Immaginate... (13)

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A Violetta finalmente venne in mente chi fosse Luigi e le modalità del loro incontro, più di dieci anni prima… poiché fu appunto una delle poche persone che si interessarono ai suoi disegni, tanto da porre in secondo piano il motivo familiare per cui richiese una consulenza. Anch’egli a suo modo studiava la geometria e accennò a linee che collegano destini. La consulenza terminò in modo inatteso per Violetta, a cui Luigi chiese di disegnare su un foglietto una figura piana chiusa. Assecondò la richiesta disegnando un triangolo.

Adesso, nel guardare stupita la mappa portata da Francesca, con i tre vertici del perfetto triangolo equilatero (in nero) corrispondenti alle loro abitazioni, qualcosa si smosse dentro di lei. Raccontò l’inusuale esperienza che la indusse a chiamarla, descrivendo come nel suo flusso di coscienza (in ambito terapeutico o artistico) si evidenziavano linee nelle persone o le disegnava nel foglio come apparendo dal nulla.

Il mondo è un insieme infinito di punti e solo una peculiarità insita nella coscienza umana li unisce con altrettante infinite linee di tutti i tipi, al di qua degli occhi e al di là, nel segreto mondo interiore.                 

Sono le linee che fanno apparire il mondo (materiale), sottese a regole di cui la geometria ne costituisce un primo livello, retto dal procedere in linea retta della luce. Il mondo interiore (compreso quello dei sogni) è governato da una differente luce, dove le linee divengono collegamenti, esenti dal dominio del tempo.

A volte i collegamenti proseguono nel mondo al di qua degli occhi, presentandosi come coincidenze, come quelle che avevano fatto incontrare le due donne.

 

Francesca – nella visione che hai avuto, seguendo quella che hai chiamato “linea guida”, ne hai incontrata un’altra…

Violetta – ho la sensazione che fosse la tua.

Francesca – sì, lo credo anch’io. E l’ultima, potrebbe essere quella di Luigi?

Violetta – lo escluderei, credo che sia una linea ancora da manifestarsi, mentre Luigi di fatto è una linea presente.

Francesca – giusto. Il disegno che hai fatto per Luigi, si può vedere?

Violetta – l’ha tenuto lui, comunque era un triangolo scaleno, tre lati uniti ai vertici senza alcuna elaborazione.

Francesca – (un po’ sorpresa) beh, dopo il triangolo che mi riguardava, Luigi mi aveva accennato a quello disegnato da te e ha detto che l’hai tu…

Violetta – Adesso che ci penso, il foglietto col disegno era appoggiato sul tavolino… poi è successa una cosa strana, un riflesso di luce proveniente dai pendagli appesi alla finestra l’ha illuminato colorandolo stranamente di rosa. Ho sentito che per Luigi fosse un evento importante ma non ne volesse parlare, così ho lasciato perdere e abbiamo proseguito con altri argomenti. Dopo il commiato il foglietto non c’era e ho pensato l’avesse preso lui. Sono passati tanti anni e la mia memoria un po’ incespica, tuttavia non credo poi di averlo trovato e messo da parte.

Francesca – non importa… ritornando alle linee guida, oltre l’ultima hai detto di aver percepito una “perturbazione”, puoi spiegarmelo con un esempio?

Violetta – Certo, casualmente ne ho uno adatto: a casa di un’amica tempo fa è suonato l’allarme, di giorno. Dopo aver verificato ha detto che il vento aveva aperto una finestra mal chiusa, cambiando il volume impostato nell’allarme. Ecco, qualcosa del genere, una sorta di vibrazione connessa ad un’apertura nello spazio – se è tale – della visione.

Francesca – e quella perturbazione l’hai percepita anche nel minuscolo occhio dell’uccellino, hai detto che ti osservava…   

Violetta – (intuendo dove conduceva il “percorso” di una linea interiore di Francesca che cresceva d’intensità, la guardò con la modalità che un tempo impiegava nelle consulenze, quando, con una sorta di click interno abbandonava all’istante l’usuale vestito – la trama – della sua personalità, scoprendo le potenti linee dell’ordito. Quel che sentiva, faceva e diceva in quello stato non era più controllabile, qualcosa agiva da sé per forza e volere proprio) - sei venuta per farti aiutare, come è successo?

Francesca – (sorpresa dal repentino cambio di registro e dalla sensazione di potere emanata dalla donna ) – non me lo so spiegare poiché non avevo alcun pensiero, tantomeno di “farmi aiutare”.

Violetta – hai detto che prima camminavi sotto il pino… tu sai che la leggenda è verità. Mentre camminavi, piangevi?

Francesca – (ebbe la netta impressione che fosse in grado di vedere cosa successe) - mio marito è morto due anni fa e piango spesso sotto il pino, mi da sollievo.

Violetta – là, ci parli a tuo marito?

Francesca – sì, come tutte le persone che vanno al cimitero a trovare i loro defunti.

Violetta – ma tu non vai al cimitero, dov’è il corpo…

Francesca – è vero, ci vado di rado per portare dei fiori.

Violetta – perché là non lo senti, mentre sotto il pino…

Francesca – sì, ho la sensazione della presenza.

Violetta – non quella di tuo marito, altrimenti non avresti chiesto un aiuto.

Francesca – non ho chiesto un aiuto…

Violetta – hai accarezzato il pino mentre piangevi?

Francesca – sì…

Violetta – la leggenda dice che lì sotto c’è un’altra sposa sfortunata che non ha goduto i suoi figli, ma almeno li ha messi al mondo. Tu non hai potuto farlo…

Francesca – purtroppo, a causa di un mio problema.

Violetta – (avvicinandosi e prendendole la mano)  ma tuo marito l’ha fatto.

Francesca – (sbigottita) no, non è vero… me l’avrebbe detto, l’avrei perdonato…

Violetta – … diglielo.

Francesca – a chi, cosa..?

Violetta – a tuo marito, digli quello che provi, ti ascolta…

Francesca – (stava per replicare a quello che credette un espediente terapeutico ma fu trafitta dallo sguardo della donna in un volto trasfigurato. Ancora tentò di credere che tutto fosse solo frutto di suggestione, ma chi aveva di fronte con un semplice gesto fece crollare ogni sua residua resistenza. La donna si strinse col pollice e l’indice della mano sinistra la parte inferiore della stessa orecchia, tirandosela alcune volte verso il basso. Il tick del marito quando discuteva con lei.) - allora era vera la voce, hai avuto un figlio con un’altra donna! Eravamo sposati… perché, perché non l’hai confessato?

Marito – stavo per farlo, avevo deciso di far fronte alle mie responsabilità qualunque fosse il prezzo da pagare… quando l’incidente mi ha tolto la vita. Non ho nessuna scusa, con la madre fu solo attrazione fisica ma poi… qualcosa in me voleva una discendenza e l’ho assecondata. Ho aiutato la madre in tutto e quando mi ha chiesto una ingente somma di denaro per rifarsi una vita altrove con un vero marito ho accettato di perdere mia figlia per il suo bene. Entrambe non le ho più riviste.

Francesca – potevi chiedermi il divorzio, all’inizio ti avrei odiato ma di fronte a un figlio…

Marito – le cose sono andate così, quando cammini sotto il nostro pino sento il dolore che ti ho causato e vorrei aggiungerlo al mio per liberartene. Ma non posso più far nulla nel tuo mondo.

Francesca – … sei stato tu a mettermi il pensiero di farmi aiutare?

Marito – altri possono, a me è precluso.

Francesca – chi ha potuto farlo?

Marito – mia figlia…

Francesca – per ottenere il perdono del padre?

Marito – non potrà mai esserci nessun perdono, se non vieni prima liberata dal dolore che ti ho causato.  

Francesca – perché una bambina aiuterebbe la moglie del suo babbo che l’ha tradita?

Marito – perché, diversamente da me e sua madre, ha un cuore puro…

Francesca – (piangendo) allora così sia, per lei ti perdono… riposa in pace.

Marito – nel nome di mia figlia ti ringrazio per la generosità. Da ora in avanti nessun dolore ti toccherà più.

 

Violetta raccolse le linee di Francesca, il marito e sua figlia come si raccolgono i fiori da un vaso rovesciato, rimettendoli nuovamente nell’acqua, non più schiacciati a terra ma aperti all’aria, a diffondere colori e profumi verso il cielo.

Violetta e Francesca – riconoscente per l’inaspettata esperienza che la sgravò del recondito fardello - da quel giorno instaurarono una profonda amicizia durata quattordici anni, sino alla morte di Violetta nel 2004, a 87 anni.

L’anziana donna, tre mesi prima della fine fu ricoverata per accertamenti e nell’occasione Francesca le fece visita, riferendole della “giovane donna che si era inventata un modo diverso per sopravvivere, proponendo dei libri che teneva in una borsa di cotone bianco, stampata”.

Anna (madre di Piero) divenne amica di entrambe ed esaudì l’unico desiderio di Violetta, conservarne le opere.

Francesca le volle bene come a una figlia sin dal primo momento che la vide… come gliene volle il padre che dovette abbandonarla.

 

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