Immaginate... (11)

 


11)

Nella sua attività professionale Violetta veniva guidata dall’intuizione, quel diverso modo di manifestarsi dell’ispirazione al di fuori dell’ambito artistico. Ma sia in quest’ultimo che in quello di lavoro, le differenti manifestazioni del soffio provenivano dallo stesso mantice: la geometria.

Aveva una grande sensibilità per i colori e una notevole collezione di matite colorate delle migliori marche, nonché tempere, acrilici e altro per esprimerla, tuttavia all’occasionale osservatore ammaliato dalla caleidoscopica trama colorata, sfuggiva il potere dell’ordito: il disegno delle linee dritte e curve che riempivano il supporto (ligneo o cartaceo) con forme di ogni sorta, coerenti con una suddivisione geometrica e rigorosa dello spazio.

Violetta assegnava ai colori il ruolo (secondario) di pregevoli e meravigliosi drappi, con cui ricoprire la potente nudità ascetica delle linee sottostanti che, originando da una sua disposizione innata e comandate da un (geometrico) ordine nascosto, alfine “apparivano” nel disegno, come appare una poesia, un racconto, una musica… da chissà dove.

Analogamente nella sua professione si ripeteva lo stesso processo creativo. All’incontrare una persona si attivava immediatamente in Violetta la stessa disposizione innata che rivolta all’interlocutore lo spogliava dai drappi colorati emotivi e relazionali, rivelando il geometrico ordito di linee che li determinavano e sostenevano. Il suo approccio terapeutico, alquanto insolito, consisteva nel leggere e spiegare quel disegno nascosto potendo, come in un libro scritto, avanzare e retrocedere nelle pagine seguendo origine, sviluppo e conclusione delle linee narrative.

A Violetta bastava una linea per collegarsi a tutte le altre e leggerle alla persona, sconcertata e meravigliata della conoscenza di eventi e contenuti emotivi non rivelati o tenuti nascosti.

 

Nel giugno del 1990 Francesca (50 anni), venuta a conoscenza del differente modus operandi di Violetta, pur sapendo che non esercitava più, la contattò telefonicamente.

 

Francesca – buongiorno, ho avuto il suo nominativo da un amico che si era rivolto a lei per consiglio.

Violetta – chiunque sia, sarà stato più di dieci anni fa… mi dispiace, ma se chiama per un incontro devo dirle che mi sono ritirata, tuttavia potrei consigliarle un bravo terapeuta.

Francesca – ne ero a conoscenza, mi sono permessa di telefonarle non per una consulenza ma a causa di una strana coincidenza, troppo lunga da descrivere. Il mio solo scopo era di farle avere il mio numero… nel caso accadesse qualcosa di insolito anche a lei. Grazie e mi scusi il disturbo.

Violetta – di niente, si figuri…lo terrò a mente e nel caso la chiamo, buona giornata.

Dopo una mezzora dal termine della telefonata, l’insolita agitazione che ne scaturì non abbandonò Violetta che conosceva bene quello stato, una sorta di grezza premonizione quasi sempre foriera di notizie o eventi di rilievo in arrivo. A volte furono lutti, visite inattese o mutamenti anche repentini del suo stile di vita. Imparò per esperienza ad accettare l’araldo qual che fosse il messaggio, avendone in cambio la percezione della propria linea-guida, quella attraversata da tutte le altre, personali e altrui. Quali che fossero gli eventi e le prove della vita, non ne modificavano né l’origine né la direzione e realizzò che essa (la linea-guida) non fosse altro che la propria linea del destino impressa sulla Mano universale. Come in un libro, tutto era stato scritto e al lettore, se lo voleva, non rimaneva che leggerlo e farsi condurre al punto d’arrivo.

Ma oggi c’era qualcosa di “diverso”…                                                                         

…uscita nel giardino si accomodò nello sdraio, sotto il grande ulivo sposato al limone che ne ombreggiava il fusto, lasciando ad esso l’altezza ed usufruendo della protezione delle sue rigogliose fronde dal vento talora troppo freddo. Violetta aveva 73 anni e non avendo figli, dopo la dipartita del compagno ben più anziano, si arrovellava alla ricerca di una soluzione per quando anch’essa avrebbe dovuto abbandonare la sua casa, i quadri, gli amati alberi… e quei meravigliosi, grossi, succosi limoni gialli.

Quando usciva nel giardino dimenticava se stessa e il mondo degli umani, per dedicarsi ai suoi silenti compagni di viaggio. 

Sotto i suoi piedi le radici dei due alberi, estese e profonde quanto le chiome, si compenetravano accettandosi vicendevolmente e usufruendo entrambe dell’apporto azotato dei semi di lupino spezzati.           

Condivisione, pensò, prima d’assopirsi al sole filtrato dal fogliame dei suoi due guardiani. In quello stato sospeso tra veglia e sonno, ecco che il “diverso” da percezione divenne forma: vide la propria linea-guida inoltrarsi sempre più profondamente nello sconosciuto, attraversata o accompagnata per un po’ da innumerevoli altre. A un certo punto un’altra linea simile alla sua si affiancò e  un’altra più avanti pareva attenderle entrambe… per cosa, se non unirsi?

L’emozione della visione la destò e per consolidarne il ricordo, mantenendo gli occhi  chiusi, spostò velocemente l’attenzione nei particolari che altrimenti di lì a breve sarebbero svaniti, riuscendo a cogliere “qualcosa” oltre la seconda linea in attesa: una sorta di perturbazione nella rigorosa geometria del “luogo”.  

Un uccellino - uno scricciolo – che si muoveva agile tra i contorti rami del limone, accortosi del suo risveglio si fermò, guardandola a lungo come ella fece a sua volta. Gli scriccioli sono tra gli uccellini più elusivi, all’estremo opposto del curioso pettirosso… nel minuscolo punto nero del suo occhio Violetta percepì la perturbazione che la stava osservando.  

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