boss.
A – hai dormito bene?
M – poco ma bene... dovevo finire una cosa.
A – di notte?
M – dovevo darlo a Gianni... è un disegno per Jean (mostra la cartellina).
A – sei rimasto sveglio per farlo...
M – dopo che Jean ha colorato il canarino del lavatoio, per la prima volta ho mostrato un mio disegno a Ludmila e lei ieri sera mi ha portato una borsa, dentro c’erano una scatola di colori acquerello con i pennelli, un album di fogli...
(Andrea e Gianni pensarono la medesima cosa - i colori - ed entrambi trattennero il respiro in attesa del seguito)
... e un foglietto dove aveva scritto che sua nonna aveva benedetto i colori... e che dovevo usarli per rispondere a Jean.
Gianni – come ha benedetto
i colori?
M – come per il tuo listello di legno, ha lasciato i colori
sul ripiano in giardino e quando è ritornata c’erano tantissime farfalle
colorate che volavano attorno... boss,
vuoi vedere il disegno?
Matej dà la
cartellina ad Andrea che la aprì come si aprirebbe la porta del cielo...
...................................................
36 – chi
parte, chi resta
Alle nove del mattino Gianni imboccò l’autostrada per Genova.
Gli automobilisti si dividono in due categorie... quelli che amano le autostrade e quelli che non le sopportano. Lui faceva parte della prima, non per la maggiore velocità consentita ma per la guida prevalentemente costante che lo rilassava permettendogli di seguire il flusso del pensiero.
E di pensieri ne aveva parecchi quel giorno... l’ultimo era il disegno di Matej appoggiato sul sedile del passeggero, non per guardarlo ma per una indefinita sensazione di tranquillità che gli induceva. Un paio di ore prima, quando Andrea lo estrasse dalla cartellina, restò ammutolito al pari dell’amico e chiese
Gianni - ... l’hai fatto davvero questa notte?
Matej – sì, San Gianni...
non ci credevo neanche io che ci sarei riuscito.
Andrea – ma tu disegni solo a matita...
Matej – giuro che non ho mai usato l’acquerello prima di
questo disegno. Dopo cena mi
sono seduto davanti al tavolo, ho letto il biglietto e aperto la scatola dei
colori, messo l’acqua nel bicchiere e, come indicato, preso un foglio nel mezzo
dell’album. Ludmila ha scritto che come la sua nonna ha benedetto i colori così
avrebbe guidato anche la mia mano...
Gianni pensò che se esiste un confine, un limite tra il
credibile e l’incredibile, lo stupefacente acquerello di Matej l’aveva varcato ma...
era forse più inconcepibile delle farfalle attraverso le quali la defunta nonna
di Ludmila aveva benedetto i colori... o,
come aveva visto quella stessa mattina, di un uccellino (cinciarella) che ascolta un mantra? https://youtu.be/h4rgKSjrDkY
Di volta in volta tanti piccoli e grandi limiti vengono
varcati, purtroppo anche dalla parte opposta del bene.
Gianni stampò e lasciò all’amico una delle due copie del
libro chiedendogli di dargli un’occhiata, poiché non aveva avuto tempo per
farlo. http://cisadu2.let.uniroma1.it/smsr/issues/1925/pages/#page/n0/mode/2up
Era una bella giornata e Gianni assaporò ogni momento del solitario viaggio che non lo era nella sua mente, dove poteva rivivere le sensazioni di ogni singolo ricordo del mese trascorso.
Ripensò a ognuna delle persone che adesso facevano parte della sua vita: Marie, Andrea, Anne, Jean, Ludmila e Alexandru, Dimitri, Natasha, Matej con i fratellini Stefan e Adrian, Veaceslav, Liliana e i loro figli Sofia e David, Nicola e Maxim... Michele, Pino e infine Marco (l’uomo del lavatoio – ndr) che il giorno prima gli telefonò per salutarlo informandolo dei primi buoni esiti delle ricerche.
Pur avendolo visto solo pochi minuti dopo la telefonata, Marco lo invitò per una cena quando sarebbe ritornato... venti persone, quando solo il mese prima Marie era l’unica.
Per lei aveva trovato e lavorato con le sue mani il ramo fulminato, traendone il listello di legno che Matej gli insegnò a incidere, con la speranza che lo spirito del legno potesse fare qualcosa per lei.
Per Jean portava la risposta dipinta di Matej, per Anne la stampa del libro e per tutti
il grande vassoio di Plăcintă
preparate da Natasha.
.....................
Al vedere Gianni andare verso l’auto Andrea si rese conto
quanto era diventata profonda la loro amicizia... ma non era il solo, anche
Matej aveva gli occhi lucidi e, inaspettatamente, arrivarono per salutarlo
Veaceslav, Liliana, David e Sofia (l’intera famiglia). Gianni salutò i genitori
e, presi per mano i due ragazzi, allontanatosi di pochi passi disse loro...
Gianni – quando ritorno mi piacerebbe riformare la squadra con voi, Matej, Stefan e il
piccolo Adrian, per un progetto speciale... vi piacerebbe?
Sofia – che progetto, San
Gianni? (David cercava di dissimulare l’interesse...)
G – allora, se ve lo dico adesso sarà un bel progetto... ma se
accettate senza saperlo sarà fantastico... cosa scegliete?
I ragazzi sapevano bene che San Gianni non scherzava quando prometteva qualcosa, così avrebbero scelto il “proverbio al contrario”, meglio la gallina domani... ma David, un ragazzo assai sveglio, ebbe l’intuizione che San Gianni li stesse mettendo alla prova... sapeva già che avrebbero scelto la gallina (anche per una questione di fiducia) e allora perché chiederlo?
“... mi
piacerebbe riformare la squadra...” – David capì che la risposta era nella
domanda!
David – San Gianni... noi
due siamo meno di mezza squadra, non possiamo decidere per tutti, possiamo
chiamare anche Matej..?
G – hai ragione, bravo David! (chiama Matej e ripete la domanda). Allora, votiamo... chi vuole il
bel progetto alzi la mano... ah,
nessuno... vada per il fantastico!
Andrea,
internamente, si tolse il cappello.
...................................
37 – Cosa
accadde quella notte
Il mese di lontananza e gli importanti eventi accaduti
avevano permesso un certo grado di
libertà sia a Marie, che ritrovò la strada particolare disposta dal suo
destino, sia a Gianni che senza quasi rendersene conto divenne San Gianni, rispettato (e amato) da un
bel gruppo di persone, scoprendo che quanto faceva (rispondere ai loro bisogni)
era ciò che desiderava fare per rispondere
a se stesso.
Arrivato a casa di Anne incontrò le due donne nella dependance e bastò poco a Gianni per accorgersi di persona del cambiamento di Marie. Nonostante l’evidente stato di debolezza fisica che le permise solo di salutarlo, la donna emanava qualcosa, oppure quel qualcosa che si originò in lei adesso la avvolgeva, diffondendosi.
Gianni, non
avvezzo a percezioni sottili, quasi a
volerne trovare riscontro scambiò uno sguardo con Anne che ne comprese il
motivo e lo invitò a spostarsi nel
soggiorno mentre Marie continuava a riposare.
Anne – sì Gianni, lo sento anch’io e, in modo diverso, Jean.
È cominciato dopo l’incontro con la signora che le disse
“... chi viene da me quando lo chiamo non rimane quello che è. Io sono il mio scopo, la sola cosa che ricordo.Il ricordo dello scopo cancella l’individuo e ne trasforma il corpo fisico.”
e man mano sta aumentando... mettendo a dura prova Marie, che mi ha reso partecipe di ogni evento e chiesto di farlo a mia volta con te. Definisce quanto le sta accadendo come un processo di riformulazione che con modalità diverse riguarda tutti noi.
Marie
afferma che in quel primo incontro il ricordo di essere sempre stata con l’uccello giallo ha aperto un canale e la prima cosa che le accadde fu appunto di venire
“cancellata”, intendendo con ciò il venir meno di ogni motivazione
(psicologica) acquisita nella vita non rivolta allo scopo.
G – questo per l’aspetto psicologico... e per quello fisico?
A – penso che il nostro corpo fin dalla nascita si adatti alla simbiosi con la mente che via via acquisisce i connotati che definiranno la personalità... appunto una simbiosi, la personalità che permea il fisico e quest’ultimo che ne determina le possibilità.
Non è che a Marie sia stata cancellata la mente... bensì il potere delle motivazioni presenti e
passate, immagina uno specchio coperto da uno strato di polvere...
G – noi pensiamo al valore positivo delle motivazioni che
stimolano a procedere, spesso nonostante le avversità...
A – è certamente come dici, ma per Marie, tolta la polvere, lo specchio ha riflesso un potere in attesa...
“Lui, io, te, questa realtà… c’è solo l’uccello giallo e facciamo tutti parte del suo scopo“
G – quindi Marie sta diventando parte di quel potere?
A – tutti siamo parte di quel potere, forse non ce ne sono altri prima... la differenza è nel
“... ricordarlo è il penultimo livello della
verità. L’ultimo è adempiere lo scopo secondo le possibilità.”
G – potremmo dire che sia come ricordarsi la nostra destinazione?
A – o l’inizio del viaggio... che nell’anello dell’esistenza
coincidono. Ritornando al corpo di Marie, figuratelo sempre coperto da tanti
abiti per il tempo sin là vissuto e poi di colpo spogliato e portato su una
spiaggia, d’estate col sole di mezzogiorno... senza nessuna possibilità
d’andarsene di lì.
G – capisco...
A – Andrea mi ha raccontato del tuo incubo ricorrente che l’ultima volta ha avuto un finale diverso:
"No, non sei tu la preda, calmati e andrà tutto bene, mi aspetta, devo andare...”
“Ti faranno del male..."
“Nel bene il male, nel male il bene... bisogna accettarlo” – disse Marie. (cap.31 - ndr)
G – fu la stessa notte della crisi di Marie, anche Andrea
sentì che stava accadendo qualcosa di importante... era Marie la preda.
A – su chi fosse la preda aspetterei a dirlo... quella fu una
notte davvero difficile per tutti. Quanto ti sto per raccontare non l’ho detto
ad Andrea... Marie dice che non è il
momento e dobbiamo tenerlo per noi, devi garantirmi che non ti lascerai
scappare neppure una parola... prometti?
G – hai la mia parola.
A – mi costa molto anche il solo riandare con la memoria a quel giorno ma devo farlo... era notte fonda quando ho sentito dei rumori e dopo un po' ho visto comparire (rischiarato dalle luci di sicurezza) Jean ai piedi del mio letto dicendomi: “mamma, Marie ha bisogno di te..."
Il tempo di alzarmi, dire a Jean di non muoversi e sono corsa da lei...
G – vi sono immensamente riconoscente...
A – avresti fatto lo stesso, come disse Jean noi siamo insieme... il resto lo
conosci, ho assistito Marie finché non si è ripresa e quando sono rientrata a
casa ho capito perché Jean ha voluto dormire da lei... sapeva quello che sarebbe accaduto.
G – oltre la crisi dev’essere successo qualcos’altro di
negativo di cui ancora ti turba il ricordo... giusto?
A – sì Gianni... tu e Andrea ancora non sapete che Marie disse
“ ... la signora è un aspetto dello
scopo, l’altro... non è il bene... è
stato terribile. Il mio corpo soffre perché sta cambiando, per contrastarlo...
ma sono troppo debole.”
G - fatico a interpretarlo...
A – fu lo stesso per me, capii solo che quanto le accadde assunse i contorni di un confronto tra due aspetti dello scopo, mediati da Marie e dall’altro.
Se conosci un po'
Jung (Gianni annuisce) non dovrebbe
stupirti che, come accadde a lui, l’inconscio in particolari situazioni possa
manifestare ogni sorta di contenuti, sovente non positivi.
G – sì, la teoria la
conosco...
A – siamo arrivati al dunque... la pratica me la sono trovata davanti quando ritornai in casa... (le si contrae il volto e prende lunghe
pause per la difficoltà di controllare il tremito delle labbra).
Aprii piano la porta e sentii subito le voci... erano due e neppure riuscii a distinguere quella di Jean... c’era più di qualcuno in casa?
Non
so come riuscii a mantenermi calma, forse il pensiero che se costoro avessero
avuto cattive intenzioni e mi avessero preso avrei perso l’unica possibilità di
chiedere aiuto.
... le voci
venivano dal piano superiore e mi nascosi dietro il paravento del vestibolo, il
più vicino possibile alla scala, tendendo l’orecchio per cogliere qualche
parola.
... ma non
erano parole! Le scambiai per voci perché si alternavano come in una
conversazione, parevano due flussi di vibrazioni
differenti e continue: una profonda e potente come l’energia che si sprigiona
da un terremoto e l’altra che interveniva compensandone le frequenze mancanti e
smorzandone l’intensità. Il “dialogo” , se si può dire così il loro confrontarsi, continuò per
parecchi minuti, duranti i quali cercavo disperatamente di concentrare
l’attenzione, per cogliere qualche accenno della voce di mio figlio che doveva
trovarsi ben vicino all’origine del fenomeno.
G – non hai mai sentito la sua voce?
A – no, assolutamente... e questo accresceva la mia angoscia, tanto che a un punto mi decisi a salire le scale... per non rimpiangere di non averlo fatto.
Proprio in quel momento la vibrazione profonda cessò di colpo e vidi qualcosa che pareva una forma scura “scivolare”
in un istante giù dalle scale e sfiorandomi “uscire” dalla porta chiusa...
G – ora comprendo perché ti è difficile ricordarlo...
A – non puoi ancora capirlo pienamente, Gianni... (le
riprese il tremore alla bocca) la forma mi sfiorò appena il braccio destro e
per una frazione di secondo... sono sprofondata all’inferno... non saprei come
altro dirlo, è stato sufficiente un tempo infinitesimo nella dimensione dell’altro... sono certa che se mi
avesse toccato o visto... la mia mente non l’avrebbe retto.
G – sono allibito... da quello che ho letto di tali
esperienze so che è quasi impossibile descriverle tanto sono avulse dalla
nostra realtà...
A – è così... ma nel mio caso posso descriverla molto bene...
dipende da te, se senti di poterlo affrontare...
G – (che cosa non sarei
in grado di ascoltare? pensò Gianni che si sentì in obbligo) credo di
poterlo ascoltare, dimmi...
A – non è da dire... è da vedere e se ne sarai capace,
toccare. Ti avviso che potrebbe essere troppo forte ma Marie ha detto che il Gianni di adesso può sopportarlo.
Dopo l’assenso di Gianni la donna, scoprendosi l’avambraccio destro, espone alla vista una macchia nera e irregolare lunga una ventina di centimetri e larga un paio, prodotta dallo sfioramento dell’altro.
L’aspetto e il colore erano
decisamente ripugnanti... ma Gianni ”allenato” dalla sua gamba devastata dalla
fucilata, non ne fu troppo turbato, sì che (come suggerito da Anne) provò a
toccarla... rimanendo sgomento. Ebbe la netta
sensazione che la macchia cercasse di “attaccarsi” alle sue dita e
contemporaneamente provò una nausea come non aveva mai avuto in vita sua, tanto
da costringerlo a recarsi in bagno e rigettare... si lavò a lungo le dita senza
tuttavia riuscire a togliersi del tutto la sgradevole sensazione provata...
adesso comprendeva “pienamente” il racconto dell’amica e la sua sofferenza. Ritornato nel soggiorno...
G – adesso capisco... deve essere terribile avere quel
“marchio” sulla pelle...
A – ti assicuro che non riuscirei a sopportarlo se non avessi una speranza... dopo l’uscita dell’oscura forma mi precipitai di sopra dimenticandomi completamente dell’altro flusso di vibrazione che molto attenuata persisteva in background.
Non potevo crederci, Jean dormiva tranquillamente nel suo letto! Non ci fosse stato il dannato marchio che mi bruciava il braccio avrei pensato che stessi impazzendo. Cercando di non fare rumore stavo per lasciare la stanza quando Jean si svegliò
Jean – ciao mamma... vedrai che ti passerà.
A – cosa mi passerà? (sapeva
del marchio?)
J - il segno che ti ha fatto sul braccio.
A – come lo sai?
J – l’ho sognato, però mi ha detto che per un po' dovrai
sopportarlo.
A – chi te l’ha detto?
J – ... l’uccello
giallo.
Il viaggio (per quanto piacevole) ma soprattutto il racconto e ancor più l’esperienza provata al toccare la macchia nera, consumarono le residue energie di Gianni che, salutata Anne, si sistemò nella camera libera (dove dimorò Andrea).
Con fatica si mise a letto, lo stomaco era ancora sottosopra e al toccarsi le dita coinvolte riemergeva la nauseante sensazione provata... era così scosso che neppure il pensiero di essersi finalmente ricongiunto a Marie – il suo più grande desiderio – aveva più di tanto effetto sulla sua mente.
Per caso o fortuna un altro pensiero venne in suo soccorso, diceva che condividere i problemi alleggeriva chi li aveva... ripensò alle persone che lo chiamavano San Gianni e dicendosi che doveva meritarlo non si curò più della nausea e delle altre spiacevoli sensazioni.
Mandò un messaggio ad Andrea ed uno a Ludmila per tutti i moldavi, sentendosi determinato a dare tutto se stesso per “adempiere lo scopo secondo le possibilità”.
“Noi siamo insieme” fu il messaggio per l’amico e l’ultimo pensiero.
..............................................
38– allora volo!
Quando ritornò a casa quel sabato sera, Andrea ebbe conferma che quanto disse a Matej – non mi piace più stare solo – corrispondeva alla sua attuale condizione interiore. Per un po' si sentì spaesato e a nulla valse la considerazione di avere trascorso gli ultimi otto anni – salvo l’ultimo mese – da solo nel suo bell’appartamento.
Se non è una scelta ponderata non ci si può abituare alla solitudine... la si accetta, mentre è più facile l’opposto, abituarsi alla compagnia dei propri simili, dato il carattere sociale dell’animale uomo.
La distanza delle due persone più vicine a lui - la compagna e l’amico - gli richiamarono alla memoria l’altra, definitiva distanza da un altro amico, Franco, che accettò le condizioni della sua difficile esistenza in funzione di uno scopo superiore alla stessa.
Dal
suo esempio Andrea trasse l’energia per scrollarsi di dosso quella oscura cappa (psicologica) che l’aveva
avvolto, ripromettendosi di non cedergli in futuro. Proprio in quel momento arrivò
il messaggio di Gianni e Matej aprì garbatamente la porta...
La mattina seguente,
domenica, Andrea fu svegliato dall’aroma del caffè... fatto da Matej che aveva
ben applicato le istruzioni di Gianni... inutile dire quanto il calore del
gesto superasse quello della bevanda.
Uscito di casa si meravigliò al vedere Dimitri, Veaceslav e Alexandru discutere tra loro (di norma la domenica si alzavano tardi) e ancor di più al sopraggiungere di Maxim e Nicola.
Pensò che potesse esserci qualche problema, seppure l’atteggiamento rilassato degli uomini pareva escluderlo... comunque furono loro stessi a fornire la risposta: ci hanno commissionato un buon lavoro, non possiamo rifiutarlo!
Dopo
di che si salutarono... a dir la
verità un po' calorosamente, con tanto di incoraggianti pacche sulle spalle... a
tutti già mancava San Gianni.
Quel giorno decise
di dedicarsi completamente al suo lavoro e, quando disse a Ludmila di prendersi
la giornata libera, nuovamente si meravigliò che l’accettasse tranquillamente,
visto quanto ormai ci teneva a lavorare al bar.
Poiché i lavori di
ristrutturazione erano quasi terminati dispose che Michele e Pino si
dedicassero alla sistemazione del nuovo spazio, salvo chiedere un aiuto in caso
di necessità, considerato il gran numero di persone che vedendo ormai imminente
l’apertura si fermarono per informarsi, cogliendo l’occasione per un buon caffè
al banco o seduti ai tavolini.
I due aiutanti
compresero lo stato d’animo del boss,
intervenendo discretamente il meno possibile e tutto andò per il meglio.
Il motivo che
indusse Andrea ad agire in tal modo fu che, come disse a Gianni, più si impegnava
e più rimaneva nel pensiero (cap. 25 –
ndr), in questo caso di Franco, a cui dedicò la giornata.
In certe situazioni
la mente quasi non riesce a distinguere il ricordo dalla realtà, tanto che
Andrea per un momento ebbe l’impressione di veder passare dall’altra parte
della strada l’anziano amico di Franco.
Alle sette del
pomeriggio a causa di una telefonata dovette abbandonare il proposito di
lavorare sino alla chiusura...
Ludmila – bună boss... tu stai ancora al lavoro?
Andrea – bună
Ludmila, pensavo di rincasare dopo cena, come mai mi chiami?
L
– non per disturbo, qui Matej chiede di parlare con te, vuoi?
A
– sono sempre libero per il mio amico, passamelo!
Matej
– ciao boss, ecco... siamo tutti qui, anche Nicola e Maxim e ti abbiamo
preparato una bella sorpresa... se vieni che c’è ancora chiaro la vedi bene!
A
– accidenti... da parte di tutti voi?
M
– eh sì, tutti hanno dato una mano, Natasha e Liliana hanno anche preparato una
grande cena... (ridà il telefono a Ludmila)
A
– mi sa che devo venire... però mi dispiace per Michele e Pino, pensavamo di
cenare assieme...
L
– dici che vengono anche loro, in compagnia...
A
– eh, non sarebbe male, ma c’è da chiudere il bar...
L
– tu sei il boss... puoi chiudere prima, per problemi...
A
– hai ragione... qualche ora di meno, per una volta si può fare. Ok, il tempo di
scrivere un cartello e partiamo... mi garantisci che è davvero grossa la sorpresa?
L
– San Gianni parlato di Marie con me... io come lei, dice sempre la verità!
A
– allora volo!
“
Siamo spiacenti ma per problemi tecnici abbiamo dovuto anticipare la
chiusura, grazie per la comprensione.” |
Le
due auto di Andrea e Pino (con Michele) trovarono l’entrata bloccata da quelle
(tre più il furgone) dei moldavi che li stavano attendendo...
Dimitri
– grazie che sei venuto presto, con i ragazzi del bar!
Ludmila
– scusa se abbiamo fermato qui, è per portare alla sorpresa, ci siamo tutti
(anche bambini) e San Gianni conosce, dice che è con noi e anche Marie, Anne e
piccolo Jean!
La
comitiva di sedici persone non si diresse all’entrata ma, seguendo il perimetro
del casale, verso il grande giardino. Prima di svoltare l’angolo della casa...
Matej
- boss, mi permetti di tenerti la
mano e accompagnarti con gli occhi
chiusi?
Andrea
– allora è un gioco serio... certo che ci sto, qua la mano, prometto che non
guardo finché non me lo dici!
Girato l’angolo Pino non riuscì a trattenere un “oohh...” stimolando ancor più la curiosità di Andrea che non stava più nella pelle.
Gli
parve d’essere ritornato a quel primo Natale (da adottato) quando i genitori
(che nella notte avevano preparato l’albero con le luci e i doni) lo condussero
per mano e gli dissero...
Matej
– ok boss, puoi aprire gli occhi!
In
quel momento Andrea volò davvero!
...............................................
39 – lo spirito del legno
La mattina seguente,
domenica, Gianni fu svegliato dall’aroma del caffè... fatto da Anne che aveva
ben applicato le istruzioni di Andrea... inutile dire quanto il calore del
gesto superasse quello della bevanda.
Anne – (sorridendo all’amico disceso in cucina) bonjour,
Andrea mi aveva chiesto il favore di prepararti la colazione visto che lui non
c’è mai riuscito, e finalmente potrò gustare la famosa Plăcintă alle
ciliegie che hai portato.
Gianni – grazie...
il boss per interposta persona (tu) questa
volta mi ha preceduto, però non mi dispiace d’aver perso l’imbattibilità. È
ancora presto per Marie?
A – sì, di
solito vado da lei alle nove. Come hai passato la notte?
G – quello
che ti è successo mi ha parecchio scosso...
A – anch’io
quando Andrea è scappato per venire
qui con Marie e voi alla mercé di quei delinquenti...
G – già,
prove difficili per tutti... Jean?
A - Jean ha
una doppia natura... un bambino con una
porta aperta dentro di sé, da quel che mi dice Andrea ci sono delle
similarità con Matej, giusto?
G – sì,
seppure differentemente entrambi accedono a contenuti
riservati... qui nella cartellina ho la
risposta di Matej a quella di Jean... aprila.
A – stupefacente...
davvero questo ragazzino non aveva mai usato gli acquerelli in precedenza?
G – avevo i
tuoi dubbi prima di camminare con
lui, come mi aveva suggerito Andrea... per fortuna che l’ho fatto e da quel
giorno sono spariti, tante cose non le comprendo ma sono certo che tutto quello
che succede... è nella volontà dello scopo.
A – e la tua
volontà?
G – prima dovevo
controllare, confrontare, scegliere... adesso che lo scopo è divenuto reale la mia volontà è adempierlo. Sono certo che
quanto dovrò fare si presenterà da sé, tutto si è semplificato.
A – direi più
o meno la stessa cosa, è incredibile come sia potuto succedere in così poco
tempo per tutti noi.
G – poco
tempo ma altissima intensità, a volte ho la sensazione d’essere un surfista in
equilibrio su un’immensa onda...
A – non sei il solo, Andrea parla di ben venti
persone...
G – ventuno
con Marco, la persona che conosce il vecchio sentiero e ci sta aiutando con le
pratiche... magari non è neppure l’ultima.
Sono
le 8.30 e, sorpresi, vedono Marie in procinto di scendere le scale. Ad
Anne basta un suo passo per capire che ne ha le forze, fa cenno a Gianni di non intervenire per aiutarla
dicendogli ...
A - se la
tocchi ti riprenderà la nausea e sarà molto peggio di ieri. Lo so perché è
successo anche a me.
G – com’è
possibile?
A – le due
vibrazioni sono dentro di lei... non
ci sono motivazioni che possano allontanarle perché sono aspetti dello scopo e tra quello e Marie non c’è più separazione...
G – vuoi dire
che quando le hai sentite... provenivano da lei?
A – sì, Jean
le ha prese con sé per permettere a Marie di riprendersi. Il suo corpo stava
per cedere non potendo più sostenere lo scontro in atto tra le due.
G – ma
Jean..?
A – sono
certa che a Jean non possano fare niente... consapevolmente o no le ha portate
in camera sua per farle “sfogare”, concedendo una indispensabile tregua al
corpo di Marie.
Intanto
Marie ha raggiunto i due nel soggiorno e si siede
Marie – ciao
Gianni, Anne ti avrà messo al corrente di quello che sta accadendo. Oggi sto
meglio e abbiamo tante cose da dirci... l’hai toccata? (subito al dunque, come suo solito... in questo non era cambiata –
pensò Gianni)
G – la
macchia... sì, è così terribile anche per te?
M – il mio
corpo sta attraversando un processo di riformulazione
senza il quale le energie in atto ne comprometterebbero le funzioni
vitali...
A – (interviene) ho fatto delle ricerche per
capire quello che le sta accadendo, in sintesi “la chiamata della signora” presenta delle analogie con quella
sciamanica, dove il prescelto è
costretto ad attraversare una serie di passaggi
essenzialmente fisici estremamente dolorosi, ad esempio la bollitura del corpo sciamanico. Secondo
la tradizione i patimenti cui è costretto devono venire accettati e sopportati
in silenzio.
G – si potrebbe
ignorare la chiamata?
A – dopo la
chiamata la vita del prescelto è di fatto cambiata, non ritornerà mai più la
stessa persona. Ignorare o resistere diventa insostenibile, fisicamente e
psicologicamente. Perlomeno, accettando il proprio destino, la componente
psicologica viene, come accadde a Marie, cancellata.
G – dicevi
che ad essere cancellate sono le motivazioni...
l’individualità resta?
A – questo è il punto... tolte le motivazioni cosa
rimane? Pensa a te stesso e se ci riesci figurati una tale condizione.
G – (dopo un po'
di tempo, durante il quale ogni tanto osserva Marie, del tutto tranquilla) rimane
l’essenziale... come un’auto a cui vengono tolti tutti gli ausili elettronici e
meccanici, nonché decorativi... resta la carrozzeria, motore e apparati
essenziali.
A – forse non ti sei accorto che quello che resta è
appunto il corpo non più soggetto alla mente (le motivazioni) che – sospesa - può solo osservare il processo in corso.
G – ma se c’è un
osservatore permane l’individualità?
M – sì Gianni, ma
non ha più le chiavi di casa... gli gira intorno per abitudine sapendo che non
può entrare senza permesso.
G – cosa potrebbe
dare il permesso?
M – lo scopo...
G – quindi se sei
qui con noi a parlarci...
M – è nelle intenzioni dello scopo... nella mia
mente è comparsa la spinta a farlo.
A – non ci sono
filtri in Marie, come nel tuo esempio dell’auto. L’energia per muoversi
(parlare con noi) non viene filtrata dalle motivazioni...
G – ma da dove viene
l’energia?
A – bella domanda...
da dove viene la vita..?
M – tutto viene
dallo scopo. In realtà non c’è differenza tra la mia condizione e la vostra...
lo scopo emana costantemente l’energia che incontra le vostre motivazioni,
attivandole. Ma è sempre, se si può dire così, il gioco dello scopo.
G – Anne ha detto che “tutti
siamo parte di quel potere, la differenza è nel
ricordarlo”
M – è così, lo scopo
ha disposto che qualcuno lo ricordi. Non
c’è merito individuale né azione che lo possa favorire.
G – Marie... se tra te e lo
scopo non c’è divisione... conosci come andranno le cose?
M – domanda scaltra, Gianni... lo scopo non ha limiti se non... sé stesso, questo non si può
comprendere con la logica che condurrebbe alla contraddizione passando per il
libero arbitrio. Per quello che ci riguarda, in questo momento nella mia mente è comparsa un’immagine... hai
portato qualcosa per noi?
G – beh, un disegno ad acquerello di Matej e il dolce moldavo
alla ciliegia, la Plăcintă...
M
– nient’altro? Avevo visto un oggetto, racconta...
Gianni aveva parlato del “legno dello
spirito” solo con Andrea, pregandolo di non dirlo alle donne per non alimentare
aspettative. Avuta prova che Marie “conosceva” da sé la cosa, raccontò l’intera
vicenda.
M
– bravo San Gianni... non solo per
averlo fatto ma per averci creduto, non sarebbe stato possibile (per te) un
mese fa. Pensi che mi aiuterà?
G
– (imbarazzato dalla sensazione di
padronanza della situazione che dimostrava la compagna e ancor più
dall’esplicita domanda) senza usare
la parola “spero”... c’è qualche altro modo per rispondere?
M – sì, noi
siamo insieme...
G
– tutti siamo parte di quel potere...
M
– no, non con le parole, chiedi i fatti....
G
– a chi... allo spirito del legno?
M
– sì, tu l’hai trovato, credi in esso e lo rispetti... ti dovrà rispondere.
Gianni guardò Marie che a sua volta guardava Anne... lui conosceva la sua sofferenza a causa della macchia nera... non ebbe il minimo dubbio che Marie avrebbe dato se stessa per aiutare l’amica, come fecero lei e Jean. Anche nella mente di San Gianni si formò un’immagine... tolse la scatola dall’involucro protettivo e la aprì con deferenza, come si apre un tabernacolo.
Estrasse con cura il listello senza spandere un solo ricciolo dei
trucioli di lavorazione e, sotto lo sguardo compiaciuto e benevolo di Marie, lo
dette ad Anne. Solo in quel momento realizzò che le
dimensioni del listello di legno corrispondevano perfettamente a quelle della
macchia... per finire espresse in parole le indicazioni dell’immagine.
G
– Anne, stanotte alla stessa ora di quando sei stata sfiorata dall’ombra metti
il listello sopra la macchia e lascialo fasciato con un foulard sino al
mattino.
Anne, al centro delle attenzioni dei
due amici, visse nei fatti “l’essere insieme”.
Quella
notte seguì le istruzioni di San Gianni, il contatto del listello con la
macchia le provocò un dolore indicibile che sopportò fin quando, spossata, si
addormentò... poco prima o poco dopo percepì un’ombra oscura staccarsi dal suo
braccio e andarsene.
La mattina seguente tolse il
listello... la macchia nera era scomparsa, al suo posto una leggera depressione
con la forma dell’uccello inciso nel legno.
Contemporaneamente Marie
sentì quella parte dell’energia oscura ritornare in lei... domata dal potere
dello spirito del legno non avrebbe più potuto danneggiarla.
.............................................................
40 – radicchietto di Trieste
Dopo... il volo,
Andrea atterrò sulla realtà, sicuro che sino al giorno prima la voliera non
c’era.
Andrea – (rivolto a Dimitri) ve bene che eravate
in tanti... ma come avete fatto a costruirla in un solo giorno?
Dimitri – prima
fatto muratura e nascosto con l’erba. Anche struttura metallica, preparato
prima 14 grandi pezzi poi tutti assieme abbiamo montato, di precisione!
Volevamo fare grande sorpresa, non potevamo dire!
A – accidenti se ci
siete riusciti, è il regalo più bello e incredibile che mi abbiano mai fatto!
Nicola fece le foto
dell’intera sequenza - dall’arrivo del boss sino alla visione della voliera - che
fu inviata a San Gianni la sera stessa. Dopo
una buona mezzora spesa ad ammirare l’opera, col pensiero rivolto all’indomani, quando avrebbe fatto entrare Picchio
& compagna (i canarini), mentre la comitiva stava avviandosi verso i tavoli
preparati per la cena all’aperto, vide Liliana e Natasha intente a raccogliere qualcosa nell’orto. Si
avvicinò...
A – beh, a voi posso
dirlo... mi sono sentito felice come un bambino al regalo del compleanno,
grazie ancora.
(era la prima volta che si recava nel grande orto – cento metri quadrati - poiché Liliana si occupava di fargli trovare la frutta e verdura di cui abbisognava già pronte davanti casa).
Cosa state raccogliendo?
Liliana – questo
radicchio chiama di Trieste... è tenero e dolce da piccolo. Ludmila sa che ti
piace.
A – (il suo preferito... scaglionando la semina
ne disponeva tutto l’anno) mi avete abituato bene... non saprei più starne
senza. Lo curate da sole tutto questo orto?
Natasha – sì, non è
grande. Uomini prepara terra e bambini aiuta raccogliere. Io e cognata piace molto stare qui,
con piante. Liliana ha come dice pollice
verde, tutto che mette nasce e cresce, se fa gli altri nemmeno metà! Io
devo dire lei basta, metti troppo..!
A – (una piccola lampadina si accende nella
mente del boss, pur sempre un imprenditore) cioè... potreste fare più di
così?
Liliana – certo che
sì, anche due volte doppio (quattrocento metri quadrati)!
A – ma dici sul
serio? Quattro volte più produzione... la
nostra associazione potrebbe
venderla...
Liliana – magari!
Anche so fare conserve, marmellate... tutti i cibi, anche pane se c’è forno! (Natasha annuisce)
A – (ormai preda dello spirito
imprenditoriale...) allora, sentite... intanto facciamo preparare la terra
– ce n’è fin che volete – da Nicola e Maxim che collaboreranno con voi quando
non sono impegnati con la legna e il ripristino del sentiero. Incaricherò il commercialista per
i permessi... serve un forno e un laboratorio in regola. Il nuovo locale del
bar userà i prodotti dell’orto, un’ottima pubblicità...
Natasha – scusa se
dico... se c’è anche Nicola e Maxim... (si
interrompe)
Liliana – (rivolta alla cognata) dai, dici... il
boss capisce se funziona!
Natasha – uomini
hanno costruito voliera... (si interrompe
nuovamente, considerando solo un suo desiderio quanto vorrebbe dire...)
Liliana – va bene,
dico io... Natasha quando saputo di voliera pensato subito a serra coperta...
verdure, pomodori viene prima e lei ha pollice
verde per piante di fiori!
Aumentando superficie e produzione, allestendo laboratorio, forno e... serra, beh, l’associazione ampliava l’offerta! Usare i propri prodotti all’Oiseau jaune, venderli nella sede (il casale), punto d’inizio del sentiero storico ripristinato alle visite regolamentate... insomma, una marea di attività potenzialmente produttive, in grado di dare lavoro e reddito... per realizzare tutto ciò servono persone motivate e fidate.
Andrea si rese conto d’avere un tesoro in casa... appunto quelle persone!
Quasi gli girava la testa al pensiero dei futuri cambiamenti... ma un imprenditore non è tale se non cavalca l’onda e Andrea era ben intenzionato a farlo, magari con l’aiuto di Gianni, al quale non vedeva l’ora di comunicare i nuovi progetti.
Dimitri e Veaceslav,
che dopo un tempo stranamente lungo videro arrivare le loro mogli in compagnia
di Andrea, notarono subito la felicità che emanavano, chiedendosi di cosa mai
avessero discusso raccogliendo il radicchietto di Trieste.
Dopo l’abbondante
cena e, in suo onore, l’immancabile prosecco di San Gianni, ritornato nel suo
appartamento Andrea si rese conto di non avere ancora mostrato a Matej, che di
lì a poco sarebbe arrivato, i due disegni dei canarini di Franco e Jean.
Andrea – un’altra
cena come questa e dobbiamo metterci a dieta, eh...
Matej – a tutte le
nostre donne piace cucinare... fanno a gara!
A – (durante la cena, accompagnato dagli sguardi
compiaciuti di Natasha e Liliana, illustrò agli astanti i nuovi progetti... fu
il momento di gloria delle due donne, immediatamente supportate da Ludmila e
Sofia, che pian piano stava uscendo dal guscio...) tu che dici... ce la
faremo con tutti questi progetti?
M – boss, sono
d’accordo con Ludmila... con l’arrivo
di San Gianni qui stanno accadendo miracoli, tutti lo sentono anche se non lo dicono... sicuro che ce la
facciamo, tutti daranno più del cento per cento!
A – hai ragione...
adesso volevo mostrarti due disegni (gli
spiega l’origine), dimmi cosa ne pensi.
M – (visibilmente turbato) Ludmila li ha
visti?
A – non ancora,
pensavo di farlo domani, perché?
M – boss, Ludmila
aveva un buon lavoro in Moldavia e anche Alexandru. Lui non voleva venire ma l’ha fatto per
amore... altrimenti Ludmila sarebbe venuta da sola, ti avevo spiegato il
motivo, ricordi?
A – sì... la nonna le aveva detto di raggiungerti,
perché dove c’eri tu avrebbe trovato la sua guida, giusto?
M – sì boss, non ti avevo ancora detto che la nonna ha salvato la vita di Ludmila... dicono che era proprio morta, non so di cosa ma non respirava più.
Ha voluto restare da sola con lei e dopo un paio d’ore era tornata in vita. I dottori dissero morte apparente... ma dopo Ludmila era diversa... lei non ha paura di niente, nemmeno di morire.
Quando
è morta la nonna, Ludmila pregava di
raggiungerla ma la sorella Liliana disse che sarebbe morta anche lei dal
dolore, abbandonando suo figlio, il piccolo David di quattro anni.
Ludmila ricordò le
parole della nonna che le ha detto di
venire da me, dove avrebbe trovato la sua guida...
A – (adesso si spiegava il sangue freddo di
Ludmila) accidenti, che storia... e quindi, i disegni dei canarini?
M – (ancora più turbato) boss, quando ho cominciato con la scuola io li usavo i colori e mi piacevano tanto... un giorno che avevo otto anni non so perché l’ho fatto, ma sono andato per la prima volta nel bosco e mi sono perso. Cercando di tornare indietro sono scivolato e sarei caduto nel canalone se non mi fossi aggrappato al ramo di un albero, a penzoloni.
Non
riuscivo a risalire e non potevo scendere, ero paralizzato dalla paura e dopo un po’ mi è venuto il pensiero che avrei dovuto
fare un sacrificio per salvarmi...
A – (sbigottito)... hai sacrificato i colori?
M – sì boss, non avevo altro... subito dopo l’albero ha cominciato a cedere e lentamente come un ascensore mi ha accompagnato una decina di metri più sotto, adagiandomi sulle rocce.
Ha dato la sua vita
per aiutarmi, per quello io amo il bosco e ci vado, per ringraziare... (Andrea si commuove e accarezzando la testa
del ragazzo gli dice che non importa se non se la sente di continuare) va
tutto bene boss, il bello arriva adesso, ce la faccio, eh...
La notte prima che
arrivasse il canarino Picchio, ho
sognato... un canarino come quello del disegno del tuo amico Franco... Ludmila
dice che gli uccelli annunciano qualcosa, conoscono i piani del cielo.
E quando mi hai ritornato
il disegno del lavatoio col canarino colorato da Jean... ho sentito
che il tempo del mio sacrificio era finito, per quello ho rifatto il
lavatoio a colori... con l’aiuto della nonna di Ludmila, la mia bisnonna.
Adesso mi hai mostrato
il canarino fatto da Jean... io so cosa significa ma deve essere Ludmila a
dirlo, lei è venuta qui per questo... mi
capisci?
A – certo che ti
capisco... adesso userai i colori?
M – userò senz’altro
i magnifici colori... ma farò ancora a matita i disegni segreti per i miei
amici alberi...
....................................................
41 – (se fosse un
libro questo sarebbe) il capitolo più lungo
La sera dopo, lunedì
24 giugno, come convenuto per messaggio, Andrea si apprestò ad una lunga chiacchierata
con Gianni che in precedenza l’aveva aggiornato su quanto accaduto dalla sera
del suo arrivo (sabato) a domenica mattina, quando fece colazione assieme ad
Anne e Marie.
G – allora, boss...
com’è la nuova gabbietta per Picchio
& signora?
A – lo sapevi cosa
stavano facendo, scommetto che c’è il tuo zampino, visto che sei dappertutto...
hai visto il bambino incredulo e felice nelle foto? Sì, sono proprio io...
G – mio caro,
stavolta l’hai persa la scommessa. A dir la verità avevo cercato di partecipare
ma, giustamente, i moldavi ci tenevano al copyright dell’idea. È il loro regalo e la precisione dell’opera
dimostra la loro stima e affetto per te. Dimmi, li hai già alloggiati?
A – questa mattina e
hanno subito fatto il bagno... dalle foto non si vede bene, ma nella voliera c’è
un rivolo d’acqua costante che termina in una pozza e salvo un percorso in
legno, per il fondo è stata mantenuta l’erba originaria. Alle mangiatoie si
accede dall’esterno, a meno d’imprevisti non c’è bisogno di entrare.
Ciliegina sulla
torta, gli amici oggi hanno messo una panca di legno con schienale e cuscini,
protetta da una piccola tettoia... penso che diventerà il mio posto preferito.
G – boss,
raccontamela tutta, mancano le emozioni...
A – non ti
accontenti mai... vuoi saperlo? Ho anche pianto - tanto non mi vedeva nessuno –
e non so perché, ma per un po' non riuscivo a smettere... sapresti spiegarmelo?
G – sì, riguarda il
tuo primo hotel...
A – (sorpreso) di quale hotel parli?
G – l’orfanatrofio,
amico mio... prima che ti liberassero anche tu eri un uccellino in gabbia,
senza il conforto di una famiglia. Oggi hai potuto rendere un alto grado di
libertà al tuo Picchio e credo che un po' hai provato l’emozione quando
successe a te, sbaglio?
A – (ammirato) non sbaglia, dottor Jung... hai azzeccato qualcosa
che mi era sfuggita, adesso ricordo che quando da bimbo arrivai in questa casa i
miei genitori adottivi si ritirarono in salotto, lasciandomi libero come non
fui mai stato.
Anche allora era un
bel mattino soleggiato e ho corso dappertutto, dentro e fuori il casale, tra i
filari di uva, in mezzo ai campi dove oggi c’è l’orto... non mi rendevo conto
del tempo che passava (mentre nell’hotel ogni
momento era regolamentato), non sentivo fame né sete ma a un certo punto,
spossato, mi sdraiai per terra, pancia all’aria e piansi tutte le lacrime che
avevo trattenuto per non farmi vedere...
G – non le avevi
consumate tutte, te ne erano rimaste un bel po' per oggi...
A – hai ragione,
sono le stesse di allora... e tu, San
Gianni, mi hai aiutato a liberarmi delle ultime, quelle che sto versando
adesso... sai dove si era sdraiato il
bimbo dell’hotel?
G – nel solo posto
che avrebbe potuto accogliere quelle di oggi...
A – proprio così,
esattamente dove hanno collocato la voliera, esattamente dove hanno creato il
rivolo d’acqua con la pozza...
G – perfetta sincronicità...
A – ho sentito Anne
nella pausa pranzo, era così di buon’umore che mi pareva un’altra persona...
c’entri tu anche in questo?
G – beh, la mia compagnia
è parecchio apprezzata, forse a causa del mio magico elisir (prosecco) con cui
abbiamo accompagnato la cena di stasera... finendo tutta la Plăcintă alle
ciliegie, piaciuta moltissimo a tutti. Addirittura Jean (che ho finalmente
conosciuto) l’ha presa due volte dicendo: una
per me e una per Matej!
A – Natasha sarà
felice di saperlo! Marie..?
G – (per mantenere la promessa fatta ad Anne non
parla della terribile notte, senza tuttavia falsificare la narrazione). Al
mio arrivo siamo appena riusciti a salutarci... non stava bene e io non ho più
la resistenza di un tempo.
Dopo avere
tolto il listello di legno dalla custodia e dato istruzioni sono andato a letto
quasi subito.
Ludmila e
Matej avevano ragione... lo spirito del legno ha davvero aiutato Marie e anche
Anne, che ha condiviso e sofferto con lei la difficile situazione degli ultimi
tempi.
Stamane anche
Marie era un’altra persona... si sta ristabilendo e ha cenato con noi di buon
umore... non puoi immaginare quanto sono immensamente
felice!
A – certo che
posso, si sente. Adesso ti racconto qualcosa io, senti le novità... (racconta per filo e per segno il colloquio
con le sorelle nell’orto e illustra i nuovi progetti) che te ne pare?
G – (cercando di dissimulare la sorpresa) beh,
tutto qui?
A – (stando al gioco) eh, non sono come te... arrivo solo fino a
un certo punto, (per metterlo alla prova)
hai qualche indicazione da darmi?
G – (fuor di parte) no boss... ti giuro che
non ci sarei arrivato a pensare un tale fantastico
sviluppo della situazione, non sono un imprenditore.
Sai, mi ero
accorto come mi hai guardato l’altro ieri alla mia partenza, dopo aver elogiato
David e fatto votare i ragazzi ho proprio
sentito la tua stima per me, dimmi
se ho mal interpretato...
A – (ammirato) affatto... chapeau! in quel momento mi sono davvero
figurato di togliermi il cappello!
G – beh,
tocca a me adesso... très magnifique!
A regime le
nuove attività garantiranno un lavoro continuativo a Natasha, Liliana, Nicola e
Maxim, oltre che ulteriori introiti e pubblicità per l’Oiseau jaune!
A - ...
intanto, come mi avevi ben spiegato, sono solo spese... non è che mi sono allargato troppo?
G – giusto
questo pomeriggio ho illustrato dettagliatamente a Marie e Anne tutti i
nostri... equilibrismi finanziari connessi
alla nascita dell’associazione, poiché servono le loro firme sugli atti (che ho
con me) preparati dal notaio. Anne ha risposto che firma qualsiasi cosa senza
neppure leggerla, nel caso anche assegni... e Marie che l’Oiseau jeaune è la sua unica ragione di vita, associazione
compresa...
A –
accidenti...
G – prima che
mi dimentichi, con la colazione per interposta
persona (Anne) mi hai fregato, eh... però il suo caffè è migliore del tuo!
A – (sornione) ma dai, era una gentile
richiesta... ehm, il caffè di Anne l’avevo scelto io, quindi...
G – vero, ma
come ben sai, lei dispone della famosa panna
introvabile...
A – (ridendo) oh, non molli mai..!
G – ... ma
solo uno è capace di sposar gli elementi (caffè
con panna) e farli reagire... il mio amico Andrea!
A – beh, se
la metti sul sentimentale sappi che già mi manca la tua pasta al pomodoro e basilico.
Cambiando
argomento, finalmente hai conosciuto Jean...
G – sì, e
sono assolutamente d’accordo con Anne... Jean
ha una doppia natura, un bambino con una porta aperta dentro di sé che, seppure
differentemente, come Matej ha accesso a contenuti riservati.
Stamattina
dopo colazione sono andato da lui per portargli l’acquerello di Matej, aveva
saputo del disegno e mi stava aspettando...
(lunga pausa, per scegliere le parole senza venir meno alla promessa).
A – ... tutto bene?
G – sì,
scusami, Jean mi ha elogiato per il listello, confermando che ha aiutato Marie e la mamma... ha detto
che oggi sono belle!
Quando gli ho
dato la cartellina col disegno, l’ha presa senza aprirla e mi ha detto che
domani mi darà un disegno fantastico... ti
ricorda qualcosa?
A – hai usato
quella parola con i ragazzi - un progetto
fantastico - solo una coincidenza?
G - domani avrò
il disegno, però oggi me l’ha descritto...
Jean
– ... una casa sull’albero e una dentro la terra, verrò a vederle...
A – (allibito come in precedenza l’amico) ma
tu avevi accennato qualcosa, a lui o Anne?
G – zero
assoluto... dimmi, sapresti immaginare qualcosa di più “fantastico” per i
bambini e ragazzi?
A – l’ho
sempre desiderata anch’io una casetta sopra un albero e avevo in progetto di
costruirla quando... tanto tempo fa. Però non mi era mai venuta in mente una
casa “dentro la terra”.
G – “La casa
sull’albero è forse fra i primi e più condivisi archetipi dell’architettura. E’
il rifugio dell’infanzia, il luogo sicuro, presidio di indipendenza e di
distanza dal mondo degli adulti: un luogo inaccessibile sospeso fra cielo e
alberi, scenario e proiezione delle più entusiasmanti avventure.”
In
effetti una casa dentro la terra è
inusuale, non una semplice grotta, un luogo naturale dove l’uomo si adatta a
vivere, bensì un ambiente creato dalla
coscienza umana, occultato alla vista e riservato.
Mi
ha richiamato il sogno di Jung del
1909, poco prima della rottura con Freud:
Jung sognò di trovarsi in casa sua, in una stanza che non aveva
mai visto. Incuriosito dalla cosa decise di esplorare il resto dell’abitazione
giungendo fino in cantina. Lì una piccola porta introduceva in un enorme e
antico salone che, a sua volta, conduceva in una sorta di caverna preistorica
addobbata con teschi ed ossa.
Freud interpretò il sogno come un
desiderio di morte rimosso, ma Jung giunse ad una conclusione differente:
“Mi era
chiaro che la casa rappresentava una immagine della psiche, cioè della
condizione in cui era allora la mia coscienza, con in più le integrazioni
inconsce fino allora acquisite. La coscienza era rappresentata dal salotto, più
scendevo in basso e più mi addentravo nell’inconscio. Nella caverna ho scoperto
i resti di una primitiva civiltà, cioè il mondo dell’uomo primitivo in me
stesso, un mondo che solo a stento può essere raggiunto dalla coscienza. Il mio
sogno, pertanto, rappresentava un diagramma della struttura della psiche
umana.”
A – molto interessante... vedremo domani la proposta di Jean, però già adesso posso dirti che il luogo dove avevo
pensato di costruire la mia casetta fatalità
ha i requisiti adatti. Vicino al casale c’è un gruppo di alberi (abeti)
piantati dal mio padre adottivo su un terrapieno che si può facilmente sbancare...
mi sa che Maxim e Nicola cominceranno presto a lavorare per l’associazione... giusto?
G – sfondi una porta aperta... se me lo permetti li chiamerei
io, mi farebbe piacere parlarci...
A – ho già così tante cose da fare che accetto volentieri...
così ti mantieni in allenamento.
G – come stanno Ludmila e Matej?
A – stavo appunto per parlarti di loro, mi hai letto il
pensiero?
G – potessi non lo farei... mi piace troppo scoprirti poco a poco, non rinuncerei
per niente al mondo alle nostre interessanti chiacchierate, avremmo dovuto
trascriverle e magari un domani farci un libro... cosa dice l’imprenditore che è in te?
A – dice che, ammettendo interessi a qualcuno... sarebbe un
libro del tutto gratuito, da non guadagnarci nulla... scriverlo è già il compenso.
G – perbacco, sei un imprenditore illuminato, date a Cesare...
A – accetto il complimento... ti sei accorto che sono già tre
ore che stiamo conversando?
G – purtroppo sì, dobbiamo porre un limite a questo capitolo che potrebbe essere il più
lungo del libro... direi dopo aver ascoltato di Ludmila e Matej, ok?
A – va bene... (riferisce
l’intera conversazione con Matej dopo avergli mostrato i disegni del canarino
di Franco e Jean – capitolo 40 – ndr)
G – finalmente comprendo da dove viene la particolare
sensazione che ho con Ludmila...
A – sarebbe?
G – difficile da spiegare, ci provo facendoti questa domanda:
se tu dovessi scegliere (ti auguro mai) con quale persona – esclusi compagna e familiari – trascorrere
diciamo l’ultima mezzora della tua vita...
A – accidenti, l’hai messa giù bene! Con chi non ha paura
della morte... perché l’ha provata...
G – ci siamo capiti. Ricordi quando parlammo di sommare la pecora nera ? (cap. 34 – ndr)
A – sì, ipotizzammo
qualcuno capace di neutralizzare il male, giusto?
G - ... e magari, almeno per quelli minori, insegnarlo agli altri... una guida, appunto. Matej
dice di aver capito...
A - ... ma dev’essere Ludmila a confermarlo, lei è venuta qui per questo. Ti confesso
che non ho ancora stabilito quando farle vedere i disegni...
G – capisco perfettamente, è un campo sconosciuto e ci sono diverse
persone coinvolte...
A – un suggerimento?
G – direi di fare così, le dai i due disegni in una
cartellina chiusa e le dici di chiedere alla
nonna se può aprirla...
A - ... il re Salomone approverebbe, grazie!
G – abbiamo aggiunto un’altra ora... al capitolo. Hai solo
quattro ore di sonno e domani non potrò svegliarti...
A – dimenticavo, Matej ci tiene a prepararmi il caffè al
mattino... ha superato il maestro (tu), tra un po' lo faccio lavorare al bar al
posto mio...
G – eh, non sai la clausola...
A – cioè?
G – mi sono fatto promettere che mi rende il posto quando
torno...
A
– mi sa che chiudiamo sentimentalmente
anche questo capitolo... spero di vederti presto.
G
– solo due giorni e già mi manca il mio miglior amico...
.......................................................
42 – Marie e Gianni, un mese dopo
Il giorno successivo, martedì, nonostante le poche ore di
sonno Gianni si alzò riposato e alle sette, mentre si accingeva a preparare il
caffè, fu sorpreso (e contento) nell’udire la voce di Marie annunciargli che
sarebbe scesa a fare colazione assieme.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta? Incredibilmente
meno di un mese (ventisette giorni) e
mentre Marie prendeva posto in cucina, gli venne in mente l’immagine di un paio
di mele che dal fiore divengono frutto e via via tutto il processo di
maturazione... che inevitabilmente le condurrà a distaccarsi dalla (madre) pianta.
Loro due, in quale punto del processo di maturazione
psicologica (e fisica) si trovavano il mese prima? E dove adesso, dopo tutte le
cose che erano accadute? Le motivazioni che li tenevano collegati
alla pianta della personalità, nel
caso della compagna cessarono repentinamente dopo l’incontro con la signora. Quel corpo che adesso gli
stava davanti, liberato da quelle (motivazioni) stava subendo e sopportando una
riformulazione... al fine di procedere e magari adempiere lo scopo. L’unico punto fermo, sicuro
dell’intera vicenda che li riguardava... non c’era ritorno, le mele, per entrambi,
erano cadute.
Marie – versa pure il caffè, San Gianni...
Gianni – ah... scusa, stavo seguendo un pensiero, solita
mezza tazza?
M – naturalmente... qualche vecchia abitudine deve pur rimanere
o saremmo, psicologicamente, due estranei. Ti ha portato lontano, quel
pensiero... dieci minuti, rammento che ti era già accaduto con Andrea... (cap. 8 – ndr)
G – (sbigottito) davvero
dieci minuti, come quella volta? Ovviamente ti credo... pensi che sia sintomo
di... qualche problema?
M – non problemi a cui potresti metter mano... ti accade in
situazioni particolari, tranquille, che
permettono al tuo flusso di coscienza di scollegarsi dalla realtà, come accade nei
sogni o ai santi...
G – me ne accorgo ora... anche tu mi hai chiamato San Gianni!
M – un mese fa era
una qualità latente in te, come una
mela che doveva ancora maturare.
G – come una mela... un
déjà vu... a parti invertite! Quella volta vidi la cicuta pensata da Andrea... tu hai visto le mele pensate da
me?
M – (Anche un po' di
panna, grazie) no, ho visto quelle sul tavolo... mentre eri assente ci hai messo una mano sopra.
G – devo chiederti una cosa, non posso mentire ad Andrea...
M – non dire non è mentire... ho chiesto ad Anne di non far
partecipe Andrea degli avvenimenti di quella
notte e di assicurarsi che tu faccia altrettanto. Sono certa che ne sei
capace, o non avremmo potuto metterti al corrente...
G – sì, ne sono capace, anche se credo che Andrea possa
intuire qualcosa... rispetto la tua decisione ma potresti accennarmi almeno in
parte il motivo?
M – sicuramente Andrea intuirà che qualcosa non torna, dovrai
stare molto attento, nel dirtelo ho scommesso su di te... il motivo te lo dico
tutto, non in parte... la vibrazione dell’altro è stata costretta dallo spirito del legno a ritornare dov’era prima
che Jean la costringesse a seguirlo, o sarei morta.
Adesso, dopo quel po' di tregua e con l’aiuto (dello spirito
del legno) l’altra vibrazione può controllarla e il mio corpo sopportarlo.
Senza l’aiuto di Jean, Anne e del tuo listello sacro... avrei scelto di morire.
G – perché?
M – altrimenti attraverso Anne... l’altro si sarebbe
impossessato di tutti voi. È la forza antagonista che
cercherà in tutti i modi di distruggere, direttamente o indirettamente, ogni
persona coinvolta con lo scopo.
G – (un brivido freddo
lungo la schiena gli riportò la sensazione di nausea che l’aveva tanto
scosso... non osò immaginare “la macchia” aggredire gli amici). Tutti... anche Jean?
M - Jean si ritirerebbe
e niente potrebbe toccarlo... tuttavia l’uccello
giallo non può essere annientato. Come una fenice risorgerebbe dalle sue
ceneri... in un’altra occasione.
G – terrificante... però adesso la forza antagonista è confinata e...
M – perché non spiegarlo ad Andrea... perché la sua mela non
è matura al punto giusto e senza la sua tutte le altre marciranno... la partita è del tutto aperta. Posso dirti che verrà il tempo in cui i
nostri destini saranno nelle sue mani... se accetterà la sfida. Mi dispiace
doverti dire queste cose...
G – confesso che se non avessi toccato la macchia non
riuscirei a crederci... puoi dirmi qualcosa dello spirito del legno?
M – anch’esso è collegato allo scopo... portato dal fulmine attendeva in quel ramo la persona degna... e a quanto pare l’ha trovata o non avrebbe
funzionato, invece siamo ancora in partita...
G – Ludmila? (racconta
della morte apparente)
M – senza di lei Andrea non ce l’avrebbe fatta e io... ne
avevo per poco. Ma per quanto abbia assaggiato
la morte... avrà altre prove da superare.
G – beh, chi non ha paura della morte cosa dovrebbe temere?
M – la vita, naturalmente... posso dirti che la nonna non gli permetterà di aprire la cartellina...
G – (scioccato) puoi
vedere nel futuro!
M – sì, ma lo stesso istante in cui lo vedo lo dimentico... a
meno che lo scopo non abbia un
motivo... sei l’unico che potrà aiutarla e sarà difficile.
G – per me è come una figlia...
M – lo so e ne sono felice. La nonna di Ludmila... ha finito il suo compito con la nipote...
è lei lo spirito del legno. Adesso ha
un compito di gran lunga più difficile, fronteggiare direttamente l’altro.
G – (allibito) i
delinquenti che ci hanno minacciato e rubato il pacchetto...
M – Quando ricordai chi
ero... anche l’altro si ricordò
di me. Come la mia persona è il supporto
vivente dello scopo così c’è una dell’altro con i suoi uomini con cui
avete rischiato lo scontro.
G – nel mio sogno... eri tu la preda? (cap. 31 – ndr)
M – quando il predatore mangia la preda essa diventa parte di
lui... ora non posso dire di più.
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43 – Il rombo
Dopo pranzo Marie finalmente si
sentì in grado di uscire e, in compagnia di Gianni e Anne, si sedette per un
po’ sotto la veranda di fronte al lago, il suo luogo preferito. Al vedere comparire Jean, quasi l’avessero
convenuto, le donne si allontanarono facendo segno a Gianni di restare dov’era.
Il bambino gli si accomodò vicino e senza dire nulla gli diede il foglio che
teneva in mano... decisamente un progetto fantastico.Gianni
– perbacco Jean... la casa sugli alberi è bellissima ma quella sottoterra non
si vede bene...
Jean – è nascosta... non è per i
bambini, loro vanno su quella in alto.
G – ah... ma i grandi ci possono
andare?
J – sì, uno alla volta perché è
piccola.
G – i bambini vanno su quella in
alto per giocare... e i grandi cosa fanno in quella sottoterra?
J – guardano la pietra.
G - ... la pietra?
J – l’ho sognato... quando
costruiscono la casetta la trovano, la puliscono e lei racconta la sua storia.
Gianni avrebbe voluto fargli qualche altra domanda ma Jean si
era già alzato... decideva lui tempi e modi.
Sì dedicò al disegno, la casa sarebbe stata collocata sugli
alberi di cui parlò Andrea, quella sottoterra “era nascosta” e tuttavia
accessibile (uno alla volta) nello stesso posto. Si arrovellò a lungo per
conciliare le opposte indicazioni e alfine trovò la soluzione... la scala!
“Diversamente da Jung, Freud vedeva nella casa il corpo della madre del
sognante secondo un’analogia molto semplice: la casa ha il compito di fornire
sicurezza e rifugio, funzioni che vengono svolte anche dalla madre. Per Freud,
quindi, una casa accogliente rappresentava dei buoni rapporti con la figura
materna e viceversa.
Jung invece riconduce ogni elemento della casa a
componente della psiche: La facciata come maschera, il tetto come io
consapevole ecc.
Interessante è il ruolo attribuito alle scale che collegando i vari piani
rappresentano veri e propri canali di comunicazione tra le componenti della
psiche. L’idea sembrerebbe dimostrata dall’inquietudine inconscia che molte
persone sembrano provare nel salire o scendere delle scale al buio o in penombra.
La scala, nella casa, è spesso un elemento inquietante e ciò è perfettamente
osservabile nei nostri sogni.
La scala rappresenta inoltre la “dialettica della
verticalità“: essa può condurci verso il paradiso o l’inferno, non vi è altra
alternativa.”
La soluzione consisteva in una base scorrevole all’inizio
della scala, così da fungere da appoggio se chiusa, o (aperta) permettere di scendere
per i restanti gradini che avrebbero condotto alla stanza nascosta, dove
sarebbe stata collocata la misteriosa pietra che - ne era certo - sarebbe stata rinvenuta durante lo sbancamento del
terrapieno. Cercando di immaginarsi che dimensioni potesse mai avere quella
pietra, provò un intenso dolore alla gamba offesa... era altrettanto certo che la storia della pietra era intrisa di
dolore.
Ritornato nel soggiorno arrivò la
telefonata di Ludmila. Conoscendo la sua “praticità” pensò a causa di qualche
problema e invece... pur se chiamò per informarlo dell’apertura del nuovo
locale dell’Oiseau jaune il motivo
era più semplice e bello, un caldo saluto.
Ricambiò e lo estese a tutti,
pregandola di avvisare Nicola e Maxim di chiamarlo l’indomani per discutere un progetto fantastico e assai
impegnativo, anticipando loro che da subito
dovevano considerarsi assunti dall’associazione e dismettere ogni altro
impegno.
Dopo una cena frugale, Marie si
ritirò nella sua camera e Gianni inviò la foto del disegno di Jean ad Andrea,
informandolo sulle ultime novità...
Andrea – accidenti, non scherzavi
sul progetto fantastico... sarà un
bell’impegno ma non dubito che sarai capace di seguirlo anche da distante. Qui
sono arrivati Nicola e Maxim che mi hanno chiesto se Ludmila aveva capito bene,
che l’associazione li assumeva da oggi e non vedono l’ora di parlare con San Gianni. Domattina ti invierò un
video del luogo dove collocare le case e
ti anticipo che rimarrai sorpreso... il
sogno di Jean è una foto onirica del
posto.
Gianni – me l’aspettavo... tuo
padre ha piantato degli abeti, non sono alberi del luogo, sai il motivo?
A – sono gli abeti che mio padre
prendeva per festeggiare i Natali dopo il mio arrivo, li prendeva apposta da un
vivaista con zolla e radici e li piantumava all’Epifania... io sono cresciuto
con quegli abeti che hanno più o meno la mia età.
G – non hai qualche idea riguardo la pietra..?
A– il terrapieno... è un’anomalia,
non segue l’andamento del terreno. Sembra che anticamente vi fossero delle
costruzioni poi rimosse per ricavare i terreni da coltivare. Una parte delle
pietre del casale credo provengano da esse e forse quelle che non hanno
utilizzato costituiscono la struttura nascosta del terrapieno. Lo scopriremo
presto ma se è così non mi meraviglierebbe se trovassimo dei frammenti lapidei
incisi. Il mio pensiero è che quello ipotizzato da Jean verrebbe lasciato sul
posto (all’interno della casetta interrata) in segno di rispetto...
G – concordo... cambiando
argomento, hai dato la cartellina con i disegni a Ludmila?
A – giusto stasera, ho seguito le
tue indicazioni, c’era anche Matej e mi è parso preoccupato.
G – lo sono anch’io, la nonna l’ha assistita sino ad oggi...
A – ho finalmente potuto dare
un’occhiata al libro... il capitolo che ci interessa è questo: (da pagina 190 a 217)
Dopo che l’avrai letto e fatto
delle ricerche penso converrai con me che nel pacchetto che ci hanno sottratto
ci fosse il ciondolo di Gerard, un rombo.
.....................................................
Appena ricevuta la cartellina con i disegni, Ludmila la depose nel solito posto riservato del giardino, ritornandovi che era già buio per verificare la risposta della nonna alla richiesta di poterla aprire.
Trattandosi di una questione importante restò interdetta non trovando alcun segno da interpretare. La mattina successiva, mercoledì 26 giugno, all’alba era nuovamente sul posto... per una mezzora girò tutto attorno scrutando la terra e il cielo (gli alberi), guardando attentamente la cartellina nella speranza di trovare qualche segno.
Era la prima volta che non riceveva risposta, positiva o negativa, evidente o debole che fosse. Per lei, per il rapporto dapprima con la persona e poi con lo spirito della nonna, sarebbe stato preferibile anche l’annuncio di una malattia a quel silenzio... in preda a uno sconforto profondo ritornando nel piazzale del casale incontrò Andrea e Matej, stranamente assieme...
Ludmila – Bună boss, Matej... siete qui così presto?
Andrea – Bună Ludmila, Matej mi aiuterà a fare un video per San Gianni del posto dove verrà costruita la casa sugli alberi... mi raccomando, non dire ancora niente agli altri ragazzi. Sei già in partenza per l’Oiseau jaune... tutto bene?
L – sì, io vado presto così torno e controllo ancora... Matej, intanto guarda bene vicino anche tu...
Andrea disse in precedenza a Matej dell’identità dello spirito del legno ma il ragazzo non ne fu sorpreso... al termine della lavorazione del listello di San Gianni, aveva percepito il potere che frequentava il tabernacolo di Ludmila trasferirsi in esso ma non ebbe il coraggio di dirglielo.
La perdita di un familiare e persino dell’amore non avrebbe avuto lo stesso devastante impatto per Ludmila, se ne sarebbe fatta una ragione, era la vita e per lei, che l’aveva provato, l’aldilà era la meta. E la nonna il collegamento con quella, senza il quale rimaneva l’incertezza della condizione umana... come disse Marie temeva più quella che la morte.
Il boss e il ragazzo guardarono Ludmila avviarsi mestamente verso la rimessa... aveva perso la sua naturale luminosità e sembrava un pulcino bagnato e infreddolito. Prima che scomparisse alla loro vista Andrea la raggiunse...
A – Ludmila... San Gianni mi ha detto che tua nonna ha aiutato Marie e Anne...
L – davvero... dato aiuto? Come fatto?
A – te lo dirà lui, stasera ti chiama... ci vediamo dopo, ciao.
... una piccola luce si riaccese nell’animo della ragazza...
.....................................
Quella sera San Gianni chiamò Ludmila e, sapendo di potersi fidare ciecamente di lei, le raccontò quello che adesso entrambi non potevano dire ad Andrea. Quanto stava accadendo a Marie, l’incontro con la signora e la riformulazione del suo fisico, le due energie, la macchia nel braccio di Anne e come il sacro listello avesse aiutato le due donne e tutti loro.
Fu una lunghissima telefonata, durante la quale la fiducia e la stima di San Gianni verso di lei, ingaggiarono e alfine vinsero la lotta con il trauma dell’abbandono dello spirito della nonna. Solo allora San Gianni le rivelò chi fosse realmente lo spirito del legno e il compito superiore a cui era stato chiamato. Al termine le disse di tenere la cartellina e attendere.
Non è forse perché hai visto una piccola luce
che hai preso le tue cose e sei partito fiducioso,
dentro di te, confidando di raggiungere
quella luce, prima o poi?
Come si dicono le parole è più importante
delle parole dette.
Come si fanno le cose è più importante
delle cose fatte.
Per la nostra piccola luce.
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45 – la pietra
Sempre quel mercoledì mattina, dopo aver ricevuto il video, San Gianni discusse con Nicola e Maxim del nuovo progetto a cui, considerato l’impegno di Jean, si doveva dare la precedenza.
In aggiunta al disegno del bambino aveva già preparato degli schizzi a cui associò le misure ricavate dal video e una lista dei materiali necessari.
Nicola e Maxim, desiderosi di ricambiare, al termine della conversazione si recarono al cantiere dove lavoravano Dimitri, Veaceslav e Alexandru che garantirono il loro aiuto... dopo il regalo al boss dovevano fare altrettanto per San Gianni.
Fatto sta che già nel primo pomeriggio, dopo aver delimitato e quotato l’area, Nicola e Maxim con uno scavatore cominciarono lo sbancamento e dopo una veloce cena tutti i cinque uomini si dedicarono allo scavo. Illuminando la zona con un generatore riportarono alla luce qualche metro cubo di pietrame, finendo il lavoro nel cuore della notte.
L’indomani sarebbe arrivato il legname e gli altri materiali ordinati... come riuscirono a terminare la voliera la domenica 23 giugno avrebbero fatto l’impossibile per finire quest’altro lavoro per quella successiva, 30 giugno... un’impresa eroica.
....................
Il giorno dopo Gianni ricevette le foto dello sbancamento e dell’arrivo del legname, non poteva credere che in un solo giorno fossero a quel punto e già stessero preparando gli appoggi sugli alberi. Come per la voliera tutti parteciparono e non si poté tenere nascosto a bambini e ragazzi che San Gianni avesse accelerato i tempi del progetto fantastico.
Ludmila non volle che nessuno toccasse il grande cumulo di pietre fino al suo permesso e quello stesso giorno, al ritorno dal lavoro, le ispezionò una dopo l’altra alla ricerca – anche in questo caso – di qualche segno, aiutata dal compagno, Alexandru, che accatastò e ordinò secondo dimensione le pietre controllate. I due neppure cenarono (giusto un panino) e terminarono alle tre di notte... senza esito.
Purtroppo San Gianni non poté fornirle alcuna indicazione sulle dimensioni e la presenza di qualche incisione.
Rimasero d’accordo che quando l’avesse trovata doveva chiamarlo in qualsiasi momento , altrimenti all’esaurimento del cumulo. Per lo scoraggiamento e per l’ora pensò che non fosse il caso di telefonargli... in quella squillò il telefono.
G – Bună Ludmila... è tardi, devi riposarti.
L – San Gianni... non ho trovata, guardato bene tutte con la luce, ho spazzolate... non c’è niente.
G – perbacco, era un cumulo enorme, chi ti ha aiutato?
L – Alexandru, è rimasto qui a mettere ordinate le pietre.
In precedenza Gianni chiese a Marie cosa avrebbe dovuto dire a Ludmila se non avesse trovato la pietra. Enigmaticamente gli rispose che l’avrebbe trovata dove doveva essere. Ma se in tutto il cumulo non c’era... forse si trovava ancora più in profondità... nel qual caso, a meno di sbancare tutto rischiando di lesionare le radici degli abeti, non c’erano speranze.
G – Marie ha detto che la pietra è dove deve essere...
Alexandru – (interviene) scusa tanto San Gianni... cosa vuole dire?
G – ciao Alexandru, grazie per essere rimasto con Ludmila! Vuol dire che la pietra è al suo posto... non è stata spostata nel cumulo, assieme alle altre.
A – se troviamo, dove mettiamo la pietra?
Ludmila guardò Alexandru, aveva rinunciato a tutto per seguirla e il suo amore per lei lo spinse, lui così schivo, ad esporsi e fare la domanda giusta. Gianni ricordò il dialogo con Jean:
“Gianni – i bambini vanno su quella in alto per giocare... e i grandi cosa fanno in quella sottoterra?
Jean – guardano la pietra.
Gianni - la pietra?
Jean – l’ho sognato... quando costruiscono la casetta la trovano, la puliscono e lei racconta la sua storia.”
G – Alexandru, la stanza interrata è già pronta?
A – sì San Gianni, ho finito io, poi si fa muri leggeri con pietre di cumulo e sopra si fissa grande tavola che apre e chiude.
G – il pavimento è di terra, no?
A – sì, scavato fino a quota scritta.
G – bene... per favore vai là, scendi da solo perché c’è poco spazio e scava un altro po' il pavimento...
Alexandru scese nel pozzo dello scavo, illuminato dal riflettore tenuto da Ludmila e con la vanga tolse una decina di centimetri di terra, iniziando dalla circonferenza... quasi al centro del pozzo la punta metallica incontrò qualcosa di più consistente della terra. Con una cazzuola da muratore tolse delicatamente tutta la terra che ricopriva un contenitore ligneo ancora integro.
Il coperchio, appoggiato, pareva non opporre resistenza... spontaneamente Alexandru uscì dal pozzo e invitò Ludmila a proseguire... lei tolse il coperchio esponendo alla vista una piccola pietra romboidale con la diagonale maggiore di una ventina di centimetri.
Con un pennello levò quel po’ di polvere che ricopriva una leggera incisione sulla pietra.
.......................................
46 - Il viaggio di Anne
Andrea – (venerdì mattina, ore 6.30) ciao Anne, ancora non sai che Alexandru e Ludmila hanno trovato la pietra, dentro una cassetta di legno, dieci centimetri sotto il pavimento della “casetta sottoterra”... proprio dove in seguito pensavamo di metterla.
Erano le tre di notte quando l’hanno trovata e stamattina alle sei hanno portato da me la cassetta con la pietra e mi hanno spiegato com’è successo.
Non avranno dormito nemmeno tre ore, Ludmila era felice come un bambino e... Alexandru era quel bambino, contento di avere avuto un ruolo importante.
Ho appena inviato alcune fotografie a te e Gianni della pietra.
Anne – San Gianni non ha resistito, mi aveva mandato un messaggio questa notte, per condividere la sua gioia. Il sogno di Jean si è avverato. Ah, ecco le foto... l’incisione pare superficiale e incerta, difficile dire se rappresenti qualcosa.
Andrea – sì, superficiale e incerta, hai detto bene, come se non fosse stata completata.
Anne – sentiremo cosa ne pensa Gianni, pare abbia un legame con la pietra... mi aveva detto che
“Cercando di immaginarsi che dimensioni potesse mai avere quella pietra, provò un intenso dolore alla gamba offesa... era altrettanto certo che la storia della pietra era intrisa di dolore.”
Adesso ti aggiorno su un paio di novità... buona la prima e da valutare la seconda. La prima riguarda Marie, in un paio di giorni l’influenza del listello di San Gianni ha completamente ristabilito il suo corpo, se non è un miracolo poco ci manca. Sta ancora meglio di quando c’eri tu, (in tono semiserio) addirittura vorrebbe comandare...
Andrea – non ci credo... Marie non direbbe mai a qualcuno cosa deve fare!
Anne – vero, non lo direbbe direttamente... e questa è la seconda novità, ha detto che potrebbe ritornare a casa se non ha un motivo per restare qui...
Andrea – accidenti... così all’improvviso, non capisco... pensavo che stare con voi fosse la cosa migliore.
Anne – va bene, te lo dico... vorrebbe che venissi da te...
Andrea – (non se lo sarebbe mai immaginato) ma... Jean?
Anne – dice che l’ha suggerito lui... per qualche giorno Marie e Gianni sarebbero felici di prendersene cura e lui è contento che la mamma può fare un viaggio... tu che dici?
Andrea – (la voce alterata dall’emozione) non c’è bisogno di chiederlo... quando decidete posso venire a prenderti...
Anne – non serve fino a qui... San Gianni mi ha fatto il biglietto del pullman, arrivo domani a Genova alle 18... (ridendo) mi riconoscerai?
Andrea – (recuperando aplomb e prontezza di risposta) beh... magari se tieni qualcosa in mano... che so, un contenitore con la panna introvabile...
Anne – è la prima cosa che ho pensato... ne ho preso due chili ma ho una valigia comoda che non ho mai usato. Sono felice di rivederti... e di conoscere tutte le persone che un misterioso scopo ha unito. Mi raccomando che Matej continui a usare la sua stanza o ci rimarrei male... sarei contenta di dargli la buonanotte, come faccio sempre con Jean.
Matej fu la prima persona che vide Andrea dopo la telefonata... seppure il boss avesse sempre un atteggiamento positivo non l’aveva mai visto così felice, con quegli occhi azzurri così luminosi. Capì subito che si trattava di Anne ma non si aspettava certo che lei venisse addirittura l’indomani!
Matej – boss, sono tanto contento per te e... (stava per dirgli che li avrebbe lasciati da soli ma non fece in tempo)
Andrea – grazie amico mio... posso chiederti un grandissimo favore?
M – tutto quello che vuoi!
A – ecco... Anne è abituata a dare la buonanotte a Jean e voi due vi parlate attraverso i disegni... beh, sono cose di mamme, prova affetto per te... mi capisci?
M – boss, sicuro che capisco, nessun problema, anche Ludmila mi veniva a salutare. Sai, stavo per dirti che vi avrei lasciati da soli, per non disturbarvi... un pò mi dispiace...
A – cosa ti dispiace?
M – ecco, sono cose di amici... San Gianni mi aveva chiesto di prepararti il caffè al mattino e mentre lo faccio mi sembra che sia con noi...
A – (commosso) eh, bisogna mantenere le buone abitudini... dovrai usare la caffettiera grande, Anne ne consuma più di me!
M – grazie boss!
...............
Informati i moldavi dell’imminente visita, Andrea non poté rifiutare che Natasha e Liliana si occupassero dell’appartamento che pulirono da cima a fondo sin nei più remoti angoli.
Maxim e Nicola fissarono agli appoggi sugli alberi la piattaforma di legno, costruirono la comoda scala e, con l’aiuto di Veaceslav, le pareti e il tetto di legno di quella sugli alberi... non proprio una casettina, tre locali in quindici metri quadri. Alla sera Alexandru e Dimitri rivestirono con le pietre del cumulo pareti e pavimento della stanza interrata, per la quale un suo amico carpentiere stava finendo la robusta apertura di accesso a scomparsa, con scorrimento senza alcuno sforzo su cuscinetti a sfera... un regalo di Dimitri, non previsto nel progetto di San Gianni.
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47 – Caffè con panna, l’unione del cielo con la terra.
Sabato 29 giugno – al lavoro Andrea c’era... e non c’era, tanto che Michele e Pino iniziarono un po' a preoccuparsi, poiché dimenticava le ordinazioni o le sbagliava... poi quando venne Ludmila a dargli il cambio capirono il motivo. Niente di grave, averne di disturbi del genere...
Alle 18, dopo 18 giorni finalmente le due “AA... cercasi” si ritrovarono e per quella sera il passato dei due innamorati fu magicamente sospeso... il nuovo si può solo vivere poiché descrivendolo diventa passato.
Domenica 30 giugno – (come concordato) alle 8 Matej preparò il caffè, dispose sul tavolo, sopra la tovaglia di lino beige, il vassoio di Plăcintă alla ciliegia preparate da Natasha e il mazzo di rose raccolte da Liliana.
Accanto al tovagliolo (rosa) di Anne mise il disegno che aveva preparato per darle il benvenuto, un acquerello raffigurante una tazza di caffè con panna con sotto la scritta, suggerita da San Gianni...
Caffè con panna, l’unione del cielo e della terra
poi uscì senza far rumore, controllò il mangime dei canarini, diede da mangiare ai setter e li fece correre un po'... come la sua fantasia che si figurava Andrea e Anne raggiungere il tavolo per la colazione...
Intanto gli uomini dopo aver lavorato sino a notte inoltrata erano già all’opera dalle prime luci dell’alba... la casa sull’albero e quella sottoterra erano quasi terminate. L’apertura scorrevole era un gioiello tecnico, perfettamente dissimulato si azionava da cinque metri di distanza tramite cavi d’acciaio intubati e interrati, con un verricello collocato in un casottino.
Dimitri era giustamente orgoglioso del dispositivo, al pari di tutti gli altri che curarono ogni dettaglio della costruzione, realizzando, in altra forma e con altri materiali... un diverso caffè con panna, una diversa unione del cielo con la terra.
Alle 8.30 le due AA (Andrea & Anne) fecero colazione... in paradiso, e dopo aver giustamente assaporato qualche ora di intimità uscirono per vedere la grande voliera – un capolavoro – disse Anne.
Mentre erano lì seduti sulla comoda panca, divenuta il posto preferito di Andrea, arrivò Dimitri...
Dimitri – buongiorno signora Anne, tutto bene?
Anne – buongiorno a lei, Dimitri, sì grazie. Andrea mi ha raccontato come vi siete conosciuti... per fortuna che siete rimasti entrambi qui... così alla fine ci sono arrivata anch’io. Sono sbalordita, non ho mai visto una voliera così grande e bella, costruita alla perfezione, complimenti.
D – grazie, fatto con tutti i parenti. Anche tutti hanno aiutato per la casa sopra alberi che voleva San Gianni... adesso è finito, si può vedere se vuole.
Andrea – (toccava a lui essere sbalordito) finita? Non è possibile, in cinque giorni! Anche quella sottoterra?
D – sì boss... anche apertura che scorre, anche pitturato tutto il legno... andiamo a vedere?
Un incredulo Andrea (portò con sé la pietra agganciandola anch’essa al cordino del suo ciondolo) e Anne ancora di più (il giorno prima Gianni le disse che avevano iniziato i lavori... mica che li stavano finendo) seguirono Dimitri che allungò un poco il tragitto per arrivarci dalla direzione migliore.
Quando mancava un centinaio di metri le due AA si accorsero che tutti i moldavi li stavano attendendo.
Anne non credeva ai suoi occhi... la casa sull’albero era stupenda e tutte quelle persone ormai intimamente legate ad Andrea e Gianni... ancora di più.
Rallentò il passo per cercare di assorbire l’emozione, ma naturalmente non ci riuscì... forse neppure voi se una dozzina di persone vi aspettano per salutarvi, sinceramente contente di conoscervi e altrettanto emozionate.
Accadde qualcosa di strano... spontaneamente si formarono tre gruppi: i ragazzi, gli uomini con Andrea e quello delle donne (anche la piccola Sofia).
L’attenzione di Veaceslav, Alexandru, Maxim e Nicola era focalizzata su Andrea che (meravigliato) ascoltava Dimitri spiegargli il dispositivo tecnico per l’apertura della casa nascosta sottoterra.
Seguendo col dito la traiettoria descritta da Dimitri, del percorso sotterraneo dei cavi d’acciaio verso il casottino di comando, (il dito) incontrò il gruppo delle donne e tutte loro in quel momento, toccarono il braccio di Anne quello della macchia, coperto dalla manica della camicia.
Solo Andrea e Dimitri videro quanto accadde e per un attimo il tempo parve fermarsi - un attimo infinito - un déjà vu che saettando come una scarica elettrica nella mente di Andrea, liberò un contenuto sonoro racchiuso da qualche parte... noi siamo insieme.
Un déjà vu che evocò in Natasha, Liliana e nella piccola Sofia angoscia e paura, in Ludmila rabbia, in Dimitri un sentimento di rispetto per Andrea e in Anne si trasformò in un’immagine che la scosse da cima a fondo ... una mano racchiusa in un guanto nero che le stringeva il braccio.
Quale fosse stata l’emozione, la sensazione e l’intensità, per le donne coinvolte il modo d’interagire da quel momento cambiò radicalmente... esemplificato dalla piccola Sofia che abbracciò Anne come se la conoscesse da sempre...
Tutto questo durò appena qualche minuto, mentre durò ben di più la visita della casa sugli alberi che li accolse tutti senza problemi.
In collegamento video, San Gianni estasiato consegnò la casa ai ragazzi che provarono ad impegnarsi a non usarla sinché non fosse ritornato... ma un’affabile Marie disse che toccava a loro adesso arredare le stanze e stabilire le regole del nuovo mondo.
Quando (era la prima volta che lo vedevano e sapevano fosse un bambino speciale) Jean comparve sullo schermo, tutti dissimularono l’interesse ed evitarono saluti eccessivi, sicché sentirlo parlare fu una sorpresa...
Jean – la mamma vi ha preparato la sua torta al limone... con i pignoli?
Anne – (sorpresa e commossa) ciao Jean, la faccio domani... con i pinoli.
Jean– però una non basta... Andrea, quante ne servono?
Andrea – (altrettanto sorpreso e commosso) – direi tre... quattro è meglio... siamo quattordici, stasera con Michele e Pino sedici (oggi è giorno di chiusura dell’Oiseau jaune).
Jean – e Marco?
Andrea – (sbigottito) Marco..?
Jean – San Gianni mi ha insegnato i nomi di tutti... mamma, Andrea, io Jean, San Gianni, Marie, Dimitri, Natasha, il mio amico Matej, Stefan, Adrian, Veaceslav, Liliana, Sofia, David, Ludmila... dopo ti dico una cosa, Alexandru, Maxim, Nicola, Michele, Pino e Marco del lavatoio...
Accadde un’altra cosa strana, Jean pronunciava il nome di ognuno come se facesse un appello e a tutti nell’udirlo... suonò un po' diverso, come se ci avesse aggiunto un ingrediente (fonetico) magico.
Ludmila sbiancò, poiché Jean pronunciò il suo nome esattamente come lo diceva la nonna e, al termine della lista, le disse quella cosa...
Jean – Ludmila, il mio disegno è nella cartellina, aprila e dimmi se ti piace...
Ludmila quasi svenne ma l’abitudine all’autocontrollo le permise di superare il mancamento. Nella cartellina... sapeva già cosa avrebbe trovato, la sua guida... un uccello giallo dall’occhio luminoso che la costrinse a ritornare in questo mondo. Per la prima volta da allora provò la gioia di essere viva...
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48– Punto di vista
Lunedì 1 luglio – al mattino Anne si dedicò alle torte, non ne aveva mai fatte quattro e servì anche il forno di Natasha, venuta ad aiutarla.
Dopo un po' arrivò anche Liliana, accompagnata da Sofia, offrendosi per il cibo della cena che avrebbe riunito tutte le persone dell’elenco di Jean, compreso Marco, invitato da Andrea.
Arrivarono le case su ruote che impegnarono alquanto Andrea e Veaceslav (che prese mezza giornata dal lavoro) per farle collocare negli spazi predisposti, stabilizzarle e iniziare a collegarne gli impianti.
L’eccitazione di Matej, Stefan, Adrian e David, a cui fu interdetta l’area interessata, si rivolse alla casa aerea... ottenuto il permesso, portarono tavolino e sedie da campeggio, panini, bevande e frutta e, raggiunti da Sofia, mangiando iniziarono a progettare.
In un’altra casa, le tre persone dell’elenco che non avrebbero potuto partecipare alla cena, decisero di festeggiare, su richiesta di Jean, nella pizzeria di fronte al lago.
Il viaggio in auto con Marie e Jean, la breve passeggiata per raggiungere la pizzeria, il tavolo all’aperto con vista sul tranquillo specchio d’acqua, le fioriere ricolme, il cielo azzurro, il sole del mezzogiorno di inizio estate... portarono San Gianni a chiedersi se il paradiso potesse offrire di più... e in quel momento si diffuse la musica di sottofondo del locale.
Una musica che conosceva bene, la preferita di Marie che lo guardò sorridendo, quasi conoscesse i suoi pensieri.
Gianni – beh, anche la tua canzone... direi che non manca niente.
Marie – una sola cosa... sapere perché siamo qui.
Il tono della compagna indusse Gianni a scartare le risposte scontate arrivando in breve alla sola che, pur non rivelandone il motivo, lo conteneva...
G - siamo qui perché lo vuole il destino?
M – certamente, ma pensa alle infinite situazioni nostre e altrui, per ognuna potremmo dire che il destino ha deciso così, tuttavia manca ancora qualcosa...
G – qualcosa... il destino potrebbe contenere qualcosa non soggetta al suo potere?
M – in quel luogo dove l’hai pensato... può accadere.
G – se in quel luogo io pensassi a questa situazione?
M – esatto, hai colto il punto... di vista.
G – quindi sono, siamo qui... per discutere di questo?
M – anche... ti ho guardato sino a quando è iniziata la musica, avevi l’espressione di una persona a cui non manca nulla, qui, in questo bel posto, luminoso, con me e Jean... un paradiso, no?
G – è quello che ho pensato... e si può aggiungere qualcosa al paradiso, ad esempio la musica, rimanendo nello stesso luogo.
M – tuttavia, come dicevamo, mancherà sempre qualcosa... ma quale che sia (nel nostro caso sapere il motivo per cui siamo qui) nello stesso luogo dove lo senti può accadere di incontrare la risposta.
G – in effetti nel nostro caso è accaduto... ne conosci un altro?
M – quello che ci hanno raccontato, separatamente, Anne e Andrea di ieri, il déjà vu che in forme diverse hanno sperimentato lui, Dimitri e le quattro donne... sei persone contemporaneamente, raro è dire poco. Appena incontrati qualcosa li ha spostati nell’unico luogo che poteva rispondere a quella mancanza.
G – sì, sei persone che sperimentano un déjà vu collettivo direi che è unico... com’è stato possibile?
M – lo sai... gli oggetti accumulano potere, il tuo listello ha l’indomito potere della nonna di Ludmila a cui si è aggiunto quello trasportato dal fulmine, che ha permesso a me di riprendermi e ha strappato Anne dalle grinfie dell’altro...
G - la pietra che aveva con sé Andrea... è un oggetto di potere anch’essa?
M – molto di più... non c’è potere che non possa assorbire e attraverso di essa puoi mandarlo dove vuoi... senza bisogno del fulmine.
Puoi trasferire un piccolo potere in un oggetto e aggiungerne un altro, un altro ancora... non c’è limite.
Andrea aggiunse la pietra al ciondolo che tiene sempre al collo e quando inconsapevolmente ha puntato il dito sul gruppo delle donne...
G – accidenti... quindi attraverso la pietra il potere del ciondolo si è trasferito alle donne?
M – una parte davvero minima, abbastanza per quell’evento straordinario.
G – ... in quale luogo sono stati spostati?
M – nello stesso luogo dove si trovavano, in una differente realtà.
G – differente temporalmente?
M – il tempo è una dimensione della realtà in cui adesso ci troviamo ma, come hai intuito, il destino che vi agisce (il divenire) potrebbe contenere qualcosa che non vi è soggetta.
G – ... e questo qualcosa “sposta” una persona in un diverso luogo?
M – questo qualcosa è un potere che sposta la percezione nel luogo di una differente realtà... cambia il punto di vista.
G – dunque sposta la percezione... la persona rimane nella sua realtà (questa) a cui - a causa di un potere - si sovrappone quella differente che diventa il punto di vista della percezione... dico bene?
M – benissimo... è più facile farne esperienza che spiegarlo.
G – facile se c’è un potere...
M – il potere c’è sempre... ma ha bisogno del veicolo giusto per agire.
G – e quando lo trova?
M – ... arriva la pizza!
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49 – La terza vita
Anne non aveva mai partecipato ad una cena con così tante persone (diciotto, poiché Marco venne con la moglie, Giada), neppure in occasione del suo matrimonio che fu una cerimonia del tutto formale.
Mentre qui tutte le formalità lasciarono il posto alla sostanza della disponibilità di ognuno a condividere quel tempo in comune.
Nei tavoli preparati all’aperto, accompagnati dall’introvabile prosecco di San Gianni, si susseguirono i piatti tipici moldavi, le torte di Anne e infine il caffè con panna di Andrea. Terminata la cena, delle quattro torte ne restò una, destinata alla colazione dei ragazzi il giorno dopo, nella casa sugli alberi.
I nuovi ospiti naturalmente non poterono credere che in una settimana fosse stato possibile costruire la voliera e la casa sugli alberi, l’aspetto esecutivo di quei capolavori era stupefacente... quello motivazionale per altri versi lo era ancora di più e Marco ne parlò con Andrea, seduto accanto a lui.
Marco – Quello che avete costruito, l’associazione, l’ampliamento dell’Oiseau jaune e tutti gli altri progetti... non sarebbero possibili senza la coesione del gruppo.
Conosco abbastanza le persone per accorgermi che non si tratta solo di interessi convergenti, per quanto encomiabile se fosse l’unico motivo, qual è la colla che vi unisce?
Andrea – l’amicizia?
M – comprendo la reticenza, sarei altrettanto guardingo nel confidarmi con l’ultimo arrivato. Comincio io dicendoti che mio padre Tommaso (ha 88 anni) risiede in un istituto necessitando di assistenza medica continua, ancora per poco. (pausa)
A – capisco, fatti forza.
M – grazie, te ne parlo perché giusto stamani sono stato con lui qualche ora.
Ha la mente del tutto lucida e gli ho detto che siamo stati invitati da te, il figlio di Marcello e Juliette. Stranamente ho avuto la sensazione che aspettasse questo momento... mi ha detto che conosceva tuo padre.
A – ho visto tuo padre una sola volta ma la ricordo bene, era il 1992, avevo da poco ottenuto la patente e mio padre mi portò da un concessionario per un’auto usata, dove incontrammo Tommaso. Mentre io visionavo alcune vetture loro due parlarono a lungo, pareva fossero in confidenza. Nell’occasione non feci in tempo a salutarlo.
M – beh, mi ha chiesto se può vederti, forse per un’ultima condivisione dei ricordi di un tempo. Se non mi invitavi non sarebbe accaduto...
A – quanto ci vuole da qui in auto?
M – meno di un’ora... te ne sarei riconoscente.
A – Marco, volevi sapere quale fosse la colla: il destino.
Tutte le persone che sono qui e Gianni, Marie e il figlio di Anne, sentono che il destino li ha uniti. Non è facile da spiegare, lo è da vivere... come per tuo padre che condividendo qualcosa con me in qualche modo riguarderà tutti. Domani posso prendere tre ore, subito dopo pranzo, va bene alle due?
M – benissimo, non ci speravo... grazie.
A – di niente, sono curioso di ascoltare Tommaso... vuoi sapere perché ti abbiamo invitato?
M – certo.
A – perché Jean, il figlio di Anne che ha sei anni – un bimbo particolare – conosce i nomi di tutti noi. Il tuo l’ha sentito una sola volta da Gianni e l’ha messo nel suo elenco... ieri, tutti eravamo presenti. Sono sicuro che aggiungerà anche Giada.
Martedì 2 luglio
Durante la cena di lunedì mentre Andrea intratteneva Marco, Anne lo fece con la moglie, Giada.
Non avevano figli e conducevano una vita riservata salvo per le ricorrenze familiari e le principali festività.
Anche lei, seppur diversamente dal marito, rimase meravigliata dall’atmosfera quasi confidenziale che avvolgeva il gruppo di persone.
Al momento di salutarsi, apprendendo che Andrea avrebbe fatto visita a Tommaso ne fu felice, per il marito che lo sperava e per se stessa... Marco, dopo una recente operazione agli occhi, guidava solo in casi estremi e per brevissimi tragitti.
Così martedì, alle 14, lo portò da Andrea, già pronto con la sua auto.
Giada li salutò e accadde quel che sperava... Anne la invitò a restare sino al ritorno degli uomini. A Giada non era mai successo di sentirsi così bene con le persone, nonostante fossero dei perfetti sconosciuti sino alla sera prima.
Come disse Gabriel Garcia Màrquez , ciascuno di noi ha tre vite, quella pubblica, quella privata e una segreta. Intuiva che l’ultima, comune a tutto il gruppo, fosse all’origine del suo sentire.
Arrivati all’ultima casa di Tommaso entrarono nella sua stanza... e lo trovarono seduto sulla poltroncina vicino alla finestra. Erano passati mesi dall’ultima volta che trovò il desiderio e la forza di farlo, la circostanza indicava l’importanza della visita. Si sedettero sulle due seggiole predisposte per l’occasione.
Tommaso – buongiorno Andrea... spetterà a mio figlio ricambiare la cortesia della tua visita, io posso solo ringraziarti ma confido che alcune cose che ti dirò ti interesseranno.
Andrea – ciao Tommaso... mio padre dava sempre del tu a tutti, non importa chi avesse di fronte e ricordo come mia madre lo riprendesse, a volte scusandosi al suo posto. Sono passati quasi trent’anni dall’ultima volta che assieme a mio padre ti vidi dal concessionario, non me ne ha spiegato il motivo né io l’ho chiesto, lo faccio ora: cosa successe della vostra amicizia?
T – vai subito al punto, hai carattere... purtroppo devo chiedere a mio figlio, che spero mi capisca, di lasciarci soli, ci sono cose di cui ancora mi vergogno... quando e se lo riterrai opportuno sarai tu a farlo.
Marco, per nulla contrariato, uscì dalla stanza.
A – (ripropone la domanda) fu a causa di un contrasto, una discussione?
T – siamo sempre andati d’accordo... decidemmo di non frequentarci più.
Ma procediamo con ordine, ieri Marco mi ha fatto una domanda inaspettata, se avessi mai sentito parlare di un altro sentiero dal lavatoio alla tua proprietà.
Mi ha detto che gli ponesti la domanda quando ti incontrò, tempo fa.
Solo tu potevi chiedere una cosa del genere... quando aggiunse che lo avevi invitato a cena capii che era arrivato il momento di vederti.
La vergogna è una scusa. Non ho mai nascosto nulla al mio unico figlio, ma questa non può ancora conoscerla... per il suo bene.
Dimmi, hai trovato l’altro sentiero?
Andrea trasalì alla domanda altrettanto inaspettata e diretta e gli parlò del canarino, di Matej e della loro escursione in quel giorno particolare.
Tommaso, con un’espressione di compiacimento, ascoltò con attenzione ogni sillaba e Andrea era certo che contemporaneamente rivivesse un proprio ricordo.
T – sì, l’ho percorso anch’io quel sentiero... purtroppo non c’è tempo per continuare, Marco è un tipo sveglio e conta le parole, raccontare una vergogna non può durare oltre mezz’ora. Dovrai tornare da solo e ti racconterò l’intera storia.
A – va bene... un’ultima domanda, c’entra una pietra in questa storia?
Gli occhi di Tommaso si illuminarono, il volto parve ringiovanire e un fiotto d’energia quasi lo fece alzare dalla poltrona.
T - l’avete trovata?! Quando tornerai avvisa la segretaria, mi accorderò che mantenga riservata la visita.
.....................
Al ritorno, dopo aver salutato Marco e Giada.
Andrea – com’è andata con Giada?
Anne – abbiamo gradevolmente chiacchierato, poi si è unita Liliana e Sofia e infine è arrivata Natasha portandosi appresso Adrian... adesso il bambino ha una nuova zia.
Andrea – (riferisce il colloquio) Marco e il padre sono stati contenti della visita, io per l’ennesima volta sono sconcertato da tutte queste coincidenze...
Anne – ... come innumerevoli tessere che compongono un grande puzzle, all’inizio la ricomposizione è estremamente lenta e difficoltosa ma via via gli incastri – le coincidenze – aumentano e si riducono le collocazioni errate, col risultato di un’accelerazione...
Andrea – però, ammettendo di essere a buon punto, convieni con me che queste nuove tessere siano particolarmente significative?
Anne – dal nostro punto di vista certamente, da quello del disegno completo ogni tessera è indispensabile.
Collocata da te o qualcun altro avvicina la soluzione, oggi quella di Tommaso si incastra con quella di Gianni che ha pensato al regalo fantastico, poi di Jean che ha avuto la visione della pietra e Alexandru e Ludmila che l’hanno trovata. Risali e incontri Marco a cui hai chiesto del sentiero dopo averlo percorso con Matej e un canarino che ve l’ha portato... sino all’origine di tutto...
Andrea - ... lo scopo.
Anne – sì, Marie direbbe che noi siamo nel disegno dello scopo... come tutto quello che facciamo o non facciamo. Alzandoti da terra vedi il volo dell’uccello giallo che ha creato il disegno... e dove si posa avviene una coincidenza.
Andrea – quindi una coincidenza unisce due o più eventi ma anche, nel nostro caso, ... l’evento all’uccello giallo. E per tutte le altre innumerevoli coincidenze che accadono?
Anne – è esperienza comune che coincidenze, dèjà vu, ecc. si distinguono per uno sfasamento – una sorta di delocalizzazione temporale e/o spaziale – dell’interessato, indicando qualcosa in comune.
Adesso devo darti una cattiva notizia... la madre di Dimitri e Veaceslav si è aggravata e non ci sono speranze. Se non rientrano subito non riusciranno a salutarla ancora in coscienza.
L’ho proposto, anticipandoti, ma Dimitri dice che non ti abbandoneranno con tutti gli impegni... è in casa, se vuoi parlarci.
Andrea – (turbato) certo che ci parlo, andiamoci assieme.
Entrano in casa e trovano le tre famiglie riunite – salvo Ludmila che lavorava al bar – visibilmente angosciate, persino il piccolo Adrian se ne stava muto in un angolo.
Andrea – (prende il telefono, chiama Gianni e alla presenza di tutti gli dice della cattiva notizia) faremo come dici tu, San Gianni.
Gianni – spostiamo immediatamente il cantiere di un paio di settimane, me ne occupo io. Dovete partire al più presto, è importante per voi e per noi fare il possibile.
Dimitri – San Gianni...
Gianni – non ci provare, Dimitri... piuttosto prepara le foto per spiegare alla tua mamma cosa stiamo facendo, l’associazione e il lavoro per tutti... dille che siamo orgogliosi di te e degli altri.
Alexandru – io posso restare... anche sostituire Ludmila al bar, so fare, avevo anch’io in Moldova. Maxim dice lui sta qui, casa sempre controllata.
Gianni – Nicola, noleggia un comodo pulmino a nome dell’Oiseau jaune (l’associazione) che provvederà al pagamento, ricambiando parzialmente l’enorme impegno profuso per la casa sugli alberi e quella per gli uccelli.
Ho deciso così e stavolta non si vota... fate buon viaggio.
.........................
50 – Tommaso
Mercoledì 3 luglio
Ludmila apprese la decisione di San Gianni e fu contenta per il compagno Alexandru (lui, Dimitri e Veaceslav usufruirono delle ferie) che avrebbe ripreso per un po' la sua precedente professione.
Il comodo pulmino con il gruppo partì subito dopo pranzo.
Anne la mattina telefonò a Giada per informarla della partenza dei moldavi e per assicurarsi che Marco non avesse intenzione di recarsi dal padre.
Come convenuto Andrea si accordò con la segretaria dell’istituto e assieme ad Anne nel pomeriggio si recò da Tommaso.
Tommaso - ti ringrazio infinitamente, dubitavo di rivederti... Giada mi ha spiegato il motivo per telefono, mi dispiace, altresì mi ha detto che ha incontrato una persona speciale, (rivolto ad Anne) mi creda signora, non l’ha mai detto per nessuno... posso chiederle se conosce i fatti di cui parleremo?
Anne – completamente, Tommaso...
Tommaso – ne ero sicuro, penso che la sua presenza sia necessaria. Questo è uno dei giorni più importanti della mia vita, comincio subito...
Marcello (il padre adottivo di Andrea) aveva undici anni più di me, l’ho conosciuto che ero ancora adolescente... rimanendone affascinato, era uno studioso e deteneva una grande conoscenza in tanti campi.
Qualche volta mi aiutò negli studi senza mai chiedere nulla in cambio e col tempo diventammo amici... il divario d’età non ha importanza per chi non conduce vita mondana.
Venendo al dunque, un tempo remoto nella proprietà di Marcello c’erano delle modeste costruzioni di un piccolo insediamento di persone.
Successe qualcosa che le costrinse ad andarsene... il cumulo delle vecchie pietre è quanto rimase dopo che una parte fu usata per il casale.
È sempre stato lì, ricoperto di terra... neppure il padre di Marcello l’ha mai toccato, opponendosi alla sua richiesta di sbancarlo per spianare il terreno ad uso agricolo.
Marcello conobbe dal padre la storia che si tramandò all’interno della famiglia solo quando il genitore arrivò a fine vita. Nel caso di un evento improvviso il padre l’aveva lasciata scritta... Marcello me l’ha affidata e se non io mio figlio Marco te l’avrebbe recapitata, ma sono contento di poterla raccontare di persona.
“intorno al 1300 un eremita rifiutò di consegnare agli sgherri del regnante del luogo un oggetto col quale compiva degli atti miracolosi. Costrinsero un ragazzo che gli aveva portato del cibo a seguirli e fecero precipitare l’eremita in un dirupo ma il giovane riuscì a fuggire. Alle prime luci dell’alba il ragazzo ritornò nell’eremo e recuperò l’oggetto, una pietra... purtroppo fu visto dagli sgherri anch’essi là col medesimo proposito.
Ancora una volta l’agile ragazzo scappò e dopo una lunga fuga scollinò il crinale, arrivando al lavatoio. Lasciato il sentiero che intuì fosse controllato, infine giunse per un’altra via all’insediamento dove i residenti lo difesero dagli inseguitori.
Pagarono a caro prezzo l’aiuto, dopo aver occultato la pietra dovettero abbandonare tutto quel che avevano, per salvarsi la vita dagli sgherri che ritornarono ben più numerosi e distrussero ogni cosa. “
Nel 1970 (avevo 38 anni) successe qualcosa a Marcello che lo indusse a raccontarmi la storia.
Se non avessi insistito... forse non avremmo iniziato lo scavo del cumulo, stante la contrarietà di Juliette (la moglie) che ebbe un presentimento.
Dopo aver scelto il posto – una zona dove anche l’erba selvatica non attecchiva – procedemmo con lo scavo e diverse ore dopo la vanga di Marcello incontrò dei piccoli oggetti metallici arrugginiti. Dai quali tutti due abbiamo visto una forma scura risalire la vanga di Marcello che ne fu talmente scosso da scagliarla via con forza, colpendomi il braccio e causandomi una profonda ferita (mostra la cicatrice).
Nel ritornare verso casa per tamponarla ci venne incontro Juliette, disperata – maledetta giornata – la tua futura madre aveva 40 anni ed era al terzo mese di una difficile gravidanza. Marcello ci portò all’ospedale dove mi cucirono la ferita mentre lei purtroppo perse il bambino...
Andrea – (sgomento) non me l’hanno mai detto...
Tommaso – lo immaginavo... Marcello ha accuratamente evitato tutto quello che poteva ricordare quel giorno a Juliette e di comune accordo interrompemmo definitivamente la nostra frequentazione.
Ho rivisto tuo padre e te dal concessionario e dopo ben 22 anni ci siamo riparlati mentre tu visionavi delle auto usate... gli dissi di aver trovato il sentiero misterioso che continuai a ricercare, perché mi accorsi che solo in quei luoghi provavo sollievo dal dolore al braccio.
Fu durante un improvviso cambio del tempo, quando una grandinata ne evidenziò il percorso che segnai, ritornandoci quando non riuscivo a sopportare il dolore... la mia ancora di salvezza, perché pensai seriamente di fare amputare il braccio. Marcello fu sorpreso e gli lessi negli occhi il desiderio impossibile di percorrerlo assieme. Siamo due persone forti e non abbiamo dato spazio alla commozione, disse “le cose sono andate così” e mi ha chiesto come ultimo favore di farti avere lo scritto... (glielo consegna).
Anne fece capire ad Andrea di uscire e sedendosi vicino a Tommaso, senza dire niente, scoprì il suo braccio mostrandogli la leggera depressione a forma d’uccello. Poi lo appoggiò sopra la cicatrice di quello dell’uomo e volse altrove gli occhi...
L’uomo conviveva da sempre con un continuo dolore proveniente dalla vecchia ferita, all’inizio dovuto alla lesione dei nervi ma in seguito risultato inspiegabile e refrattario ai farmaci. Disse ai dottori che aveva la sensazione che vi fosse rimasta “della terra nera sporca” imprigionata dalla cicatrice, chiedendo se fosse possibile rimuoverla. Ma esami strumentali e prelievi non evidenziarono alcun materiale estraneo incapsulato, riaprire del tutto la estesa e profonda cicatrice avrebbe compromesso la funzionalità della mano.
... Tommaso guardò il braccio di Anne, la leggera depressione a forma d’uccello era lunga una ventina di centimetri, come la sua cicatrice.
Sorpreso della coincidenza e ancor più del gesto di Anne nell’appoggiargli il braccio, non riuscì a dire nulla poiché dalla sua cicatrice si sviluppò un calore così intenso che pensò si stesse riaprendo da sé.
Per resistere dovette chiudere gli occhi ed ebbe l’immagine di “quella terra nera sporca” che risaliva dal profondo e bruciava, dissolvendosi... assieme alla ripugnante sensazione che l’aveva accompagnato ogni giorno per cinquant’anni.
Pianse... come mai prima, mescolando le lacrime ai ricordi della sua vita, di sua moglie, Marco, Marcello...
Anne – non hai sbagliato ad insistere... come ha detto Marcello, le cose sono andate come dovevano andare, quello che vi è accaduto fu a causa di una presenza malevola che anch’io ho incontrato e so quanto dev’esserti stato difficile sopportarlo per tutta la vita.
Non ringraziarmi, in questa storia ognuno di noi svolge la sua parte come i personaggi di un romanzo, in vista di uno scopo che ancora non possiamo immaginare.
Non so in che modo l’hai capito ma so quale è sempre stata la tua preoccupazione, che a Marco e Giada potesse accadere qualcosa di spiacevole.
Hai ragione, nessuno che in qualche modo sia collegato a questa storia può salvarsi da solo... o tutti o nessuno.
Tommaso – (ripresosi) come hai chiesto non ti ringrazio per il braccio... se non avessi insistito con Marcello sarebbe accaduto lo stesso?
Anne – quel giorno siete entrati nel dominio di quella presenza, magari sarebbe potuto accadere a tuo figlio di scavare quel cumulo.
Tommaso – capisco... quando finirà?
Anne – non c’è tempo per raccontarti tutto, ma finirà quando tutti noi, più di venti persone, Marco e Giada, come perle di una collana unite da un filo, raggiungeremo lo scopo... oppure quello che chiamiamo l’altro riuscirà a tagliarlo per impossessarsene.
Tommaso – impossessarsi di tutte le persone?
Anne – per l’altro le persone non sono importanti quanto il filo per preparare la propria collana.
Tommaso – c’è qualcosa che posso ancora fare?
Anne – hai fatto tutto il possibile, vivi i tuoi ricordi per il tempo che ti resta... la vuoi vedere?
Al cenno di assenso gli mostrò la foto della pietra sul telefonino.
Tommaso la accarezzò dicendo che la immaginava proprio così...
Anne gli raccomandò di non dire niente di quanto accaduto poiché non era giunto il momento.
Lo abbracciò e fece rientrare Andrea che si stupì del cambiamento avvenuto nell’uomo.
Quella notte Giada e Marco, chiamati dall’istituto, la trascorsero con Tommaso, per quella che viene detta “l’abbondanza della morte” durante la quale chi si accinge al trapasso sovente rievoca l’intera vita ascoltato dai familiari.
Quando lo videro, come accade quasi a tutti, pensarono a un miracoloso miglioramento; volle rimanere seduto sulla poltroncina e si scusò pregandoli di perdonarlo per il disturbo.
Ascoltando quel fiume in piena depositare sulla riva dell’esistenza gli eventi di una vita, Marco cercava di ricordare quando fu l’ultima volta che vide gli occhi azzurri del padre risplendere luminosi come ora e ricordò che nel 1970 – aveva tredici anni – il padre lo salutò sorridente mentre andava dall’amico Marcello per procedere a uno scavo... e ritornò dall’ospedale col braccio devastato che lo fece dannare per tutta la vita, rubandogli la luce dagli occhi.
Era quasi l’alba quando Tommaso – volgendosi verso la porta – terminò il racconto dicendo...
“ ciao Marcello, adesso ti posso accompagnare nel sentiero... “
...........................................................................
51 – la lettera di Marcello
Giovedì 4 luglio
Se anche il silenzio si può tagliare col coltello così è per l’assenza, quando qualcuno o qualcosa con cui siamo in relazione si allontana o abbandona il nostro orizzonte degli eventi. Le famiglie moldave erano partite, Alexandru era andato all’Oiseau jaune e Nicola governava cani e uccelli al posto di Matej.
Andrea e Anne stavano preparando la colazione quando Giada chiamò al telefono dicendo che il trapasso di Tommaso avvenne in coscienza, senza alcun dolore e che, poco prima di rivolgersi all’immagine dell’amico Marcello, si raccomandò di ringraziarli per averlo sollevato dai pesi nel corpo e nell’anima...
La coppia prese un caffè e uscì all’aperto, salutò Nicola e dopo la visita alla magnifica casa sugli alberi sedette sulla panca di fronte alla voliera. Entrambi preferivano starsene un po' in silenzio ma poco a poco i gorgheggi di Picchio (il canarino) li riportò al flusso della vita.
Andrea aprì la busta con lo scritto di Marcello che descriveva la storia ascoltata da Tommaso e poi proseguiva...
Caro Andrea, un giorno leggerai in questa lettera alcune circostanze di cui non ti ho mai parlato, perché avrebbero potuto coinvolgere Juliette che giurai a me stesso di proteggere a qualunque costo.
Nel 1967 andammo a Lione (avevo 46 anni e Juliette 37) in una rinomata clinica per approfondire una volta per tutte le cause della nostra infertilità. Incoraggiati dal responso (tutto era normale e le interruzioni di gravidanza dipesero da fattori esterni) nel ritornare al parcheggio ci fermammo in una bancarella di vecchi libri, gestita da una donna davvero gentile.
Sentendoci parlare in italiano e conoscendolo, mi diede un paio di testi particolari che gli avevano appena consegnato per poi dedicarsi a mia moglie. Diedi un’occhiata al primo e mentre stavo visionando il secondo, in lingua italiana, si avvicinò un uomo elegante, incuriosito da quei libri, a cui dissi di avere scartato quello già visionato.
Lo prese e cominciò a sfogliarlo... per dissimulare d’essere interessato a quello che avevo in mano e già pensavo di acquistare. Juliette mi raggiunse, seguita dalla venditrice e, col signore elegante, ci ritrovammo tutti alquanto vicini.
Mi accorsi che alla rivenditrice quell’uomo interessava... non solo in quanto cliente, sicuramente lo conosceva e capì che egli attendeva che riponessi il libro. Purtroppo per lui non ne avevo l’intenzione e stavo quasi per pagarlo quando Juliette lo sfogliò, trovando alla fine del primo capitolo un disegno fatto a matita di cui non mi ero accorto, raffigurante il volto di una donna.
A quel punto il libro mi interessava ancora di più ma successe qualcosa di inspiegabile... Juliette visto il disegno cambiò espressione, da allegra ad impaurita in un istante. Stavo per chiederle se stesse bene quando fui distratto da un ragazzo che chiese qualcosa (a voce un po' troppo alta) all’uomo elegante e, ritornando a mia moglie, feci solo in tempo a vedere che ritornò il libro direttamente nelle mani dell’esercente dicendo che non ci interessava. Alla donna non parve vero e con nonchalance lo diede all’uomo che lo pagò all’istante e si intrattenne in conversazione.
Al momento non dissi nulla, accettai seppur con dispiacere il fatto per non contrappormi a Juliette... in fin dei conti si trattava solo di un libricino, neppure tanto vecchio (lessi del 1925) e lei aveva passato dei giorni stressanti nella clinica.
Ripartiti, Juliette rimase in silenzio per un bel po' e quando riprendemmo a parlare non accennò minimamente all’episodio, né lo feci io, seppure ero sicuro che fosse accaduto qualcosa... di negativo.
Arrivati a casa una forte inquietudine mi fece decidere di rimanermene in soggiorno e nel cuore della notte ebbi un incubo, il più terribile che avessi mai provato. L’immagine del disegno prese vita e vidi quella donna assalita da ogni sorta di figure malvage che volevano qualcosa da lei... mi accorsi che c’era il libro sul pavimento e quando lo presi per metterlo al sicuro una di quelle figure venne verso di me e mi afferrò il braccio, ma riuscii a gettarlo lontano.
Mi risvegliai col voltastomaco, bagnato di sudore e col braccio che bruciava e pulsava. Accesi la luce e quasi svenni - la manica della camicia era lacerata, intrisa del sangue che stava uscendo dalle ferite nel braccio - ero sotto shock e quando reagii mi resi conto di avere dei pezzi di un calice (da vino) di vetro conficcati in profondità.
Avvolsi strettamente il braccio per rallentare la circolazione e pian piano li tolsi, fortunatamente non avevano reciso l’arteria brachiale. Passai il resto della notte a ripulire e attesi il mattino per la medicazione, senza dire nulla a Juliette. Avevo bevuto un calice di vino a cena ma sono certo di non averlo portato con me sul divano, non lo faccio mai... non sono riuscito a spiegarmelo.
Tre anni dopo, nel 1970, Juliette rimase incinta, quello che aveva sempre desiderato. Ritornati nella solita clinica il dottore le disse che, anche considerata l’età, era una situazione al limite... a me, in privato, invece disse che era oltre il limite e di non farmi illusioni, preparandomi per tempo, nel caso, ad affrontare l’inevitabile crollo psicologico di Juliette.
Avrai letto della pietra e quando Juliette mi riferì dei sintomi (era in tre mesi) che il dottore mi aveva anticipato... mi aggrappai all’idea che quella pietra avrebbe potuto aiutarla, trattandosi dell’oggetto di un eremita. Ne parlai con Tommaso che insistette per aiutarmi... avremmo sbancato quel cumulo e anche l’intera collina se necessario, ma se c’era l’avremmo trovata... e invece abbiamo risvegliato quella presenza malvagia. Capii troppo tardi perché mio padre non volle mai metter mano al cumulo.
Quando la mia vanga incontrò un piccolo cumulo di oggetti metallici... letteralmente vedemmo una forma scura risalirla e in breve arrivarmi quasi al braccio. Istintivamente ho scagliato via con forza l’attrezzo, purtroppo colpendo il braccio di Tommaso e rovinandogli l’esistenza. Nello stesso momento Juliette perse il bambino (per cui aveva già scelto il nome, Jean), niente fu come prima... Tommaso convenne a porre fine alla nostra amicizia.
In seguito ho recuperato quegli oggetti metallici: chiodi particolari, pezzi di una maglia metallica e frammenti di cuoio che sono riuscito a identificare quali componenti di un guanto d’arme chiodato, di notevole fattura e valore, tanto che per attuare il mio proposito dovetti tenerli ad arrostire in una grossa stufa a carbone per giorni prima di vederli dissolversi completamente. Ormai il danno era stato fatto ma almeno, fu la mia sensazione, la zona è stata liberata da quella presenza.
Rividi Tommaso 22 anni dopo, da un concessionario assieme a te, sono certo che lo ricordi... nell’occasione mi disse che aveva trovato il sentiero misterioso che ricercò per tutto il tempo, poiché solo in quei luoghi riusciva a sopportare il dolore al braccio.
Non so cosa ho sbagliato, le cose sono andate così e vivo ogni giorno il dispiacere per quello che è successo... se non fossi arrivato tu la mia vita e quella di Juliette non avrebbe avuto più senso, ti abbiamo amato più del figlio che non abbiamo avuto.
Forse non lo ricordi ma chiesi a te, al termine del nostro primo Natale assieme, dove dimorare l’abete che prendemmo con le radici. Abbiamo girato per tutta la proprietà e alla fine hai indicato il cumulo... l’unico posto dove non lo avrei messo. Ti ho chiesto perché proprio lì e mi hai risposto che ti piaceva e immaginavi altri Natali, altri abeti... e farci sopra, nel cielo, una casetta.
Dopo quello che successe avevo evitato quel cumulo come la peste, tanto che l’avevo lasciato alle erbacce, per nasconderlo meglio. Ma dopo averci piantato l’albero non provai più la spiacevole sensazione che mi procurava, anzi... non vedevo l’ora di aggiungere altri abeti che prendevo sempre più grandi perché avessero la stessa altezza.
Tommaso mi ha promesso che si sarebbe occupato di questa lettera che il giorno dopo ho lasciato al concessionario. A distanza di 22 anni ancora soffriva per il braccio e il senso di colpa mi ha impedito di dirgli che se avessi potuto esprimere un ultimo desiderio sarebbe stato di percorrere assieme a lui il sentiero...
Anne – “... un disegno fatto a matita di cui non mi ero accorto, raffigurante il volto di una donna”, strano, poiché Marie aveva riconosciuto lo stile della madre, Claude. Mi disse che all’epoca lavorava a Lione, in una bancarella di libri usati e che un giorno ripassò nuovamente quell’uomo elegante che poi sposò...
Andrea – incredibile, è tutto collegato... le nostre vite e gli avvenimenti, uno dietro l’altro come le perle di una collana. Ciò che più mi sconcerta è che praticamente tutto quanto accade ne faccia parte, come le tessere del puzzle di cui parlavate tu e Gianni.
Anne – in realtà è semplice... messi da parte tutti gli altri gioielli è rimasta solo la collana dell’uccello giallo e la rapida successione degli avvenimenti collegati potrebbe indicare che ci si avvicina alla chiusura del cerchio.
Andrea – mio padre è morto nel 2001 a 80 anni e mia madre nel 2008 a 78 anni... per tutto il tempo che abbiamo vissuto assieme nessuno dei due mi ha mai accennato a questi fatti... neppure in punto di morte, non ti pare strano?
Anne – beh, Juliette l’ha rimosso per non esserne sopraffatta, Marcello ha preferito la lettera e abbiamo appena fatto in tempo a vedere Tommaso... che ha lasciato a noi valutare se parlarne con Marco. Credo che dovremo farlo, comunque non subito, al momento giusto.
Andrea – appunto il momento giusto... è da un po' che volevo chiedertelo, c’è qualcosa che non so?
Anne – (guardandolo dritto negli occhi) è un buon segno se hai questa sensazione... significa che sta arrivando il momento giusto per dirtelo, hai fiducia che sia per il bene di tutti?
Andrea – ce l’ho... ma chi lo decide, Marie..?
Anne – certamente non io né Gianni e Marie non è qui. Jean ha dato le istruzioni e tu, da solo, devi trovare la soluzione. Marie dice che non hai ancora la forza necessaria e che siamo nelle tue mani... ricordi domenica, quando siamo arrivati ai piedi della casa sugli alberi?
Andrea – un bel momento, con Jean che ci ha chiamato tutti per nome!
Anne – non quel momento, quello prima... hai visto quando tutte le donne mi hanno toccato, vero?
Andrea – sì... è stato davvero strano, ho sentito dentro di me una voce dire, come Jean, “noi siamo insieme”.
Anne – non me l’avevi detto... ricordi cosa stavi facendo? (fu Gianni a riferirlo ad Anne).
Andrea – sì, seguivo col dito il percorso del dispositivo di apertura...
Anne – e hai puntato me e le donne (nuovamente lo guarda diritto negli occhi), deve esserti successo qualcosa prima di udire quella voce!
Andrea disse che, seguendo col dito le spiegazioni di Dimitri, si mosse quel tanto da sbilanciare la pietra appesa al ciondolo e istintivamente, temendo fosse in procinto di sciogliersi, portò la mano sinistra al petto per bloccarli entrambi, così facendoli combaciare. In quel preciso momento le donne all’unisono toccarono il braccio di Anne, Andrea ebbe il dejà vu e sentì la voce...
Anne – Dimmi, quanto peserà la pietra?
Andrea – questo lo so con precisione, esattamente 753 grammi. Stavo per portarla con me in una borsa ma, dopo averla tolta dalla custodia, soprappensiero mi sono ritrovato a sciogliere il nodo del mio ciondolo e far passare il cordino attraverso il foro nella pietra...
Anne – ... un bel peso da tenere al collo. Anch’io e le donne avemmo un dejà vu, mi hanno raccontato i loro e ne riparleremo. Facendo combaciare il ciondolo di legno sulla pietra hai inconsapevolmente attivato il suo potere (del ciondolo) che seguendo il dito ci ha raggiunto... non si è solo fermato il tempo, abbiamo vissuto un eterno istante di una differente realtà.
Ti è stato affidato un grande potere, Marie dice che non ci sono porte che non possa aprire.
Andrea – se mi vengono delle immagini... pensi che dovrei seguirle?
Anne – intendi che ti indicano un luogo?
Andrea – sì, un luogo particolare... la stanza sotterranea.
Anne – Jean disse: “l’ho sognato... quando costruiscono la casetta la trovano, la puliscono e lei racconta la sua storia”. C’è un posto per la pietra nella stanza?
Andrea – abbiamo lasciato una nicchia sul muro e messo una piccola panca. Il meccanismo di accesso si può manovrare anche dall’interno per chiudere il soffitto.
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52 – Il socio
Alexandru non fece rimpiangere Ludmila all’Oiseau jaune, avendo la qualità che distingue il cameriere per lavoro da quello per vocazione... la discrezione, esserci quando serve e viceversa.
Fu lui quel mattino a servire una persona anziana ai tavolini esterni, accorgendosi del suo guardare intenzionato all’interno del locale, come a ricercare qualcuno. Pino disse di non averlo mai visto mentre Michele non era sicuro che questa fosse la prima visita, forse era un cliente di vecchia data, quando non c’era ancora Ludmila, quindi era probabile che cercasse Andrea, il titolare. Appurata l’assenza rivolse l’interesse alla strada, nelle due direzioni... e Alexandru che ormai lo teneva d’occhio ne notò il disagio, quasi che dalla strada potessero giungere sgradite sorprese. Capì che era ormai in procinto di andarsene e fidandosi del suo intuito (che gli rimandava una persona a modo) si avvicinò anticipando la chiamata del conto e disse che il titolare sarebbe venuto alle sei di sera. L’uomo parve soddisfatto dell’informazione.
Dopo una lunga chiacchierata con Jean e i suoi tutori, Andrea e Anne si recarono all’Oiseau jaune, dove Alexandru raccontò dell’uomo e terminò il turno.
Erano passati una decina di giorni da quando ad Andrea parve di scorgere l’anziano amico di Franco e la descrizione fatta da Alexandru combaciava col suo ricordo. Tuttavia passarono le ore e dell’uomo nessun segno, forse erano solo supposizioni e ripensando a Franco involontariamente si portò la mano al petto, toccando il ciondolo che gli diede.
Se in una pellicola di un film viene inserito un fotogramma alieno è impossibile accorgersene durante la visione, perché persista un’immagine sulla retina dell’occhio è necessario un certo tempo, figurarsi un solo fotogramma in 1/25 di secondo... ma se il proiettore s’inceppa proprio su quella?
Allora è come una foto, fissa, quella che Andrea visse un’altra volta... era all’aperto e stava guardando i medici che prestavano soccorso a Franco, caduto a terra dieci metri dopo il bar, svoltato l’angolo...
Andrea uscì immediatamente dal locale seguito da Anne, fece quei pochi metri e svoltò l’angolo, proprio mentre una persona stava allontanandosene...
Andrea – (rivolto all’uomo, alzando la voce) signore, sono il barista, l’amico di Franco...
L’uomo si girò, lo guardò negli occhi e... pianse. Andrea gli fu subito vicino e Anne, senza pensarci gli accarezzò un braccio. Passato il momento di intensa commozione, l’uomo si presentò come Paul... il misterioso (per Marie) socio di Gerard e l’amico di Franco.
Tutti tre tornarono all’Oiseau jeaune e sedettero appartati nel nuovo locale, Michele portò delle bevande fresche e sì, adesso ricordava quel volto.
Paul – stavo andandomene... pensando che il momento per incontrarci non ci sarebbe mai stato anche se Franco predisse che mi avresti trovato dove ci aveva lasciato... come l’hai capito?
Andrea – si è sovrapposta un’immagine a quello che stavo vedendo: il luogo con Franco a terra, i medici...
Paul – oggi sono stato nel bar, se c’eri mi avresti visto. Ma quando sono andato via ho capito d’aver sbagliato per la seconda volta (la prima fu una decina di giorni fa, quando passai dall’altra parte della strada). Così questa sera non ho fatto nessun calcolo, a un certo punto sono andato sul luogo dietro l’angolo, proponendomi di attendere una mezz’ora. Se non arrivavi non ci sarebbe stata un’altra occasione e non ci saremmo più visti...
Andrea – però sapevi che venivo alle sei...
Paul – sì, e avrei potuto incontrarti da tanto tempo... ma non sarebbe stato il momento giusto, i nostri “ingranaggi” (le informazioni) si sarebbero avvicinati ma non “incastrati”, mancando il potere per farlo...
Anne – il potere del ciondolo?
Paul – non solo, se siamo qui significa che avete trovato la pietra attraverso cui è stato attivato e usato da Andrea... per lo scopo. È una lunga storia e the days are numbered (i giorni sono contati). Bisogna che partiamo dall’inizio...
Andrea – da quel giorno alla bancarella, quando la mia futura madre (adottiva) rifiutò l’acquisto del libro, giusto?
Paul – (gli si illuminano gli occhi) è proprio come speravo accadesse... gli ingranaggi che si incastrano nel punto giusto al momento giusto. Voi avete alcune informazioni che a me mancano e io tutte le altre.
Sì, quel giorno è l’inizio della storia che ci riguarda (non dell’intera storia) e c’ero anch’io, avevo 25 anni e mi occupavo di oggetti e libri d’antiquariato, una passione che divenne la mia attività principale. Avevo appena portato a Claude un pacco di libri da cui ne dette due in visione a una coppia... i tuoi futuri genitori, come scoprii in seguito. Ricordo bene l’interesse di Marcello per il secondo libro e l’arrivo di Patrick (che frequentava abitualmente la bancarella) piuttosto contrariato di non avere avuto la precedenza nella visione dei testi... ma tant’è, Claude faceva il suo mestiere e ormai Marcello era in procinto di chiederle il prezzo e prendere il libro.
Invece fu Juliette a prenderlo dalle mani del marito e sfogliarlo... trovò il disegno e ne fu molto turbata. Eravamo cinque persone, tutte diversamente interessate al destino di quel libro... conoscevo abbastanza Claude e la sua attrazione per quell’uomo elegante, a cui avrebbe certamente proposto i libri che le avevo portato, se quella coppia non fosse arrivata un minuto prima.
Anche a me successe qualcosa... colsi l’attimo nel quale percepii un accenno di movimento della mano di Juliette e mi rivolsi a Patrick... Marcello si distrasse e quell’accenno divenne un gesto compiuto (la riconsegna del libro). Tuo padre ci rimase male...
Andrea – tieni Paul, leggi... (gli da la lettera di Marcello).
Paul – sono trascorsi cinquant’anni... e questa lettera mi ha riportato nel preciso momento che adesso ho rivissuto dal punto di vista di tuo padre, un grand’uomo che accettando tutto non ha sbagliato nulla. Ci sono così tante cose da dovervi dire che mi sento smarrito... perché tutto è importante, ogni parola, ogni gesto può far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Ma prima di procedere devo chiederti una cosa, Andrea... per favore, dammi il ciondolo di Franco.
Andrea – (porta una mano al petto, nonostante il peso aveva deciso di portare con sé pietra e ciondolo) non posso farlo, Paul... Franco scrisse di tenerlo sempre con me e di non esibirlo.
Paul – hai superato la prima prova... la pietra ti ha parlato?
Andrea – come sai del potere della pietra?
Paul – non hai risposto... negli ultimi anni di vita Franco ha frequentato una persona con un grande potere, uno sciamano navajo che in un’altra realtà dialogava con la Signora del disegno, entrambi coinvolti nello scopo dell’uccello giallo. Ti dirò ogni cosa che conosco, dopo... non puoi più attendere, lasciati guidare dalle immagini.
Anne – Paul, hai conosciuto Marie?
Paul – non di persona, ma sapevo di lei più che ella di sé... Patrick e Claude avevano ragione, mantenere la distanza tra noi è stato fondamentale. Penso che sia tempo di salutarci, torno qui domattina, buona fortuna Andrea...
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53 – la pietra parla
Poco dopo mezzanotte Andrea aprì la copertura della casa sotterranea e Anne che volle accompagnarlo si sistemò nella casa sugli alberi.
L’uomo accese un piccolo lumino, dopo aver chiuso il tetto (c’era una piccola griglia per il ricambio d’aria) sciolse la pietra dal ciondolo, l’adagiò nella nicchia e si sedette sulla panchetta, con la schiena appoggiata al muro. Non cercò di guidare i pensieri e non resistette al torpore del sonno...
... la compagna del Capo villaggio che assieme ad altre donne stava raccogliendo castagne nei boschi si imbatté per prima nel ragazzo, zoppicante e sfigurato da sofferenza e fatica, che le raccontò quanto accadde. Vedendo in fondo al sentiero gli sgherri del feudatario, con cui la comunità aveva avuto contrasti, decise di nascondersi col giovane in un anfratto mentre le donne corsero ad avvisare il Capo.
L’uomo che comandava i quattro sgherri, come una belva che fiuta la preda, sentì che era vicina. Ci volle del tempo ma infine trovarono l’anfratto e produssero del fumo per farli uscire, con ciò rivelando la posizione al Capo del villaggio, sopraggiunto con la sorella e una quindicina d’uomini.
Al vederli, il comandante degli sgherri ruppe gli indugi, con una torcia si inoltrò nell’anfratto e trovata la donna la ferì profondamente nell’afferrarle il braccio col guanto d’arme chiodato, costringendola ad uscire assieme al ragazzo.
Il Capo del villaggio capì che era la fine – gli sgherri non avrebbero perdonato l’aiuto al fuggiasco – e confidando nella loro superiorità numerica ingaggiarono la lotta. La valorosa sorella del Capo villaggio nel tentativo di liberarne la compagna fu trafitta a morte, tuttavia riuscendo quasi a recidere del tutto la mano dello sgherro che abbandonò la presa.
Oltre alla donna uccisa, quattro uomini del villaggio furono feriti seriamente mentre dall’altra parte il capo degli sgherri perse l’uso della mano che fu privata del micidiale guanto d’arme, fatto a pezzi e sotterrato. Fu deciso di legare i cinque sgherri e bloccarli nell’anfratto dove avrebbero impiegato almeno un paio di giorni per liberarsi.
Il Capo e la sua compagna procedettero ad interrare in un luogo già predisposto una cassetta di legno con la pietra. Per la comunità, raccolto in fretta l’indispensabile, non restò che la diaspora. Gli sgherri ritornati in forze avrebbero razziato animali e beni, distruggendo e bruciando tutto.
Ragazzo – l’eremita era un sant’uomo e aiutava le persone che si rivolgevano a lui, guarì anche mia madre e mia sorella dalla malattia e per riconoscenza quando potevo gli portavo del cibo e ascoltavo la sua parola. Usava questa pietra miracolosa che teneva sempre al collo, senza mai farla vedere. Ma con un tranello riuscirono a scoprirlo e il principe la volle ad ogni costo, per la sua salute.
Un giorno l’eremita ebbe una visione che gli indicò il luogo dove nasconderla e quando arrivai me lo rivelò. Mi disse che in futuro la pietra “avrebbe aiutato la guida ad aprire le porte del cielo” e che ci sono altri luoghi e tempi dove continueremo a vivere. Sono sicuro che riguarderà anche voi e tanti altri.
Mentre stavo ritornando a casa incontrai gli sgherri del principe che mi costrinsero a ritornare con loro dall’eremita. Lo malmenarono ma egli disse di aver nascosto la pietra in un luogo impervio e distante da lì, dove li avrebbe condotti. Credo che se l’avesse consegnata subito dopo ci avrebbero ucciso entrambi. Ci avviammo verso il crinale, io e l’eremita a piedi, seguiti dagli sgherri a cavallo. Man mano che procedevamo ogni tanto l’eremita mi fece dei segni con la mano dai quali capii le sue intenzioni. Conoscevo il posto dov’eravamo diretti, talmente irto di rocce da costringere gli sgherri a scendere dai cavalli. Quando lo raggiungemmo con una sola alzata di sopracciglie l’eremita mi avvisò di tenermi pronto e si scagliò gridando a squarciagola sui cavalli per aizzarli... la sorpresa mi permise di scappare. Nella fuga mi volsi solo una volta, il tempo per vedere l’eremita trafitto e scagliato nel dirupo.
Capo – avevo sentito parlare dell’eremita... ma un uomo di Dio ha bisogno di una pietra?
Ragazzo – no di certo... è la pietra che ha bisogno di un devoto. Altrimenti non succederebbe niente, come non avrebbe aiutato la salute del principe... ma tu, che hai perso la sorella e sacrificato il futuro tuo e della tua comunità per aiutarmi, sei stato chiamato...
Capo – purtroppo non sono uomo di fede...
Ragazzo – non importa quello che credi, ma quello che sei e non lo decidi tu... tieni, metti la pietra al collo per un po’ prima che la sotterriamo...
Il Capo prese la piccola pietra e come la mise a momenti cadde in avanti... pesava più di uno staio di grano (venti chili) e sbigottito dovette sorreggerla con entrambe le mani per impedire allo spago di incidergli il collo.
Ragazzo – è quello che è successo anche a me quando l’eremita volle che provassi, solo chi è stato chiamato sente il suo vero peso, il suo potere. Adesso puoi fare del bene a qualcuno...
Il Capo appoggiò una mano sul braccio ferito della sua compagna e incredibilmente la ferita smise di sanguinare e i lembi si unirono, mentre la pietra perse un po' del suo peso. Fece portare i feriti e imponendo la mano ottenne lo stesso risultato, la pietra adesso pesava mezzo staio.
Accanto alla fossa per la valorosa sorella morta nella lotta, egli, attorniato dalla comunità, si inginocchiò e piangendo mise la mano sul petto del cadavere... tutti videro il viso cambiare espressione: la smorfia di dolore che la morte congelò si sciolse e i lineamenti del viso resero l’impressione di una donna serenamente addormentata... mentre la pietra divenne più leggera di una piuma.
Solo a quel punto il ragazzo chiese d’essere aiutato... si era ferito seriamente ad una gamba cadendo dal crinale durante la lunga fuga e la steccò con legni e strisce di tessuto..
Capo - la tua gamba è rovinata... potevamo provare ad usare la pietra prima che esaurisse il potere, perché non l’hai domandato?
Ragazzo - perché dovevo dimostrare a me stesso di meritare il mio maestro che non ha mai chiesto nulla per sé, e tutti voi che mi avete aiutato sapendo a cosa andavate incontro.
La pietra venne occultata alla perfezione, la piccola comunità affrontò un lungo e difficile viaggio ma rimase unita. Il ragazzo fu accolto in un convento dove amputata la gamba visse qualche anno tranquillamente. Prima di morire descrisse gli eventi in una lettera che affidò al priore per essere consegnata, un secolo dopo, a chi riedificò in quel luogo.
Andrea riprese coscienza di sé nella consueta realtà... senza ricordare come aveva rimesso la pietra al collo, di cui avvertiva l’ingombro ma non più il peso, quasi fosse una piuma. Riaprì la copertura del tetto nello stesso momento che Anne scendeva dalle scale, entrambi di ritorno da quell’altra realtà che dapprima indistintamente e adesso inoppugnabilmente confermava il collegamento con la loro. Come furono insieme in quella, infine si ritrovarono in questa.
Anne (e in seguito Paul) non ebbe bisogno di chiedere se la notte nella casa sotterranea avesse prodotto un risultato, poiché Andrea al pari di Marie emanava qualcosa e adesso sapeva da dove originava il filo che lo univa allo scopo.
Andrea – (rivolto ad Anne) sono stato trasportato in un’altra realtà che ho visto con gli occhi del Capo di un villaggio e...
Anne – ... abbiamo seppellito il nostro amico, la pietra ha guarito la mia ferita, ero con te, ho visto e sentito quello che hai visto e sentito tu, la pietra ha parlato per entrambi. Metti questo fazzoletto, il cordino del ciondolo ti ha segnato il collo... adesso che sei stato chiamato posso dirti cos’è successo con Marie.
Nel cuore della notte mentre lentamente ritornarono verso casa Anne raccontò gli eventi accaduti a Marie, Jean, se stessa e Gianni. Passando davanti alla voliera Picchio gorgheggiò... nessun canarino canta di notte.
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54 – Paul
Venerdì 5 luglio
Al mattino Paul, seduto allo stesso tavolo dell’Oiseau jaune, dopo una sommaria descrizione della casa sotterranea, ascoltò il racconto di quella notte. Andrea vedendo crescere il suo disagio (controllava frequentemente la strada) lo convinse a venire a casa sua per continuare la conversazione, che fu registrata per inviarla a Marie e Gianni.
Paul – abbiamo poco tempo, Andrea... quando l’altro scoprirà l’inganno agirà immediatamente.
Il rombo, l’oggetto che vi ha costretto a consegnargli, era una perfetta copia, fatta dallo sciamano navajo dalle foto dell’originale che Gerard occultò nel suo appartamento, dove ancora si trova.
“Dopo appena un paio di mesi dall’episodio del libro, Patrick e Claude si sposarono. L’uomo (57 anni) da poco pensionato grazie ad accordi aziendali, in più percepiva gli interessi delle operazioni finanziarie ereditate dal padre. Claude (43 anni) dopo aver letto il capitolo sui rombi, fece un sogno premonitore nel quale la donna del disegno la chiamava per aiutarla a realizzare il sogno di diventare madre.
Convinse Patrick a girare il mondo nella speranza d’incontrarla, iniziando la collezione di quei manufatti (rombi), i più antichi oggetti di potere realizzati dall’uomo.
Intanto la mia collaborazione con Patrick si consolidava e approfondivo lo studio delle lingue asiatiche per le indagini e ricerche sui rombi, finché un giorno ebbi delle informazioni su una sciamana di quei noti luoghi che, diversamente dalla tradizione che impiega i tamburi, dialogava con gli spiriti attraverso i rombi. Erano trascorsi tre anni dal sogno di Claude e nel giro di un mese partimmo.
Fu un viaggio molto difficile ma riuscimmo a raggiungere la Signora (come l’abbiamo sempre chiamata da allora) che ci accolse nella sua piccola casetta. Quando Claude le domandò se fosse la donna del suo sogno lei chiese di farle un ritratto... Claude riprodusse fedelmente quello del libro e al vederlo la Signora disse che aveva chiamato chi era pronto “per lo scopo”.
Non fu Claude ad aver fatto il disegno sul libro ma ne fu talmente affascinata da farne proprio lo stile. Secondo Doli, il maestro navajo di Franco, il potere della Signora fece comparire il disegno prima che fosse eseguito...
Dovendo compiere un rito particolare ci accomiatò e quando tornammo dopo tre giorni la Signora (che appariva stremata) affermò che il concepimento sarebbe stato possibile. Tuttavia li informò delle potenti forze contrarie che avrebbero reso molto difficile la vita al nascituro.
Disse a Claude e Patrick di pensarci bene prima di “comportarsi da sposi”, poiché “lo scopo” sarebbe intervenuto e non avrebbero più avuto una “loro vita”. Ma Claude non si scoraggiò ed era disposta a pagare qualsiasi prezzo per mettere al mondo un figlio, ritenendolo “il suo compito” e Patrick, che si sentì “completato” nell’unione con Claude, ne avrebbe accettato qualsiasi conseguenza.
Chiarita bene la situazione la Signora sciolse uno dei due rombi che teneva al collo e, dopo averlo inserito con molta cura dentro un sacchetto di tessuto contenente dei trucioli, lo dette a Claude. Le disse che era “il rombo del cielo”, per proteggere il nascituro da un’entità (l’altro) che da quel preciso momento (la consegna del rombo) avrebbe cercato in tutti i modi di impadronirsene per i suoi fini.
Andrea – quale è l’origine dei rombi?
Una piccola parte di quello che so proviene dalla Signora mentre la maggiore la apprese Franco dallo sciamano navajo Doli che frequentò (in America) dopo la separazione da Marie.
Nel 1989, quando Marie e Gerard compirono diciott'anni e la continua ricerca di nuovi rombi ne aveva messo a dura prova il fisico, Patrick (79 anni) durante un viaggio in Arizona incontrò il navajo Doli (39 anni) e gli chiese di aiutarlo, motivando il suo scopo per la salute dei gemelli.
Doli non poteva decidere autonomamente in quanto discepolo dello sciamano Sike (84 anni) del quale era l’unico collegamento col mondo, a cui riferì la richiesta. Il vecchio sciamano prese uno dei suoi rombi e dopo averlo fatto aderire per un po' a quello che portava sempre al collo lo fece consegnare a Patrick che, ritornato a casa, lo diede a Claude.
La salute dei gemelli migliorò subito e decrebbe lentamente, permettendo una buona qualità di vita per i successivi due anni. Patrick, che aveva già programmato un ulteriore viaggio, sentendo avvicinarsi la fine mi diede le indicazioni per raggiungere il navajo Doli.
Partii al suo posto portando con me il rombo ormai esaurito, ma non riuscii a rintracciare Doli che si era ritirato in un luogo sconosciuto col suo maestro, per accompagnarne l’imminente uscita dal mondo… purtroppo quando ritornai anche Patrick l’aveva lasciato.
Avevo 50 anni all’epoca e parecchi problemi problemi con mio figlio Alain (25 anni), avuto da una relazione ormai conclusa. Disgraziatamente aveva cominciato a far uso di droghe e per allontanarlo da quella strada gli proposi la mia, a volte portandolo con me in viaggio e facendolo partecipare a qualche mia trattativa commerciale.
Mi astenni sempre dal coinvolgere Gerard nei miei problemi ma inevitabilmente parlai con mio figlio delle motivazioni riguardo i ricorrenti viaggi alla ricerca dei rombi. Poiché Alain smise di assumere droghe mi illusi di averlo recuperato all’etica del nostro mondo, senza accorgermi per tempo del suo assorbimento in un altro… di cui riparleremo al momento giusto.
Tornando ai rombi… migliaia di anni fa due fulmini, uno dal cielo (discendente) e l’altro dalla terra (ascendente), si scaricarono contemporaneamente su un cipresso asiatico dal quale venne ricavato un rombo che tagliato in due metà - la superiore del cielo e l’inferiore della terra - passarono di sciamano in sciamano acquisendo sempre più potere sino a giungere entrambi alla Signora.
Quella che stiamo vivendo potrebbe essere l’ultima fase di un confronto iniziato da tempi immemorabili tra lo scopo dell’Uccello giallo e la brama di potere dell’altro. Il “rombo del cielo” e “il rombo della terra” (che la Signora mantenne al collo) sono le chiavi per accedere ad un potere inimmaginabile, mai usufruito pienamente sinora da una delle due parti.
Quando i tempi furono maturi la Signora “chiamò i suoi giocatori” e, consegnando il rombo del cielo a Claude, si ruppe l’equilibrio esistente permettendo all’altro di entrare in gioco per impossessarsene.
Dopo un terribile confronto con la Signora l’altro interferì potentemente negli eventi che andavano sviluppandosi e invece di un unico concepimento protetto dal potere del rombo del cielo, avvenne un concepimento gemellare.
Claude scoprì presto che le cose non procedevano bene, all’iniziale gioia per la gravidanza subentrò dapprima il timore e poi la certezza che il potere del rombo non sarebbe stato sufficiente a proteggere entrambe le creature. Gli esami che via via effettuava indicavano anomalie in entrambi i feti – una femmina e un maschio – in quest’ultimo di un ordine di grandezza decuplicato, tanto da metterne in forse la nascita. Pensò che la Signora non le prospettò il concepimento gemellare, riferendosi sempre ad un solo nascituro, per non doverle anticipare la sorte di uno dei due. Così almeno per qualche settimana le fu risparmiata l’angoscia.
Ma Claude non si arrese e notando un miglioramento quando stava nello studio di Patrick comprese che la loro collezione di rombi (conservata in quella stanza) “aiutava” quello del cielo a sostenere le precarie funzioni vitali del feto maschio.
Si confezionò delle vestaglie con numerose tasche dove metteva tutti i rombi da cui non si separava per nessuna ragione. Tuttavia si accorse che “il potere” dei rombi si consumava e Patrick intraprese un viaggio dopo l’altro per procurarsene altri.
Nel 1971 nacquero i due gemelli e i problemi di salute del maschio, Gerard, e in misura molto minore di Marie, divennero la preoccupazione quotidiana di Claude che cercava in tutti i modi di tenerli il più possibile all’interno dell’abitazione, per usufruire della protezione del rombo del cielo e degli altri che Patrick periodicamente portava a casa.
Nel corso degli anni Marie soffrì profondamente le lunghe assenze del padre a cui imputava (non conoscendone il vero motivo) di privilegiare i suoi interessi egoistici (viaggi) al benessere della famiglia. Patrick ne soffriva ancora più di lei e dovette rassegnarsi alla progressiva lontananza dalla presenza e dall’affetto della figlia che, per reazione, frequentava la casa il meno possibile. Se ciò incise sul suo stato di salute, di converso permetteva a Gerard di usufruire pienamente dell’influenza dei rombi.
I rombi possono adempiere diverse funzioni ma in ogni caso derivano il loro potere da chi li detiene e dal quale lo assorbono. Venuta meno l’unione col detentore, alcuni tipi di rombi possono conservare una parte di quel potere che, in certe circostanze, può essere “attivata”.
Il rito della Signora ebbe lo scopo di “istruire” il rombo del cielo per la protezione del concepito e, quasi avesse una propria forma di coscienza, non potendolo fare per entrambi i gemelli, per risonanza attivò e man mano consumò il potere residuo degli altri rombi.
Claude scoprendo il modo di sostenere le funzioni vitali di Gerard permise la sua nascita e, pur tra mille difficoltà, crescere ed arrivare a trent'anni. L’interferenza dell’altro produsse il duplice concepimento e, nonostante la protezione del rombo del cielo, avrebbe danneggiato lo sviluppo di entrambi i feti, conducendone l’uno a una morte prematura e l’altro, ammesso fosse sopravvissuto, a gravi deficit.
Per l’altro i gemelli erano ostacoli da rimuovere per impadronirsi del rombo del cielo e con quello, acquisire il potere necessario a confrontarsi con la Signora per il possesso del rombo della terra. Ma il suo piano andò in fumo.
Andrea – Paul, chi è l’altro?
È una questione complessa, con differenti livelli di risposte. Semplificando, la Signora è (stata in vita) la controparte fisica dell’Uccello giallo, diventando tutt’uno col suo scopo e facendovi partecipare le persone che ha “chiamato” direttamente o che si sono aggiunte indirettamente.
Potremmo dire che l’altro sia l’ombra dell’Uccello giallo e la sua controparte fisica, ancora in vita, è la persona che tramite i suoi uomini… (Paul, turbato, si interrompe per un po') è all’origine di questa odissea: il primo discepolo dello sciamano navajo Sike.
Nel 1965 Sike (60 anni) accettò questo primo discepolo, un giovane di 23 anni del nordamerica di madre francese che, come tanti ai suoi tempi, viaggiò per il mondo alla ricerca di… risposte.
Quando Sike lo incontrò si rese conto delle sue qualità e della fortissima determinazione a percorrere un cammino di conoscenza, nonché dell’interesse per ogni forma di potere. Pur nutrendo dei dubbi se fosse la persona giusta per succedergli, si conformò al responso dell’Uccello giallo poiché l’altro candidato, che diverrà il secondo discepolo (Doli) era ancora troppo giovane (15 anni).
Gradatamente Sike rese partecipe il primo discepolo della sua grande conoscenza, insegnandogli ad usare e controllare le usuali forme di potere accessibili agli sciamani; il ragazzo apprendeva rapidamente e in pochi anni raggiunse il livello di padronanza del maestro Sike che ad un certo punto dovette aprirgli l’ultima porta, quella della conoscenza segreta.
Così il primo discepolo venne a conoscenza dell’origine del potere, dell’Uccello giallo, dello scopo, di quanto avvenne dalla Signora, dell’esistenza dei gemelli… e intravide la possibilità di impadronirsi delle chiavi (i rombi) per accedere ad un potere superiore alla morte umana.
Come una spugna, dopo aver assorbito tutta la conoscenza del suo maestro, il suo proposito inevitabilmente lo portò ad incontrare l’ALTRO e fondersi in esso come la Signora nell’Uccello giallo, non potendo a quel punto rendersi conto di essere sempre stato una sua pedina. Lasciò il maestro Sike come ci si libera di una lattina vuota convinto di averla svuotata del tutto e si recò in Francia, con l’unico obiettivo di individuare la locazione del rombo del cielo.
Sike comprese chi avesse allevato e da quel momento non usò più il suo nome, riferendosi sempre a lui come l’altro. Ma nella lattina vuota era rimasta la goccia più preziosa, il “rombo dell’unione” di cui Sike avrebbe parlato solo prima della sua morte. Se tutti noi avremo una possibilità sarà a causa di quella goccia.
Andrea – se ho ben capito, il rito della Signora permise all’altro-primo discepolo di conoscere cosa stava avvenendo?
Sì, come ho detto l’altro-primo discepolo (che da ora in poi chiameremo solo l’altro) è l’ombra dell’Uccello giallo e tutto quello che fa o gli accade la influenza. Ha potuto visualizzare la scena nel momento in cui la Signora si tolse il rombo del cielo, accedendo all’informazione sul luogo dove sarebbe stato portato. Tuttavia solo la nazione, Francia, non il posto preciso, altrimenti...
Andrea – perché?
Come ogni oggetto di potere può essere neutralizzato da un potere maggiore, altresì può venire “schermato” in modo da occultarne la presenza. Il potere dei rombi tuttavia è così grande che c'è un solo modo per farlo… riportarli alla condizione “prima” che lo divenissero, unendoli ai trucioli ottenuti dalla lavorazione... conservati per migliaia d’anni nel sacchetto dentro il quale la Signora inserì il rombo del cielo.
Andrea – anche Gianni, il compagno di Marie, ha conservato i trucioli di un listello di legno fatto da lui… (gli racconta una parte della vicenda).
Proprio così, una volta schermato l’oggetto è come non esistesse. Se la Signora avesse tardato a riporre il rombo nel sacchetto, l’altro avrebbe potuto individuare l’esatto luogo di destinazione.
Andrea – giusto per saperlo, come fa?
Il “tremore delle mani” è una particolare quanto poco conosciuta forma di divinazione praticata dagli sciamani Navajo nel Nord America. Si tratta di un metodo divinatorio che spesso viene utilizzato per la ricerca di oggetti o persone scomparse nonché come pratica di guarigione.
Il medium cade in uno stato simile alla trance e perde il controllo delle mani che si mettono a tremare. L’antropologo americano Clyde Kluckhohn ha studiato il fenomeno sulla persona di un indovino navajo di nome Gregorio.
Durante un viaggio, Kluckhohn e sua moglie visitarono una riserva navajo. Avendo sentito parlare del talento di Gregorio, decisero di metterlo alla prova e gli chiesero di aiutarli a ritrovare una borsetta che la signora Kluckhohn aveva smarrito qualche giorno prima. Gregorio si rimboccò le maniche, si lavò accuratamente braccia e mani e salì lentamente in cima a una collina. Volgendosi verso nord, cosparse la mano destra di polvere di mais e questa iniziò a tremare. Poi sfregò i palmi delle mani l’uno contro l’altro e, poco dopo, anche la mano sinistra iniziò a tremare come l’altra. Gregorio ripeté questo rito varie volte tenendo gli occhi chiusi. Poi, lentamente, mosse le mani come per formare il contorno della borsetta smarrita. Infine, annunciò ai coniugi che la borsetta si trovava all’emporio locale. E infatti era là.
Secondo Kluckhohn, gli indovini che praticano la divinazione con il tremore delle mani, come Gregorio, considerano questo fenomeno al di fuori del controllo della propria volontà. La loro arte sembra comunque genuina ed è innegabile che dia spesso risultati impressionanti. In un articolo pubblicato nel 1976 sulla rivista “Journal of the American Society for Psychical Research“, Richard Reichbart riferiva che la divinazione mediante tremore delle mani continuava a essere largamente praticata nella riserva navajo che copre un’area di 35.000 km² al confine tra l’Arizona, il Nuovo Messico, il Colorado e l’Utah. L’autore aggiungeva inoltre, “l’estremo isolamento della zona ha consentito la sopravvivenza dei costumi tradizionali navajo più di quanto sia avvenuto per altre tribù indiane“.
Anne – Paul, data l’ora, avremmo più tempo se ti fermi qui da noi.
Paul – hai ragione, date le circostanze vi sono grato per l’invito. Ma devo lasciare l’alloggio e sbrigare alcune faccende, andrebbe bene domattina.
Andrea – direi di pranzare e poi ti accompagno, vado all’Oiseau jaune e mi accordo per prendermi un periodo di riposo, così domattina ti vengo a prendere, ok?
Paul – grazie Andrea, conoscendoti comprendo la grande considerazione che Franco aveva di te. Tieni, questo è il capitolo del libro sui rombi ... ogni due pagine ha inserito un foglio del suo diario (14 fogli, 24 facciate in totale) dove racconta tutta la storia dal suo punto di vista. Leggetelo, così domani possiamo proseguire dalla sua morte ai nostri giorni.
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55 – il diario di Franco - (1)
Domani sarà l'ultimo giorno della mia vita, così ho liberamente deciso, dopo aver soppesato tutte le alternative che riguardano me e le persone che conosco. Se gli eventi seguiranno la strada che il mio maestro Doli ha prospettato verrà il tempo che tu, Andrea, leggerai questo riassunto e con le informazioni che dovrebbe fornirti Paul, avrai ben chiara la situazione che il destino ha deciso per te.
Sono assolutamente certo che il destino governi l'esistenza di ognuno ma solo poche persone possano davvero comprendere questo termine astratto. Vedendolo all'opera nel corso del tempo (il suo “braccio armato”) inevitabilmente cadranno le illusioni di poterlo influenzare. Tuttavia credo che i “destini personali” possano contenere un'opportunità, così come ogni “gioco” che non sia totalmente disonesto debba concedere almeno una infinitesima probabilità di vincita.
La mia vita, sino all'età di 29 anni, non è stata altro che la preparazione all'appuntamento col destino che si presentò attraverso le parole di mio padre prima della sua morte.
Mi raccontò una storia difficile da credere ma lui non mentì mai in tutta la sua esistenza, in più era perfettamente lucido e... ispirato, mi disse che quanto stava per dirmi era la cosa più importante che gli fosse accaduta e come successe a lui, poteva completamente cambiare anche la mia vita se dopo averla ascoltata avessi deciso di “farne parte”. Dopo avermi dato un biglietto su cui c'era scritto un nome e un indirizzo, mi descrisse quanto gli accadde.
<< “I libri sono stati la mia più grande passione, sin da giovane cominciai a collezionarne di vecchi e particolari, specialmente se trattavano argomenti insoliti. C'erano librerie e scaffali in ogni stanza di questa casa e tua madre dovette impegnarsi duramente per impedirmi di collocarne anche in cucina e... nella tua camera. Nel 1966, avevi quindici anni, la salute di tua madre si aggravò e le sofferenze aumentarono al punto che dovetti mandarti dagli zii per evitarti lo strazio di quei giorni. Ma quando ritornasti hai trovato la mamma serena e abbiamo trascorso gli ultimi suoi mesi di vita quasi come una vacanza... non aveva nessun dolore, né fisico né psicologico... un miracolo”
“Papà, ricordo bene... quando tornai e trovai la casa svuotata lo intuii prima che la mamma me lo dicesse... avevi fatto un voto: tutti i tuoi libri purché cessassero le sue sofferenze. Non te l'ho mai detto ma il tuo gesto mi ha insegnato a vivere, per qualcosa più grande del nostro interesse.”
“Ti ringrazio e adesso ti racconto tutta la storia. Quando rimanemmo soli, tua madre smise finalmente di controllare il dolore, gridando quasi in continuazione. Dopo solo un paio di giorni sapevo che non sarei riuscito ad assecondare la sua ultima volontà di rimanere cosciente... non si può mantenere la mano sul fuoco mentre carbonizza. Ero nel mio studio e le sue urla trapassavano le pareti, guardavo le migliaia di libri chiedendomi cosa valesse tutta la conoscenza umana di fronte al dolore e proposi a non so chi lo scambio con tutti i miei libri... inaspettatamente le urla cessarono di colpo. Pensando al peggio mi precipitai in camera... incredibilmente tua madre dormiva.
Qualcuno aveva ascoltato la mia supplica... alzai il telefono e informai i miei referenti della decisione irrevocabile di cedere tutti i libri. I dottori dissero che la malattia aveva leso i centri del dolore o qualcosa di simile. Ma neppure per un istante pensai di venir meno alla promessa, stranamente anch'io nei giorni seguenti rimasi del tutto insensibile al vedere portar via da librerie, scaffali e tavoli i miei amati libri.
Senza i miei libri e per tua madre la sofferenza, ci trovavamo entrambi in una situazione nuova, non avevamo più un passato e trascorremmo un paio di mesi come una coppia appena formata. Venuto il momento di farti tornare a casa entrai nella tua camera (era chiusa a chiave) per sistemarla, rimanendo sconcertato... sopra il tuo letto c'era una scatola con una decina di libri che non ricordavo assolutamente di aver messo.
Tua madre non avrebbe potuto farlo ma per togliermi il dubbio gliene parlai prima di sgomberare anche quelli. Lei mi chiese uno di quei libri e quando le portai il primo, “Studi e materiali di storia delle religioni”, volle che le leggessi il primo capitolo, “La grave mora (da un passo del purgatorio di Dante)”. Si assopì durante la lettura ma seguitai lentamente, felice del ristoro che le aveva procurato, sino all'ultima riga e lo lasciai sul suo comodino, attendendo il suo permesso per farlo uscir di casa assieme agli altri.
Dopo un paio di giorni mi diede il permesso, chiedendomi di rileggerle l'ultima pagina perché disse d'essersi assopita. Con un sorriso lo presi e quando lo aprii alla pagina richiesta quel sorriso si trasformò in stupore ed incredulità... nello spazio in precedenza vuoto nel mezzo dell'ultima pagina c'era il disegno di un volto femminile.
Anche se in tutta la nostra vita assieme non ho mai visto tua madre disegnare alcunché, le mostrai il disegno e balbettando le domandai come ci fosse riuscita (era l'unica spiegazione logica a cui mi aggrappavo). Ero sicuro al 100% che due giorni prima non ci fosse, potevo scommetterci la vita.
Moglie – non ho ancora la forza neppure per aprirlo il libro... è stata lei.
Marito – lei chi..?
Moglie – nello stesso momento in cui hai proposto lo scambio il dolore fu talmente intenso da farmi collassare e nel torpore prima dell'incoscienza l'ho vista... ha preso un oggetto che teneva al collo e me l'ha appoggiato sul petto, dicendomi che non poteva guarirmi ma non avrei più provato dolore. È stato il regalo più bello che mi potessero fare. Ha detto che “l'uccello giallo” avrebbe chiamato nostro figlio Franco... per uno scopo superiore alla vita stessa.
Marito – l'uccello giallo avrebbe chiamato Franco?
Moglie – sì, ha detto che tu dovrai fare una sola cosa... quando sentirai che sta per giungere il tuo tempo gli racconterai questa storia e gli dirai a chi hai dato il libro.
Questo è tutto. Non ne abbiamo più parlato e dalla sua morte, diciannove anni fa, ogni giorno sento la sua presenza, sono sicuro che per noi quel libro fu “il biglietto vincente della lotteria”, lo detti assieme agli altri a un appassionato giovanotto che ne commercia. Qui c'è scritto il suo recapito. >>
(Franco) - ebbene, per sei anni non ho voluto guardare il biglietto... a causa di altre storie che a quel tempo avevano la precedenza sul destino. Ma una dopo l'altra semplicemente scomparvero dalla mia vita... l'unica cosa che mi rimaneva era quel biglietto e mi venne più che il pensiero che il dolore finisce tanto quanto noi siamo disposti a finire. La rinuncia ai libri per mio padre equivaleva alla rinuncia di sé, io non avevo interessi di sorta, ma questa faccenda del destino ormai si era impossessata della mia mente, così decisi di accettarlo completamente, dovunque mi avesse portato e qualunque ostacolo mi avesse presentato.
Contattai Paul dicendogli chi ero, a distanza di trent'anni ricordava l'episodio come fosse il giorno prima e mi chiese d'incontrarci per approfondirne gli aspetti. Ci demmo appuntamento in un caffè, non distante dalla villa della famiglia di Marie, dove gli raccontai l'intera storia. Ne fu profondamente impressionato e riprese la narrazione di quel giorno dalla sua parte..
Paul – tuo padre mi ha molto aiutato nel mio lavoro e quando ricevetti la telefonata che annunciava la decisione di cedere la sua collezione, conoscendo le condizioni di tua madre, capii che successe qualcosa di grosso. Ho fatto quel che mi ha richiesto e dopo qualche giorno mi ha consegnato l'ultima scatola di libri, compreso quello del disegno. La vendita della collezione gli avrebbe fruttato una somma davvero considerevole e stabilì che la metà fosse il mio compenso (era una grossa cifra ma non volle sentir ragioni) in cambio della disponibilità a incontrarti quando ti saresti fatto vivo. Nell'occasione ti avrei consegnato l'altra metà, che ho depositato e ti appartiene, nel frattempo aumentata considerevolmente per gli interessi. Tuo padre era certo che prima o poi mi avresti cercato.
In quanto al libro... durante la lunga chiacchierata gli racconta di come lo ebbe Patrick, del matrimonio con Claude, della Signora, dei gemelli e del ruolo dei rombi per la loro salute.
Franco – quel disegno è dunque il ponte che ha collegato i destini delle persone di cui mi hai parlato. Se stai frequentando la casa immagino conoscerai tutti.
Paul – tutti meno Marie... dopo la nascita dei gemelli Patrick cominciò a viaggiare alla ricerca dei rombi e entrambi i genitori furono d'accordo nel tenere la mia persona fuori dal contesto familiare. Marie, non conoscendone il vero motivo, crescendo non perdonò a suo padre le frequenti e prolungate assenze (tanto che preferì andare via di casa per gli studi) e mi avrebbe ritenuto corresponsabile, se a conoscenza dell'amicizia che mi legava a Patrick. Invece Gerard intuì sin da piccolo l'associazione tra i rombi e le proprie condizioni di salute e fu gradatamente messo al corrente delle circostanze che produssero la nascita sua e di Marie, tanto che a diciott'anni ne aveva piena comprensione. Quando Marie era lontana li frequentavo regolarmente a casa loro, quando ritornava ci trovavamo nell'appartamento che in seguito sarebbe divenuto di Gerard.
Alla morte di Patrick il rapporto tra me e suo figlio divenne di collaborazione e profonda amicizia... immagino cosa vuoi chiedermi, perché non abbiamo detto tutto anche a Marie, vero?
Franco – infatti, anche lei poteva collaborare per il bene della famiglia.
Paul – probabilmente lo avrebbe fatto ma considera con chi abbiamo a che fare, anche in questo momento l'altro ci sta cercando e sinora non ci ha trovato grazie agli accorgimenti e precauzioni messe in atto.
Franco – quando mi sono deciso a leggere il biglietto (di mio padre) sono rimasto perplesso dalle parole di mia madre: <<Ha detto che “l'uccello giallo” avrebbe chiamato nostro figlio Franco... per uno scopo superiore alla vita stessa.>> ed ho pensato originassero da uno stato semi-cosciente se non di sogno e, sinceramente, tutto quello che mi hai raccontato è superiore alla mia capacità di comprenderlo.
Paul – vedi, quel che trovarono i tuoi genitori quel giorno è un “particolare” biglietto della lotteria... non si può acquistare né fare nessuna cosa per procurarselo, è il destino a recapitarlo agli interessati. Non ho dubbi che anche tu sia stato scelto e se ancora ne nutri vedrai che saranno spazzati via dalle circostanze... non ho idea quali possano essere ma come sei venuto a questo appuntamento sarai chiamato ad altri. Diciamo che hai aperto la pagina del tuo libro e non potrai che proseguirne la lettura… o sei ancora interessato ai libri degli altri?
Franco – no, a questo punto della mia vita accetto tutto quello che il destino mi propone. Cosa puoi dirmi di questo “scopo” e delle sue finalità?
Paul – fu la Signora a parlarne per la prima volta dicendo a Claude e Patrick di pensarci bene prima di “comportarsi da sposi”, poiché “lo scopo” sarebbe intervenuto e non avrebbero più avuto una “loro vita”. Dal momento che accettarono, assieme ai gemelli... io e tutti coloro che saranno coinvolti siamo i personaggi nel libro dell'Uccello giallo che terminerà con la realizzazione dello scopo. Qualcosa di superiore alla stessa vita... davvero interessanti le parole di tua madre, qualsiasi cosa significhino indicano una possibilità di cui al momento ne sappiamo poco... a proposito di coincidenze, guarda dall'altro lato della strada, quella è Marie che è tornata a vivere con la madre dopo la morte di Patrick...
Franco volse lo sguardo in direzione della ragazza e “le circostanze” ovvero le frecce all'arco del destino, spazzarono via del tutto i residui dubbi... un mese prima anch'egli stava ritornando nella casa di famiglia a Lione, dopo aver vissuto sei anni in Bretagna con la compagna, quando un incidente pose termine alla sua vita.
Era sera tarda e nello scompartimento del treno c'erano pochi viaggiatori; uno dei quali un paio di volte andò nel corridoio, dove fu raggiunto da una persona che gli consegnò qualcosa. Ad una stazione tra i nuovi passeggeri c'era una bella ragazza bionda, con un paio di borse capienti, di marca. L'uomo la osservò attentamente e tornò nel corridoio per telefonare.
Un pensiero si presentò nella mente di Franco rivelandogli che i due derubavano i viaggiatori, qualche colpo prima di scendere. Un altro pensiero, anch'esso venuto dall'ignoto, lo spinse ad alzarsi per seguire la ragazza.
Franco – signorina, posso sedermi qui, vicino alla porta?
ragazza - certo... non le piace stare vicino al finestrino?
Franco – no, in effetti... guardare dal treno mi rammenta il tempo che fugge e ne ho già sprecato abbastanza. Ma il vero motivo (si avvicina un poco e abbassa la voce) sono le sue borse... hanno destato l'interesse di un paio di persone che stavo tenendo d'occhio. Può non credermi, ma faccia attenzione, la saluto...
La ragazza guardò Franco negli occhi e oltre a sentirlo sincero provò qualcosa d'indefinito. Se non gli dispiaceva avrebbe gradito scambiare due parole con lui, pregandolo di rimanere. Franco accettò e indicò a Marie i due ladri mentre scendevano alla stazione successiva. Quello che stava nel corridoio lo guardò con odio, passandosi l'indice sotto il mento, mimando una lama... Marie istintivamente si strinse a Franco, per pochi secondi.
Entrambi sorpresi dell'occasionale intimità parlarono un po' delle loro vite, riempiendo il tempo sino alla vicina discesa di Franco. Entrambi nuovamente sorpresi di non essersi scambiati il numero di telefono. Solo allora Franco si rese conto di non provare più dolore al pensiero della sua ex compagna, quasi fossero trascorsi anni e non pochi giorni dalla decisione di ritornare.
Pensò che in parte fosse dovuto all'imprevista compagnia della ragazza che stimò avere almeno una decina d'anni meno di lui. Ma non era una questione d'età quanto di “attimi” non sufficientemente maturi per essere colti. Beh, aveva compiuto una buona azione e doveva bastargli la riconoscenza della ragazza. Tuttavia mentre si avviava verso la piazzola del taxi un pensiero alieno fece capolino nella sua mente: “Tu la proteggerai per sempre”. Strano e impegnativo quell’accenno al futuro... ripensando alla ragazza sentì che non solo la mente ne era coinvolta... una morbida sensazione lo avvolse e le luci dei lampioni sembrarono pulsare, quasi avessero una propria vita.
Dentro di sé mise tutto nelle mani – o nelle frecce - del destino a cui si era arreso dopo la scomparsa della compagna, ricavandone una sincera disposizione interiore di accettazione.
Se non fosse morto il padre, Marie (aveva 24 anni) non avrebbe preso quel treno e quando si strinse a Franco, minacciato (fortunatamente da lontano) dal ladro, anch'essa provò quella morbida sensazione. Essendo una bella ragazza le attenzioni non le mancavano di certo ma sentiva, profondamente, che era qualcos'altro che emanava quell'uomo. Dopo il commiato anche lei trovò nella sua mente l'alieno pensiero, declinato per genere: “Lui ti proteggerà per sempre”.
Si trattenne a stento dal piangere e si rese conto di non averlo fatto per il padre... quando arrivò a casa pianse sul petto della madre che perso il marito ritrovò la figlia.
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56 – il diario di Franco - (2)
C'è un tempo per ogni cosa... Paul si accorse del grande turbamento di Franco nel vedere Marie che stranamente si fermò guardandosi attorno, come chi senta chiamare il proprio nome. Quando Franco gli confidò l'episodio del treno non ebbe dubbi che il destino li voleva uniti.
Accadde già il giorno successivo, poiché Franco alloggiò in città e sceso in strada il mattino, ripercorse il tragitto della ragazza che incontrò giusto a quel punto, proveniente dalla direzione opposta.
In seguito conobbe Claude e Gerard con i quali sviluppò una fortissima sintonia, entrambi aprirono le stanze riservate delle loro vite come si apre un cassetto per esporne completamente la merce. Dopo pochi mesi Franco faceva parte della famiglia quasi ci fosse sempre stato, rispettando a sua volta quel “patto del silenzio” nei riguardi di Marie per tenerla il più distante possibile dall'altro.
Col ritorno della sorella, Gerard si trasferì nell'appartamento dove aveva già sistemato tutti gli oggetti, del padre e suoi, che costituivano il suo primario interesse e dove poteva incontrare Paul (spesso assieme a Franco) senza che lei lo vedesse arrivare.
Ricordarono quell'anno come il più bello della loro vita. Ci sono due tipi di persone al mondo, quelli che sono coltello e quelli che sono colla, Franco fu quest'ultima e unì tutti come mai prima, forse un dono del destino prima di accompagnarlo al suo calvario.
Purtroppo man mano la salute di Gerard peggiorava anche perché Paul non trovava dei nuovi rombi come riusciva a fare Patrick, che vi si dedicò a tempo pieno. Trascorso quell'anno Claude dovette convincere il figlio a portare al collo per un breve tempo il rombo del cielo, l'unico modo per stabilizzarne le condizioni.
Il rombo, esplicando la sua influenza sul solo Gerard che l'indossava, non agiva più su Marie a cui si accrebbe un'anomalia cardiaca.
Altresì, dopo più di vent'anni, l'altro riuscì a percepire la presenza e la regione in cui si trovava il rombo del cielo (privato della schermatura) dove si trasferì immediatamente con i suoi due “aiutanti”.
Marie assente, Franco, Paul e Claude discussero la situazione.
Paul – ho una cattiva notizia... un mio cliente e amico è stato contattato da un “collezionista” di oggetti etnici che gli chiedeva a chi rivolgersi. Insospettito dal modo, fortunatamente non ha fatto il mio nome ma di sicuro costui troverà qualcuno che conosce la mia attività.
Claude - non avevamo scelta, Gerard era al limite...
Paul – era l'unica cosa da fare anche se sappiamo che l'altro potrebbe localizzarci, è disposto a tutto pur di impossessarsi del nostro rombo. Tenere il rombo schermato aiuta Marie ma non è sufficiente per Gerard che non vorrebbe più usarlo per se stesso, temendo per la salute della sorella.
Claude – la Signora ci avvisò che lo scopo dell'Uccello giallo avrebbe guidato le nostre vite, io e Patrick l'abbiamo accettato e in seguito Gerard. Ancora adesso Marie non sarebbe in grado di comprendere il destino della nostra famiglia e tuttavia crediamo che sia stata ed è la cosa giusta non averle mai parlato dell'altro.
Paul – quando noi pensiamo o parliamo dell'altro egli riesce a percepirlo... ma Marie è come un foglio bianco, senza alcun collegamento.
Franco – però non può localizzarci se il rombo è schermato, giusto?
Paul – sì, ma...
Claude – … non possiamo privare del tutto Gerard dal benefico d'indossare il rombo.
Franco – tra l'incudine e il martello... quando non se ne giova Gerard, aiuta Marie e viceversa, possiamo solo sperare che l'altro non arrivi sino a qui.
Il destino agisce in tutte le direzioni... Paul, per avvicinare il figlio Alain al suo mondo, gli parlò degli oggetti che trattava e purtroppo anche dei rombi, menzionando la collezione di Patrick e facendogli intendere che alcuni oggetti hanno un “valore immateriale” di gran lunga maggiore di quello fisico.
Senza avvisare il padre, Alain si mise a ricercare per suo conto quel tipo di oggetti, i rombi, pensando di rivenderli alla famiglia di Claude.
Come il ragno attende paziente al centro della ragnatela, così un giorno l'altro fu contattato da Alain che non poteva immaginare cosa si celasse dietro l'interesse dell'uomo per i rombi e, pensando di poter concludere qualche buon affare, si ritrovò invece incollato alla sua ragnatela...
come lo ragno che la tela tesse
d'averno l'amia mia ricalca il passo,
carca d'iniquità che più non resse
in pochi incontri l'altro capì chi aveva catturato e abilmente circuì il ragazzo con le fascinose armi del male: denaro, considerazione e potere. Ma per meritarsi il posto all'interno della nuova “famiglia” l'altro pretese che conducesse la sua solita vita, senza manifestare né parlare minimamente del suo sodalizio con alcuno. La via iniziatica, nel bene e nel male, è una via segreta per l'adepto, di cui solo l'istruttore ha la chiave.
Il cerchio si era chiuso... l'altro aveva localizzato il rombo e man mano acquisiva informazioni sulla famiglia e gli amici che lo detenevano. Ma il fatto che il rombo appariva e spariva alla sua percezione significava che quelle persone ne potevano controllare il potere. Fremeva... finalmente aveva il rombo del cielo a portata di mano ma doveva attendere il momento propizio per impossessarsene.
Nel 1997 arrivò quel momento, quando Alain lo informa che i gemelli e Franco (Paul mantiene la distanza da Marie) visiteranno una mostra di antiquariato tribale e bronzeo.
Nell'occasione (per sostenere un'uscita di un paio d'ore) Gerard tiene al collo il rombo (senza schermatura), l’altro ne rileva la presenza e ordina ai suoi due sgherri di strapparglielo e impadronirsene. Poco prima Gerard, attratto dalla scultura bronzea di un cacciatore, decide di acquistarla e, causa delle troppe persone i malfattori devono desistere. Gerard e Franco si sono accorti delle attenzioni dei due e ritornano prontamente a casa. Riposto il rombo nella schermatura, inaspettatamente Marie fatica a riprendersi, quasi che il rombo non avesse più la consueta forza. Trascorse un paio di settimane Paul riceverà la notizia della morte della Signora, accaduta proprio nel giorno della mostra d'antiquariato. Era certo che avesse preparato un nascondiglio sicuro per il rombo della terra e rammentò un piccolo episodio occorso all'epoca del loro incontro, una sorta di indicazione.
Saputa la notizia, Gerard realizza che la Signora manteneva collegati i due rombi e il solo rombo del cielo non sarebbe più stato sufficiente per lui e Marie.
Sapendo a cosa sarebbe andato incontro inizierà a costruire il nascondiglio dove riporlo con la schermatura, decidendo di aiutare il più possibile la sorella. In effetti la salute di Marie si stabilizza ma l'anomalia cardiaca evidenzierà un invecchiamento accelerato dell'organo.
La salute di Gerard peggiorava di giorno in giorno e Marie intuiva che la propria anomalia non fosse curabile. La disperazione di Claude indusse Paul a prometterle che avrebbe fatto un tentativo per recuperare il rombo della terra occultato dalla Signora.
Nel 1998 Marie e Franco si sposano, risiedendo nella casa di famiglia.
L'altro ha saputo della morte della Signora e anch'egli è sicuro che abbia schermato e nascosto il rombo della terra, poiché non riesce a individuarlo. Ma confida che venendo in possesso del rombo del cielo la naturale risonanza tra i due oggetti l'avrebbe aiutato.
Non bastasse quanto accadeva ai suoi gemelli, Claude si accorgerà che i loro movimenti sono controllati dagli sgherri dell'altro e presagendo un loro atto di forza per costringere Gerard a consegnare il rombo, elaborano un piano dove Claude esige per sé la parte più rischiosa.
Quando dopo qualche giorno Franco riconosce uno degli sgherri, intento a controllare cancelli e serrature della villa, si decide di attuarlo.
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57 – il diario di Franco – il piano
Paul, facendo da esca, esce frettolosamente dalla villa e la sua vettura viene seguita da una con un paio di sgherri, permettendo così a Franco – che ha con sé il rombo del cielo con la schermatura - di allontanarsi in auto con Marie (ignara del piano).
Franco si fa lasciare vicino a un parco dove arriva Claude con la sua auto che posteggia. Sul sedile posteriore in una scatola ha uno dei rombi della collezione di Patrick, rimaneggiato per renderlo simile a quello del cielo.
Franco, all'interno del parco e rimanendo distante, toglie la schermatura del rombo del cielo e dalla sua posizione controlla l'auto di Claude.
Dopo una mezzora Claude vede sopraggiungere in lontananza una grossa auto nera e velocemente riparte in direzione dell'aeroporto. Contemporaneamente Franco rimette il rombo del cielo nel sacchetto con la schermatura e ritorna a casa.
In quella mezzora (come si aspettavano) l'altro localizzò il rombo del cielo e in un'auto condotta da un altro suo sgherro arrivano al parco, individuano la vettura di Claude che si allontana e la seguono.
Il piano prevedeva che Claude, raggiunto l'aeroporto, consegnasse la scatola con il rombo della collezione ad una persona (assoldata da Paul) di una comitiva in partenza per Bali, dove l'avrebbe presa in consegna un conoscente di Paul. Il tutto doveva avvenire sotto gli occhi dell'altro, per indurlo a credere che fosse il modo per mettere al sicuro il rombo del cielo.
Ma gli sgherri che seguivano Paul intuiscono la manovra diversiva e ritornano velocemente indietro, così che quando l'altro, dopo aver individuata Claude li chiamerà, arriveranno in breve tempo.
Due auto, tre sgherri e l'altro... Claude pur sapendo di non avere scampo decide di provarci ugualmente, accelera e immediatamente la seconda, grossa auto nera la raggiunge per tagliarle le strada... Claude spinge sino a fondo l'acceleratore e in una curva l'auto si cappotta, compie un paio di giravolte e s'incendia.
Morirà per l'urto, non per il fuoco che s'impadronirà della scatola col falso rombo del cielo. Nonostante le fiamme uno sgherro riuscì ad estrarre il contenitore divorato dal fuoco.
Il piano, purtroppo con la sua variante mortale, ha funzionato e all'altro non rimase che un rombo irriconoscibile se non per la forma...
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58 – il diario di Franco - l'inferno di Paul
La morte della madre fu un trauma insuperabile per i gemelli. Se da una parte Franco assistette Marie, dall'altra Paul fece altrettanto per Gerard che non riusciva a darsi pace, sentendosi responsabile per non essersi opposto a sufficienza al piano troppo rischioso per la madre. Neppure Paul e Franco vi riuscirono a causa della determinazione incrollabile di Claude di fare l'impossibile per i suoi figli.
Il giorno prima dell'incidente Claude, quasi avesse un presentimento, ricordò a Paul la sua promessa di tornare nei luoghi della Signora per cercare il rombo della terra.
Erano passati quasi due anni dall'incidente e a Gerard, che da allora non usò più per sé il rombo del cielo togliendolo dalla schermatura, restava ormai poco da vivere.
Se Paul avesse potuto vedere che alla guida dell'auto con l'altro c'era suo figlio Alain forse gli avvenimenti futuri sarebbero stati diversi... non conoscendone il ruolo parlò al figlio del viaggio e fu contento della sua disponibilità ad accompagnarlo. Alain informò l'altro del progetto e quando partì con Paul uno degli sgherri li seguì.
Giunti a destinazione, Paul e il figlio (sorpresi) trovarono un paio di persone che li attendevano per accompagnarli alla piccola casa della Signora, la quale ne aveva preannunciato la venuta prima della morte. Nessuno da allora si azzardò a mettere piede all'interno per non incorrere nella sventura promessa dalla donna... solo “l'uomo della torre di ferro (Eiffel - Francia)” poteva, senza nessun altro, trascorrerci una notte.
Alain fu ospitato altrove, mentre lo sgherro prese alloggio in un albergo della città aeroportuale da dove sarebbero ripartiti.
Paul, rimasto solo nella piccola casa della Signora (una sola stanza con poche suppellettili) ricordò come la Signora toccasse la seggiola dove sedeva quando parlava dei rombi. Allungò una mano per afferrarla e per un istante ebbe la sensazione che la mano l'attraversasse, pensò fosse per l'emozione... la capovolse e non trovò nulla.
Deluso, si mise alla ricerca del nascondiglio del rombo della terra, all'interno e all'esterno. Dopo molte ore, ormai nel cuore della notte dovette arrendersi e stremato si accasciò sul pavimento di terra battuta, appoggiando la testa quell'unica sedia. Il tempo di addormentarsi e Paul...
Dove sono? - chiese Paul alla ragazza seduta sulla sedia impagliata, intenta ad armeggiare con una radiolina.
Sei nella casa della Signora.
Sì, ricordo... cosa ci fa una ragazza sulla sua sedia?
Ti aspettavo... sono la Signora.
Era già una donna anziana quando venni la prima volta...
Lo ero in quel tempo, questa realtà ha un tempo diverso... un istante può contenere un'eternità.
Se sei davvero la Signora sai perché sono qui...
Prima di trovarlo (il rombo della terra) dovrai accettare l'inferno.
Capisco, una prova...
Molto di più... conoscerai il futuro e quello che dovrai affrontare sino all'ultimo giorno, quando tu e le altre persone finalmente saprete se lo scopo sarà raggiunto. Quando ti sveglierai non lo ricorderai, riemergerà man mano, poco prima o dopo degli avvenimenti che vedrai. Ma uno, il tuo inferno, lo vivrai tutti i giorni, con la speranza che in ultima possa finire. Sei pronto?
Se non lo fossi?
L'altro vi distruggerà tutti.
Sono pronto...
La ragazza ruota la manopola della radiolina e Paul si accorge che pur fatta di cartone colorato emette una musica...
non, je ne regrette rien...
https://www.youtube.com/watch?v=t6wjCcWC2aE
come in un film Paul si ritrova su un marciapiede da cui vede sopraggiungere un'auto inseguita da un'altra a grande velocità, costretta a decelerare in prossimità di una stretta curva, contrariamente a quella in fuga che invece accelera.
Paul riconosce l'auto e Claude alla guida... un paio di fotogrammi e la tragedia è compiuta con l'auto che si ribalta, incendiandosi. Dalla vettura inseguitrice scende velocemente il passeggero che proteggendosi con la giacca riesce ad estrarre un contenitore in preda alle fiamme dal sedile posteriore, a cui avvolge la giacca bloccando la combustione.
Disinteressandosi completamente della donna risale nell'auto che prosegue, subito raggiunta da un'altra auto. Una persona sul sedile posteriore e una alla guida, suo figlio Alain... un dolore a cui avrebbe preferito la morte non abbandonerà più Paul che, impietrito, vide svolgersi tutti gli avvenimenti da lì sino all'ultimo giorno. Vent'anni in un istante.
Così come si era addormentato, di colpo si risvegliò
Nel rialzarsi spostò bruscamente la seggiola che si capovolse e nel riprenderla si accorse del sacchetto inserito tra la paglia, il rombo della terra... eppure era certo di averla controllata. Anche il rombo della terra era schermato dai suoi trucioli e come faceva con tutti gli oggetti che trattava lo fotografò per bene.
Uscito dalla casa un'immagine che gli attraversa la mente - una persona che ruba il rombo della terra – gli riporta le parole della Signora: quando ti sveglierai non lo ricorderai, riemergerà man mano, poco prima o dopo degli avvenimenti che vedrai. Un ricordo si fece strada con forza, spalancandogli le porte del suo inferno... suo figlio servitore dell'altro.
Il ritorno all'albergo con Alain fu il Golgota di Paul che da quel giorno in avanti sentì la propria anima macchiata dalla colpa del figlio, corresponsabile della morte di Claude e del furto del rombo della terra, l'ultima speranza di Gerard.
La notte stessa lo sgherro dell'altro irruppe, armato, nella stanza di Paul e s'impossessò del rombo della terra... un po' sorpreso dell'assenza di reazione.
Alain recitò la sua parte e imputò al furto lo stato di profonda depressione del padre che ne seguì... se ne sarebbe fatta una ragione, pensò. Così non fu e il mesto ritorno a mani vuote, assieme alla spiegazione di quanto gli accadde, dettero il colpo di grazia a Gerard che tuttavia reagì accelerando la costruzione del nascondiglio per il rombo del cielo. Doveva fare tutto da solo, non potendo condividere neppure l'informazione perché l’altro aveva il potere di “leggere” il luogo del rombo se viene scritto o comunicato. Spese il tempo che gli rimaneva per quell'ultimo dono all'amata gemella e affidò a Paul l'intera collezione dei rombi.
Ora che l'altro possedeva il rombo della terra era solo questione di tempo, poiché la naturale risonanza dei due oggetti gli avrebbe fatto capire che i resti carbonizzati non fossero del vero rombo del cielo, bensì il risultato di una messinscena per ingannarlo.
Così, dopo due mesi durante i quali l'altro e i suoi sgherri apparentemente si eclissarono, che sospettasse qualcosa divenne certezza per Franco all'accorgersi di venire nuovamente seguiti.
Un giorno che Marie e Paul non c'erano, lo stesso sgherro del furto riuscì a penetrare nell'appartamento di Gerard che se lo trovò di fronte all'improvviso, fortunatamente non intento agli ultimi ritocchi del nascondiglio.
Solo la provvidenziale venuta di Franco costrinse l'uomo alla fuga, ma quale ne fosse l'intenzione ormai la pressione era diventata insostenibile... Marie era l'anello debole e, quale ne fosse il motivo, Franco era certo che non avrebbe accettato di allontanarsi dal fratello.
Seppure il fisico stava cedendo, la mente di Gerard era più lucida che mai e qualche tempo dopo, in quello che fu il suo ultimo giorno di vita parlò a Franco...
Gerard – caro amico, sono ormai giunto al capolinea...
Franco – ne sei sicuro? C'è una clinica...
- non c'è più tempo per me ma può essercene per Marie, se impediremo all'altro di impadronirsi del nostro rombo del cielo. Solo adesso posso confidarti che ho impiegato un anno per preparargli un nascondiglio sicuro, dove lo riporrò prima di sera... sai che non posso dirti di più ma stai certo che gli sgherri dell'altro per quanto gli daranno la caccia non lo troveranno.
- credi che torneranno presto?
- sì.
- cosa posso fare?
- puoi solo stare vicino a mia sorella. Dopo l'irruzione dello sgherro in casa mia, ho dovuto vietarle di venirmi a trovare sinché non avessi risolto dei problemi col mio “socio”, dovevo tenerla lontano anche per dedicarmi al nascondiglio. È tempo di salutarci, devo conservare le poche forze per nascondere alla perfezione il rombo del cielo. Se fosse un addio... grazie di tutto, con te ho trascorso il tempo più bello della mia vita.
Un ultimo abbraccio e con la morte nel cuore Franco si accomiatò dall'amico.
….......................................
59 – il diario di Franco – il potere della Signora
L'impegno per terminare il nascondiglio del rombo del cielo si rivelò superiore alle residue forze di Gerard che per riuscirci fu costretto ad estrarlo per brevissimo tempo dalla schermatura, sperando che l'altro non se ne accorgesse.
Purtroppo l'altro lo percepì immediatamente; trovando conferma al sospetto della messinscena adesso sapeva che il vero rombo del cielo, pur se nuovamente schermato, si trovava nell'appartamento di Gerard.
Decise che quella notte i suoi uomini sarebbero entrati nella casa a qualunque costo e, sequestrata Marie, avrebbero costretto Gerard e Franco a consegnare il rombo del cielo. Prima di quell'atto, non potendo sapere che il suo doppio gioco era stato scoperto mandò Alain a suonare il campanello di Gerard, per fargli controllare l'ambiente e proporre una trattativa...
Gerard, nonostante un tremolio che andava intensificandosi, lo fece entrare.
Alain – sono qui perché ho avuto delle informazioni importanti e mi è stato chiesto di fare da intermediario, a condizione di non parlarne a mio padre Paul.
Gerard – accetto, intermediario di chi?
A – di chi è interessato all'oggetto, il secondo rombo. Sa che si trova qui.
G – forse... ma non è in vendita e quindi?
A – costui propone uno scambio... la tranquillità vostra, per sempre, in cambio dell'oggetto.
G – … altrimenti?
A – Gerard, sai bene che costui non ha limiti e non riuscireste mai a sfuggirgli... è molto arrabbiato per l'inganno e vi consiglio, per la vostra incolumità, di accettare.
G – l'inganno, se così lo vuole chiamare, è costato la vita di mia madre. Solo io so dov'è l'oggetto, volutamente non ne ho fatto partecipi Franco e mia sorella, riferiscilo.
A – ho appena detto che costui non ha limiti... capisci?
G – invece i miei sono molti... gli darò una risposta tra qualche giorno.
A – non vuole aspettare...
G – non si può avere tutto... riferisci anche questo. Alain...
A – si?
G – cosa sta succedendo a Paul?
A – lo sai, il furto del rombo...
G – un furto può rubare l'anima?
A – che vuoi dire?
G – quello che ho detto, pensaci. Non c'è altro.
Alain riferì ma tenne per sé le parole sull'anima. L'altro aveva solo tastato il terreno, non si attendeva di certo una resa. Per ottenerla bastava attendere qualche ora e Gerard, temendo per Marie e Franco, avrebbe sicuramente ceduto.
Ma poco prima dell'ora notturna, quando già gli sgherri avevano preso posizione, accadde che Marie, da tempo preoccupata per le condizioni del fratello, decidesse di recarsi da lui e, non ricevendo risposta al suonare il campanello interno, usò la sua copia delle chiavi per entrare, trovandolo in preda ad una crisi epilettica devastante.
Lei e Franco, prontamente accorso, lo accompagnarono in ospedale dove, nonostante il prodigarsi dei medici, non ci fu nulla da fare e all'alba Gerard spirò.
Quella stessa notte mentre Alain controllava l'ospedale i due sgherri disattivarono l'allarme e si introdussero nella casa vuota che fu talmente scassinata e messa a soqquadro che pareva fosse passato un uragano… i mobili e quasi tutti gli oggetti sopra una certa dimensione, anche di considerevole valore, vennero sventrati... ma il nascondiglio di Gerard protesse il rombo del cielo dai professionisti del crimine.
La mattina seguente Franco e Marie, affranti, tornati a casa non potevano credere ai loro occhi. Sbrigate le formalità giudiziarie tutto il materiale fu inscatolato, una ditta specializzata realizzò la blindatura di porte e finestre e l'installazione di un sistema d'allarme controllato da remoto.
Tumulato il corpo di Gerard nella tomba di famiglia, i coniugi partirono per l'estero, cercando inutilmente di far perdere le proprie tracce allo sgherro che li seguì come un'ombra.
Ancora una volta il rombo del cielo, pagandone un prezzo altissimo, non cadde nelle mani dell'altro nonostante i poteri di cui disponeva. Gerard portò il segreto del nascondiglio con sé.
Dopo un paio di mesi d'esilio all'estero, l'altro decise di costringere Franco e Marie al ritorno con l'intenzione di impadronirsi dell'intera proprietà e di smontarla centimetro dopo centimetro...
Lo sgherro riuscì ad avvelenare Franco che non conoscendo la causa del suo malanno non fu in grado di trattarlo opportunamente, riportandone danni definitivi.
Franco in quei due mesi giunse alla conclusione che per salvaguardare Marie doveva separarsene e con l'ennesima morte nel cuore mise in atto il piano per farlo.
Gradatamente si allontanò da lei, sia fisicamente che psicologicamente e Marie, non sospettando che fosse una perfetta recita, finì per accettare che la conclusione del loro rapporto fosse la cosa migliore per aiutarlo...
Paul sapeva come stavano le cose e accennò alla fine del loro matrimonio ad Alain, affinché lo riportasse all'altro.
Franco concluse le pratiche legali e salutò “amichevolmente” Marie prima di lasciare che le proprie lacrime lenissero in minima parte il dolore per il prezzo troppo alto che dovette pagare.
Allontanarsi da Marie tuttavia non avrebbe dissuaso l'altro dal proposito di impadronirsi della villa per scoprire il nascondiglio del rombo del cielo.
Ma una notte a Paul accadde qualcosa di inaspettato...
Paul – perché sono ancora qui?
Signora – perché devi ricordare un frammento di quello che ti avevo mostrato.
P – quale?
S – dovrai ricordarlo da te, posso solo dirti che è la soluzione al vostro problema.
P – il nostro problema è trovare il modo per proteggere Marie... Franco se ne andrà per non dare modo all'altro di ricattarlo minacciandola...
S – sì, il sacrificio di Franco è indispensabile... ma senza la soluzione non può bastare.
P – è vero, ma come faccio per trovarla?
S – questo è semplice, basta che esci dalla porta... ma si rivelerà quando sarà più importante di tutto, più importante della tua stessa vita.
P – perché questa volta ti vedo come ti avevo conosciuta, una donna anziana?
S – perché io sono la soluzione.
P – non capisco.
S – non devi capire, devi volere...
Paul guardò un'ultima volta la Signora e si avviò deciso alla porta, la aprì e davanti ai suoi piedi si spalancò un abisso oscuro dal quale proveniva un vento talmente forte da minacciare il suo equilibrio.
L'istintiva paura stava per farlo retrocedere quando ricordò che solo nell'ultimo giorno, se fosse raggiunto lo scopo, c'era una speranza... per tutti.
La scoperta del figlio servitore dell'altro lo aveva già ucciso... si lasciò cadere nel vuoto.
Mentre precipitava vide una miriade senza fine di immagini, come delle fotografie che roteavano in tutte le direzioni. Sapeva che una di quelle immagini era la soluzione e di avere una e una sola possibilità. Incredibilmente si mantenne calmo come non lo era mai stato e riuscì ad afferrare l'ultima immagine prima di schiantarsi...
L'impatto col duro pavimento di ceramica lo risvegliò immediatamente, con quell'ultima nitida immagine stampata nella mente. La soluzione.
Ne parlò a Franco che, sbalordito, guardò l'amico, il quale avrebbe dato la vita per salvare almeno l'anima del figlio e se credeva fosse la soluzione lo era anche per lui.
Gerard aveva consegnato a Paul la collezione di rombi che dopo aver esaurito il loro potere residuo erano solo pregevoli oggetti etnici... l'immagine afferrata da Paul mostrava un contenitore con dei rombi sui quali era appoggiato il disegno della Signora (nel libro).
Al giorno stabilito Franco, servendosi di ben tre taxi precedentemente prenotati, eluse la sorveglianza dello sgherro che lo controllava. Quando fu sull'aereo aprì il contenitore dei rombi nel suo bagaglio a mano e, preso il foglio col disegno della Signora, ve lo appoggio sopra.
Immediatamente l'altro percepì la vibrazione del rombo della terra e individuata la provenienza rivolse la rabbia contro il suo sgherro per essersi fatto sfuggire Franco, mentre Alain che provò a giustificarlo si ritrovò a terra senza essere stato neppure toccato, con un profondo taglio sulla guancia.
Sull'aereo, dopo qualche ora Franco tolse il disegno e i rombi, ricaricati dal potere della Signora, cessarono di irradiarlo.
L'altro recepì il messaggio: Franco per salvare Marie vi rinunciò e facendo credere di avere con sé il rombo del cielo non si sarebbe più fatto trovare.
….................................................
60 – il diario di Franco - Doli
Franco teneva sempre con sé la collezione dei rombi e
quello dato a Patrick da Doli lo
convinse a ripartire dal luogo dove avvenne, cercando come fece Paul di
rintracciarlo.
Non riuscendoci, negli anni successivi (dal 2000) girò il
mondo, mai fermandosi in un luogo per più di un anno e mettendosi in contatto
con Paul solo alcune volte, poco prima di cambiare località, senza mai
accennargli al suo proposito né informarlo sulla successiva tappa. Nonostante
gli infruttuosi tentativi fu sempre convinto che quel luogo, a cui
periodicamente ritornava, fosse la chiave di volta della sua vita, tanto che si
mise d'impegno per apprendere la difficile lingua navajo. (https://it.wikipedia.org/wiki/Code_talker)
Alain continuò a fare il doppio gioco col padre,
controllandone i movimenti col vano intento di ottenere informazioni su Franco
che permettessero all'altro di rintracciarlo. Ma Paul stette bene
attento a non lasciarsi sfuggire neppure una parola e in risposta al doppio
gioco proseguì, accrescendola dopo la fuga di Franco, a recitare la parte del
depresso.
Fu dal figlio che nel 2009 Paul ebbe notizia della
relazione di Marie con Gianni, apparentemente ascoltandola senza alcun
interesse e quando con estrema cautela la riferì a Franco, fu sbalordito dalla
reazione (finalmente qualcuno che può aiutarla...) di totale abnegazione.
Nel 2013 Franco,
che aveva affittato un piccolo appartamento in una popolosa cittadina
dell'Arizona settentrionale, nei pressi della navajo nation, sentì
suonare alla porta...
Franco – (rivolgendosi nella lingua navajo al
visitatore dai marcati tratti dei nativi) buon giorno... desidera?
Visitatore – (rispondendo nella stessa lingua) sono
stato chiamato e sono venuto.
Franco – forse l'ha chiamata l'inquilino dell'appartamento
a fianco, non io... sarà per la corrente elettrica che da ieri va e viene.
Visitatore – (sorridendo) anche tu vai e vieni...
ma chi mi ha chiamato ancora non sa parlare mentre tu parli bene la mia lingua,
complimenti.
Franco – grazie per i complimenti, sono ormai tredici anni
che la studio... però non ho capito il senso di quello che ha detto, intende
che il vicino non conosce la tua lingua?
Visitatore – (ridendo) il vicino non c'entra nulla,
chi mi ha chiamato è appena nato...
Franco – (avvertendo una strana sensazione) possiamo
sederci qui fuori nel patio, così chiariamo l'equivoco, signor...
Visitatore – certamente, mi chiamo Doli.
Franco – (l'inconsueta sensazione si tramutò in
un'emozione talmente intensa da costringerlo per primo ad usufruire delle
comode seggiole nel patio) Doli... sono tredici anni che la cerco...
Doli - lo so,
Franco... ma non avevi imparato bene la lingua, non era ancora il momento (ridendo nuovamente).
Franco – come sai il mio nome?
Doli – conosco gli eventi e i nomi di tutte le persone
coinvolte nello scopo. Ognuno è importante e indispensabile, alcuni hanno
un compito difficile e altri, come te... terribile.
Franco – da tempo ho smesso di chiedermi come sia
possibile l'impossibile... se conosci persone ed eventi saprai che non c'è
nulla che mi spaventi, il mio unico desiderio è aiutare Marie.
Doli – ti porto rispetto, Franco... rinunciando a lei
l'hai salvata per tutti questi anni ma la sua malattia, che origina dall'Altro,
gliene consentirà ancora pochi, più o meno quelli che rimangono a te.
Franco – (la previsione collimava con quanto
prospettato dai cardiologi) di me non m'importa, si può fare qualcosa per
lei?
Doli – c'è una sola possibilità e, come per il destino
di tutti, dipende dal conseguire lo scopo. Forse conviene accettare
le cose come stanno perché c'è molto da rischiare e tanto da perdere... cosa
dici?
Franco – (capendo che lo sta mettendo alla prova) cosa
intendi per il destino di tutti?
Doli – intendo il destino tuo, di Marie e di chi sta con
lei, di Paul che vive nell'inferno dove l'ha trascinato Alain, con la speranza
di poterlo salvare... nell'ultimo giorno. Ma, percorrendo questa unica
possibilità, molte persone verranno coinvolte e come le perle di una collana
saranno unite dal filo dello scopo, divenendo ostacoli per l'altro
che cercherà in tutti i modi di spezzarlo, per impadronirsi del potere
racchiuso nei rombi.
Franco – cos'ha di diverso quel potere?
Doli – questo è il
punto di tutta la questione... quel potere deve esprimersi, poiché è giunto il
suo tempo, o col conseguimento impersonale dello scopo o attraverso il personale
obiettivo dell'altro.
Franco – hai ragione, non c'è solo Marie.
Doli – infatti, in più nella scia dello scopo permangono
le qualità di tutte le persone che ne sono state coinvolte e che hanno
lasciato questo mondo, come nella scia dell'altro quelle
che l'hanno ostacolato. Potendo guardare oltre le persone vedremmo due flussi
che da tempi immemorabili si stanno confrontando per far raggiungere una differente realtà ad un essere umano.
Ho il compito di aiutarti in tutto quello che sarà necessario, verrò a
trovarti qui e lavoreremo assieme sino al giorno che te ne andrai.
Se l'altro non ti ha trovato è perché non
hai trascurato nessuna informazione, nessun dettaglio, ma ora puoi rilassarti
poiché nessun potere è maggiore di quello che ti darò.
cosi dicendo si toglie dal collo un ciondolo di legno
quadrato, invitando a Franco a metterlo. Dopo averlo fatto, nel guardare Doli
trasalì... la parte destra e quella sinistra del volto presentavano due diverse
sembianze, nessuna dello stesso Doli.
L'oggetto che ti ho dato ti ha riconosciuto, conferendoti
il potere di vedere le due persone che rappresentano il tuo passato e il
futuro. Quella del futuro a destra e quella a sinistra (del passato) che dovresti
riconoscere...
Franco – (un vivido ricordo riaffiorò alla mente...
“Quello che stava nel corridoio lo guardò con odio, passandosi l'indice sotto
il mento, mimando una lama... Marie istintivamente si strinse a Franco, per
pochi secondi.”).
Il ladro del treno!
Doli – (sorridendo) ladro... direi piuttosto
benefattore. Ha permesso a Marie quei pochi secondi che hanno cambiato la sua
vita e la tua...
Franco – in effetti... da noi si dice che non tutti i
mali vengono per nuocere.
Doli - “tu la proteggerai per sempre”. Sei stato di
parola.
Franco – conosci addirittura i miei pensieri di allora!
Doli – (ridendo) tuoi... ne sei sicuro?
Franco – e di chi se no? Ma, aspetta... non è che c'entri
tu in questo?
Doli – dove lo stai vedendo il passato se non nel mio
volto..?
Franco – accidenti... e il ladro, eri tu?
Doli – (ridendo) come ti permetti?! Beh, era uno
che mi doveva qualcosa...
Franco – noi diciamo anche che le apparenze ingannano.
Doli – sicuro, a patto di pagarne il prezzo puoi
imbrogliare le carte ma per convincere devi metterci la vita,
come hanno fatto Claude e Gerard... per due volte avete ingannato l'altro
che adesso crede che tu abbia il rombo del cielo.
Franco – Doli, non riuscirò mai a farmene una ragione che
tu possa conoscere eventi e persone.
Doli – è come un libro. Però questo non puoi
aprirlo con le tue sole forze, adesso hai quel potere (racchiuso nel
ciondolo) che deciderà quando fartelo leggere.
Franco – perché me
l'hai dato?
Doli – non è un dono ma una enorme responsabilità, altri
prima di me l'hanno accompagnato e man mano il suo potere ha scelto il
successivo. Adesso tocca a te custodirlo e consegnarlo alla persona del futuro.
Se tu e il prossimo portatore ne sarete degni alla fine arriverà nelle mani dell'ultimo
portatore, nell'ultimo giorno.
Franco – sai chi potrebbe essere l'ultimo?
Doli – certo, colui che mi ha chiamato.
Franco – avevi detto che è appena nato, è una metafora?
Doli – no, quella persona è davvero nata oggi e mi ha
chiamato, ovviamente non con le parole. Da quando prima di morire me l'affidò
il mio maestro Sike, non mi sono mai tolto il ciondolo ma stamattina non
l'avevo. Significava che era arrivato il tempo del nuovo portatore, è da quando
ti ho visto arrivare, tredici anni fa, che aspettavo questo momento.
Franco – poi dove l'hai trovato il ciondolo?
Doli – non l'ho più trovato.
Franco – me l'hai
dato tu poco fa...
Doli – Ieri sera ero passato di qui come altre volte, in
attesa di un segno... forse si è sfilato da sé. Stamattina sono ritornato ed
era appeso sulla maniglia della tua porta. Per questo dico che l'oggetto ha trovato
te. L'ho messo al collo per l'ultima volta, felice di aver concluso il mio
compito di portatore.
Franco – Doli, non morirai, vero?
Doli – il nome del mio maestro, Sike, nella nostra lingua
significa “egli siede a casa”. I portatori
quando ricevono l'incarico risiedono stabilmente nel ciondolo, una sorta di
compenso per il servizio. Quando ti sarai familiarizzato sarai in grado di
ripercorrere a ritroso il cammino di tutti loro... potrai leggere ogni pagina e
il suo potere li risveglierà per te. In una differente realtà saranno
vivi e presenti come noi due che ci parliamo. No, non morirò, mentre per
il corpo, appartenendo a questa realtà, cesseranno le funzioni vitali.
Franco – quel bambino che è nato...
Doli – chiedilo e te lo mostrerà.
….................................................................
61 – il diario di Franco –
la prova
Al far della notte Franco lo chiese.
… soprappensiero, tenendo il ciondolo con la mano
sinistra, fece passare l'indice della destra da una all'altra delle quattro
punte e ritornato alla prima continuò, salvo fermarsi sbigottito
all'impressione (perché tale doveva essere, non una cosa reale, pensò...) che
il ciondolo cominciasse a roteare da sé mentre il vortice che generava
aumentava di dimensioni e, come nei racconti di quelle persone che tra la vita
e la morte ebbero l'esperienza di fluttuare sopra il loro corpo e
distaccarsene, vedendo e udendo quanto accadeva, così si ritrovò ad osservare
un neonato tra le braccia della madre. In una stanza adiacente il personale
medico parlava col padre di qualche tipo di problemi riguardanti il bimbo.
L'uomo uscì dal reparto più contrariato che preoccupato... come se quei
problemi riguardassero la sua vita prima che quella della creatura.
I contorni della visione stavano già svanendo quando una
persona, a cui fu permesso di accedere, aprì la porta della puerpera e
immediatamente una calda, morbida luce avvolse ogni cosa.
Con un tuffo al cuore riconobbe Marie in visita all'amica
Anne.
Al termine della visione Franco, tentando di riportarsi al
collo il ciondolo, si accorse di non poter comandare le braccia che giacevano
come paralizzate sul grembo, tuttavia un formicolio che gli permetteva di
muovere le dita stava risalendo gli arti.
Nell'attesa spostò l'attenzione sul ciondolo, un semplice
quadrato di legno di circa cinque centimetri per uno di spessore. Tastandone la
superficie piatta, omogenea e senza alcun segno, avvertiva un leggerissimo
attrito quando ne percorreva delle direzioni specifiche nelle due facce e
l'indomani riferì a Doli quanto gli accadde.
Doli – il ciondolo ti ha mostrato l'ultimo portatore...
avevi già conosciuto la madre?
Franco – no, ma sapevo dell'amicizia con Marie che in un
paio di occasioni si recò a trovarla. È incredibile vedere come tutto sia
collegato.
Doli – è opera dello scopo che, come una forma
racchiusa nel pezzo di legno, guida lo scultore per venire alla luce.
Franco – intendi proprio la luce che ho visto nella stanza
del bimbo?
Doli – sì.
Franco – avevo provato qualcosa di simile (… ripensando
alla ragazza – Marie – sentì che non solo la mente ne era coinvolta... una
morbida sensazione lo avvolse e le luci dei lampioni sembrarono pulsare, quasi
avessero una propria vita), dici che riguarda Marie?
Doli – certamente, al momento giusto la Signora le
mostrerà la strada... una strada difficile, come la tua e di molti altri.
Franco – dovrà ancora soffrire?
Doli – il corpo è come quel pezzo di legno, a suo modo sa
che prima o poi si dissolverà, ma la simbiosi con la mente – e viceversa - è ben più di un'abitudine.
Franco – ci si può preparare?
Doli – là c'è l'interruttore della luce... ti puoi
preparare in mille modi ma niente è come la luce.
Franco – niente è come vivere, giusto?
Doli – infatti, tuttavia ci sono circostanze come le due
che ti riguardano, in cui ti si è presentata un'altra luce, non
dipendente da alcun interruttore in questa realtà.
Franco – in questa... ci sono interruttori in altre
realtà?
Doli – ieri mi hai detto che la luce andava e veniva...
perché escludere delle possibilità? Piuttosto dimmi di quelle direzioni che
hai percepito nel ciondolo.
Franco – (mimandole con un dito). Tu non le hai mai
sentite?
Doli – no, ogni portatore ha il suo compito, tu hai avuto
la rivelazione delle linee nel ciondolo e possiedi le informazioni sul rombo
del cielo e della terra che servono adesso. Spetta a te trovare
la risposta.
Franco, come aveva fatto la prima volta, provò diverse
volte a interrogare il ciondolo... ma l'oggetto, se così si può dire, rimase
muto. Trascorsa una settimana Doli lo salutò dicendogli che sarebbe ritornato
quando ce ne fosse stato bisogno, lasciando in Franco un senso di vuoto che
gliene fece realizzare l'importanza.
Dedicò tutto il suo tempo a studiare la questione,
intervallando passeggiate sempre più lunghe in una zona aspra e desertica per
rilassarsi.
Tuttavia col passare dei mesi si rese conto che la prova –
perché tale era – richiedeva un approccio diverso e una mattina gli tornarono
in mente le parole di Doli:
“... ma per convincere devi metterci la vita, come
hanno fatto Claude e Gerard...”.
Qualcosa di molto profondo si mosse dentro di lui e dopo
tutto quel tempo il ciondolo si risvegliò... emanando un calore che gli
riscaldò il petto.
In uno stato quasi ipnotico prese l'auto e si addentrò nel
deserto sino quasi ad esaurire il carburante... senza l'auto per ritornare ci
sarebbero volute molte ore sotto un sole cocente, in più non aveva che una
bottiglietta d'acqua e i suoi reni compromessi non avrebbero retto alla
mancanza d'idratazione. Anche trovando un riparo in attesa del calar del sole,
non aveva vestiti adeguati per proteggersi dal freddo notturno, nessuna mappa
né telefonino...
Camminò sino a individuare un anfratto roccioso dove
ripararsi dal sole; si sedette per terra con la schiena appoggiata alla roccia
e quasi subito la grande stanchezza lo fece assopire mentre teneva il ciondolo
tra le mani.
In una differente realtà si presentò un bambino che gli
dette un foglio disegnato: la risposta.
Si risvegliò alle prime luci dell'alba, una spessa coperta
lo avvolgeva e le braci di un fuoco stemperavano il freddo notturno.
Stava domandandosi come fosse possibile tutto ciò quando
un uomo attraversò la sua visuale.
Franco – Doli, come sei arrivato fin qui?
Doli – come ci sei arrivato tu... questo è il luogo dov'è
morto il mio maestro Sike e ci ritorno solo in occasione dell'anniversario per
trascorrerci la notte, giusto ieri. Quando ho trovato la tua auto ho capito che
il ciondolo ti avrebbe condotto qui. Sono arrivato che era già buio, ti ho
fatto bere, coperto ed ho mantenuto il fuoco acceso ma non te ne sei accorto da
quanto eri disidratato e infreddolito.
Franco – ho trovato la risposta...
Doli – saresti morto se non fossi giunto in tempo...
Franco – (sorridendo) beh, in un'unica volta avresti
potuto commemorare il maestro (Sike) e il discepolo... mi accetti?
Doli – ti ho accettato dal primo momento che ti vidi
arrivare, una rarissima persona senza
paura... hai messo la soluzione prima della tua vita.
Franco – c'era un altro modo?
Doli – c'erano molti modi per rinunciare ma solo il tuo
per ottenerla... il mio maestro Sike riuscì a superare una prova dura come la
tua. Io fallii la mia e mi ripromisi – come fu – che non sarebbe più accaduto,
senza tuttavia riuscire a scacciare del tutto la sensazione di sconfitta di
quella prima volta. Sike mi disse che era il prezzo da pagare sin quando non
l'avessi più sentito un peso.
Da ieri sera la sensazione è scomparsa, la tua
incrollabile determinazione ha benedetto il discepolo e reso degno il maestro,
finendo di pagare il prezzo del mio fallimento.
Così dicendo si inginocchiò davanti a Franco porgendogli
le mani aperte sulle quali il discepolo pose le sue.
….................................................
62 – il diario di Franco –
Il rombo dell'unione
Franco dispose su un tavolo le foto dei due rombi scattate
da Paul e il disegno della soluzione; dopo averle guardate a lungo Doli parlò:
il rombo del cielo e della terra all'inizio erano un unico
oggetto, del quale l’artefice fu istruito (da un sogno) a conservarne i
trucioli di lavorazione senza dirlo ad alcuno.
L’artefice e il discepolo che lo aiutò, attraverso di esso
furono in grado di comandare agli elementi: dal far diluviare o impedirlo, allo
scatenare terremoti... ogni volta che
veniva sollecitato ad un'azione il rombo accresceva il suo potere. Ma quando l’artefice
comandò la morte di piante e animali, si rese conto di una volontà estranea
dentro di sé che l'avrebbe portato a infliggerla anche agli umani.
Con uno sforzo sovrumano (poiché nulla corrompe più del
potere) si astenne dall'usarlo, riponendolo assieme ai trucioli in un luogo
inaccessibile finché non avesse capito
come farlo degnamente.
Tuttavia non aveva fatto i conti con quella volontà di
potere assoluto che ormai si aggirava in lui, a cui non avrebbe potuto nascondere pensieri ed emozioni.
Quella volontà – l'Altro – si mosse per tempo seducendo il discepolo dell'artefice, bramoso
di prenderne il posto e disporre del potere del rombo... costui lo seguì di
nascosto scoprendo il luogo segreto. Con l'intento di andarci di notte per
impadronirsi dell'oggetto ritornò velocemente al villaggio.
Ignaro d'essere stato spiato, sulla via del ritorno
l'artefice incontrò un uccello giallo sconosciuto, un messaggero che lo
condusse davanti ad una grotta dove, meravigliato, trovò uno strano coltello.
Al prenderlo ebbe una visione, al termine della quale ritornò al luogo segreto,
estrasse nuovamente il rombo e recitando la litania appresa nell'esperienza
trascendentale, ad ogni replica approfondì il tagliò del rombo che dopo molte
ore risultò diviso esattamente a metà.
Rimise nel nascondiglio la metà inferiore e portando con
sé l'altra e tutti i trucioli non fece più ritorno al villaggio.
I due rombi passarono di mano in mano sinché lo sciamano
più potente che sia esistito (la Signora) venne in possesso di entrambi,
innescando l’ultima fase dello scopo.
Franco – perché lasciò la metà del rombo?
Doli – tutto quanto accadde dalla realizzazione del rombo
originario ad oggi è nel piano dello scopo. La Signora è stata la sola persona
ad averne avuto la visione completa, mentre coloro che vi partecipano conoscono
la loro parte, come degli attori. Non possiamo comprendere cosa siano realmente i due flussi che, da tempi
immemorabili, si stanno confrontando per far raggiungere una differente realtà a un essere umano. La nostra realtà è come un bicchiere e non
può contenere la risposta - immensa come il cielo - al perché di questo “gioco”,
l’unica cosa che possiamo fare quando ne siamo coinvolti è giocare o (tentare
di) sottrarci.
Come non c’è movimento senza una meta, non c’è gioco senza
un antagonista e l’Altro userà tutte
le armi a disposizione per prevalere, non facendosi scrupoli della vita di
quelle che per lui sono solo pedine. Dalla nostra parte ogni pedina è
altrettanto importante e inscindibile dal fine, se così non fosse l’Altro avrebbe “un piede in casa
nostra”.
Invece i due contendenti (flussi) devono rimanere
separati… le “armi” dell’Uccello Giallo sono astuzia, pazienza, abnegazione. L’Altro può arrivare a distruggere
tutte le pedine, altrui e proprie, mentre le nostre, se le circostanze lo
richiedono, accettano di sacrificarsi per lo scopo, come fecero Claude e
Gerard.
Quando l’artefice lasciò la metà del rombo (che divenne
quello della terra) l’Altro attraverso
il suo uomo lo usò per fini personali, accrescendone sempre più il potere con
l’obiettivo di rintracciare l’altra metà. Ma non gli riuscì perché l’artefice
scoprì la funzione della schermatura (i
trucioli di lavorazione), un segreto che fu mantenuto da tutti i custodi del
rombo del cielo. In differenti modi i due rombi accumularono talmente tanto
potere che quando venissero nuovamente riuniti permetterebbe cose al di là
dell’immaginazione…
Franco – (all’udire il nome “Uccello Giallo” il ricordo
delle parole di sua madre – che raccontò a Doli – proruppe impetuoso in lui
facendogli inumidire gli occhi: “… nello stesso
momento in cui hai proposto lo scambio il dolore fu talmente intenso da farmi
collassare e nel torpore prima dell'incoscienza l'ho vista... ha preso un
oggetto che teneva al collo e me l'ha appoggiato sul petto, dicendomi che non
poteva guarirmi ma non avrei più provato dolore. È stato il regalo più bello
che mi potessero fare. Ha detto che “l'uccello giallo” avrebbe chiamato nostro figlio Franco... per uno scopo
superiore alla vita stessa.”) l’Uccello Giallo è
anche il messaggero?
Doli – a volte si presenta così, è l’artefice dello scopo,
l’antagonista dell’Altro. Entrambi
hanno sempre una controparte umana: nel nostro tempo l’altro (il primo discepolo di Sike) e dalla nostra la Signora e i
portatori del ciondolo. Ma la “strategia” se si può dire così, è diversa, l’Altro accentra in sé tutto il potere
mentre la Signora lo diffonde, rendendogli impossibile la piena conoscenza (della
complessità) del piano.
Al tempo giusto (in una differente realtà) la Signora si
rivelò al mio maestro Sike facendolo partecipe dello scopo, dove il ciondolo (un
semplice quadrato di legno trovato da Sike nell’anfratto che conosci, dove
stabilì la sua ultima dimora) avrebbe assunto un ruolo imprescindibile.
Quando mi fu affidato il ciondolo, a mia volta incontrai
la Signora che mi annunciò la tua venuta e il mio compito. La risposta che hai
avuto aggiunge un passaggio (di cui non ero a conoscenza) che riguarda il
potere dei rombi… sai cos’è il potere e da dove viene?
Franco – da dove viene il potere dei rombi?
Doli – è la domanda fondamentale, tutti i poteri
provengono da una relazione che permette un flusso tra due realtà differenti.
Franco – Queste sono un paio di foto del rombo del cielo e della
terra
Il potere dei rombi nella nostra realtà deriva dalla
relazione con il rombo unito in un’altra, giusto?
Doli – direi che “è permesso” dalla relazione, qui l’hanno
accumulato sottraendolo ad altre relazioni… a fin di bene o all’opposto. Tutto
è collegato... che mi dici di quei punti che hai disegnato nel rombo unito?
Franco – Sono punti per collegare le due metà?
Doli – i punti da soli non collegano niente… sono le linee
che lo fanno.
Franco – (dopo che un’immagine si formò nella sua mente).
Adesso capisco!
Unendo i punti si ottiene questa figura (la disegna)
Doli – sì… tagli talmente perfetti da non perdere neppure
un minuscolo frammento, sul disegno si può fare…
Franco – beh, certo non si potrebbe fare sul rombo della
terra e del cielo, il primo lo possiede l’altro
e il secondo è talmente ben nascosto… poi è impossibile non produrre nessun
frammento di legno durante il taglio.
Doli – sì, impossibile. Eppure avrei lo strumento per
farlo…
Franco – (meravigliato) quale strumento?
Doli – questo (estrae uno strano oggetto dalla borsa e lo
porge a Franco).
Franco – (incredulo) è possibile che sia il “coltello”
impiegato dall’artefice per dividere il rombo originario?
Doli – in un romanzo tutto è possibile… e la vita che
altro è?
Franco – straordinario… purtroppo non risolve la
questione.
Doli – una parte della questione, quella non disponibile,
l’altra…
Franco – (il ciondolo sul suo petto si risvegliò
nuovamente, emanando lo stesso calore che lo accompagnò fino all’anfratto.
Intuì cosa intendeva Doli) non riuscirei mai a fare una cosa del genere, dei
tagli senza produrre frammenti…
Doli – tu sei il portatore e dovrai trasformare il
ciondolo nel rombo dell’unione,
quella forma di una farfalla stilizzata che permetterà di unire il rombo del
cielo e della terra. Riguardo ai tagli è indubbio che qualsiasi strumento
produrrebbe dei residui ma questo è un “coltello” particolare: posta la lama
sulla linea di taglio e tenendolo con entrambe le mani le vibrazioni prodotte
dalla recita di una litania sacra si trasmetteranno ad essa.
Franco – le vibrazioni taglieranno il legno?
Doli – sì, le vibrazioni prodotte dalla recita sono in
risonanza con la lunghezza dei legami della cellulosa del legno, strato dopo
strato le molecole verranno separate, l’ho provato e ti assicuro che funziona. Un
procedimento delicato e molto lento, la litania va recitata in tre ore a giorni
alterni… serviranno almeno quattro mesi per ogni linea di taglio, due anni per
tutte le sei linee. Te l’avevo detto che il portatore del ciondolo ha una
enorme responsabilità…
Ci vollero 720 giorni per completare il processo, durante
il quale (recitando la litania) Franco
ripercorse il cammino di tutti i portatori del ciondolo che assunse la sua
forma finale, diventando il rombo
dell’unione. Le sei linee di taglio produssero quattro frammenti.
Al termine, dopo due anni Franco si rimise al collo (quello che era
diventato) il rombo dell’unione e la
notte…
… si destò di soprassalto
nel sedile posteriore di un’automobile, non ricordando come ci fosse arrivato. Era
quasi sera e la vettura procedeva a velocità sostenuta, incurante delle pessime
condizioni della strada collinare che divenne sterrata e alla fine sfociò in
una ampia radura, circondata da un bosco di conifere. Fermato il mezzo, senza
dir nulla e rimanendo al suo posto il guidatore gli indicò un sentiero. Franco scese,
lo percorse fin quando la luce glielo permise.. poi fu buio pesto.
Istintivamente si girò su se
stesso e vide poco distante, dalla finestra di una piccola costruzione con
delle ramaglie per tetto, diffondersi una luce arancione. La raggiunse e, dalla
porta aperta, una voce lo invitò ad entrare.
Una donna dai lineamenti
asiatici e dai lunghi capelli neri, in piedi davanti al focolare, gli fece cenno
di sedersi nella sola sedia presente nell’unica stanza.
Franco – grazie ma non sono
stanco, si sieda lei…
Donna – sei tanto alto, così ti posso guardare negli occhi... Sike aveva
occhi puri come i tuoi, una delle poche persone accettate dal coltello.
Franco – accettate?
Donna – Doli ti ha parlato
della sua prova?
Franco – sì, l’aveva
fallita…
Donna – Sike gli diede il
coltello col compito di tagliare una linea su un rombo. Dopo quattro mesi
rimasero solo poche file di molecole di legno da tagliare e Doli credette
d’avercela fatta ma quando ritornò al rombo, non trovando il minimo segno del
taglio, stava per impazzire… Sike lo esortò a continuare ma fallì nuovamente,
sai perché?
Franco – … era troppo
giovane per un compito del genere?
Donna – può darsi… ma
giovane o vecchio una colla tiene unito l’essere umano, per quanti coltelli
incontri riuscirà sempre a “riattaccarsi”, anche se alla fine non potrà nulla
contro la falce (della morte). Puoi chiedere qualunque cosa al coltello sacro
ma devi accettarne il prezzo, rinunciare alla colla, a te stesso...
Il tuo amore per Marie è più
grande di ogni rinuncia, a te stesso ed anche a lei… il coltello ti ha onorato…
nessuno è mai arrivato a sei tagli.
La Signora gli rivelò il piano dello scopo a cui Franco aderì
con tutto se stesso, per amore di Marie e delle innumerevoli perle (persone)
che assieme a lei costituivano la collana. In quel momento cessò ogni divisione
e non si sentì più un umano ma una luce soffusa e dorata che le illuminava.
Sapeva che ritornando alla sua realtà non avrebbe conservato
memoria del piano che sarebbe emerso gradatamente, per impedire all’altro di venirne a conoscenza. Tuttavia
qualcosa rimase, la sensazione di
quella luce che percepiva dentro di sé.
Ritornato alla vettura l’autista che lo attendeva in piedi gli
porse le mani aperte, sulle quali Franco mise le sue… un chiarore ne illuminò
il volto e riconobbe Gerard; per i due amici ritrovati (in una differente
realtà) parlarono i cuori. Franco sedette davanti con l’amico e, quando al
termine del viaggio scese, Gerard gli indicò un gruppetto di persone in lontananza che parevano osservarlo.
Istintivamente si mosse verso di loro ma… si ritrovò davanti a uno sconfinato mare
azzurro illuminato dal sole, mentre una canzone piena d’armonia risuonava fuori
e dentro di lui…
La mer
Au ciel d'été confond
Ses blancs moutons
Avec les anges si purs
La mer
Bergère d'azur
Infinie
La visione si dissolse e ritornò sui suoi passi, quasi
dispiacendosi di non essersi dissolto con essa… con quel calore nel cuore. Ma lo
attendeva un difficile compito da portare a termine. Pur non avendole
riconosciute sapeva chi fossero quelle persone: i genitori di Marie e i suoi.
Gerard – la misura del mare che hai visto è quella del loro
amore per te… sconfinato.
.................................................
63 – spiegazioni
“Domani sarà l'ultimo giorno della mia vita, così ho
liberamente deciso, dopo aver soppesato tutte le alternative che riguardano me
e le persone che conosco. Se gli eventi seguiranno la strada che il mio maestro
Doli ha prospettato verrà il tempo che tu, Andrea, leggerai questo riassunto e
con le informazioni che dovrebbe fornirti Paul, avrai ben chiara la situazione
che il destino ha deciso per te.”
Era ormai notte quando Andrea e Anne terminarono la lettura e soffermandosi sulla prima pagina si interrogarono su quali fossero i motivi dell’irrevocabile decisione. A molte delle domande che gli affollavano la mente avrebbe risposto Paul, tuttavia Andrea non poté nascondere l’apprensione generata dalla lettura, perché gli fu chiaro che ogni perla della collana doveva contribuire e non solo partecipare al proprio destino. Lui più di tutti, poiché si ritrovò ad essere il portatore del rombo dell’unione, presagendo le difficili prove future e per quanto non le temesse dubitava d’esserne all’altezza.
Al mattino Andrea fece colazione con
Paul all’Oiseau jaune (lasciando il tempo ad Anne di preparare la stanza per
l’ospite) decidendo di non parlare del diario di Franco fin quando non fossero
stati tutti assieme. Paul colse il turbamento dell’amico…
Paul – capisco quello che stai provando, Andrea, hai un peso enorme sulle spalle… il destino di tutte le persone coinvolte nello scopo dipende da te. Appena l’altro capirà che tu sei l’ostacolo, non riuscendo ad afferrarti (poiché sei protetto dal rombo dell’unione) si scaglierà sui tuoi amici e non esiterà un solo istante a distruggerli tutti...
Andrea – sì, lo avevo intuito… ho qualche chances?
Paul – solo una, essere sempre in anticipo di quell’istante sull’altro.
Andrea – il ladro che giunge di notte…
Paul si commosse entrando nella stanza che Anne gli preparò: per la pulizia, la cura dei particolari, il mazzo di rose bianche e soprattutto un delicato sentore di lavanda fine, la sua essenza preferita. Avendo un buon naso cercò di individuare da dove provenisse e uno dopo l’altro, scartando tutti i luoghi possibili, arrivò all’inaspettata soluzione: l’essenza era stata deposta ai piedi del letto, tra le lenzuola… un gesto dal significato simbolico. Dopo tanti anni riprovò la sensazione d’essere tornato a casa…
Poi visitò la proprietà e fu informato
sui progetti in corso, conobbe anche Nicola (dopo Alexandru all’Oiseau jaune) e
pranzarono tutti quattro assieme. Nel primo pomeriggio i tre amici si
sistemarono in soggiorno, consapevoli che il tempo dell’attesa stava giungendo
al termine e tutto sarebbe cambiato.
Nel tavolo davanti a loro, Paul mise tutte le foto e i disegni dei vari rombi che finalmente Andrea e Anne poterono vedere.
Andrea – quando Franco venne nel mio
bar avvertii che seppure d’aspetto umile e tranquillo emanava una forza interiore di cui adesso, dopo la
lettura del diario, sono finalmente in
grado di comprendere la grandezza.
Con Gianni abbiamo cercato di ricostruire e dare senso agli eventi ma gli indizi erano insufficienti, troppe incognite nell’equazione.
A quel tempo ritenevamo che il responsabile fosse il socio di Gerard (tu, Paul!), nonostante le parole di Franco: “Marie, le cose non sono sempre come appaiono… vediamo quello che la luce illumina ma molto nasce e procede nell’ombra…” indicassero qualcosa d’altro.
Paul – “… è più difficile combattere nell’ombra perché smorza i confini. Devi perdere qualcosa, diventar cieco, se vuoi avere una possibilità…”
Andrea – le conosci anche tu… (le parole di franco)
Paul
– sì, come Marie anche tu dovrai combattere. Franco nel diario volutamente non
ha fornito indicazioni sul piano dello
scopo, seguendo la stessa strategia della Signora della conoscenza diffusa.
Io lo conosco solo sino ad un certo punto, ma prima di dirlo dovete sapere che da quando si è impadronito del rombo del cielo il potere dell’altro è cresciuto a dismisura. In quest’ultimo anno sta agendo sul piano materiale incrementandolo (il potere) sempre più e già ora ci sono poche cose che non sia in grado di fare…
Anne – intendi che sta agendo negativamente?
Paul
– non pare che il mondo sia in pace…
Anne – non lo è mai stato.
Paul
– infatti, una lotta infinita.
Andrea – Anne ne sa qualcosa… (racconta della macchia nera al braccio). Mi avevi detto che l’oggetto sottrattoci dall’altro era una copia del rombo del cielo… da dove proviene il potere?
Paul – Mentre Franco era impegnato con il rombo dell’unione, parallelamente Doli grazie alle mie foto e a tutto il suo potere, riprodusse fedelmente il rombo del cielo usando uno dei rombi della collezione. Un compito altrettanto arduo e impegnativo dovendo trasformare il materiale (legno vecchio) e farlo collimare con il rombo della terra, conservando tutti i trucioli per la schermatura.
Se anche la sua era una prova questa volta la superò, eseguendo
un’opera stupefacente che richiese il medesimo tempo di due anni… io stesso
dopo un attento esame non sono riuscito a trovare discrepanze, addirittura le
sottili venature del legno coincidono… salvo una sola, piccola venatura.
Ma anche trasferendo tutto il potere dei suoi amuleti nella copia (per farla “vivere”) non sarebbe stato sufficiente per l’uso che ne avrebbe fatto l’altro. Serviva un potere enorme e fu impiegato quello posseduto da due dei frammenti risultati dal taglio del rombo dell’unione. Quella soluzione sta arrivando al limite.
Andrea – si sta esaurendo il potere della copia?
Paul
– no, ce n’è in abbondanza… ma i fini personali per cui viene usato si ripercuotono
nel rombo dell’unione e oltre un certo limite potranno impedirne la funzione
(di unire) compromettendo lo scopo,
poiché tutto è collegato… così quella piccola venatura è la valvola di sicurezza che interromperà il collegamento quando l’altro la scoprirà…
Andrea – è stata fatta apposta per far scoprire che il rombo è falso?
Paul – l’altro ha il nostro stesso obiettivo: accedere coscientemente alla realtà dove risiede il rombo unito e tramite i rombi del cielo e della terra stabilire un collegamento diretto tra le due realtà… se ci riuscisse riesci a immaginare cosa potrebbe fare?
Andrea – beh, forse non proprio tutto… anche il suo corpo arriverà alla fine, no?
Paul – lo riprogrammerà… e sarebbe solo l’inizio di qualcosa cui è meglio non pensare. Tuttavia l’enorme potere di cui dispone non gli ha ancora rivelato l’antico segreto, che ha permesso a Gerard e Franco di schermare il rombo del cielo. Quando lo scoprirà sarà pronto per varcare la soglia e dare la caccia al rombo unito. Ma prima che ottenga il risultato… saprà che per la terza volta è stato ingannato e come in precedenza per Claude e Gerard, fu l’ennesimo sacrificio (di Franco) a renderlo possibile.
Andrea – come lo saprà?
Paul – dovrai essere tu a farlo…
Andrea – io… in che modo?
Paul – non sarà affatto semplice… trovando il vero rombo del cielo nell’appartamento di Gerard e al momento giusto estrarlo dalla schermatura. L’altro lo saprà immediatamente…
Andrea – e dopo?
Paul – non ne ho idea, conosco il piano fino a questo punto… come ti dicevo è tutto nelle tue mani, le vite di tutti noi dipenderanno da quello che deciderai. Ma quali che siano le tue decisioni saranno le migliori possibili e darai tutto te stesso, ne sono certo… altrimenti la pietra non ti avrebbe parlato.
Andrea – accidenti, la pietra… nonostante il peso (753 grammi appesi al mio collo) me ne ero dimenticato. Come hai saputo di essa?
Paul – so quello che disse Doli a Franco: “la pietra sacra parlerà al Guerriero e lo assisterà sino al raggiungimento dello scopo”
Andrea
– ah, bene… allora vinceremo noi?
Paul – (apprezzando la battuta) ... non dice chi raggiungerà lo scopo, se noi o l’altro. Neppure che parlerà una sola volta e che tu sia l’unico o ultimo Guerriero.
Anne – … speriamolo. Perché Franco sacrificò la sua vita?
Paul
– Franco fuggendo dalla Francia si impose di non rimanere a lungo nello stesso
luogo, sapendo che al minimo errore l’altro
avrebbe potuto localizzarlo.
Quando
gli fu dato, il ciondolo gli garantì una protezione assoluta, analogamente alla
schermatura dei rombi e Doli gli
disse che poteva finalmente rilassarsi.
Il ciondolo, alfine trasformato nel rombo dell’unione, quando necessariamente sarebbe giunto ad Andrea, il penultimo portatore, non avrebbe più protetto Franco mentre il piano con l’inganno del falso rombo – come accade – partiva.
L’altro, dopo aver nutrito per tredici anni un odio feroce verso Franco, si sarebbe accorto della sua vulnerabilità e l’enorme potere gli avrebbe permesso di insinuarsi nella sua memoria e leggerne pensieri, ricordi, sensazioni… e al minimo indizio avrebbe preso in ostaggio Marie.
Anne
– quindi è stato costretto a farlo?
Paul – non aveva alternative per sigillare il suo personale bagaglio di informazioni che portarlo con sé in un luogo impenetrabile…
Anne – la morte fa questo?
Paul – oh, no… tutto è collegato e chi ha il potere esula dal tempo e dalle circostanze. Solo un potere maggiore può farlo. Quel luogo impenetrabile non si raggiunge morendo, è riservato ad una speciale categoria di persone quale compenso per aver portato e onorato (prima il ciondolo e adesso) il rombo dell’unione. C’è da mettere in conto che le condizioni di salute (reni) di Franco di lì a un paio d’anni avrebbero richiesto dialisi o trapianto… uno come lui non poteva accettarlo.
Anne – ma la tua memoria, Paul?
Paul
– giusta osservazione… da quando Franco scappò, gli sgherri dell’altro (e Alain) mi sorvegliarono
costantemente pensando che prima o poi mi avrebbe contattato, tuttavia noi,
consci del pericolo, decidemmo che l’avremmo fatto solo in caso di estrema
necessità per proteggere Marie.
In
tredici anni ha scritto qualcosa solo due volte attraverso un blog che avevamo
convenuto, senza fornirmi nessuna informazione sensibile.
Col
tempo il potere dell’altro cresceva
e mi accorsi di un’ombra che
s’insinuava nella mia mente alla ricerca di informazioni.
Ma la Signora sigillò quelle che in un modo
o nell’altro riguardassero lo scopo, così quello che poté trovare in me furono solo un paio di messaggi
di saluto di Franco, rivolti ad un amico depresso che interruppe ogni
frequentazione e attività.
Nel
2017, quattro anni dopo aver incontrato Doli, il piano era pronto e Franco mi
diede appuntamento a Bali, dicendomi di avere la soluzione affinché l’altro,
come nel suo caso, non fosse in grado di rintracciarmi e neppure potesse
accedere alla mia memoria. Riuscii a sfuggire la sorveglianza degli sgherri dell’altro (ne avevo due costantemente
alle calcagna) per miracolo.
Al
primo si fermò l’auto quando ormai mi aveva quasi raggiunto ed il secondo che
mi seguì sino a Bali trovò ad attenderlo la polizia… una soffiata di un mio amico, sufficiente a bloccarlo per qualche ora
mentre io e Franco salivamo su un altro aereo.
Appena mi vide Franco mi dette la soluzione, un oggetto da tenere al collo e non togliere per nessun motivo: un rombo ottenuto unendo i restanti due frammenti da quello dell’unione (apre la camicia e lo mostra).
Andrea – se il piano ha avuto bisogno di un miracolo ancora prima di iniziare…
Paul
– Doli ha una passione per i motori e quando non vanno… li accarezza, chiedendo
di aiutarlo. Può fare anche l’inverso, da distante… e anche altre strane cose, come
per il ladro nel treno.
Il secondo miracolo fu il numero di telefono di un mio ex collaboratore che ha ripagato un vecchio favore. C’è un terzo miracolo, o più propriamente un potere in azione… tieni Anne, prova a dividere i due frammenti del mio rombo.
Anne - (non vi riesce, neppure quando viene sollecitata a metterci più forza) è impossibile, sono incollati tra loro…
Paul
– non sono incollati e nemmeno io posso, prova tu Andrea… (al solo toccare il rombo i frammenti si separano. Li unisce nuovamente
e ancora né Paul né Anne riescono a staccarli).
……………………………………………
64 – il ritorno del
guerriero
Paul – con Doli e Franco passai i sei mesi più importanti
della mia vita , perfezionando nei particolari il piano, durante i quali nell’altro il crescere della rabbia ne aumentava
il potere. Doli disse che i suoi sgherri (e Alain con loro) tremavano al vederlo
contrariato poiché poteva colpirli solamente pensandoci, sfregiandoli con i segni neri che ben conoscete.
Dopo Franco anch’io gli ero sfuggito e date le simili
circostanze (l’incapacità di localizzarci ed accedere alla nostra memoria)
suppose che l’avessi raggiunto, intuendo che avessimo in mente qualcosa
riguardo Marie. Doli disse che stava progettando di sequestrarla, mettendola
seriamente in pericolo, per costringerci a venire allo scoperto e barattare il
rombo del cielo con lei.
Il piano, assecondando la
sua logica, lo anticipava di
quell’istante per poter condurre il gioco scegliendo la direzione. Ma come
abbiamo già detto, convincere
ha un alto prezzo, che Franco accettò senza riserve.
Sapendo che sarebbe stato un addio salutammo Doli - di cui ti
anticipo che non ne sapemmo più nulla - e se fu un momento di struggente
commozione per me che mi ci ero affezionato, immaginatevi Franco…
Il rombo dell’unione
guidò me e Franco sino al tuo bar dove aspettammo il segnale… ti ricordi la bambina del disegno, Andrea?
Andrea – (un’immagine
riaffiora alla memoria) la bambina a cui cadde un foglio, finito sui piedi
di Franco, che accettò lo scambio con una scatola di cioccolatini… era quello
il segno?
Paul – sì… è il disegno dell’uccello giallo che poi ti dette,
dove scrisse sul retro. Portammo con noi la copia del rombo del cielo che togliemmo
dalla schermatura per breve tempo affinché l’altro lo percepisse e, accantonato il proposito
su Marie, con i suoi sgherri si precipitasse in Italia.
Nella
sua borsa Franco lasciò una falsa lettera per Marie, nella quale la informava
che date le gravi condizioni di salute, aveva dato disposizioni per farle avere
(al termine dell’anno) l’oggetto più importante della collezione del padre, affidatogli
da Claude.
Arrivò
l’ultimo giorno per Franco… ormai l’altro
l’aveva quasi localizzato ma il potere del rombo dell’unione avrebbe
impedito ai suoi sgherri di vederlo come
lo vedevo io dall’altro lato della
strada.
Guardarlo
entrare nel tuo bar dove avrebbe bevuto la
sua cicuta mi ha straziato il cuore… uscì per darmi l’ultimo saluto e togliersi
il rombo dell’unione, mettendolo nella busta che poi ti dette. Immediatamente l’altro lo vide come si vede il nome di una città su una mappa e in pochi
minuti i suoi uomini circondarono la zona.
Per quanto in una posizione defilata temevo che avrebbero localizzato anche me ma il mio rombo mi protesse. Mentre gli sgherri si dirigevano verso il bar, Franco percepì una presenza nella sua mente e, prima che riuscisse ad aprirne le stanze della memoria, bevve il suo caffè con panna e uscì...
Anne – a quel punto il piano prevedeva di attendere un anno?
Paul
– sì, le condizioni di Marie erano ormai critiche, il suo cuore non avrebbe
potuto sopportare non solo i più piccoli spostamenti ma soprattutto affrontare quanto venne dopo.
Indossando
il rombo dell’unione, Andrea (inconsapevolmente) fu collegato all’uccello giallo-Marie e il potere
(del rombo) iniziò a sostenerla, quando l’anno dopo Andrea glielo mostrò il
rombo dell’unione attivò il processo che l’avrebbe trasformata.
Anne – iniziò quella stessa notte… il giorno dopo Marie non venne in pizzeria con noi.
Paul – … vidi Franco cadere e due sgherri impadronirsi della borsa, come previsto dal piano.
L’altro non avendo trovato il (falso) rombo del cielo non poté che attendere gli sviluppi, sorvegliando tutti voi qui e Marie in Francia.
Io ho trascorso questo tempo in una vicina città turistica, tornando qui ogni tanto per controllare (come avevano previsto Doli e Franco) l’arrivo di Gianni. Quando giunse tolsi la schermatura dal falso rombo per un po’, permettendo all’altro di percepirlo ma non localizzarlo, dopodiché incaricai una persona di fiducia di consegnare al tuo bar il pacchetto col rombo dopo averlo tolto dalla schermatura.
Andrea – però non c’era garanzia che le cose sarebbero andate secondo il piano…
Paul – giusto, l’imponderabile fa parte di ogni gioco… un gioco iniziato in tempi remoti, durante i quali l’altro e l’Uccello giallo hanno sviluppato differenti strategie.
Come
ti avevo detto l’altro predilige la
forza e l’Uccello giallo l’astuzia; assecondando
l’impeto dell’altro si può invogliarlo
in certe direzioni piuttosto che in altre anche se non sempre e a volte non completamente, ad
esempio il piano prevedeva il furto del falso rombo del cielo nel tuo bar,
magari di notte.
Le cose
sono andate diversamente e avrebbero potuto condurre a situazioni estremamente
pericolose; quando l’altro localizzò
il rombo nel tuo bar, trovandosi così vicino all’ambito tesoro nulla l’avrebbe
fermato…
In
un gioco non c’è mai la garanzia di
vincerlo, o non sarebbe un gioco.
Però
considera che nella nostra squadra ci
sono stati giocatori che hanno dato tutto, vita compresa, come farei anch’io se
servisse… o noi o loro.
Il piano
si può modificare, ma non l’obiettivo. Il potere di questi oggetti (i rombi) nelle
mani giuste, da una parte e dall’altra, è incommensurabile.
Andrea
– quando ci siamo incontrati avevi detto che se non venivo te ne saresti andato
per sempre, finiva tutto lì…
Paul – vedi, il piano origina dalla fiducia di essere dalla parte giusta, beninteso, anche l’altro ha assoluta fiducia di esserlo… è una lotta tra due poteri immensi che si attivano ed accrescono con la fiducia che riponiamo in essi.
Se
non venivi significava che non avevi consolidato in te la fiducia nel potere
dell’Uccello giallo… è difficile mettersi (interiormente) da parte, anch’io ho sbagliato l’approccio, per fortuna
ho potuto rimediare.
Andrea – fino a dove arriva il piano?
Paul – noi tre andremo in Francia finché…
Andrea – finché?
Paul - tu sei il portatore del rombo, il rappresentante dell’Uccello giallo, hai tutte le informazioni e per quelle che ti mancano non hai che da chiedere a chi sai.
Se
scamperai ai suoi sgherri, inevitabilmente dovrai affrontare l’altro che userà tutta la forza di cui
dispone per annientare te e tutti noi… sul piano della forza non hai chances,
poiché l’altro a differenza tua non avrà alcuno scrupolo.
Come
dicevo, solo anticipandone le mosse
potrai condurre il gioco scegliendo la direzione.
Il
piano che conosco termina in Francia… abbiamo pochissimo tempo, poiché l’altro riuscirà a scoprire il segreto della schermatura e dopo sarà in grado discardinare quella
del rombo del cielo, indebolendo a tal punto il potere del rombo dell’unione da
non poter svolgere la funzione per cui è stato creato.
Andrea – ne sei sicuro?
Paul – é riaffiorata in me una memoria del mio incontro con la Signora…
Come fosse scattata una
molla nella sua mente, Andrea si alzò di scatto, meravigliato in sé medesimo di
quell’impeto e della contrattura alla mano destra, serrata talmente forte a
pugno da diventare bianca. Anne rivide in lui il capo villaggio davanti al
corpo senza vita della sorella (cap.53 – ndr) e al pari di Paul, sentì il
potere dell’Uccello giallo fluire liberamente in Andrea.
Andrea
– finisco di sistemare le cose all’Oiseau jaune e domani partiamo. Anne, avvisa
tu Gianni.
65 – Alain
Gli sgherri dell’altro alloggiavano
in due grandi appartamenti all’ultimo piano di uno stabile commerciale, dal
quale potevano vedere l’entrata della villa di Marie che a turno controllavano.
Cinque uomini – sei con Alain – che si
associarono con l’altro per
ricavarne denari e potere, accumunati dall’illusoria convinzione che al
raggiungimento dei loro scopi avrebbero potuto lasciare il sodalizio.
Il più grande errore delle loro vite…
avessero compreso con chi avevano a che fare avrebbero preferito qualsiasi alternativa.
Un delinquente anche se agisce per
conto d’altri conserva un certo grado di controllo su se stesso e un relativo
libero arbitrio, mentre l’altro li
esautorò di ogni possibilità di indipendenza…
financo di pensiero.
Tutti loro all’inizio furono blanditi
e generosamente ripagati in diversi modi per i loro servizi, fin quando si
accorsero (casualmente o volutamente) di qualcosa di strano nella loro mente, una sorta di presenza
che li scrutava a cui non potevano impedire di scandagliare pensieri ed
emozioni, costringendoli a giocare a carte scoperte. Chi prima chi dopo
avrebbero tentato di coprirle…
uno che ci provò due volte se ne pentì amaramente, ritrovandosi quei segni neri che come serpenti sentiva strisciare
sul suo corpo giorno e notte, con ciò
divenendo il monito vivente dell’altro.
Alain fu trattato diversamente dall’altro che gli permise una controllata autonomia, per poterlo impiegare come un cavallo di Troia nel rapporto col padre.
Ma quando Franco riuscì a fuggire,
Alain - che non immaginava la reale situazione mentale dei suoi compagni, né
loro l’avrebbero mai rivelata sapendo cosa rischiavano - intervenendo in loro
favore, scatenò la reazione dell’altro.
Da quel momento lo sfregio sulla
guancia sancì anche per lui la totale sudditanza all’altro.
Da quel momento… non prima.
Nella realtà
del sogno, un piccolo cane si parò innanzi ad Alain ringhiando e nel
contempo divenendo sempre più grande.
Stupefatto e
impaurito tornò sui suoi passi sfuggendogli…
per poi ritrovarsi a camminare in una tormenta di neve che gli impediva ogni
riferimento.
In breve fu notte e non riuscendo a trovare una via
d’uscita fu colto dalla disperazione… si inginocchiò e sprofondando sulla
soffice neve si chiese cosa mai ne avesse fatto della sua vita.
Un dolore mai
provato prima dal petto gli salì alla gola e pianse…
La tormenta
scemò d’intensità per breve tempo, permettendogli di vedere in lontananza una debole luce, la
sola possibilità di salvezza, verso cui si diresse arrivandovi sfinito.
La luce
proveniva dalla finestra di una piccola casetta col tetto di frasche. Avvicinandosi
riaffiorò un’immagine… i quattro alti abeti attorno alla costruzione, la neve…
quella era la casa della Signora dove suo padre aveva rinvenuto il rombo della
terra.
Ricordò il furto
che fece sprofondare Paul nella depressione e accelerò la morte di Gerard…
adesso capiva che le sue ultime parole:
“un
furto può rubare l’anima?”
non si riferivano
a quella del padre, ma alla sua… avendo barattato le radici profonde del suo
essere, l’unico luogo nel quale la vita aveva un senso al di là del tempo, per
un piatto di lenticchie… il potere che sazia la fame di un giorno e ne richiede
di più l’indomani, in una spirale senza fine.
Un momento
prima che le forze l’abbandonassero del tutto
una figura indistinta gli venne incontro e lo sorresse per un braccio.
A quel volto amichevole dopo anni d’oscurità disse:
“ti credo, Alain… adesso hai una possibilità di riavere la tua anima. La Signora te la mostrerà.”
Gerard aprì
la porta della casetta, all’entrare una calda luce arancione avvolse Alain.
……………………………….
66 – il nascondiglio
Andrea
depose la pietra nella nicchia della stanza sotterranea, incaricò Alexandru e Maxim
di bloccare il meccanismo di accesso e di sorvegliare ininterrottamente il
luogo. I due uomini presagirono che sarebbe accaduto qualcosa ma non fecero
domande, dissero solo che poteva contare su di loro.
In seguito, mentre Andrea era impegnato all’Oiseau jaune, Anne nel corso di una lunga telefonata riassunse a Gianni e Marie i colloqui avuti con Paul.
Lunedì 8 luglio
Nel pomeriggio gli amici si ritrovarono; Paul finalmente conobbe Marie e in privato, tenendosi le mani si guardarono a lungo, senza dire nulla.
In
Paul riemerse un altro frammento dell’incontro con la Signora il cui volto si
sovrappose per un po’ a quello di Marie, confermandogli l’unione tra le due.
Era
trascorsa quasi una settimana dalla partenza delle famiglie moldave, meno di
una decina di giorni e sarebbero ritornate… quello che doveva fare Andrea, andava
fatto entro quel tempo, poiché l’altro e
i suoi sgherri non si sarebbero fermati di fronte a nulla, inclusi i bambini.
Paul fu alloggiato in una stanza per gli ospiti e Andrea rimase con Anne sino alle tre di notte, pensando che poteva anche essere l’ultima.
Poi le sfiorò dolcemente la
spalla e senza far rumore scese al piano terra, dove nel soggiorno Jean pareva
aspettarlo… si sedettero uno accanto all’altro nel divano, sotto un morbido
plaid.
Il ragazzo si appoggiò al
suo petto e si addormentò… il rombo dell’unione emise il calore che ben
conosceva e nella mente di Andrea si delineò il piano.
Martedì
9 luglio
Andrea spiegò a tutti cosa avrebbe fatto e quali sarebbero stati i loro compiti.
Aveva un’espressione
terribilmente preoccupata poiché ogni azione presentava dei rischi e in alcuni
passaggi il margine temporale per portarli a termine era minimo.
Nel primo pomeriggio Andrea partì, destinazione una pensione sufficientemente distante dalla casa di Marie, dove avrebbe atteso un paio di giorni per dare il tempo a Gianni, Paul e Marie di raggiungere il suo casale in Italia e a lui di conoscere la zona che si fece descrivere dettagliatamente.
Nel dargli le chiavi della
villa, , Gianni disse che la poltrona di Gerard e le statue maggiori furono
rimesse nelle posizioni che avevano prima dello scasso; su un foglio cominciò a
disegnare l’appartamento di Gerard quando fu (gentilmente) interrotto da Andrea.
.
Andrea
– se gli sgherri dell’altro non sono
riusciti a trovarlo (il rombo del cielo) non c’è disegno che possa aiutarmi.
Come ha detto Paul l’unica possibilità è la fiducia:
sono sicuro che (come fece con Franco) il rombo dell’unione impedirà agli sgherri di vedermi entrare in
quella casa e sono sicuro che lo
troverò.
Anne portò Jean a visitare i
nonni paterni (nella vicina Svizzera) a cui non parve vero di rivedere il
nipote, felici di ospitarli entrambi per qualche giorno.
Mercoledì
10 luglio
Gianni, Paul e Marie furono accolti da Alexandru e Maxim ai quali Gianni spiegò cosa sarebbe presumibilmente accaduto prima del ritorno delle loro famiglie.
Disse a Maxim che se la
volta precedente (quando bloccarono il loro furgone minacciandoli con un’arma) un
gesto avrebbe potuto innescare una tragedia, questa volta sarebbe bastato meno
di uno sguardo.
Ma quando propose loro di
andarsene per una settimana…
Maxim
– San Gianni, giuro che non faccio nulla
anche se mi sparano… ma non possiamo dire a Dimitri e alle nostre famiglie che
ce ne siamo andati, capisci?
Gianni capiva benissimo, non
si abbandonano gli amici nel momento del bisogno e, seguendo le direttive di
Andrea, incaricò Alexandru di modificare la nicchia dove fu riposta la pietra.
Alexandru vi si dedicò immediatamente,
lavorandoci da quella sera alla mattina seguente senza interruzioni, con un
risultato superiore alle aspettative di Gianni che telefonò a Michele
all’Oiseau jaune, pregandolo (nessun problema) di dare tre giorni di riposo ad
Alexandru.
Giovedì
11 luglio
Al mattino Andrea pagò le due notti nella pensione e come il giorno prima ripercorse in auto un altro paio di volte l’itinerario studiato e le sue varianti.
Dopo un sostanzioso pranzo
passeggiò a lungo nel parco dove Franco incontrò per l’ultima volta Claude, si
fece regolare i capelli da un barbiere e lasciò l’auto nel posto prescelto. Trascorse
un po’ di tempo in una tranquilla sala da te e attese la sera. Uscì e mescolato
al flusso delle persone raggiunse la villa di Marie, entrandovi in una manciata di secondi.
Disinnescò l’allarme e con
la sola luce della torcia del cellulare accedette all’appartamento di Gerard,
trovò la sua poltrona, rivolta a una finestra che dava su una porzione di
giardino non visibile dall’esterno e vi si sedette.
Pensò a Gerard che dopo aver
realizzato il nascondiglio per il rombo del cielo, pur non potendolo dire e neppure scriverlo,
doveva trovare il modo di lasciare una traccia all’unica persona che poteva
raccoglierla.
Andrea ricordava l’ultimo
breve dialogo di Franco con Gerard riportato nel suo diario:
“… ho impiegato un anno per preparare (al rombo ) un nascondiglio
sicuro, dove lo riporrò prima di sera... sai che non posso dirti di più ma stai
certo che gli sgherri dell'altro per quanto gli daranno la caccia non
lo troveranno. “ (cap. 58)
Seduto in quella poltrona
Andrea, avvertendo il calore del rombo
dell’unione sul petto, fu certo di disporre delle informazioni necessarie a
risolvere il rebus.
Spense la torcia e, come
aveva ormai imparato a fare si rilassò sin quando la sua coscienza arrivò sulla
soglia del sonno; normalmente uno stato che in un istante procede in quello, a
causa del potere del rombo “cristallizzò” affrancandosi da tempo e spazio. Come
i pezzi di un puzzle le informazioni si collegarono… aprì gli occhi e accese la
torcia, sulla destra della poltrona c’era la statua bronzea del cacciatore che,
come quella, puntava alla finestra.
Si alzò e la aprì poiché le
prede (del cacciatore) sono all’aperto, nascoste… ispezionò minuziosamente ogni
millimetro dell’intera finestra e della cornice senza riscontrare nessuna anomalia. Procedendo a tastare sotto
il davanzale della finestra percepì una piccola irregolarità, un minuscolo
scalino che le fotografie prese da diverse angolazioni a malapena evidenziarono.
Gerard ricavò una nicchia
all’interno del muro, sotto il davanzale della finestra, dove ripose un
sacchetto di plastica contenente il rombo del cielo con la sua schermatura,
successivamente richiuso con cura certosina.
Mentre con estrema cautela
Andrea procedeva ad allargare il foro
“sentiva” la fatica e il dolore provato da Gerard per quell’impresa
difficile a dir poco, data la posizione e il suo stato di salute in continuo
peggioramento, che richiese tutto quel tempo e temette verso la fine di non
riuscire a portare a termine, svuotato quasi del tutto delle energie e con le
mani sempre più tremolanti.
Quando l’apertura fu sufficientemente ampia e cominciò a estrarre il sacchetto avvertì una resistenza. Interrompendo la trazione e provando senza risultati apprezzabili altre angolazioni, suppose che qualcosa – forse uno spigolo di mattone – ne impedisse l’uscita.
Seguendo il piano, Andrea
doveva raggiungere casa sua con il rombo, dove in sicurezza l’avrebbero tolto
dalla schermatura permettendo all’altro
di localizzarlo. Continuando a smuoverlo finalmente il sacchetto si liberò e
poté farlo uscire del tutto. Controllandolo si avvide di una piccola
lacerazione che dal sacchetto di plastica proseguiva in quello di tela della
schermatura, ma non rilevando fuoriuscite di trucioli si tranquillizzò, lo chiuse nella borsa, velocemente uscì dalla
casa, prese l’auto e partì.
Fin lì tutto pareva essere
andato per il meglio.
Pareva…
…………………………………………………
67 – l’inseguimento
Con un messaggio prestabilito Andrea informò gli amici del buon esito e, contento delle prestazioni della nuova e potente auto, durante il viaggio notturno si ritrovò sovente a spingerla oltre i limiti di velocità.
Pur non avendo fretta
qualcosa d’indefinito agiva inconsciamente sul suo piede, finendo per imporsi
sul conscio che, senza conoscerne il motivo, ne assecondò l’urgenza di
guadagnare più tempo possibile.
Stava per raggiungere lo
svincolo per Alessandria quando, come in precedenza sulla poltrona di Gerard, alla
sua coscienza si presentò la spiegazione
di quell’inquietudine che lo induceva ad accelerare: l’immagine di un filo di
ferro impiegato in edilizia di cui Gerard non si accorse che spuntava all’interno
della nicchia, bucando il sacchetto di plastica e penetrando in quello di tela
con la schermatura. L’estremità terminava
con un’arricciatura… che ne trattenne un piccolo truciolo quando lo estrasse.
Era certo che quella
minuscola mancanza nella schermatura fu sufficiente all’altro (il cui potere era aumentato enormemente) per percepire
il rombo del cielo e localizzarlo. Le carte erano ormai scoperte e quel
qualcosa di indefinito era la premonizione che gli sgherri dell’altro stavano per raggiungerlo.
Invece di scendere a sud per
Genova proseguì per Piacenza e poi Parma, dove uscì per continuare sulla
statale che attraversando la Lunigiana seguiva il corso del fiume Magra sino
alla foce. Conosceva bene il vasto reticolo di quelle strade e nell’improbabile
caso si vedesse seguito poteva facilmente seminarli.
Non successe, a conferma
della bontà della scelta di cambiare percorso.
Due potenti auto lo stavano
inseguendo, la prima con due sgherri e la seconda con due sgherri e l’altro che, alla partenza di Gianni, Marie e Paul, li fece seguire
da una terza auto con a bordo uno sgherro e Alain.
Allungando il percorso
Andrea scansò il pericolo di venire raggiunto ma ne precluse la possibilità di raggiungere
il casale prima di loro, tanto più non sapendo di quante persone e auto
disponeva l’altro.
Fu un bene, altrimenti
sarebbe stato intercettato da Alain e lo sgherro che controllavano il casale.
Andrea doveva risolvere il problema di come arrivarci,
portando con sé il rombo del cielo che non poteva neppure nascondere a causa
della crepa nella schermatura.
Dopo aver scartato ogni
altra soluzione – tutte troppo rischiose – ne rimaneva una sola: arrivare più vicino possibile al
vecchio lavatoio e percorrere il sentiero misterioso sino a poco prima del
cippo di confine (inizio del sentiero storico) dove avrebbe controllato se gli
sgherri l’attendevano e deciso il da farsi.
Mantenendo un’andatura
sostenuta arrivò all’incrocio e svoltato prese la strada che conduceva al
vecchio lavatoio: i primi chilometri pianeggianti poi si restringeva per gli
ultimi cinque in salita, con diversi tornanti.
Dopo un paio di chilometri
dall’inizio della salita, passato un tornante, c’era una stradina sterrata che
portava ad un casale, dopodiché anche
solo per invertire la marcia bisognava raggiungere lo spiazzo del vecchio
lavatoio al termine della strada, dove contava di lasciare l’auto e dirigersi a
piedi verso il sentiero misterioso.
Nemmeno il tempo di pensare
che ormai mancava poco ed ecco il rombo dell’unione emettere il calore (che
aveva imparato a conoscere) stavolta di colpo e intensamente: alle sue spalle
intravide una delle due potenti auto nere che a fari spenti lo stava
raggiungendo a tutta velocità.
Accelerò a sua volta… aveva
pochi secondi per decidere e, quand’anche avesse raggiunto il lavatoio, non
avrebbe potuto affrontare una o più persone sicuramente armate che non
avrebbero esitato un attimo a fermarne la corsa. Non si era mai trovato nemmeno
lontanamente in una situazione così pericolosa ma stranamente non provava paura
né alcuna altra emozione, al normale flusso del pensiero si sostituì una
“consapevolezza per immagini” che in un istante e simultaneamente gli presentò il risultato di
ogni possibile decisione… una su tutte la migliore: dopo il successivo tornante
avrebbe imboccato a tutta velocità la stradina sterrata per (abbandonata l’auto)
fuggire a piedi con il proposito di
raggiungere il sentiero misterioso per un’altra via.
Faceva ancora abbastanza
buio, aveva più o meno una decina di secondi di vantaggio sugli inseguitori e,
a differenza loro, conosceva molto bene quei luoghi.
Accelerò nuovamente sulla
salita del tornante e un millesimo di secondo prima di impostare la sterzata
vide i fari di un veicolo che stava per uscire dalla stradina, troppo stretta
per passarci in due.
Continuò ad accelerare e
proseguì… ormai doveva giocarsela al lavatoio, senonché ebbe la premonizione che
lì, al termine della strada c’erano altri sgherri ad attenderlo.
Si presentò un’altra
immagine: ancora un tornante, fermata, fuga.
Inchiodò l’auto, saltò fuori
e sentì il rumore che poteva avere una sola spiegazione: il veicolo in uscita
dalla stradina non vedendone i fari impattò o fu tamponato dall’auto nera inseguitrice.
Mentre si lasciava scivolare sulla scarpata a bordo strada non udì altro, se
era andata così aveva una chance di raggiungere il cippo di confine. Corse come
mai prima, il buio lasciò il posto alla luce dell’alba e raggiunse il cippo
sotto la pioggia battente di un improvviso temporale estivo.
Non scorse nessuno nei
pressi del cippo e anche vi fosse stato, la pioggia scrosciante permetteva al
massimo una decina di metri di visibilità. Si tenne ben oltre e dopo venti
minuti, in aggiunta alle due del sentiero, raggiunse dal retro il casale.
Gianni che lo accolse per
primo lo sorresse prima che crollasse dalla fatica, non riuscendo quasi a
respirare.
Il cuore gli batteva
all’impazzata e all’amico che temette potesse succedergli qualcosa, replicò con
un sorriso che lo fece preoccupare ancora di più.
Quando si riprese, Gianni
gli chiese (nelle sue condizioni) il motivo del sorriso.
“Penso che stavolta avrei
battuto anche Matej” – rispose.
……………………………………….
68 – fari nella notte
Venerdì
12 luglio
Andrea raccontò di come
intuì d’essere inseguito e Gianni, ispezionando il sacchetto di plastica che
conteneva quello di tessuto della schermatura, rilevò la piccola lacerazione da
cui ne sfuggì il minuscolo ricciolo, sufficiente all’altro per percepire immediatamente il rombo del cielo e
localizzarlo, con ciò dando conto dell’enorme potere che aveva sviluppato.
Subito dopo Alexandru portò
il rombo del cielo nella stanza sotterranea, lo adagiò nella nicchia modificata
e richiuse la copertura. Marie disse che dov’era stato posto impediva all’altro
di localizzarlo con precisione.
Dopo un paio d’ore di sonno
e una doccia Andrea radunò nel soggiorno Paul, Gianni, Marie, e Maxim. All’esterno,
Alexandru in una posizione riparata
sorvegliava l’accesso al casale e
vedendo un’auto nera far capolino dall’ultima curva, fermandosi per
controllare, pensò che fosse il caso di dimostrare la sua mira, colpendo col
suo fucile di precisione la terra a un metro dalla vettura che immediatamente
retrocedette fuor di visuale.
Non fosse stato per il
veicolo che gli impedì di accedere alla stradina sterrata e che, qualche
secondo dopo, fu coinvolto in un incidente con l’auto che lo inseguiva, Andrea non
sarebbe riuscito a porsi fuori tiro dagli sgherri che avrebbero immediatamente
aperto il fuoco su di lui.
Fin qui era riuscito a
trovare e portare con sé il rombo del cielo, pur se l’imprevista perdita del
frammento di schermatura con quel che ne conseguì, accelerò pericolosamente i
tempi dell’inevitabile confronto con l’altro.
A breve sarebbe arrivato,
non lui naturalmente, bensì i suoi sgherri ai quali avrebbe potuto lasciare
carta bianca per impadronirsi del rombo del cielo… se non fosse che non poteva
rischiare un danno fatale all’oggetto della sua brama.
Il piano prevedeva di
assecondarne l’azione, simulando una resistenza di facciata da abbandonarsi in seguito, accettando di
scambiare l’oggetto per salvaguardare l’incolumità di tutti loro.
Ma una volta che l’avesse
avuto in mano l’altro non avrebbe
rispettato alcun patto e sarebbe stata solo questione di tempo e modi l’eliminarli definitivamente, su questo Marie
non lasciò il minimo dubbio.
Dopo lo “scambio” dovevano
assicurarsi di potersi proteggere per il tempo necessario a realizzare la
parte segreta del piano che lo stesso Andrea avrebbe conosciuto all’ultimo
momento, come per il nascondiglio del rombo, la crepa nella schermatura,
l’inseguimento e la fuga.
Fortunatamente l’abilità e i
buoni fucili di Alexandru e Maxim, avrebbero sconsigliato agli sgherri un
attacco diretto, con ciò guadagnando un po’ di tempo.
Analizzando gli eventi
Andrea e gli amici giunsero alla conclusione che l’altro con i suoi sgherri disponessero di tre auto: la prima seguì
Gianni, Marie e Paul mettendoli sotto controllo e le altre due inseguirono
Andrea. Forse il provvidenziale incidente col veicolo in uscita dalla stradina
ne aveva danneggiata una ma sicuramente l’avrebbero immediatamente rimpiazzata
con una a noleggio.
Rimaneva da capire di quanti
sgherri disponeva l’altro, non meno
di cinque comunque, contando anche Alain. Considerato che erano dei malviventi
professionisti occorreva tenerli alla massima distanza possibile… facile a
dirsi.
Maxim dette il cambio ad
Alexandru che si unì alla discussione con i tre uomini, e mentre Marie
preparava qualcosa da mangiare squillò il telefono di Andrea…
Voce
– buongiorno boss, scusa se disturbo… mi senti bene?
Andrea - sì, Dimitri! Come va?
Dimitri – mamma mia e di Veaceslav chiuso occhi per sempre… ha detto grazie e porta preghiera al Signore per tutti nostri amici.
Andrea – sappiamo quanto le volevate bene, sono nel casale con San Gianni, Marie e un amico e ci uniamo al vostro dolore, coraggio.
Dimitri – grazie boss, noi torniamo da oggi cinque giorni… ma Ludmila viene prima, da sola, dopo saluto a sua mamma in altra città.
Andrea – (… il rombo dell’unione sul suo petto emise l’ormai conosciuto calore, cosa significava?) ah… perché non ritorna con voi?
Dimitri – voi conosce Ludmila, piace lavorare al bar e tante cose… anche credo manca Alexandru, con aereo arriva presto, domani o giorno dopo. Fa sorpresa…
Un’immagine attraversò la
mente di Andrea: la luce dei fari di un veicolo.
Guardò Marie che annuì…
Un’ora dopo Alexandru
ricevette la telefonata di Michele: lo avvisava che Ludmila poteva riportarlo
lunedì - alla ripresa del lavoro - il furgone delle consegne preso il giorno
prima.
…………………………………………………………..
Mi è piaciuto tantissimo....aspetto con ansia il continuo!!!!!
RispondiEliminaGrazie.
EliminaBellissimo e ipnotico racconto
EliminaComplimenti allo scrittore!
grazie d'averlo letto e commentato.
EliminaQuesto racconto è ipnotico, affascinante e molto ben scritto!
RispondiEliminaSi aspetta con impazienza il seguito.
Complimenti all'autore!
graditi complimenti, si spera di non deludere...
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