L'amica geniale - (12 differenti realtà - febbraio 2025)



 


Il nome


<<Lila! Aveva ragione Pasquale, sei tornata… come stai?>>

<<Tu che dici, te sembro nu’ poco dissolta?>> 

<<No, sei tal quale l’ultima volta che ci siamo salutate. Da dove vieni?>>.

<<Eh, prima sarebbe da sapere dove siamo… conosci questo posto?>>

<<No, ma mi è familiare… dimmelo tu>>.

<<Nel salone di un castello, di quelli veri, tutto di pietra e pure col ponte levatoio. (*) 

Ti è familiare perché ci stanno decine di migliaia di libri, molte prime edizioni vecchie assai, stampate qui in questi luoghi – in Italia – dove hanno pure inventato la macchina da scrivere. Tu da lì vieni, prima di nascere al rione >>.


Non riesco a crederci, ho incontrato Lila e il primo pensiero è stato che questa storia potrebbe continuare all’infinito, fondendola con  quella del signore del castello dei libri e della sua compagna, uniti dalla passione per la scrittura. Ben diversa la loro storia dalla nostra di ragazzi senza privilegi, a caccia di libri tra vecchi scaffali, per migliorarsi. Oppure, alla fine, è la stessa storia, di persone – anime – in cerca della loro origine, ostacolate da chiacchiere seducenti, promesse, inganni, sangue che ne impediscono il progredire. In questo senso non aveva molta importanza il luogo, bensì cosa si fa in quello.   

L’ultima volta che vidi Lila fu attraverso le nostre bambole ammuffite che mi lasciò nella cassetta delle lettere, povere e brutti resti che pur appartenendo alla nostra vita, di bambine allora e di anziane oggi, vi partecipano come un ricordo tra i tanti, private della carica vitale che vi infondemmo con i nostri giochi. Le disposi contro i dorsi dei miei libri dove, a differenza della vita vera, le parole che le descrivono le faranno sempre brillare nella mente del lettore.   

I due piani temporali coesistenti mi fecero sentire confusa, però – diversamente da quella odierna, troppo forte l’emozione d’aver ritrovato Lila – accettai in me stessa la smarginatura della mia coscienza che m’impediva di collocare l’esperienza che stavo vivendo, per la paura che il più piccolo dubbio, esitazione potesse dissolverla, come un corpo dentro una vasca da bagno colma di un acido potente. 

Accettai, dunque, come avevo accettato tante, troppe situazioni che avrebbero richiesto una risposta decisa, evitata per mille motivi che poi sono uno solo: io sono questa, una delle figure del quadro di Gauguin  (Da dove veniamo, Chi siamo? Dove andiamo?) che apparentemente conducono una vita semplice, entro i confini del conosciuto. E invece, grattando il colore rinsecchito delle nostre maschere, si rivela la bianca tela dell’esistenza che costantemente  sostituisce la nostra impronta con altre. 

Se pensai che dovevo rassegnarmi a non vederla più ora mi ricredevo, al pari di un lettore che per la fretta, saltando all’ultima pagina del racconto, si dispiaccia d’aver forzato l’immaginario destino che ne sviluppa la trama.

<<Non ricordo come ci siamo arrivate, e tu, Lila?>>

<<In qualsiasi posto ci si arriva solo in due modi: chiedendo o per caso. Ma che cambia, ormai ce stai, che sia un sogno, una delle tante dimensioni che ancora non conosci o qualcos’altro,  potrebbe durare assai poco, perciò fai le domande che te stanno a cuore>>.

<<Va bene: perché sei sparita?>>

<<Sono sparita per farmi trovare, non ritrovare>>.

<<Che differenza c’è?>>

<<Si ritrova qualcuno che conosci e tu mi conosci assai bene. Non avrei mai potuto ingannarti, trascinandoti dove volevo fin dall’inizio… non ho mai raccontato la mia storia di riscatto né nessun’altra, tanto meno usando il tuo corpo vivo e la tua esistenza. Sei tu quella che scrive, senza le tue parole non esisto – scompaio – e per mezzo di esse adesso ricompaio. >>.

<<Ho usato le parole per descrivere la realtà che ho visto e vissuto>>.

<<Non sto criticando,  l’hai fatto bene, nessuno l’avrebbe potuto fare meglio di te. A chi le legga magicamente appaio nel suo cinema interiore, recito la mia parte e se non gli sto indifferente può essere ca chiagne o ride…  è tutto buono, Lenù, sei una vera artista del ritrovare>>.

<<E dunque?>>

<<Dunque quel meraviglioso gioco dello scrivere la nostra storia è finito – salvo ci ripensi – è diventato libro e pure film. C’è qualcosa… oltre quel punto d’arrivo?>>

<<Hai detto che vuoi farti trovare… ma sei qui, dove altrimenti?>>

<<Eh, Lenù… la smarginatura s’è allargata, oltre quel punto d’arrivo, oltre i confini che conosci. Qualcuno t’ha presa e portata in questo castello, come facevi muovere me nella tua mente, adesso sei tu – i tratti peculiari di come ti sei descritta – a vivere nella mente di questo qualcuno che sta consumando un po’ del suo tempo, per condurti alla risposta che manca nei tuoi libri: chi è davvero Lila?>>

<< La Lenù nella mente di questo qualcuno non sono io, ha solo acchiappato qualcosa qui e là e ci gioca con la fantasia >>.

<<Proprio comm te, ma tu o’ faje meglio e in grande, nun aie rivali, o’ dico davvero. In questo castello incantato dalle parole scritte, quelle mischiate alla terra avendo rinunciato alle ali per rimanere con gli uomini e ricordar loro da dove vengono, sei quelle parole.

Tutto l’universo è una trama di parole che descrive ogni cosa, dalle immense alle piccoline. Qui c’è posto per tutte le mille che hai scritto di te, le poche scritte da qualcuno e quelle che (forse) scriveranno altri. Tu (come tutto e tutti) vieni, sei e andrai con le parole... mo’ dimmi chi sono>>.

<<Sei solo una parola, come me, come tutto?>>

<<Lenù è il guscio, la conchiglia scelta dal paguro per proteggersi e vivere, la sua casa che difende stando tutto il tempo con le pinze sull’uscio. 

Tu si stata furba e da subito aie miso na’ puort, ppe sta’ in pace o altri motivi di cui non devi dar conto a nessuno, basta ca’ paghi e’ tasse. Dentro il guscio mio però nun ce steva o’ paguro, era una conchiglia vuota in fondo al mare che hai smosso con la matita - cosa aie sentito o’ saje sul tu – ma la tua mano seppe ca’ rinto a’ matita ce steva na’ storia ca’ aspettava e’ ascì… avevi solo bisogno d’una magia che aprisse la porta.

Al paguro nel tuo guscio c’hai messo nome Lenù  e all’altro il mio. Dandomi un nome m’hai fatto nascere nella storia e tutte le volte che mi chiami o che m’ignori, vengo o sto zitta. Ma sono sempre con te, adesso che il libro è terminato, che il film è spento… rimango come parola nelle pagine e come immagine nella pellicola.>>

 <<Lila, sei stata tu la magia che mi aprì la porta?>>

<<La magia si presenta alla porta di chi bussa a modo… ognuno la chiamerà come crede, ma chi la conoscerà non la potrà scordare. I figli, la famiglia e mille cose danno senso all’esistenza, a chi l’ha trovato e chi no – approssimandosi la fine del viaggio – si presenta l’interrogativo di una differente realtà. Ma chi mi ha incontrato, già in questa ne avrà vissuto un’altra. Adesso lo sai chi sono?>>

<<Sì Lila… l’ispirazione>>.


“stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”



……………………..


(*) 

https://www.castellodicastiglionedelterziere.it/

https://web.archive.org/web/20131020055224/http://www.ilcorriereapuano.it/notizia.asp?idnotizia=4264

https://rewriters.it/raffaella-paoletti-custode-dell-eredita-di-loris-jacopo-bonomi-di-cui-riscopriamo-la-trilogia/

 

…………………………

 

“Il romanzo si chiude con la frase latina «stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus» che riassume, in un verso icastico, i principi del nominalismo (suonerebbe piò o meno «Resta, la rosa primigenia, con il suo nome, noi abbiamo solo nudi nomi»).
 …… 

Ricorderebbe, insieme a molto altro e semplificando molto, che un concetto universale non è legato direttamente, necessariamente alla realtà ma si riduce a un fatto linguistico; ma anche che di tutto ciò che accade non resta che un nome, un ricordo, un segno.

O forse che alla fine – come recita l’Adso dell’omonimo film, che del grande amore della sua vita non ha mai conosciuto il nome – il ricordo della persona, dell’essenza, di ciò che stava dietro al nome, è indelebile.
Tuttavia, come ci dice lo stesso Eco, il titolo del libro lascia il significato all’interpretazione del lettore, che deciderà o meno di addentrarsi nel bosco della fabula: è il bello, tra l’altro, di un romanzo.

C’è da dire che, dall’Odisseo-Nessuno di Omero al Mosè del Roveto ardente della Bibbia, nelle culture basate sulla parola “conoscere” (e dare) il nome equivale a «possedere» l’interlocutore, fosse anche un dio.
In questo caso, i nomi sono l’essenza.”


https://www.educattepeople.it/2023/08/01/stat-rosa-pristina-nomine/#:~:text=Il%20romanzo%20si%20chiude%20con,abbiamo%20solo%20nudi%20nomi%C2%BB).





Commenti

  1. Che bella scrittura! Mi sento bene ( fa bene alla mia anima ) quando ho modo di leggere testi come questo...
    Per quanto riguarda il senso del Trovare / Ri- trovare , noi - che pure non ci siamo mai trovati, a volte La ritrovo in quello che scrive e che mi corrisponde.

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  2. Spero che la Mamma stia ( nel complesso ) bene. E anche Lei.

    f.

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  3. Se la lettura onora la scrittura, così il commento chi scrive, perché richiede tempo e impegno, ma entrambi "creano" una linea, un collegamento tra le realtà (vite) delle persone. Ogni atto lascia un "segno", una traccia... la rosa primigenia che le parole cercheranno di "fotografare".
    Sono queste infinite linee a dar forma al nostro personale universo (di relazioni) che, in essere o concluse, sono l'impalpabile "sostanza" della memoria nostra e collettiva.

    Sentitamente ringrazio, conformandomi alla terza persona per rispetto al suo sentire e, ne avesse interesse, suggerendole la lettura del post:

    https://www.lamacchinadiluce.com/2025/01/10-al-di-la-dellaldila-lines-we-live-by.html

    Un grazie per il ricordo e le parole su mia mamma che ha preceduto il poeta Maestro Lorenzo, nonchè per l'augurio nei miei riguardi che ricambio, commosso.

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  4. Mi dispiace molto. Ero rimasta a quando Lei si recava a far visita alla Mamma alla Casa di riposo dove pareva trovarsi bene.
    E - adesso - come ritengo opportuno in questi casi, non vorrei usare troppe parole.
    Il Dolore si rispetta col Silenzio.
    Tuttavia, se ritiene che - nel mio piccolo - possa esserLe di qualche conforto, trova il mio indirizzo mail sul Blog.

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  5. Il conforto maggiore (per me) è essere accettati per quello che siamo e apprezzati i tentativi di condivisione di quanto facciamo.
    Il mio piccolo è questo blog che considero la bancarella dei miei scritti, offerti in ringraziamento per il dono della vita ricevuta e dell'ispirazione da cui provengono.
    Nel suo blog, gentile Frida, altrettanto fruibile senza costi o convenevoli, nella sua quasi ascetica impostazione, ritrovo il senso e la corrispondenza di cui ha scritto che si rispecchia nei suoi sempre graditi commenti.
    Mi ritengo fortunato, all'occasione, scambiare un parere, osservazione o quant'altro con lei e, considerato quanto sin qui esposto, nulla mi sarebbe di maggior conforto che dimorar ("che di beltade amor vi fea dimora") qui una sua poesia, con la massima cura come si convenga a un ospite di riguardo.
    un cordiale saluto

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