2 - Conosci te stesso (Godot)

 



“Buonasera Ulisse, come va?”

“Buonasera Galvan, bene grazie”

“Sono lieto… ah, io non sono Galvan”

“In che senso?”

“In quello del nome, non è il mio…”

“Ma avevi confermato che l’avevo indovinato!”

“Davvero? Quindi sei un indovino?”

“Che centra? No, non sono un indovino… è stato un caso, l’ho buttato lì e hai confermato”

“Peccato… magari ti facevo indovinare qualcosa… che dici, possiamo provare lo stesso, col caso?”

“E il tuo nome?”

“Appunto, proviamo col caso, no?”

“… un momento,  mi avevi confermato di chiamarti Galvan… ”

“No, io ti avevo detto ipnclvim…

“Sì, ilprimonomechelevieneinmente… ed io ho buttato lì Galvan…”

“Certo, ricordo bene… ed io ho confermato che quello – Galvan – era il primo nome che ti è venuto in mente, molto semplice, non è così?”

“Ma allora non è il tuo nome?”

“No davvero, il mio, come ti avevo detto è ipnclvim… ma sembra che tu non l’abbia accettato come il mio nome… da parte mia io ho accettato il tuo, Ulisse”

“… e il discorso su un nome contro tutti gli altri, il biglietto della lotteria… che sono fortunato… non capisco”

“Son qui per spiegartelo, la seconda lezione, il nome…”

“Questa è la seconda lezione?”

“Hai una proposta migliore?”

“… beh, no… già questa non mi è chiara, ve bene, spiegamelo”

“Grazie…  dunque cos’è il nome? Accetti che sia una sorta di serratura?”

“Nel senso che se chiamo qualcuno col suo nome quello mi ascolta?”

“Ti presta attenzione, ascoltare è più impegnativo… comunque si apre una porta. Mettiamolo subito in pratica… ti va un caffè?”

“Ma dobbiamo uscire dalla stanza… comunque, sì…”

“Bene, lezione sul campo… qui ci ritorniamo dopo; laggiù c’è una buona pasticceria, sempre ben frequentata. Appena entrati, pronuncia ad alta voce (non troppo, eh) un nome maschile o femminile non importa, basta che ci siano almeno un po' di persone di quel genere. Rivolgi la voce verso il centro del gruppo e guarda le persone solo un po' più in alto delle loro teste, ok?”

“Va bene… e dopo?”

“Dopo vediamo se il caso ci darà una mano o dobbiamo dargliela noi… eccoci all’entrata, sei pronto?”

“Sì…”

“Bene… pensi che lo siano anche i lettori?”

“… lettori? Quali lettori?”

“Quelli della prima lezione, ricordi quel che ti dissi?: “… in una simulazione, nella pagina d’un libro… in un dialogo scritto su un blog… qual è la vera realtà?” Cosa mi avevi risposto?”

“Che …la vera realtà è quella che vivi, che sperimenti, qualcosa di oggettivamente incontestabile…”

“Appunto… ma chi la vive dov’è?”

“Sono io, qui… che la sto vivendo…”

“Un dejà vù o la prima volta?”

“Quale dejà vù?”

“Questo: “Appunto… ma chi la vive dov’è?”

              “Sono io, qui… che la sto vivendo…”

Uguale uguale alla prima lezione… i lettori possono verificare, eh…”

“Non mi ci raccapezzo… i lettori…”

“Appunto, pensi che siano pronti?”

“Sinceramente… non ne ho idea…”

“Puoi chiedere, no?”

“A chi, ai lettori?”

“Certamente… se ti risponde qualcuno sono pronti e continuiamo, altrimenti cambiamo programma, sei d’accordo?”

“Se lo dici tu, ok… lettori, siete pronti? E adesso?”

“… attendiamo Godot…”


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