12 DIFFERENTI REALTA' - 2025

 



Gennaio


Pezzi di pane e frammenti di noci

son nel giardino in questo freddo giorno

meta di voli e differenti voci

di chi è con noi a superar l'inverno.

 

Sempre fui a Natal con la mia mamma

per onorare il debito di vita,

ora che passò l'ultimo in programma

rimane il foglio senza la matita.

 

Infine la linea s'è interrotta

l'ultimo respir ritornato all'aria,

un’altra nave tolta dalla flotta.

Rimane solo la direzion contraria

 

che ti riporta ai giorni dell'estate,

a quando ella ti tenne nel suo  grembo,

alle cose belle e quelle scartate.

Il filo d'oro nel sogno d'ogni bimbo

  

qui si dissolve oppure vien portato

oltre il dolore, tolto da ogni inciampo

per tessere l'amor ch'a nullo amato

in un diverso luogo, oltre il confin del tempo?


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Febbraio


In una delle tante dimensioni che ancora noi non conosciamo ma Lila sì... (Restituzione)



L'amica geniale 




 

Il nome


<<Lila! Aveva ragione Pasquale, sei tornata… come stai?>>

<<Tu che dici, ti sembro nu’ poco dissolta? (un pò dissolta?)>> 

<<No, sei tal quale l’ultima volta che ci siamo salutate. Da dove vieni?>>.

<<Eh, prima sarebbe da sapere dove siamo… conosci questo posto?>>

<<No, ma mi è familiare… dimmelo tu>>.

<<Nel salone di un castello, di quelli veri, tutto di pietra e pure col ponte levatoio. (*) 

Ti è familiare perché ci stanno decine di migliaia di libri, molte prime edizioni vecchie assai, stampate qui in questi luoghi – in Italia – dove hanno pure inventato la macchina da scrivere. Tu da lì vieni, prima di nascere al rione >>.


Non riesco a crederci, ho incontrato Lila e il primo pensiero è stato che questa storia potrebbe continuare all’infinito, fondendola con  quella del signore del castello dei libri e della sua compagna, uniti dalla passione per la scrittura. Ben diversa la loro storia dalla nostra di ragazzi senza privilegi, a caccia di libri tra vecchi scaffali, per migliorarsi. Oppure, alla fine, è la stessa storia, di persone – anime – in cerca della loro origine, ostacolate da chiacchiere seducenti, promesse, inganni, sangue che ne impediscono il progredire. In questo senso non aveva molta importanza il luogo, bensì cosa si fa in quello.   

L’ultima volta che vidi Lila fu attraverso le nostre bambole ammuffite che mi lasciò nella cassetta delle lettere, povere e brutti resti che pur appartenendo alla nostra vita, di bambine allora e di anziane oggi, vi partecipano come un ricordo tra i tanti, private della carica vitale che vi infondemmo con i nostri giochi. Le disposi contro i dorsi dei miei libri dove, a differenza della vita vera, le parole che le descrivono le faranno sempre brillare nella mente del lettore.   

I due piani temporali coesistenti mi fecero sentire confusa, però – diversamente da quella odierna, troppo forte l’emozione d’aver ritrovato Lila – accettai in me stessa la smarginatura della mia coscienza che m’impediva di collocare l’esperienza che stavo vivendo, per la paura che il più piccolo dubbio, esitazione potesse dissolverla, come un corpo dentro una vasca da bagno colma di un acido potente. 

Accettai, dunque, come avevo accettato tante, troppe situazioni che avrebbero richiesto una risposta decisa, evitata per mille motivi che poi sono uno solo: io sono questa, una delle figure del quadro di Gauguin  (Da dove veniamo, Chi siamo? Dove andiamo?) che apparentemente conducono una vita semplice, entro i confini del conosciuto. E invece, grattando il colore rinsecchito delle nostre maschere, si rivela la bianca tela dell’esistenza che costantemente  sostituisce la nostra impronta con altre. 

Se pensai che dovevo rassegnarmi a non vederla più ora mi ricredevo, al pari di un lettore che per la fretta, saltando all’ultima pagina del racconto, si dispiaccia d’aver forzato l’immaginario destino che ne sviluppa la trama.

<<Non ricordo come ci siamo arrivate, e tu, Lila?>>

<<In qualsiasi posto ci si arriva solo in due modi: chiedendo o per caso. Ma che cambia, ormai ce stai, che sia un sogno, una delle tante dimensioni che ancora non conosci o qualcos’altro,  potrebbe durare assai poco, perciò fai le domande che te stanno a cuore>>.

<<Va bene: perché sei sparita?>>

<<Sono sparita per farmi trovare, non ritrovare>>.

<<Che differenza c’è?>>

<<Si ritrova qualcuno che conosci e tu mi conosci assai bene. Non avrei mai potuto ingannartitrascinandoti dove volevo fin dall’inizio… non ho mai raccontato la mia storia di riscatto né nessun’altra, tanto meno usando il tuo corpo vivo e la tua esistenza. Sei tu quella che scrive, senza le tue parole non esisto – scompaio – e per mezzo di esse adesso ricompaio. >>.

<<Ho usato le parole per descrivere la realtà che ho visto e vissuto>>.

<<Non sto criticando,  l’hai fatto bene, nessuno l’avrebbe potuto fare meglio di te. A chi le legga magicamente appaio nel suo cinema interiore, recito la mia parte e se non gli sto indifferente può essere ca chiagne o ride… (che piange o ride) è tutto buono, Lenù, sei una vera artista del ritrovare>>.

<<E dunque?>>

<<Dunque quel meraviglioso gioco dello scrivere la nostra storia è finito – salvo ci ripensi – è diventato libro e pure film. C’è qualcosa… oltre quel punto d’arrivo?>>

<<Hai detto che vuoi farti trovare… ma sei qui, dove altrimenti?>>

<<Eh, Lenù… la smarginatura s’è allargata, oltre quel punto d’arrivo, oltre i confini che conosci. Qualcuno t’ha presa e portata in questo castello, come facevi muovere me nella tua mente, adesso sei tu – i tratti peculiari di come ti sei descritta – a vivere nella mente di questo qualcuno che sta consumando un po’ del suo tempo, per condurti alla risposta che manca nei tuoi libri: chi è davvero Lila?>>

<< La Lenù nella mente di questo qualcuno non sono io, ha solo acchiappato qualcosa qui e là e ci gioca con la fantasia >>.

<<Proprio comm te, ma tu o’ faje meglio e in grande, nun aie rivali, o’ dico davvero (come te, ma tu lo fai meglio e in grande, non hai rivali, dico davvero).In questo castello incantato dalle parole scritte, quelle mischiate alla terra avendo rinunciato alle ali per rimanere con gli uomini e ricordar loro da dove vengono, sei quelle parole.

Tutto l’universo è una trama di parole che descrive ogni cosa, dalle immense alle piccoline. Qui c’è posto per tutte le mille che hai scritto di te, le poche scritte da qualcuno e quelle che (forse) scriveranno altri. Tu (come tutto e tutti) vieni, sei e andrai con le parole... mo’ dimmi chi sono>>.

<<Sei solo una parola, come me, come tutto?>>

<<Lenù è il guscio, la conchiglia scelta dal paguro per proteggersi e vivere, la sua casa che difende stando tutto il tempo con le pinze sull’uscio. 

Tu si stata furba e da subito aie miso na’ puort, ppe sta’ in pace (hai messo una porta, per stare in pace) o altri motivi di cui non devi dar conto a nessuno, basta ca’ paghi e’ tasse (che paghi le tasse).Dentro il guscio mio però nun ce steva o’ paguro(non c'era il paguro) era una conchiglia vuota in fondo al mare che hai smosso con la matita - cosa aie sentito o’ saje sul tu (cosa hai sentito la sai solo tu) – ma la tua mano seppe ca’ rinto a’ matita ce steva na’ storia ca’ aspettava e’ ascì… (dentro la matita c'era una storia che aspettava di uscire) avevi solo bisogno d’una magia che aprisse la porta.

Al paguro nel tuo guscio c’hai messo nome Lenù  e all’altro il mio. Dandomi un nome m’hai fatto nascere nella storia e tutte le volte che mi chiami o che m’ignori, vengo o sto zitta. Ma sono sempre con te, adesso che il libro è terminato, che il film è spento… rimango come parola nelle pagine e come immagine nella pellicola.>>

 <<Lila, sei stata tu la magia che mi aprì la porta?>>

<<La magia si presenta alla porta di chi bussa a modo… ognuno la chiamerà come crede, ma chi la conoscerà non la potrà scordare. I figli, la famiglia e mille cose danno senso all’esistenza, a chi l’ha trovato e chi no – approssimandosi la fine del viaggio – si presenta l’interrogativo di una differente realtà. Ma chi mi ha incontrato, già in questa ne avrà vissuto un’altra. Adesso lo sai chi sono?>>

<<Sì Lila… l’ispirazione>>.


“stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”



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(*) 

https://www.castellodicastiglionedelterziere.it/

https://web.archive.org/web/20131020055224/http://www.ilcorriereapuano.it/notizia.asp?idnotizia=4264

https://rewriters.it/raffaella-paoletti-custode-dell-eredita-di-loris-jacopo-bonomi-di-cui-riscopriamo-la-trilogia/

 

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“Il romanzo si chiude con la frase latina «stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus» che riassume, in un verso icastico, i principi del nominalismo (suonerebbe piò o meno «Resta, la rosa primigenia, con il suo nome, noi abbiamo solo nudi nomi»).
 …… 

Ricorderebbe, insieme a molto altro e semplificando molto, che un concetto universale non è legato direttamente, necessariamente alla realtà ma si riduce a un fatto linguistico; ma anche che di tutto ciò che accade non resta che un nome, un ricordo, un segno.

O forse che alla fine – come recita l’Adso dell’omonimo film, che del grande amore della sua vita non ha mai conosciuto il nome – il ricordo della persona, dell’essenza, di ciò che stava dietro al nome, è indelebile.
Tuttavia, come ci dice lo stesso Eco, il titolo del libro lascia il significato all’interpretazione del lettore, che deciderà o meno di addentrarsi nel bosco della fabula: è il bello, tra l’altro, di un romanzo.

C’è da dire che, dall’Odisseo-Nessuno di Omero al Mosè del Roveto ardente della Bibbia, nelle culture basate sulla parola “conoscere” (e dare) il nome equivale a «possedere» l’interlocutore, fosse anche un dio.
In questo caso, i nomi sono l’essenza.”


https://www.educattepeople.it/2023/08/01/stat-rosa-pristina-nomine/#:~:text=Il%20romanzo%20si%20chiude%20con,abbiamo%20solo%20nudi%20nomi%C2%BB).



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Marzo




L’amo gettato nel lago fondo

s’anche vi fosse riman nascosta

la preda ambita da tutto il mondo.

 

In questo luogo si vien e si sosta

con la speranza che da quell’acque

quel ch’è prezioso si possa trarre.

 

Tutta l’umanità frequenta quel luogo interiore dove ognuno si rivolge e parla con se stesso. Come davanti a uno specchio non v’è rimando se non della propria immagine, così in questo per la nostra voce segreta, udibile solo a noi.

Non vi pare strano che il luogo a noi più accessibile sia anche il più segreto?

Viviamo letteralmente in due mondi: (figurativamente) al di là e al di qua dei nostri occhi, mentre qualcosa ci sospinge incessantemente avanti e indietro dalla sottilissima, impercettibile linea di confine che li separa.

Il nostro giardino (mondo) segreto ospita il profondo lago della memoria, di cui frequentiamo le sponde, talora nuotandoci e di rado immergendoci.

Pur se ne siamo attratti ci sconcerta, poiché anche un solo ricordo: parola, pensiero, azione, emozione… attiva il fantasma nella macchina (organica): la presenza, la consapevolezza, l’osservatore o se preferite – accettandone le problematiche – l’io. 

Ci sconcerta che senza l’acqua di quel lago, noi non siamo, non essendoci conoscenza senza memoria. Altresì ci inquieta l’assenza del tempo nel nostro giardino, perché a ben guardare le memorie appaiono come somma di fotogrammi senza soluzione di continuità che, differentemente da un film, proseguono…

Se cercate qualcosa di vostro – la peculiarità, il punto d’inizio della vostra scia vitale – se non è in quel lago non c’è da nessuna parte. Così prima o poi ognuno prepara amo ed esca, nella speranza di prendere il pesce sfuggente della vita per la bocca, il punto d’inizio, prima che scompaia nel nulla (?) la sua coda.

C’è qualcosa di più prezioso che conoscere il senso della propria esistenza?

 

***

Ma passa il tempo, trascorron gli anni

furon parole, poi tutto tacque.

Facile ieri  saltar le sbarre

ora ogni gesto ti costa affanni.

 

Al di qua degli occhi, nel mondo temporale, procedono incessantemente tutti i processi, materiali e di ogni sorta, soggetti all’inesorabile legge del divenire.

 

***

Rimiri l’acque placide e fonde,

perché sei lì ancor che aspetti,

attendi il vento che formi l’onde

anche se l’amo neppur più getti?

 

L’avanzare dell’età (e le dure prove dell’esistenza) induce a frequentare maggiormente il proprio giardino, a sedersi sulla seggiola – il punto d’osservazione – da cui guardare quell’acqua diversamente. Avendo scordato il gesto (l’esca sull’amo) e la motivazione (pescare l’ambita preda), non rimane che abbandonarsi ai giochi (le onde) del destino (il vento).

 

***

La gente va, ad altra fa posto,

guardi lontano, indietro nel tempo

tra spume d’anni e sapor di mosto

e ti sovvien quel bacio dagli occhi

e la sua mano, tutto in un lampo.

 

Senza l’intento si dissolvono i confini personali… c’è un unico lago (la memoria collettiva dell’umanità) attorno al quale le persone appaiono e scompaiono.

Dalla memoria (dall’acqua del lago) improvvisamente emerge l’intero contenuto della propria vita, nel quale risaltano (in un lampo) i momenti emotivamente significativi (il bacio dagli occhi – espressione turca).

 

***

Or l’hai compresa la tua misura,

la gemma nascosta nei piccoli tocchi,

tutto scompare ma lei non si usura.

 

Da dove le vien la luce che splende

che pare strada che invita e attende?

In fondo che importa, a essa t’accosti

chiudendo gli occhi e traendo un respiro.

 

La mano è la misura dell’uomo, quello che ha toccato e protetto (racchiuso tra le dita) non viene consumato dal tempo. Al riaprirla, la gemma dimenticata (nascosta) irradia una luce…

che importa lo schianto a breve, l’asfalto che si avvicina                                      che importa quel che hai perduto e il tutto che non hai avuto

https://www.lamacchinadiluce.com/2021/02/a-pochi.html


***

L’amo ha un sussulto…

la preda ha mangiato e perso l’indulto,

costretta deve lasciar quei posti

dalla potenza del forte tiro.

 

Non l’amo gettato nel lago della memoria, ma il punto d’inizio della scia vitale della persona, ritornato in essa dalla bocca la rende consapevole della coda, della fine.

 

***

Uno di meno in riva al lago,

tu eri la preda e cercavi la gemma

alfin l’hai trovata e adesso sei pago,

rendi la vita e consegni lo stemma.

 

Siamo tutti preda del destino e i più fortunati accumulano perdite su perdite, di familiari, amici e conoscenti. I meno fortunati di se stessi.

Qualche anno fa (per me) quella di mio fratello, da poco quella di mia madre e un’altra di una cara amica.

Nel mio giardino segreto, passeggiando attorno al lago della memoria li rivedo, talora rammaricandomi di non aver maggiormente colto la loro luce. Solo allo spegnersi se ne realizza l’importanza. Perché la loro è anche la nostra luce.

 

Un bacio dagli occhi a tutti.


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