7) - al di là dell'aldila (l'isola del dolore)
Nel mar dell'esistenza sovente
una corrente
per gradi o d'improvviso si
prende la tua barca
e pur se la contrasti sai ben non
puoi far niente,
chè il guscio che ti sostien da
quella non si smarca.
Smarriti, se l'avevi, la rotta,
il mar tranquillo
una ignota volontà comanda alfin
l'ormeggio
a un'isola di pietra, un tempo
smeraldo atollo,
che perse la sua linfa e quel che
v'è di peggio
ancor richiama al cuore il tempo
dell'affetto.
Ma come un fotogramma, trapassato
dalla luce,
più non serba memoria se non del
proprio aspetto,
quell'isola del dolore al nulla
ti riduce.
Tre mesi fa mio fratello ha concluso la sua esistenza
terrena.
Negli ultimi tempi l’ho assistito al limite delle mie capacità
mentre nostra madre il proprio limite l’ha abbondantemente superato, accudendolo
giorno dopo giorno man mano che si aggravava.
Il mio dolore (non pensavo a tal punto) non è tuttavia
comparabile a quello di mia madre, per lei il tempo si è fermato e vive in un continuum atemporale dove vita e
morte, presenza e assenza, hanno perso i loro confini, come accade a molti che
abbiano perso una persona cara.
Per la maggior parte delle persone, che quei confini possono o
riescono a tener separati, l’assenza diviene l’ordinario quotidiano e la
presenza un evento circoscritto nello spazio-tempo del ricordo.
Il ricordo è la corrente che s’impadronisce della nostra
barca - la coscienza - a cui può resistere ma non vincere, poiché coscienza, ricordo
e memoria sono tutt’uno.
Non c’è ricordo disgiunto dalla memoria e non c’è coscienza
senza di loro, per cui non si può individuare il punto di partenza di nulla.
Dalla loro interazione origina costantemente un flusso che
determina le nostre azioni o non azioni. Usando una metafora, noi vediamo una di tre
persone uscir dalla stanza senza poter mai partecipare agli eventi “dentro” la
stanza.
Non si può in alcun modo scindere il flusso per magari
ricomporlo a piacimento, come aspirerebbero i novelli apprendisti tecno-stregoni
dei nostri tecno-tempi.
Immancabilmente l’esistenza dispenserà ogni sorta di dolori,
seccando man mano la linfa che nutre la vegetazione della nostra isola.
Pur se ridotta a nuda pietra tuttavia in essa permangono i “segni”
della preesistente flora - i ricordi - di cui quelli collegati ad altri umani
sono in grado di condurci dentro il
flusso che li originò.
Come in un cinematografo riviviamo eventi, emozioni e
sentimenti da cui è difficile distaccarsi.
Ma come ogni film anche la pellicola del ricordo giunge al
termine e dopo continue visioni la quota di dolore da sopportare può
annichilire una persona.
Ma, allora, qual è lo scopo (se c’è) di poter disporre di tal
meraviglioso proiettore?
Qual è lo scopo di un film?
In ricordo
di mio fratello, nella cui epigrafe ho fatto scrivere:
“resta solo il bene fatto.”
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