Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (2/4)
Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?
è un dipinto del 1897 di Paul Gauguin ad olio su tela
Storia
L'opera, che pone i massimi quesiti esistenziali dell'uomo, fu dipinta
dall'artista a Tahiti in un momento assai delicato della sua vita: prima di un
tentativo non riuscito di un suicidio (l'artista era malato, aveva seri problemi
al cuore ed era sifilitico, in lotta con le autorità locali ed isolato sia
fisicamente che artisticamente).
Ad aggravare le cose, giunse a Gauguin la notizia della morte della figlia
prediletta Aline, avvenuta pochi mesi prima. Il dolore per la perdita spinse
l'artista a creare un'opera di grandi dimensioni (la più grande del suo opus)
che fosse una riflessione sull'esistenza, un testamento spirituale e quindi una
summa di tutte le sue ricerche cromatiche e formali degli ultimi otto anni.
Gauguin descrisse per la prima volta il quadro come un acquerello in una
lettera spedita all'amico Daniel de Monfreid; dopo alcuni schizzi preparatori,
il pittore vi lavorò notte e giorno per circa un mese, imponendosi un ritmo di
lavoro frenetico che finì col prostrarlo; fu così che, ritenendosi incapace di
finire il dipinto, Gauguin tentò di suicidarsi ingerendo dell'arsenico, ma la
dose troppo forte e presa di getto, determinò un forte vomito che annullò
l'effetto del veleno.
Il dipinto fu poi arrotolato e spedito a Parigi al mercante d'arte Ambroise
Vollard, che così stipulò un contratto redditizio col pittore, assicurandosi
l'esclusiva della sua opera.
Fonte:Wikipedia
Prima di riaprire gli occhi dopo un breve tempo trascorso seduto sul divano a
rilassarmi, mi son posto, o meglio è venuta da sé, una domanda che penso tutti,
prima o poi, si sono posti: che è tutto questo?
Non sono filosofo, né religioso, né appartenente a qualsivoglia credo o setta,
non interpreto la mia vita secondo una qualche scienza o ideologia e non mi
riguarda se qualcuno può definirmi ateo.
Al punto cui sono giunto nella mia (ormai lunga) vita rifuggo da ogni
classificazione ed etichetta, rispondendo solo a un mio senso interno, che dire
coscienza, con le sue molteplici definizioni, non sento appropriato.
Queste, come tutte le parole, non sono mie. Le ritrovo dentro di me, le uso
come tutti e nel vederne la bellezza ne scorgo anche l’altra faccia, il
tentativo d’impossessarmene (se non l’abbiamo già fatto) per ricoprire di
sostanza il vuoto - o lo spazio - che troviamo dentro di noi.
Una gran parte del mio tempo l’ho trascorso ad accumulare e ora, nell’ultima,
m’applico a scaricare zavorra, sì che m’alleggerisco un po’ e ancora risalgo al
pari d’una mongolfiera, godendo del panorama dimenticato.
E quel panorama, quello spazio interno che ben riconosco - confrontandomi col
quale sono spinto a cercare risposta, o negare vi sia - oggi mi si rivela in un
modo inatteso.
Che è tutto questo?
Un indovinello (se preferite una connotazione più forte, allora enigma o
rebus).
Al quale tutti cerchiamo di trovare soluzione, almeno per placare il nostro
animo.
Non so da dove veniamo, che è lo stesso che dire da dove proviene
quell’indovinello (anche se mi sono formato una mia idea al riguardo), né
tantomeno dove andiamo o quale sia la soluzione.
Ma sono sicuro di una cosa, che la Soluzione non sarà mai rivelata ad alcuno,
semplicemente perché non potrebbe contenerla o comprenderla. Quello che ognuno
di noi potrebbe trovare, se grandemente fortunato, è la propria soluzione.
Gauguin ha dipinto la sua.
La mia? Trovare un alleato, un’amica che ogni tanto mi tocchi la mano facendomi
scrivere qualcosa, sollevandomi dal poco che sono.
È più corretto dire che essa ha trovato me e da quel giorno sempre più mi rendo
conto della fortuna avuta.
Per cui mi inchino al suo cospetto, all’Ispirazione, alla quale son devoto.
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