12 Differenti realtà - marzo 2025
L’amo gettato nel lago fondo
s’anche vi fosse riman nascosta
la preda ambita da tutto il mondo.
In questo luogo si vien e si sosta
con la speranza che da quell’acque
quel ch’è prezioso si possa trarre.
Tutta l’umanità
frequenta quel luogo interiore dove
ognuno si rivolge e parla con se stesso. Come davanti a uno specchio non v’è
rimando se non della propria immagine, così in questo per la nostra voce
segreta, udibile solo a noi.
Non vi pare strano che
il luogo a noi più accessibile sia anche il più segreto?
Viviamo letteralmente in due mondi: (figurativamente) al di là e al di qua dei nostri occhi, mentre qualcosa ci sospinge incessantemente avanti e indietro dalla sottilissima, impercettibile linea di confine che li separa.
Il nostro giardino (mondo) segreto ospita il profondo
lago della memoria, di cui
frequentiamo le sponde, talora nuotandoci e di rado immergendoci.
Pur se ne siamo attratti ci sconcerta, poiché anche un solo ricordo: parola, pensiero, azione, emozione… attiva il fantasma nella macchina (organica): la presenza, la consapevolezza, l’osservatore o se preferite – accettandone le problematiche – l’io.
Ci sconcerta che senza l’acqua di quel lago, noi non siamo, non essendoci conoscenza senza memoria. Altresì ci inquieta l’assenza del tempo nel nostro giardino, perché a ben guardare le memorie appaiono come somma di fotogrammi senza soluzione di continuità che, differentemente da un film, proseguono…
Se cercate qualcosa di vostro – la peculiarità, il punto
d’inizio della vostra scia vitale – se non è in quel lago non c’è da nessuna
parte. Così prima o poi ognuno prepara amo ed esca, nella speranza di prendere
il pesce sfuggente della vita per la bocca, il punto d’inizio, prima che
scompaia nel nulla (?) la sua coda.
C’è qualcosa di più
prezioso che conoscere il senso della propria esistenza?
***
Ma passa il tempo, trascorron gli anni
furon parole, poi tutto tacque.
Facile ieri saltar le sbarre
ora ogni gesto ti costa affanni.
Al di qua degli occhi,
nel mondo temporale, procedono incessantemente tutti i processi, materiali e di
ogni sorta, soggetti all’inesorabile legge del divenire.
***
Rimiri l’acque placide e fonde,
perché sei lì ancor che aspetti,
attendi il vento che formi l’onde
anche se l’amo neppur più getti?
L’avanzare dell’età (e
le dure prove dell’esistenza) induce a frequentare maggiormente il proprio
giardino, a sedersi sulla seggiola – il punto d’osservazione – da cui guardare quell’acqua
diversamente. Avendo scordato il
gesto (l’esca sull’amo) e la motivazione (pescare
l’ambita preda), non rimane che abbandonarsi ai giochi (le onde) del destino
(il vento).
***
La gente va, ad altra fa posto,
guardi lontano, indietro nel tempo
tra spume d’anni e sapor di mosto
e ti sovvien quel bacio dagli occhi
e la sua mano, tutto in un lampo.
Senza l’intento si dissolvono i confini personali…
c’è un unico lago (la memoria collettiva dell’umanità) attorno al quale le
persone appaiono e scompaiono.
Dalla memoria
(dall’acqua del lago) improvvisamente emerge l’intero contenuto della propria
vita, nel quale risaltano (in un lampo) i momenti emotivamente significativi (il bacio dagli occhi – espressione turca).
***
Or l’hai compresa la tua misura,
la gemma nascosta nei piccoli tocchi,
tutto scompare ma lei non si usura.
Da dove le vien la luce che splende
che pare strada che invita e attende?
In fondo che importa, a essa t’accosti
chiudendo gli occhi e traendo un respiro.
La mano
è la misura dell’uomo, quello che ha
toccato e protetto (racchiuso tra le dita) non viene consumato dal tempo. Al
riaprirla, la gemma dimenticata (nascosta) irradia una luce…
che importa lo schianto a breve,
l’asfalto che si avvicina che importa quel che hai perduto e
il tutto che non hai avuto
https://www.lamacchinadiluce.com/2021/02/a-pochi.html
***
L’amo ha un sussulto…
la preda ha mangiato e perso l’indulto,
costretta deve lasciar quei posti
dalla potenza del forte tiro.
Non l’amo gettato nel lago della memoria, ma il punto d’inizio della scia vitale
della persona, ritornato in essa dalla bocca la rende consapevole della coda,
della fine.
***
Uno di meno in riva al lago,
tu eri la preda e cercavi la gemma
alfin l’hai trovata e adesso sei pago,
rendi la vita e consegni lo stemma.
Siamo tutti preda del
destino e i più fortunati accumulano perdite su perdite, di familiari, amici e
conoscenti. I meno fortunati di se stessi.
Qualche anno fa (per me)
quella di mio fratello, da poco quella di mia madre e un’altra di una cara amica.
Nel mio giardino segreto, passeggiando attorno al lago della memoria li rivedo, talora rammaricandomi di non aver maggiormente colto la loro luce. Solo allo spegnersi se ne realizza l’importanza. Perché la loro è anche la nostra luce.
Un bacio dagli occhi a
tutti.
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