Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (3/4)

 


Una notte in sogno vidi un foglio scritto con tre colori diversi, (rosso, blu e nero) e contemporaneamente una voce lo andava leggendo, anzi interpretando, poiché si trattava di una pièce teatrale (a connotazione umoristica).

Ne sono stato deliziato, era davvero ben costruita e pensai che avrei dovuto sforzarmi di ricordarla, ma come quasi sempre accade ai primi accenni di risveglio la scena cominciò ad evaporare, sopravvenendo una sorta di consapevolezza a dirmi che bastava così.

L’immagine finale col foglio dai diversi colori svanì… o tornò da dove era venuta.
La pièce era composta come solo un professionista sa fare... forse è quello il motivo per cui non me l’han fatta ricordare… avrei potuto spacciarla per mia.

Il sogno che vi ho descritto è qui collocato in virtù degli interrogativi che pone, riconducibili alla seconda parte della domanda: chi siamo?

Prima di entrare nel merito penso convenite che gli interessi di una persona e le sue peculiarità - qualcosa che non ha costruito ma si sia ritrovato, ad esempio un talento di qualunque genere - determinano una o più direzioni verso le quali procede.

I miei mi portano a considerare e a volte averne più che la sensazione, che tutto sia in qualche modo collegato, questo il motivo per cui focalizzo la mia attenzione sugli eventi che in minor o maggior grado denotano tale possibilità o ne forniscano indicazione, ben sapendo che la dama agli occhi dell’innamorato non appare la stessa agli occhi altrui… e la bellezza (che può anche rivelarsi in una formula matematica o, perché no, manifestarsi tramite una sincronicità significativa) ha diverse forme e vie per giungere ai cuori.

Così l’eventualità di un collegamento tra cose, eventi e persone (fisiche e psicologiche) mi conduce a ricercare appunto i fili che lo permettono, come quelli elettrici per la corrente.
Quando sia possibile individuarli si getta un po’ di luce su quel che siamo, isole separate da mari più o meno ampi e profondi ma unite sotto a quelli.

A volte i collegamenti sono con noi stessi, con quello che eravamo e quello che siamo diventati, nel mezzo le esperienze e vicissitudini dell’esistenza.
Ad esempio tempo fa scrissi dei racconti e in seguito ho visto realizzarsi nella mia vita le circostanze descritte (purtroppo alcune non erano positive), avallando l’impressione di un collegamento con le (piccole) cose della (mia) vita.
Tale ricerca nel tempo è divenuta il mio principale interesse e quasi una sorta di elastico… che se te ne allontani, quello, essendo attaccato, ti ci riporta… e in un certo senso noi siamo i nostri interessi.

Tornando al sogno mi è sorta la domanda: perché ci accadano eventi come quello descritto e quali informazioni racchiude?

Quella benedetta pièce è del tutto certo che non proveniva da me, ma da qualche parte doveva pur provenire.
Così pongo la domanda in me, da dove?

Nell’usuale stato di veglia è difficile percepire il perenne “ribollio” della mente, sempre indaffarata con il pensiero, l’unico materiale di cui dispone.
Esso ci arriva quasi che il mastro fonditore, impedendoci di gettare un’occhiata alla fucina, allunghi il suo braccio piazzandoci direttamente nella testa l’ultima creazione, che da sempre abbiamo l’abitudine di considerare opera nostra.

A onor del vero alcuni individui si soffermano nei pressi della fonderia, forse un po’ stanchi di quell’andare e venire con i manufatti di cui non hanno visto la genesi e meravigliati dell’inganno da tutti accettato, che siano opere loro.
Strano, no? Solo perché ce lo ritroviamo “dentro” ecco che il pensiero è “nostro”, anzi , ancor di più, ci identifichiamo con esso. Il fatto di acquisirlo letteralmente e semanticamente compiuto non ci sorprende… come mai?

Forse perché non abbiamo memoria che le cose, il senso della nostra presenza e l’interazione col pensiero, siano state diverse da quelle cui siamo avvezzi.

I contenuti della memoria e il flusso del pensiero divengono usufruibili dopo il radicamento dell’io nell’organismo, tuttavia vi sono anche “memorie isolate” risalenti ai primi (impersonali) anni e “memorie estranee” non originate da qualche esperienza nello stato di veglia.
Almeno una parte di quest’ultime si forma/diviene accessibile durante il sonno, e un’altra (piccolissima) parte permette l’esperienza dei dejà vu.


Ritornando alla pièce del sogno (e ai sogni in generale) eccomi là, a seguire in qualche modo una sorta di film con dei contenuti che mi sono affini (l’interesse per la scrittura), proiettato solo per me.

Un film è una forma narrativa, come un libro e per estensione ogni forma d’arte.
E la nostra vita per banale o insignificante che sia è il nostro romanzo, o film, se preferite.

La vita come narrazione è argomento diffusamente trattato e dopo aver dato un’occhiata fugace a quel che dicono gli altri procedo per la mia strada, perché se c’è una risposta che posso accettare deve trovarsi sul mio cammino, che quelle trovate da altre parti sono come le scarpe altrui, per un po’ possono servire a camminare ma non ci si sta comodi.

Gran parte della ricerca umana è primariamente la ricerca della propria misura e chi la trova non avrà più da pagare dazio e continuare a citare altri, per grandi che siano.
Rispetto sicuramente, non sudditanza.

Il sogno ha un’enorme importanza, perché mostra – in misura maggiore rispetto alla veglia - quel che accade dentro la fucina della mente: dal ribollio si origina una narrazione.
Nell’esserne testimoni certo non potreste credere, come non credo io, che la perfetta pièce o qualsiasi altra narrazione possa essere opera vostra.
Da svegli invece è più forte l’impressione (se non la convinzione) che sia tutta farina del nostro sacco.

Per arrivare alle cose difficili serve partire dalle semplici… prestando attenzione al banale sognare (non i contenuti del sogno o la loro interpretazione... c’è sempre tempo per complicarsi la vita) si può andare lontani.
Quanto?

Beh, occorrerebbe sapere dove ci troviamo e da dove quelle informazioni (dalla pièce teatrale alle miriadi di pensieri) provengono… potremmo anche considerarla come una questione topologica: forme e direzioni, geometrie e congetture… non è forse dagli albori che l’umanità ha cominciato a investigare le caratteristiche del mondo dove vive (la forma in primis) e il collegamento con gli astri del cielo?

La matematica e in seguito le altre scienze (la fisica in particolare) si sono sviluppate a causa di questo interesse, divenuto uno degli obiettivi principali.
Ci son state, parallelamente, molte altre direzioni e interessi che sovente si sono intersecate con questa, dando origine a domande a cui tentiamo di dare risposta ancora oggi, le cosiddette domande fondamentali, come quella del titolo del post: da dove veniamo, che siamo, dove andiamo?

Una domanda che mi ha sempre procurato una strana sensazione di incongruenza… che c’azzecca quel chi siamo con la direzione di provenienza e destinazione?

Se primariamente è una questione di collocazione… la vera domanda, nascosta sotto a questa, diviene:


da dove veniamo, DOVE siamo, dove andiamo?

Cambia qualcosa?
Beh… dalla diversa interpretazione di quel chi siamo originano la gran parte delle divisioni tra le genti della terra…


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