Ultimo viaggio
In treno
puoi scegliere
se rivolger lo sguardo
a quel che lasci
o quello che man mano
appare.
Potendo,
se i tuoi compagni di viaggio son d’accordo,
oscurare con la tenda ogni visione,
lasciando che l’apparire sia
un movimento dell’immaginazione
e lo scomparire
un ritorno alla memoria.
In questi tempi sempre più difficili
non potete esser certi
che il treno, per qualche motivo,
non si fermi per un un po’
o del tutto.
Così che non arriverete in tempo
o per nulla
alla vostra destinazione.
Quella che pensavate
fosse la vostra destinazione,
prima che l’imponderabile
o il prevedibile,
ne decidesse un’altra
per voi.
Ritrovarsi in compagnia
non è detto
sia un vantaggio
e neppure un sollievo.
Dipende dalla compagnia
e dalla forma
con cui si manifesta
l’imponderabile
e se, nell’altro caso,
il prevedibile
mantenga la promessa.
Oggi, nel viaggio,
i miei occhi
son rivolti a quel che lascio
e dentro di me,
in quello spazio
di cui non son mai riuscito a scorgere i confini,
per suo conto,
a volte aggiornandomi,
procede una sorta
di conto alla rovescia.
Via via che la distanza diminuisce
alle mie spalle,
o proprio le mie spalle,
osservano
la destinazione che si avvicina.
Qualcosa in noi
ci collega
a tutte le cose,
vede con le spalle
e respira con gli occhi,
seguendo i rumori
che provengono
da fuori,
rincorrendoli
uno dopo l’altro,
sinché l’ultimo rumore,
l’ultimo suono,
è quello dal quale
avete iniziato il viaggio
e, stranamente,
anche la vostra destinazione.
Prima o poi
in uno dei miei viaggi,
in uno dei vostri viaggi,
in uno dei viaggi dell’intero mondo,
si presenterà
l’imponderabile,
o il prevedibile.
L’ultimo suono
sarà come il primo,
il suono
di un respiro.
Il mio
il vostro
quello di tutti
quello del mondo.
Quello dell’imponderabile,
o del prevedibile,
che solo allora
saremo capaci
di udire.
Chi qui legge
sente una voce
dentro di sé
che gli scandisce
queste parole
che son simboli, forme,
a cui vien prestata voce.
A chi appartiene
quella voce?
È la vostra,
la vostra voce interiore?
O quella che immaginate
sia la mia?
O son le due assieme?
O non c’è alcuna voce,
solo l’illusione di una voce?
In un viaggio
lo spazio cambia,
i panorami cambiano,
il tempo scorre
dall’ora di partenza
a quella d’arrivo,
se ci sarà.
Ma senza quella muta
eppur parlante
voce interiore,
non ci sarebbe
alcuno spazio,
alcun tempo
né alcun viaggio.
Una voce che legge
una sillaba per volta,
una parola alla volta,
uno sguardo per volta,
un tocco alla volta,
a volte una carezza.
Una voce che è
un unico respiro
che si muove
dentro e fuori di te,
dentro e fuori dal mondo.
E come il mare
accoglie ogni cosa
che incontra.
Quando arriverò,
se arriverò,
ci sarà un sentore di mare
ad accogliermi,
e il respiro
delle sue onde.
se rivolger lo sguardo
a quel che lasci
o quello che man mano
appare.
Potendo,
se i tuoi compagni di viaggio son d’accordo,
oscurare con la tenda ogni visione,
lasciando che l’apparire sia
un movimento dell’immaginazione
e lo scomparire
un ritorno alla memoria.
In questi tempi sempre più difficili
non potete esser certi
che il treno, per qualche motivo,
non si fermi per un un po’
o del tutto.
Così che non arriverete in tempo
o per nulla
alla vostra destinazione.
Quella che pensavate
fosse la vostra destinazione,
prima che l’imponderabile
o il prevedibile,
ne decidesse un’altra
per voi.
Ritrovarsi in compagnia
non è detto
sia un vantaggio
e neppure un sollievo.
Dipende dalla compagnia
e dalla forma
con cui si manifesta
l’imponderabile
e se, nell’altro caso,
il prevedibile
mantenga la promessa.
Oggi, nel viaggio,
i miei occhi
son rivolti a quel che lascio
e dentro di me,
in quello spazio
di cui non son mai riuscito a scorgere i confini,
per suo conto,
a volte aggiornandomi,
procede una sorta
di conto alla rovescia.
Via via che la distanza diminuisce
alle mie spalle,
o proprio le mie spalle,
osservano
la destinazione che si avvicina.
Qualcosa in noi
ci collega
a tutte le cose,
vede con le spalle
e respira con gli occhi,
seguendo i rumori
che provengono
da fuori,
rincorrendoli
uno dopo l’altro,
sinché l’ultimo rumore,
l’ultimo suono,
è quello dal quale
avete iniziato il viaggio
e, stranamente,
anche la vostra destinazione.
Prima o poi
in uno dei miei viaggi,
in uno dei vostri viaggi,
in uno dei viaggi dell’intero mondo,
si presenterà
l’imponderabile,
o il prevedibile.
L’ultimo suono
sarà come il primo,
il suono
di un respiro.
Il mio
il vostro
quello di tutti
quello del mondo.
Quello dell’imponderabile,
o del prevedibile,
che solo allora
saremo capaci
di udire.
Chi qui legge
sente una voce
dentro di sé
che gli scandisce
queste parole
che son simboli, forme,
a cui vien prestata voce.
A chi appartiene
quella voce?
È la vostra,
la vostra voce interiore?
O quella che immaginate
sia la mia?
O son le due assieme?
O non c’è alcuna voce,
solo l’illusione di una voce?
In un viaggio
lo spazio cambia,
i panorami cambiano,
il tempo scorre
dall’ora di partenza
a quella d’arrivo,
se ci sarà.
Ma senza quella muta
eppur parlante
voce interiore,
non ci sarebbe
alcuno spazio,
alcun tempo
né alcun viaggio.
Una voce che legge
una sillaba per volta,
una parola alla volta,
uno sguardo per volta,
un tocco alla volta,
a volte una carezza.
Una voce che è
un unico respiro
che si muove
dentro e fuori di te,
dentro e fuori dal mondo.
E come il mare
accoglie ogni cosa
che incontra.
Quando arriverò,
se arriverò,
ci sarà un sentore di mare
ad accogliermi,
e il respiro
delle sue onde.
………………………..
Questo viaggio, di cui avete letto,
dopo qualche giorno ebbe un ritorno:
Era sera ed il primo treno a causa di un problema nella linea ha subito un ritardo importante che non mi ha permesso d’arrivar in orario per la coincidenza con un altro.
Ma, fortunatamente, quasi come un gioco d’incastro, una combinazione d’orari e poter prender senza prenotazione né sovrapprezzo un Freccia, mi ha rimesso (è il caso di dirlo) in binario… anzi, addirittura con la prospettiva dell’arrivo anticipato di una decina di minuti.
Proprio il caso di dir che non tutti i mali vengono per nuocere, almeno i piccoli mali.
Così pensavo, comodamente attendendo la conclusione del viaggio… ma ecco, qualcosa di strano, uno strappo dovuto alla forte frenata del treno in procinto di superare una stazione senza fermata.
Mi è parso di sentire un rumore sordo prima che il convoglio si fermasse, un centinaio di metri oltre la stazione.
Il rumore, forse un guasto, il cedimento di qualche pezzo…
Prima o poi
in uno dei miei viaggi,
in uno dei vostri viaggi,
in uno dei viaggi dell’intero mondo,
si presenterà
l’imponderabile,
o il prevedibile.
Il treno è fermo e solo dopo una decina di minuti vien comunicata la sosta a causa di non meglio precisati problemi.
Inizia il passaparola… dopo una ventina di minuti arriva la notizia che una persona è stata travolta dal treno, qualcuno dice volontariamente.
Il treno vien fatto retrocedere sino alla stazione.
Arriva la polizia a bordo a chieder informazioni (?).
Passano altre due ore.
Sbarcati su un binario si attende un altro freccia, anch’esso in ritardo a causa dell’incidente, dove saliamo.
Ma qualcuno non ha più d’arrivar da nessuna parte, avendo scelto di por fine ad un altro tipo di viaggio, quello dell’esistenza.
L’ultimo suono
sarà come il primo,
il suono
di un respiro.
L’ultimo respiro di quella persona e quello dei passeggeri, ancora in essere…
Il mio
il vostro
quello di tutti
quello del mondo.
Il viaggio riprende… era destino che non s’arrivasse in orario, quella sera.
Qualcuno s’interroga sulla vita, altri guardan l’orologio… il poliziotto deve averne viste altre di scene (il corpo è stato recuperato) analoghe e par sinceramente dispiaciuto… dicono fosse giovane.
Quel rumore sordo… cosa c’era in esso e oltre esso, chissà se altri l’hanno avvertito, chissà se altri l’han sentito, come me, un suono sinistro…
Quello dell’imponderabile,
o del prevedibile,
che solo allora
saremo capaci
di udire.
Era sera ed il primo treno a causa di un problema nella linea ha subito un ritardo importante che non mi ha permesso d’arrivar in orario per la coincidenza con un altro.
Ma, fortunatamente, quasi come un gioco d’incastro, una combinazione d’orari e poter prender senza prenotazione né sovrapprezzo un Freccia, mi ha rimesso (è il caso di dirlo) in binario… anzi, addirittura con la prospettiva dell’arrivo anticipato di una decina di minuti.
Proprio il caso di dir che non tutti i mali vengono per nuocere, almeno i piccoli mali.
Così pensavo, comodamente attendendo la conclusione del viaggio… ma ecco, qualcosa di strano, uno strappo dovuto alla forte frenata del treno in procinto di superare una stazione senza fermata.
Mi è parso di sentire un rumore sordo prima che il convoglio si fermasse, un centinaio di metri oltre la stazione.
Il rumore, forse un guasto, il cedimento di qualche pezzo…
Prima o poi
in uno dei miei viaggi,
in uno dei vostri viaggi,
in uno dei viaggi dell’intero mondo,
si presenterà
l’imponderabile,
o il prevedibile.
Il treno è fermo e solo dopo una decina di minuti vien comunicata la sosta a causa di non meglio precisati problemi.
Inizia il passaparola… dopo una ventina di minuti arriva la notizia che una persona è stata travolta dal treno, qualcuno dice volontariamente.
Il treno vien fatto retrocedere sino alla stazione.
Arriva la polizia a bordo a chieder informazioni (?).
Passano altre due ore.
Sbarcati su un binario si attende un altro freccia, anch’esso in ritardo a causa dell’incidente, dove saliamo.
Ma qualcuno non ha più d’arrivar da nessuna parte, avendo scelto di por fine ad un altro tipo di viaggio, quello dell’esistenza.
L’ultimo suono
sarà come il primo,
il suono
di un respiro.
L’ultimo respiro di quella persona e quello dei passeggeri, ancora in essere…
Il mio
il vostro
quello di tutti
quello del mondo.
Il viaggio riprende… era destino che non s’arrivasse in orario, quella sera.
Qualcuno s’interroga sulla vita, altri guardan l’orologio… il poliziotto deve averne viste altre di scene (il corpo è stato recuperato) analoghe e par sinceramente dispiaciuto… dicono fosse giovane.
Quel rumore sordo… cosa c’era in esso e oltre esso, chissà se altri l’hanno avvertito, chissà se altri l’han sentito, come me, un suono sinistro…
Quello dell’imponderabile,
o del prevedibile,
che solo allora
saremo capaci
di udire.
Om namah Shivaya
Un suggestivo dialogo, dell' anima fatta uomo.
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